(segue da qui)
“Nessuno è buono”, insegna la Stoà, “se non il saggio” (Sen. De Const. Sap. 7:2). “Nessuno è buono”, secondo il Vangelo di Marco (10:18), “se non Dio solo”. Ma nel Vangelo degli Alessandrini (Ippolito rom. De Haer. 5:7; Clemente alessandrino, Strom. 2:20; Giustino Martire, Dial. 101; Om. Clem. 3:57; 18:13) era detto che solo il Padre è buono, il che deve significare che il “Signore” palestinese e il “Padre” alessandrino stavano tra loro come giustizia severa e bontà indulgente; che la pienezza della bontà era soltanto presso il Padre celeste, e che anche il Maestro come “Figlio” era capace solo di partecipazione. “Io sono mite e umile di cuore”, insegna però in maniera esemplare in Matteo 11:29; e “beati i miti, perché erediteranno la terra” (Matteo 5:5). “Il saggio”, chiede Seneca (De Const. Sap. 14) a Roma, “che cosa farà se riceve uno schiaffo?” E nello spirito della dottrina stoica risponde il Maestro evangelico: “Non resistere al malvagio, ma a chi ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra” (Matteo 5:39). È autenticamente stoico (Seneca, De Otio 1:4) il principio di “prestare aiuto anche ai nemici”, e il Vangelo insegna: “Amate i vostri nemici” (Matteo 5:44). “Vieni, infelice”, esclama Seneca (De Ira 3:28), “quando comincerai ad amare?” “Se vuoi imitare gli dèi, fa’ del bene anche agli ingrati, poiché il sole si leva anche sui malvagi e i mari sono aperti anche ai pirati” (De Ben. 4:26). Così anche il Vangelo (Matteo 5:45): “Il Padre vostro che è nei cieli fa sorgere il suo sole sui malvagi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”.

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