(segue da qui)
XIII. — LA QUESTIONE DI GIACOMO
§ 78) Giacomo fratello del Signore. — Con quanto sopra, l'identificazione dei principali discepoli di Gesù Galileo, Giacomo e Simone, negli omonimi discepoli di Giuda Galileo, deve ritenersi dimostrata. Senonché, risolta la questione di Pietro, sorge ad ostacolare le nostre conclusioni la questione di Giacomo.
Ed invero, si legge nel testo di Giuseppe Flavio che nell'anno 63, dal pontefice Anna (figlio del vecchio Anna, che già aveva condannato Giuda Galileo), sarebbe stato condannato e fatto lapidare il «fratello di Gesù detto Cristo, che Giacomo si nominava». In base a questo passo ci si potrebbe opporre anzitutto che se lo storico Giuseppe parla di un Giacomo «fratello di Gesù detto Cristo», vuol dire che era esistito un «Gesù detto Cristo», vuol dire che era esistito un «Gesù detto Cristo»; ed in secondo luogo che, essendo pure esistito un Giacomo, fratello di Gesù, morto nel 63, lo stesso nulla aveva a che fare coll'omonimo Giacomo, figlio di Giuda Galileo, morto nell'anno 48.
Per una migliore analisi, riportiamo qui il passo di Giuseppe: «Anna, pensando che fosse tempo opportuno, quando, già morto Festo, Albino era ancora in viaggio, raduna il concilio dei giudici, e, introdotti dinanzi a quell'assemblea il fratello di Gesù detto Cristo che Giacomo si nominava, e con lui altri altri, dopo accusatili di avere trasgredito la legge, li sentenziò a dover essere lapidati». [1]
Come abbiamo accennato altrove (§ 4), Giuseppe, sacerdote giudeo, non avrebbe potuto parlare — quando scriveva — di un «Gesù» detto «Cristo», del quale non aveva parlato prima; come non avrebbe potuto ammettere che Gesù fosse stato il «Messia» e quindi il «Cristo». Ciò senza rilevare che anche per Giuseppe, come per tutti i giudei, la parola «Messia» aveva significato di «condottiero terreno», ossia «duce». Non resta quindi che una sola induzione da fare; e cioè che questo passo sia stato manipolato, con asportazione di qualche voce che si richiamava a Giuda Galileo, e con aggiunta di altre voci riferibili a Gesù. Esso pertanto andrebbe letto piuttosto in questi termini: «E introdotto dinanzi a quell'assemblea Giacomo (seguiva la precisazione del personaggio) e con lui alcuni altri, dopo accusatili di avere trasgredito la legge li sentenziò ad essere lapidati».
A parte quanto sopra, è fuor di dubbio che, oltre al Giacomo apostolo, morto nel 48 E.V., come emerge dal Capo XII di Atti, esisteva un Giacomo, morto nel 63 E.V. Per altro la tradizione cristiana ci parla di quattro distinte persone che avrebbero portato questo nome, e cioè: 1°) Giacomo, l'apostolo prediletto, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni: lo stesso cioè che, secondo la tradizione cristiana, sarebbe stato ucciso per opera di Erode; [2] 2°) Giacomo d'Alfeo, altro degli apostoli, [3] ma del quale nulla di positivo sappiamo; 3°) Giacomo fratello del Signore, [4] del quale parla l'Epistola di Paolo ai Galati; 4°) Giacomo figlio di Maria. [5]
I tre ultimi si ritiene dai più che siano stati una sola persona, per cui in sostanza i «Giacomo» della tradizione dovrebbero essere stati due, e cioè Giacomo l'apostolo, e Giacomo fratello del Signore. Di essi, sempre secondo la tradizione, il primo sarebbe morto nel 42 (recte nel 48) e il secondo nel 62 o nel 63.
Senonché, il «Giacomo Apostolo», ed il «Giacomo fratello del Signore» non furono che una persona sola; mentre non è fuori luogo ricordare che la Chiesa ha venerato sempre, come venera tuttora, un solo Giacomo. Difatti solo uno ne ha santificato.
Del resto che il Giacomo della tradizione evangelica fosse uno solo e non due, si ricava dalle lettere di Paolo, che parlano di un solo Giacomo, quantunque una volta lo si chiami anche «fratello del Signore». [6] Difatti, riferendo Paolo nella lettera ai Galati del suo secondo viaggio a Gerusalemme, afferma che dopo aver egli esposto agli anziani i risultati della sua predicazione, «Giacomo e Pietro e Giovanni che sono reputate le colonne della Chiesa» gli diedero la mano di società. [7] Ora è indubbio che il Giacomo di cui parla qui Paolo sia l'Apostolo, che con Pietro e Giovanni aveva già formato il gruppo dei discepoli prediletti. Ora è mai possibile che il «Giacomo fratello del Signore», conosciuto come il capo della Chiesa di Gerusalemme, non fosse stato considerato da Paolo tra le «colonne» della Chiesa? [8]
E che solo di un Giacomo avesse sempre inteso di parlare Paolo, appare dal riferimento successivo che esso fa nella stessa lettera ai Galati, laddove rimprovera a Pietro di essersi allontanato dalla compagnia degli incirconcisi, quando sopravvennero i messi di Giacomo, per timore del medesimo. Ora, se due fossero stati i Giacomo, non avrebbe trascurato Paolo di precisare a quale dei due egli intendeva riferirsi. Né si dica che Giacomo l'apostolo era stato già ucciso da Erode a quell'epoca, e pertanto non poteva che parlarsi di Giacomo fratello del Signore, perché noi abbiamo accertato che l'arresto di Giacomo, insieme con l'arresto di Simon Pietro, è stato posteriore alla lettera ai Galati, e del resto proprio di Giacomo l'apostolo aveva Paolo parlato più sopra, nella stessa lettera. Il Giacomo dunque, fratello del Signore, di cui parla Paolo al Capo I, 19 della lettera ai Galati, non poteva essere che l'apostolo medesimo, del quale ugualmente parla lo stesso Paolo nella lettera stessa (II, 9), quando accenna a lui insieme con Pietro e Giovanni, e quando ne parla ancora (II, 12) a proposito di Pietro.
Ma dal momento che uno solo era stato il Giacomo apostolo, detto anche «fratello» del Signore, e dal momento che è accertato essere egli morto nell'anno 48 E.V., deriva che il Giacomo di cui parla Giuseppe Flavio, al passo surrichiamato non era affatto il «fratello di Gesù detto Cristo». Fu questo un equivoco dell'interpolatore cristiano. Ma se il Giacomo, di cui parla Giuseppe Flavio al passo qui richiamato, non può identificarsi con Giacomo «fratello del Signore», possiamo noi sapere, dalla tradizione, in che rapporto esso fosse coi seguaci del Gesù?
NOTE
[1] Giuseppe, Antichità, XX, IX, 1.
[2] Atti, XII, 1.
[3] Matteo, X, 3; Marco III, 18; Luca, VI, 15.
[4] Matteo, XIII, 55.
[5] Matteo, XXVII, 56; Luca, XXIV, 10.
[6] Paolo, Galati, I, 19.
[7] Paolo, Galati, II, 19.
[8] Dello stesso nostro parere, in base alla lettera di Paolo ai Galati, si sono pronunciati anche molti dotti ecclesiastici. In proposito cfr. La Storia Ecclesiastica di Monsignor Giuseppe Agostino Orsi altrove citata (ed. di Ferrara 1794, vol. I, pp. 248 e segg.).
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