(segue da qui)
CAPO TERZO
IL MAESTRO EVANGELICO
IX. — LA DATA DI NASCITA DEL MESSIA-GESÙ
§ 23) Le tre circostanze riferite da Eusebio. — Nostro intendimento, dettando quest'opera, è quello di dare un nome ed un volto al fondatore del cristianesimo: di identificare cioè nelle fonti storiche la persona fisica che diede vita alla leggenda evangelica, e che fino ad oggi è rimasta del tutto sconosciuta. Difatti «Il mito di Gesù» intitolò Arturo Drews la sua opera; a sua volta Couchoud chiamò il «Mistero di Gesù» l'opera da lui scritta; e Merezkovskij, che pure appartiene alla cerchia degli ortodossi, non poté che intitolare «Gesù sconosciuto» l'opera da lui dettata sull'argomento. Sarà mai possibile a noi portar luce piena in tanta controversa materia?
Per poter condurre una qualsiasi ricerca anagrafica, bisogna possedere tutti i dati del personaggio accertando. Volendo quindi noi rintracciare nella storia profana il personaggio della tradizione religiosa, dovremo prima rintracciare nella tradizione i dati anagrafici del personaggio storico. E poiché, come altrove dimostrato, i dati apparenti, contenuti in quella parte della tradizione che un tempo aveva prevalso, non sono esatti, dovremo indagare più a fondo nella tradizione stessa, per accertare i dati reali, che la tradizione deve pure aver conservato.
Cominceremo col ricercare la data di nascita del Messia-Gesù. A questo scopo però è necessario che noi si abbia a disposizione, in una visione panoramica, tutta intera la tradizione cristiana, non già elementi staccati di essa. Tale visione panoramica infatti non può esserci data dai Vangeli noti, perché ciascuno di essi captò ed illustrò a suo tempo soltanto un aspetto, o meglio, una singola corrente della tradizione in fieri: quella corrente cioè che una singola «comunità» (ecclesia) aveva raccolto ed elaborato nel proprio seno, e che da ultimo era stata tradotta nello scritto (§ 93). Nemmeno può affermarsi che tutti gli attuali Vangeli presi insieme, compreso il libretto degli Atti, possano offrire tale visione panoramica. Giacché è noto che nei primi secoli cristiani le «versioni» presentate tra i fedeli a scopo di edificazione, e quali «buone novelle» (vangeli), erano state moltissime (perché avevano tanto bisogno di «buone novelle» i poveri emigrati di Palestina). Quelle «versioni» anzi erano diventate, a poco a poco, altrettante, quante erano le «comunità» di messianici sparse nei territori dell'Oriente Greco: da Cirene a Corinto, da Alessandria a Filippi, ad Antiochia, ad Efeso. Solo verso il 451 (Concilio di Calcedonia) le alte gerarchie ecclesiastiche, ormai diventate dominatrici, scelsero, tra le molte «versioni» del racconto evangelico allora esistenti, gli attuali «Vangeli», che costituirono da allora la «Legge» di Cristo (Canone), completatrice della «Legge» di Mosè (Thorà). Ma, appunto perché si trattava di una scelta, non potevano i Vangeli «scelti» contenere tutta la originaria tradizione messianica.
A proposito poi dei Vangeli, è bene rilevare fin da ora che la parola «Vangelo» (Euagghelion = buona novella) è completamente greca. Essa ci conferma che la tradizione evangelica — nelle sue varie «versioni» — ebbe la sua formazione non già in Palestina, ai tempi del Gesù o subito dopo la sua morte; ma soltanto nell'Oriente greco. Comunque, sulla genesi dei Vangeli diremo separatamente. Qui facciamo presente che non potendo noi ricavare tutta la tradizione messianica dai Vangeli conosciuti, perché la più parte dei «Vangeli» originari, esclusa dal Canone attorno al 451, rimase perduta, dovremo cercarla altrove, e bene a proposito ci viene in aiuto la Storia Ecclesiastica di Eusebio. Da Eusebio quindi — fonte per altro ecclesiasticamente indiscussa — noi attingeremo preferibilmente le nostre notizie.
