sabato 26 agosto 2023

La patria del Galileo evangelico e la patria del Galileo storico

 (segue da qui)

§ 49) La patria del Galileo evangelico e la patria del Galileo storico. — Gli elementi che identificano una persona, differenziandola da un'altra, sono principalmente i dati anagrafici. Essi sono, oltre al nome, la data ed il luogo di nascita. Ora, ammessa la esistenza, nella tradizione popolare, di una persona conosciuta con un determinato nome e come nata in un determinato luogo ed in una determinata epoca, qualora nei registri ufficiali risulti rubricata tale persona sotto quel nome e con quei dati, noi dovremo concludere che la persona nota alla tradizione popolare, sia la medesima ce risulta registrata negli atti ufficiali con quegli stessi dati. In conseguenza, volendo poi conoscere con esattezza quella persona, dovremo integrare e correggere quello che di essa ci narra la tradizione, con quello che di essa ci dicono gli atti ufficiali. 

Dallo studio analitico della leggenda evangelica noi abbiamo appreso che Gesù era nato nel punto congiungente la linea, formata dalle rive del lago Tiberiade, colla linea formata dal corso inferiore del fiume Giordano. Che cosa sappiamo circa i dati anagrafici del Galileo storico? Giuseppe Flavio ci dice che il Rabbi Galileo (Antichità, XVIII, 1-2) era «di nazion gaulonita e gamalese di patria»: era quindi nativo di Gamala. Ma proprio Gamala si chiamava all'epoca la città posta sul confine meridionale della Galilea, al punto di congiunzione tra la linea segnata dal lago e la linea segnata dal fiume. Il luogo di nascita quindi del Galileo storico coincide col luogo di nascita del Galileo evangelico (§ 44).

Che poi soltanto Gamala debba essere stata la patria del Gesù, possiamo darne la riprova in base alla tradizione evangelica, comparata col testo di Giuseppe Flavio. Infatti da Giuseppe Flavio (Guerra, IV, 1-2) apprendiamo che Gamala era una città facilmente fortificabile; perché una delle sue contrade, che ne delimitava un lato, era formata da una serie di colli. Precisa infatti lo storico che la montagna limitante quel lato della cittadina era costituita da un alto colle, che si sollevava, si abbassava, e poi si sollevava di nuovo, nella forma di una doppia gobba di cammello. Appunto da tale forma la città aveva preso il suo nome (Gamala = cammello). Altri due lati terminavano a strapiombo e burroni non valicabili, per cui solo il quarto lato richiedeva fortificazioni artificiali. Si ricava da ciò che la città di Gamala era caratterizzata da una «contrada delle montagne». Ora, proprio a questa «contrada delle montagne» fa riferimento Luca, quando descrive la città dove risiedeva Elisabetta, madre di Giovanni, e dove anche Maria, madre di Gesù, doveva risiedere. Infatti da Luca (I, 39-40) apprendiamo che allorquando Maria, madre di Gesù, ebbe conoscenza che la sua cugina Elisabetta era gravida del Battista, «si alzò ed andò in fretta nella contrada delle montagne, nella Città di Giuda».

La «contrada delle montagne», di cui alla tradizione evangelica non poteva essere che la zona a doppia gobba di cammello, che si trovava soltanto a Gamala. Pertanto proprio Gamala era la città del Battista. Ma se Maria, appena saputo della gravidanza della cugina, poté alzarsi ed andare in fretta nella «contrada delle montagne», ciò è prova che anche Maria abitava in altra contrada, ma nella stessa città. Tutto questo serve quale una riprova, per dedurre che soltanto Gamala poteva essere stata la città del Gesù e la città del Battista. 

Ma la tradizione precisa anche il nome della città, chiamandola «Città di Giuda». Al quale proposito occorre rilevare che nell'epoca in cui la tradizione era sorta e stava trasformandosi (anni 7-70 E.V.), da un capo all'altro della Palestina, il moto messianico predicato da Giuda Galileo e poi tenuto desto dalla sua «scuola», era dovunque incombente. Non può dubitarsi quindi che, all'epoca, la persona più popolare, in Giudea e specialmente in Galilea, fosse proprio quella del Rabbi Giuda, soprannominato Galileo. Era naturale quindi che il popolo, presso il quale la tradizione riportata da Luca si stava formando, parlando di Gamala, la designasse appunto come la «città di Giuda».

