martedì 13 ottobre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALa missione di Stefano e la Chiesa cristiana a Gerusalemme.



La missione di Stefano e la Chiesa cristiana a Gerusalemme.

Si è visto più sopra come E. Lohmeyer in Germania e Goguel in Francia fossero inclini ad ammettere una sorta di priorità degli «Ellenisti» rispetto agli «Ebrei» per la comprensione della portata universale del cristianesimo. [71] Però, se si accetta che il primo centro di questo nuovo credo sia stata la Siria e che abbia avuto i suoi primi adepti tra gli ebrei esseni, già inclini al proselitismo, è naturale che costoro abbiano desiderato ottenere adesioni in Palestina, dove c'erano gli esseni, e nella stessa Gerusalemme, la città santa. Ma si trattava di un tentativo avventato; la massa dei suoi abitanti erano ebrei attaccati alla tradizione, di un nazionalismo messianico esasperato dalla durezza della dominazione romana, e non è sorprendente che l'avventura di Stefano, presentato dagli Atti degli Apostoli come il portavoce degli Ellenisti, abbia portato a quella lapidazione che attendeva i blasfemi. Non è impossibile che questo evento abbia avuto luogo a Gerusalemme, anzi, come si ammette generalmente, poco prima del tempo della conversione di Paolo a Damasco. [72]

Secondo una tale presentazione, non ci sarebbe stato allora alcun cristiano a Gerusalemme, e di conseguenza non vi era alcun motivo di preoccuparsi a questo proposito per le autorità ebraiche e romane. Tuttavia è possibile che la propaganda cristiana sia continuata dopo Stefano sotto una forma più prudente, e quattordici anni dopo, ci sarebbe stata a Gerusalemme una chiesa cristiana, di cui è difficile da determinare l'importanza, ma di cui uno dei notabili, Giacomo, beneficiava della stima generale nella città. Ciò che lo mostra, è, per la testimonianza dello storico ebreo Giuseppe, «l'irritazione, anche tra i più moderati e i più attaccati alla legge», che causò l'azione di forza perpetrato contro di lui, diciotto anni più tardi, dal sommo sacerdote Anania: «Egli radunò il sinedrio» (consiglio e tribunale religioso), «e vi portò davanti Giacomo e alcuni altri, accusandoli di aver violato la Legge e facendoli condannare alla lapidazione». [73]

Ma Giacomo, ricorda Goguel, «è stato presentato come un rigoroso legalista da una tradizione troppo ampiamente diffusa perché vi si possa vedere una semplice finzione»: è questo che spiega l'irritazione provocata dalla sua esecuzione. [74] D'altra parte, Giuseppe non menziona quali accuse furono mosse contro Giacomo e i suoi coimputati. [75] Goguel pensa che «il sommo sacerdote, le cui preoccupazioni erano ben più politiche che religiose, sarebbe stato geloso della popolarità di cui godeva Giacomo»; egli dubita che coloro che perirono con lui sarebbero stati tutti dei cristiani, e dà come motivo il fatto che «la Chiesa di Gerusalemme, che non era molto ricca di martiri», avrebbe, in questo caso, «conservato il loro ricordo». «Se la fede cristiana», dice ancora Goguel, «fosse stata il motivo reale del processo, ne sarebbe seguito che l'opinione ebraica era ancora favorevole ai cristiani nel 62 e non avrebbe accettato volentieri che essi fossero preoccupati». Ma sembra che quella osservazione valga in ogni caso, qualunque siano stati i motivi invocati dal sommo sacerdote, e l'atteggiamento dell'opinione religiosa ebraica a Gerusalemme, nel 62, nei confronti dei giudeo-cristiani, merita, in effetti, di essere sottolineato. [76]

NOTE

[71] Si veda più avanti, pag. 104-108.

[72] La partecipazione di Paolo, come aiutante, alla lapidazione di Stefano a Gerusalemme, menzionata negli Atti (7:58), è considerata un'interpolazione da LOISY, Les Actes des Apôtres, op. cit., pag. 126-127, e da GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 248. Per l'interpretazione del ruolo di Stefano, si veda nello stesso senso G. ORY, Les Apôtres et saint Pierre... (1957); op. cit., pag. 3.

[73] Si veda più sopra, pag. 38-39.

[74] Sulla devozione manifestata costantemente da Giacomo, detto il Giusto, al tempio di Gerusalemme, si veda EUSEBIO, Storia ecclesiastica, libro 2, capitolo 23, paragrafo 3-6.

[75] Sulla menzione nel testo di GIUSEPPE (Antichità giudaiche, libro 20, capitolo 9, paragrafo 1) di «Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo» che sembra essere una interpolazione, si veda più sopra, pag. 38-40, e anche più avanti Appendice 2, pag. 265.

[76] Si veda GOGUEL, La naissance du christianisme, pag. 147-148.

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