Eusebio nacque a Cesarea, capitale allora della Palestina romana: nacque pertanto nelle immediate vicinanze di quella Galilea, nella quale il «Maestro» aveva rivelato la propria missione. L'epoca di sua nascita si aggira attorno all'anno 260. Ma in quest'epoca lo stato giudaico non esisteva più come tale, mentre l'idea messianica, stroncata in Giudea, aveva fatto molti progressi nell'Oriente greco.
Eusebio comunque visse nei primi secoli cristiani, quando la vita del «Cristo» era bensì divenuta leggenda, ma la relativa tradizione si era appena formata, e la Chiesa non aveva ancora precisato il proprio «Canone», selezionando l'una dall'altra corrente. Eusebio pertanto, nato nella terra dove era nato il Gesù, ed a contatto con gente la quale aveva ricevuto ed elaborato tutte le varie correnti della tradizione, è il più qualificato espositore della tradizione stessa, con tutte le sue imprecisioni, anacronismi ed iperboli. Egli stesso peraltro, apprestandosi ad esporre, nella sua Storia Ecclesiastica, le prime vicende cristiane, così inizia la sua trattazione (cfr. l'ediz. di Firenze 1943): «Esclusa la possibilità di rintracciare anche semplici vestigia di uomini che mi abbiano preceduto in questo sentiero, non incontrerò che testimonianze esigue di scrittori ...». Egli dunque era conscio di essere il primo a raccogliere l'intera tradizione cristiana, ed è naturale che la fonte più autorevole, in argomento, debba essere appunto il suo testo.
Dobbiamo però mettere in luce fin da ora che Eusebio fu un apologeta e non uno storico del cristianesimo. Esso per giunta non possedeva il senso della cronologia, nè il senso della causalità, e non si prospettava li principio della ragione sufficiente. L'esposizione di Eusebio pertanto deve accettarsi per quella che è: materiale grezzo cioè, ancora da lavorare. L'apologeta di Cesarea infatti ci ha tramandato, come in uno zibaldone, tutto quello che ai suoi tempi si raccontava sul Redentore Cristiano: storia e leggenda, favola e mito, vita e fantasia. E proprio di questo noi dobbiamo essergli grati. Giacchè se Eusebio avesse selezionato il so materiale; se avesse elaborato dottamente le notizie raccolte, in modo da evitare le incessanti contraddizioni e gli anacronismi stridenti, per adattare la narrazione ai principi basilari della nuova fede, noi possederemmo bensì oggi un'altra «verità» religiosa (doxa); ma non avremmo modo di ricercare e ricostruire la «verità» in sé e per sé considerata (episteme).
Sulla cronologia del Cristo, Eusebio riferisce tre circostanze distinte, senza rilevarne la contraddittorietà. La prima circostanza — che possiamo chiamare di cronologia diretta — mette in luce, quale anno di nascita del «Gesù», l'anno del «censimento» eseguito in Giudea da Quirino (6 E.V.). La seconda — che possiamo chiamare di cronologia indiretta — richiama i «fatti di Erode» accompagnanti la nascita e l'adolescenza del Gesù (40 av. E.V. — 3 E.V.); e la terza — che possiamo chiamare di cronologia diretta ed indiretta insieme — richiama i pontificati di Anna, Ismaele, Eleazaro, Simone e Caifas (7-30 E.V.), durante i quali Gesù, secondo una corrente della leggenda, avrebbe predicato e sarebbe morto. Di tali tre circostanze noi cercheremo di fare l'analisi minuta, per indagare, al lume degli ulteriori accertamenti, ormai diventati di dominio pubblico ma già sconosciuti all'apologeta di Cesarea, in che cosa Eusebio abbia equivocato, e quale pertanto debba ritenersi, in base agli elementi da lui forniti, la vera data di nascita del «Messia Gesù».
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