Per vero i dotti ecclesiastici vogliono interpretare la frase la «città di Giuda» del testo di Luca, affermando che si tratterebbe di una città della Giudea meridionale, individuata nella odierna Ain-Karem, dieci chilometri ad occidente di Gerusalemme. Ma anzitutto i dotti ecclesiastici hanno trascurato Giuseppe Flavio. Va peraltro ripetuto che la leggenda si venne formando in mezzo al popolo, e che il popolo, quando parla, si riferisce a fatti reali ed a persone da esso conosciute, non già a concezioni peregrine. Avendo quindi il popolo parlato di una «città di Giuda», non poteva che aver parlato della città dove era nato Giuda. 

Una interpretazione diversa, oltre ad andare contro la geografia, urterebbe contro il buon senso. Perché se Maria poté «alzarsi, andare in fretta nella contrada delle montagne, entrare nella casa di Zaccaria, e salutare Elisabetta», come scrisse l'evangelista, ciò vuol dire che essa, per recarsi da casa sua alla casa della cugina avrà compiuto un frettoloso cammino di pochi minuti, e non già un estenuante viaggio, di parecchie settimane. Perché come mai avrebbe potuto Maria andare in fretta da Nazareth (se Nazareth dovesse ritenersi la patria di Gesù) ad Ain-Karem? Non basta. Pur sorvolando sulla circostanza che entrambe le cugine, appartenendo al medesimo ceppo familiare, non potevano non avere una comune città natale (come è regola costante nei paesi a civiltà tribale), sta di fatto che il Battista ha predicato sempre sulle rive del grande e del piccolo Giordano. Perciò la sua patria non poteva che trovarsi nei pressi del fiume. Essa quindi non poteva essere se non Gamala. Perché ove la patria del Battista dovesse individuarsi in Ain-Karem, molto lontana dal Giordano, tutta la predicazione del Battista e tutta la tradizione evangelica, che del Giordano fece il fiume sacro, non troverebbe nessuna giustificazione. 

In verità, non possono riuscire vantaggiosi gli artifici che si tentano, per adattare la storia alla leggenda. Sarà invece la leggenda che dovrà piegarsi alla storia. E poiché stiamo parlando del Battista, dato che i più vorranno insistere che il Battista abbia preceduto e non seguito il Gesù, crediamo opportuno richiamare, a maggior conforto di quanto altrove argomentato (§ 38), altre prove.

Che il Battista abbia seguito e non preceduto il Gesù, si arguisce dal quarto vangelo. Giacché nel quarto vangelo con queste parole viene enunciata la predicazione dello stesso Battista: «Vi fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni. Egli venne per testimonianza, alfine di testimoniare della Luce, e perché tutti credessero per mezzo suo. Egli non era la Luce, anzi egli era stato mandato per testimoniare della Luce. Colui che era la vera Luce, la quale illumina ogni uomo che viene nel mondo, era, era nel mondo, ed il mondo era stato creato da lui; ma il mondo non l'ha riconosciuto; egli è venuto in casa propria, ed i suoi non l'hanno accolto».

Questa è la presentazione che fa del Battista il quarto vangelo, nel cui testo si afferma che, al momento in cui la predicazione del Battista aveva inizio, il Cristo, del quale quegli testimoniava, era già venuto, ed i suoi non l'avevano accolto. Non necessiterebbe altro dunque, per convincersi che «Gesù» era venuto prima del Battista. Ed è superfluo rilevare che anche questa prima parte del quarto vangelo (come abbiamo visto per la prima parte del vangelo di Luca), in origine avrà fatto parte di un «Vangelo del Battista».

Per altro se Giovanni era venuto per testimoniare, è intuitivo che si rende testimonianza di un fatto già avvenuto, non già di un fatto che debba ancora verificarsi. Difatti, nel testo citato, non si dice che Giovanni fosse venuto per preannunziare il Maestro, ma per testimoniare che quegli era già venuto. Ciò deve ritenersi anche in base al testo di Marco (XIII, 9), laddove si legge che il Maestro, istruendo i discepoli, così aveva detto loro: «Vi tradurranno dinanzi ai Tribunali; sarete battuti; comparirete davanti ai governatori per causa mia, onde rendiate la vostra testimonianza». Dal che si ha la riprova che la «testimonianza» avrebbe dovuto essere successiva; non già precedere la morte del Maestro. 

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