sabato 1 aprile 2023

Origini Sociali del CristianesimoLa Passione secondo Luca

 (segue da qui)


La Passione secondo Luca.

Il dramma finale che si svolge a Gerusalemme ne è un'ultima dimostrazione. Il racconto è qui notevolmente abbreviato. In Marco, Gesù faceva nella città un ingresso trionfale, sotto gli «osanna» della folla che acclamava «il regno di Davide». Passando, l'indomani, davanti a un fico ben frondoso, che non aveva frutti, lo maledisse e l'albero appassì. Scacciò i venditori dal Tempio, lamentandosi che si aveva fatto della sua Casa un covo di ladri. Il giorno dopo diceva alla folla la parabola del proprietario terriero che, avendo piantato e poi affittato una vigna, vede i vignaioli maltrattare i suoi inviati e poi massacrare il proprio figlio, e prende allora la decisione di andare lui stesso da loro per distruggerli e prendere altri custodi. Luca sopprime questi episodi, che non corrispondono al suo ideale. Per lui, Gesù non è un Messia chiamato a raccogliere l'eredità di Davide. Non ha da preoccuparsi della buona tenuta del Tempio, che non è per nulla affatto la sua casa. Non avrebbe potuto desiderare la morte di un fico, perché egli dà la vita e non la morte. Lo sterminio dei vignaioli è ancora più contrario al suo spirito.

Ma in Luca come in Marco, Gesù insegna ogni giorno nel Tempio. Ingaggia con i Sadducei e i Farisei, gli scribi e i dottori della Legge vivaci discussioni in cui si affrontano dottrine opposte. Egli annuncia, in una breve apocalisse, l'avvento prossimo del Regno di Dio. Alla sera della cena pasquale, comunica ai suoi dodici apostoli il forte desiderio che aveva di parteciparvi con loro e distribuisce loro il pane e il calice eucaristico, dicendo sul primo: «Questo è il mio corpo, che è consegnato per voi», e sul secondo: «Quel calice è la mia alleanza nel mio sangue, che è versato per voi». Tradito da uno degli invitati, è arrestato poco dopo, nel corso di un'ultima preghiera, nel giardino del Getsemani e condotto davanti al Sinedrio, che domanderà la sua morte a Pilato.

Alcuni dettagli tipici sono aggiunti da Luca. Il procuratore romano rimanda l'accusato, in quanto galileo, dinanzi al tetrarca di Galilea, Erode Antipa, per fargli assumere la responsabilità della condanna, alla quale egli stesso finisce per rassegnarsi benché a malincuore. Condotto al Calvario e crocifisso tra due malfattori, Gesù prega per i suoi carnefici, che non «sanno ciò che fanno», e promette l'ingresso in paradiso a uno degli altri torturati che ha avuto fede in lui. Al momento di spirare, non dice, come in Marco: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?», ma piuttosto, in conformità con l'intera dottrina del libro: «Padre, rimetto il mio spirito nelle tue mani». Solo le donne assistevano, secondo Marco, alla sua agonia. Luca aggiunge a loro «tutti i suoi amici», vale a dire i suoi discepoli e soprattutto i suoi apostoli, che ha maltrattato meno nel corso dei racconti precedenti e che ha evitato di trasformare in fuggiaschi. Così non si accontenta, come il suo predecessore, di far annunciare la resurrezione del Cristo a queste donne fedeli. Fa apparire il Risorto stesso dapprima a due discepoli, che si recano a Emmaus, poi al gruppo dei Dodici, che invia infine a predicare in suo nome il perdono dei peccati «a tutte le nazioni». [95

NOTE DEL CAPITOLO 5

[95]  Id. 19:47; 20:47; 21:5, 34; 22:19-20; 23:6, 25, 34-39; 43, 46, 49; 24:13-20, 28-31, 36-43, 47.

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