giovedì 9 marzo 2023

Origini Sociali del CristianesimoVerso l'autonomia. La guerra giudaica

 (segue da qui)


Verso l'autonomia. La guerra giudaica.

La guerra contro Roma, che dal 66 al 70 turbò la Palestina, ebbe contraccolpi violenti attraverso la Siria. Gli ebrei vi erano troppo numerosi, si trovavano troppo coinvolti nella vita del paese per assistere con indifferenza alla ribellione dei loro compatrioti. Vecchi odi si riaccesero. Gli ambienti colti, dove i greci dominavano, non nutrivano già alcuna simpatia nei confronti del mondo israelita. Fin dal tempo lontano di Antioco Epifane, quando il conflitto tra l'ellenismo e il giudaismo era esploso in forma acuta, una corrente persisteva, a volte violenta, a volte attenuata, ma sempre irriducibile e spesso aggressiva, contro gli ebrei in generale e più particolarmente contro le loro tradizioni religiose. Critiche numerose correvano nei loro confronti. Si diffondevano in vari scritti. Erano in particolare esposte a lungo in un opuscolo dell'alessandrino Apione, che ebbe, nel I° secolo, una così grande diffusione che lo storico Giuseppe si sentì in dovere di confutarlo punto per punto. Si rimproverava agli ebrei di rifiutare tutti gli Dèi adottati dal resto degli esseri umani, di opporsi specialmente al culto di Roma e dei Cesari, protettori dell'Impero, infine di aggravare questo ateismo e questa indisciplina adorando da parte loro una divinità bizzarra dalla testa d'asino. Ci si burlava facilmente della loro circoncisione, del loro sabato, delle loro proibizioni alimentari e in particolare del loro orrore per la carne di maiale. Si davano dettagli spaventosi sul rituale segreto della loro Pasqua, la cui vittima, si diceva, era un bambino greco tolto alla sua famiglia, immolato secondo le regole e mangiato in famiglia. Si additava l'isolamento in cui i loro devoti si muravano per sfuggire a ogni contatto impuro e si rimproverava loro di avere in odio la razza umana. Per quanto false, assurde potessero essere, queste accuse trovavano facilmente credito e davano luogo, non appena le circostanze vi si prestavano, a spaventosi pogrom. 

D'altronde, i Siriani erano, nel complesso, sudditi leali dell'Impero. Per loro Roma rappresentava l'ordine, la pace, la prosperità del paese. Gli ebrei furono presentati come fautori di anarchia, nemici del genere umano. Secondo il racconto della Guerra Giudaica [23] fin dall'inizio della grande rivolta, nello stesso giorno, alla stessa ora, tutti gli israeliti di Cesarea furono assaliti e sterminati fino all'ultimo. Molte città siriane seguirono questo esempio. In Antiochia stessa ci furono grandi massacri. La resistenza a Gerusalemme non fece che accrescere la furia antiebraica. Quando gli ultimi difensori della città soccombettero, una sorta di allarmismo selvaggio si fece sentire lungo tutta la costa siriana. Quasi centomila prigionieri erano sfuggiti al grande massacro. Molti di loro furono condotti attraverso le città della costa e obbligati a uccidersi a vicenda nei circhi, per la maggior soddisfazione degli spettatori. Quando il corteo imperiale giunse ad Antiochia, acclamazioni interminabili salutarono Tito e molte petizioni gli furono rivolte perché liberasse la città dagli ebrei che vi si trovavano ancora. 

I proseliti stessi furono duramente percossi. Ma essi ebbero generalmente salva la vita. Grazie a loro, il cristianesimo siriano poté sopravvivere alla crisi, senza dubbio perfino accrescere i suoi numeri, perché molti «timorati di Dio» che frequentavano in passato la sinagoga si ritrovarono naturalmente sotto il segno del Cristo. La Chiesa offriva loro la stessa fede nel Dio Padre, una regola di vita pressappoco identica, riunioni simili in cui ci si dava alle stesse pratiche religiose. Essa aveva il vantaggio di non confondersi con la massa di quel giudaismo odiato che la sua rivolta rese compromettente. Tutti coloro che condividevano l'ideale di Israele senza voler incorrere nella sua disgrazia si orientarono verso di essa e frequentarono le sue assemblee.

La prima preoccupazione di questi nuovi convertiti era di dissociarsi dal mondo ebraico, per non esporsi a nuovi abusi. I loro anziani, venuti precedentemente dalla gentilità al Vangelo, erano nello stesso stato d'animo. Anche loro ci tenevano a non essere presi per israeliti. Si applicavano quindi a evitare tutto ciò che potesse causare una confusione spiacevole. Quell'atteggiamento collettivo era carico di conseguenze. Portò la chiesa a staccarsi dalla sinagoga e a darsi un'organizzazione autonoma.

Gli israeliti si distinguevano pubblicamente dal resto della popolazione per l'inattività settimanale del Sabato, scelta e imposta da Dio stesso per le cerimonie del culto. Fin dall'inizio della guerra, gli ebrei di Antiochia erano stati invitati dalle autorità cittadine a svolgere in questo giorno come al solito le loro occupazioni. Dovettero sottomettersi. L'esempio fu seguito in altre città. Molti ebrei si vi si conformarono essi stessi per evitare ritorsioni. A maggior ragione i cristiani di origine pagana evitarono di compromettersi. Lavorarono per tutto il Sabato come negli altri giorni. Ma questi neofiti venuti dalla gentilità avevano le loro proprie tradizioni e tenevano a mantenere tutte quelle che si adattavano con le loro nuove credenze. Molti di loro si erano dedicati fin dalla loro infanzia ad un culto fervente del Sole, che era in grande venerazione in tutta la regione dell'Oronte. Lo celebravano particolarmente il primo giorno della settimana, che era per loro il vero giorno del Signore e veniva all'indomani del Sabato. Senza dubbio questa usanza esisteva già tra gli Esseni, che abbiamo visto rivolgere, al mattino, le loro preghiere al sole nascente e nascondere con cura ciò che avrebbe potuto contaminare «i raggi di Dio». I capi cristiani delle comunità siriane dovettero conformarsi ancor più facilmente a quel vecchio costume, perché lo ritenevano un modo opportuno di rendere pubblico omaggio al Dio Salvatore, intravisto per l'occasione attraverso i testi profetici come il sole dei giusti, la luce delle nazioni. [24]

Rimandarono dunque le loro devozioni all'indomani del Sabato, che era per i Siriani il «Giorno del Sole» e che divenne per loro «il giorno del Signore», vero «Sole di giustizia»

NOTE DEL CAPITOLO 5

[23] Guerra Giudaica 2 e 7.

[24] Isaia 9:9; 42:7; 60:19-20.

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