mercoledì 30 aprile 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Conclusione

 (segue da qui)


12. Conclusione.

Un breve scritto intitolato Scherno dei Filosofi Gentili (Διασυρμὸς τῶν ἔξω φιλοσόφων), di un certo Ermia altrimenti sconosciuto, getta una luce interessante sull'atteggiamento della fede vittoriosa intorno al quinto o sesto o secolo. “Il beato apostolo Paolo”, esordisce l'autore, “in una lettera ai Corinzi ha dichiarato: 'Miei amati, la sapienza di questo mondo è follia agli occhi di Dio'. Egli non parlava sconsideratamente: quella sapienza mi pare, in effetti, aver preso la sua origine nell'apostasia degli angeli. È per quella ragione che i filosofi nelle loro discussioni propongono dottrine che non sono né concordi né coerenti”.
Simplicio, uno dei neoplatonici che cercarono libertà filosofica in Persia quando le scuole di Atene furono chiuse da Giustiniano, espone l'altro lato del dibattito. Non dobbiamo pensare, dice, che le differenze di espressione tra filosofi indichino un'opposizione così assoluta come viene loro rimproverata da alcuni che, conoscendo solo i compendi storici, non capiscono nulla di ciò che leggono. Inoltre, coloro che li rimproverano sono a loro volta afflitti da innumerevoli scismi, non intorno a principi fisici (perché di questi non hanno alcuna nozione nemmeno in sogno), ma attorno al modo di degradare la divinità (περὶ τὴν καθαίρεσιν τῆς θείας ὑπεροχῆς). [1
Come dato di fatto, il metodo di Ermia è proprio quello che viene qui accennato. Un tale e tal altro filosofo (dice il derisore) sosteneva che l'acqua fosse il principio delle cose; un altro “l'infinito”, un altro l'aria, un altro il fuoco, e così via: a quale devo credere? Non ha alcuna concezione dell'emergere della verità dalla libera discussione. Poiché i filosofi non gli offrono una rivelazione infallibile, la loro sapienza è follia. Il passo più interessante viene alla fine, dove lui si burla successivamente dei Pitagorici e degli Epicurei. “Pitagora” (l'inquisitore è supposto gridare) “misura dunque il mondo! E io, ancora una volta entusiasmato da questa idea, non faccio alcun caso della famiglia, della patria, della mia donna e e dei miei figli, essi non mi interessano più. Io ascendo, invece, fin nell'etere, prendo la sua regola da Pitagora e comincio a misurare tutti gli elementi.  A meno che il possente corpo, la possente anima che io sono, non salga in cielo e non misuri l'etere, è finita la sovranità di Zeus”. [2Quando avrò preso le misure e Zeus avrà appreso da me quanti angoli ha il fuoco, io discendo dal cielo, mangio olive, fichi e legumi, prendo la via più corta verso l'acqua e misuro l'elemento umido al cubito, al pollice e al mezzo pollice, e ne calcolo la profondità, al fine di insegnare a Poseidone  quali siano le dimensioni del mare su cui egli regna. Io so il numero delle stelle, dei pesci e delle fiere selvagge, io posso collocare facilmente il mondo su una bilancia e conoscerne il peso”.
Continua: “Dedicandosi a tutte queste fatiche, la mia anima si è sforzata fino ad ora di dominare il mondo. Epicuro si volta verso di me e mi dice: 'Tu hai misurato solo un mondo, caro amico; ce ne sono molti altri, e all'infinito!' Così eccomi qui, costretto a misurare molti cieli, altri eteri, e ce ne sono molti. Su, non indugiare oltre. Prendi le provviste per qualche giorno e parti per i mondi di Epicuro. Allora volerò e varcherò i limiti di questo mondo, Tetide e Oceano. Penetrando in un mondo nuovo e per così dire in un'altra città, io misuro tutto in pochi giorni. Da lì mi levo verso un terzo mondo, poi un quarto, poi un quinto, poi un decimo, e un ventesimo e un millesimo e fin dove? Infatti ora tutto è per me tenebre di ignoranza, nera illusione, errore senza fine, vana immaginazione, incomprensibile follia. A meno che io non debba contare, uno per uno, gli atomi da cui sono nati tutti questi mondi, per non lasciare nulla di inesplorato, e in particolare nessuna di quelle cose così necessarie e così utili da cui dipende la prosperità della mia casa e della mia patria”.
Per una strana ironia degli eventi, il derisore della filosofia, in ciò che dice della misurazione e del numero e degli atomi, ha abbozzato il programma che diventò quello della scienza moderna quando le grandi tenebre si ritirarono. Se vogliamo guardarci dal ritorno di quelle tenebre, noi dobbiamo rimanere fedeli al principio che fu l'oggetto finale del suo disprezzo: la ricerca disinteressata della verità.

NOTE
[1] Citato da Diels, Doxographi Graeci, Prolegomena, pag. 259.
[2] Osserva come lo scrittore cristiano cerca un alleato nel politeismo popolare contro la filosofia e la scienza. 

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