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F. Argomentazioni a favore della Genuinità.
L'appello alle prove esterne crolla. Perché in ogni caso non ci mette in contatto con testimoni contemporanei; e i testimoni successivi citati, siano essi della “Chiesa ortodossa” o Gnostici, si interessarono solo dei contenuti e non dell'origine dello scritto. Ciò che essi avevano in proposito era l'adattamento ai propri scopi dottrinali o disciplinari, non la ricerca critica nel nostro senso.
“Anche la scuola di Tubinga”, è detto spesso, “accettò le quattro Epistole principali”. Ciò, però, significa solo che i critici così nominati non avevano mai messo radicalmente in dubbio la genuinità di quelle quattro, perché in qualche misura essi trovarono necessario supporre interpolazioni in esse. Ciò non significa che quelle particolari Epistole fossero emerse trionfalmente da un processo sistematico di verifica a cui erano state sottoposte assieme alle altre. I critici di un'epoca successiva, come è consuetudine nella storia della scienza, possono vedere più lontano ponendosi sulle spalle dei loro predecessori. E, comunque sia, la genuinità di uno scritto non può essere stabilita semplicemente tramite un appello all'autorità tradizionale, sia essa della Chiesa o della “scienza”.
Coloro che trovano nell'Epistola ai Romani un'immagine della personalità di Paolo hanno già formato il loro ideale dell'Apostolo da uno studio degli scritti a lui attribuiti; così l'argomentazione è circolare. E sfortunatamente i vari Paoli ideali non concordano. C'è un Paolo cattolico e un Paolo protestante; un Paolo ortodosso e un Paolo libero pensatore; e, di fatto, ogni interprete ha il suo. Nessuno nega che le Epistole siano particolari sia nella forma che nel contenuto. Ma questo prova forse la paternità individuale oppure la paternità dell'Apostolo Paolo? Non si può dire la stessa cosa del quarto Vangelo, dell'Apocalisse di Giovanni, dell'Epistola agli Ebrei, dell'Epistola di Barnaba? Eppure il carattere distintivo di queste composizioni non è presa per una prova della loro “genuinità”. È vero che nelle Epistole paoline c'è una pronunciata unità di stile, che si estende all'intera raccolta. [1] Ma, mutatis mutandis, ciò è altrettanto vero per la letteratura giovannea (Vangeli ed Epistole), per i poemi omerici e per molte altre raccolte, precedenti e successive, che in tal modo risultano sì di aver avuto la propria origine in ambienti precisi, ma non necessariamente di essere l'opera delle persone i cui nomi furono legati a loro. Non molti anni fa i lettori del quarto Vangelo potevano sentire in ogni pagina i battiti del cuore del discepolo che Gesù amò. Questo dovrebbe suggerire cautela, tanto più che nessuno è ancora riuscito a esprimere a parole un'idea della personalità di Paolo che abbia soddisfatto un numero apprezzabile di studiosi. Ci sono in verità molte voci nella nostra Epistola. Se l'una o l'altra di queste fa una forte impressione, ne consegue forse che non possa provenire da altri che da Paolo? Uno scrittore dotato del sufficiente talento non mancherà di efficacia quando parlerà sotto qualche grande nome del passato invece che sotto il proprio. [2] Che le idee “paoline” non fossero state inventate dai singoli scrittori è ammesso naturalmente. Al pari delle idee “giovannee”, esse erano comuni a certi gruppi e sorsero prima degli scritti in cui furono depositate.
NOTE
[1] Di questa raccolta l'Epistola agli Ebrei è trattata altrove (Oudchristelijke Letterkunde, pag. 62) come una componente alquanto marginale.
[2] Alcuni dei brani più belli attribuiti ai profeti ebraici sono certamente di autori ignoti, e questo è realmente un argomento più forte di quello degli scritti paolini. A parte brevi passi efficaci, osserva Van Manen (Oudchristelijke Letterkunde, pag. 38), il valore estetico dell'Epistola ai Romani non è grande.
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