martedì 11 febbraio 2014

Del Gesù che evapora (XII)

Continua la mia recensione del capitolo 5 di Proving History: Bayes's Theorem and the Quest for the Historical Jesus (Richard Carrier, Prometheus Books, 2012), le cui mie citazioni sono liberamente tradotte in blu.

Liquidato il criterio di imbarazzo, l'autore passa a esaminare il

criterio di coerenza: se è coerente con altri dati confermati, è probabilmente vero.

Carrier è brusco:
Ma questo è illogico.
E il motivo è presto detto:
Ognuno sa che ''buona fiction'' è spesso proprio altrettanto ''coerente'' come un fatto storico.
I vangeli possono suonare come romanzi storici in effetti, creati precisamente allo scopo di dare quella precisa immagine coerente di Gesù, e non altre.

La coerenza è il marchio che contrassegna un buon romanzo, un buon film, una scultura, laddove
...le reali persone storiche e gli eventi sono spesso in evoluzione, complessi, imprevedibili, o in realtà realmente incoerenti.
La coerenza a volte è ciò che il Folle Apologeta di turno si sforza di vedere dopo il Fatto, ma è anche obiettivo di ogni buon inventore o artista degno di questo nome.

Viene citato Anthony Le Donne:
''esso presuppone che certe caratteristiche di Gesù sono di piccola disputa'' tutavia ''tali caratteristiche sono davvero poche'' e perfino quelle sono sospette.

''questo criterio ha una tendenza a confermare le presupposizioni dello studioso'' piuttosto che di fatti reali.

Insomma, anche chi si inventa una storia di sana pianta tende ad essere coerente, specie se nel crearla intende estendere e correggere altre fonti.

Anche le invenzioni tendono a propagarsi, scivolando facilmente negli altrui ricordi o nell'altrui immaginazione.
I bugiardi tendono a preferire che le loro menzogne siano coerenti, e quando raccontano nuove bugie, costruiscono su quelle vecchie.
A tal proposito, ricordo che perfino una pura invenzione come i famigerati Protocolli dei Savi di Sion danno un'immagine ''coerente'' del ''perfido giudeo''. Dobbiamo per ciò dedurre che si tratta di un'immagine probabile? Io no di certo.

A difesa del Folle Apologeta, potrei pensare che se un fatto x è confermato, e un altro fatto y è non confermato ma ''assomiglia'' ad x, allora anche y è più probabilmente storico che non il contrario.

E tuttavia chi mi assicura che l'autore che ricorda il fatto y sia affidabile, e non stia solo costruendo un clone letterario del fatto x, in questo modo non solo amplificando e ingigantendo la fama del fatto x, ma addirittura inficiando la sua presunta credibilità?

Che le leggende di Re Artù siano tutte in qualche modo coerenti fra loro nel restituirmi la stessa immagine appunto di ''re Artù'' non mi garantiscono affatto che quella immagine sia vera, perfino se sia esistito un Artù storico (ma di questo non mi convincerà di certo l'uso del criterio di coerenza).

Il problema è che semplicemente non sappiamo quali informazioni su Gesù sono affidabili e quali no nei vangeli, e tuttavia questa distinzione è necessaria prima di poter estrapolare da nuovi dati l'immagine che è più coerente con un fatto la cui verità è già stata dimostrata anzitempo.

Perciò, il mero fatto di essere coerente con fatti stabiliti è insufficiente a rendere una storia più probabilmente vera.

Si pensi a Matteo 10:5-6 :
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.
e a Matteo 15:24:
Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Chi dà per scontato che Gesù era un ebreo che si rivolgeva ai soli ebrei, laddove ovviamente fu solo Paolo a rivolgersi ai gentili, è portato naturalmente ad applicare su quei passi il criterio di coerenza: devono essere storici, perchè sono quanto ci si aspetta sulle labbra di un profeta totalmente ebreo.

Ma ci sono tre problemi con questo argomento che impediscono di utilizzare il criterio di coerenza sull'onda dell'entusiastico riconoscimento dell'ebraicità di Gesù (un leit motiv ripetuto a più non posso) e quelli sono i seguenti:

1) che motivo aveva Gesù di scomodarsi ad avvisare i discepoli di NON andare dai gentili? Non proibisci mai a qualcuno di NON fare qualcosa se quel qualcuno in realtà non sta già facendo l'esatta azione che gli stai appena proibendo di fare.
O, detta in altra maniera, che necessità hanno i discepoli di farsi impartire quel comando da Gesù, se essi già stavano ubbidendo a quel comando? In fondo Paolo soltanto fu il primo a trasgredire nettamente a quel comando, ma solo DOPO la morte di Gesù.
E perfino immaginando che PRIMA della morte di Gesù i discepoli stavano predicando il suo messaggio ai gentili, perchè lo stavano facendo senza aspettare specifiche direttive di Gesù in merito ai gentili?

2) Al contrario, replica Carrier,
noi sappiamo (dal modo in cui redigeva Marco) che l'autore di Matteo si eleva contro una comunità gentile cristiana che vuole screditare, così egli chiaramente aveva un motivo per inventare quei detti per Gesù, per rafforzare la sua agenda.
3) il filo-gentile Paolo, del quale, com'è noto, si dibatte se cercava la rottura o la pace col giudaismo per giustificare le sue aperture ai gentili, non si trovò mai ad affrontare, nelle sue lettere, un giudeocristiano che si appellava alla proibizione gesuana di predicare ai gentili. Questo è un forte indizio che quella proibizione non risaliva in verità a Gesù, perchè altrimenti i rivali di Paolo l'avrebbero usata contro di lui, costringendolo a difendersi per le rime su questo punto specifico nelle sue lettere.

Il criterio di coerenza, quindi, evapora. Perfino quando Gesù sembra un campione dell'ebraismo più traidizonale, non sappiamo se è il tradizionalista Matteo che parla in sua vece.

Eppure su quento punto Carrier spiazza incredibilmente il Folle Apologeta.

Quante volte abbiamo sentito, infatti, il Folle Apologeta pronunciare trionfante che la proibizione di una missione ai gentili in Matteo 10:56 e 15:24 dev'essere necessariamente storica, pena altrimenti di vedere insorgere una contraddizione tra la suddetta chiusura di Gesù ai gentili da una parte e l'esplicita approvazione di un'apertura ai gentili in Matteo 28:19
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
dall'altra, da parte del Gesù Risorto?

Il Folle Apologeta non sa rispondere a questa contraddizione, quindi conclude che in Matteo 10:5-6 parla il Gesù Storico, mentre in Matteo 28:19 parla il Gesù Risorto, ''sconfessando'' il primo.

Ma il Folle Apologeta in questione è incapace di rispondere alla replica di Carrier:
Il Cristo Risorto che si apre ai gentili in Matteo 28:19 non è meno storico del ''Gesù ebreo'' che soffoca le aperture ai gentili in Matteo 10:5-6.
Il motivo? 

Perchè prima ancora di Paolo (reo di rendere cristiano chi neppure si circoncide) i giudeocristiani stavano già facendo proselitismo presso i gentili, previa circoncisione e sottomissione alla Torah.

Non solo i giudeocristiani, ma anche gli ebrei dell'epoca non avevano alcuna ritrosia (a differenza di oggi) nel fare proselitismo tra i pagani: evidentemente solo 2000 anni di anti-semitismo hanno indotto gli ebrei a rinunciare all'attiva diffusione della loro fede.

Quindi, in virtù di questo, l'apertura ai gentili ha tanta possibilità di essere una caratteristica del Gesù storico quanta ne ha la sua eventuale chiusura ai gentili. In fondo, i nemici giudeocristiani di Paolo stavano già aprendosi, sia pure parzialmente, ai gentili, anche se non alla maniera radicale di Paolo.
Naturalmente tutto ciò ancora non significa che qualcuno di quei detti sono o non sono storici, solamente che non possiamo includerli o escluderli usando il criterio di coerenza, come molti studiosi hanno tentato di fare.
La ''più grande follia'' di questo criterio è che fornisce la chiara speranza al Folle Apologeta di turno di credere nella storicità di un Fatto solo in virtù della sua ''coerenza'' con un altro ''fatto'' stabilito a sua volta da un criterio non valido (o mal applicato).
Tuttavia, la maggior parte dei ''Gesù storici'' sono costruiti da esattamente un tale castello di carte. Da qui, il criterio di coerenza è il più insidioso di tutti.