mercoledì 22 marzo 2023

Origini Sociali del CristianesimoLo spirito e la lettera

 (segue da qui)

Lo spirito e la lettera.

Ma se Marco partecipa alla tendenza giudaizzante dei cristiani di Palestina, egli si distingue da loro per la sua avversione pronunciata nei confronti del mondo ebraico. Per lui, come per lo Pseudo-Barnaba, gli israeliti sono stati ben favoriti dalle istruzioni divine. Solo che non le hanno affatto comprese. Hanno osservato la lettera senza afferrarne lo spirito. Come furono al tempo dei profeti, che non cessarono di denunciare la loro cecità, così sono stati con Gesù vivente, che in varie circostanze ha fatto loro lo stesso rimprovero. Sono, a questo proposito, di una stupidità sconcertante. I suoi miracoli e i suoi discorsi sono su di loro senza effetto. Guardano senza vedere, ascoltano senza intendere. I suoi genitori, più precisamente sua madre e i suoi fratelli, lo dichiarano fuori di sé, gli scribi lo giudicano posseduto da Belzebù. I farisei, che si concedono, prima di mangiare, ad ogni sorta di abluzioni rituali, non solo su se stessi ma anche sui calici, sulle brocche e sui piatti, gli rimproverano di non dare ai suoi discepoli le stesse regole di purezza (8:1, 5). Non capiscono che ciò che contamina l'uomo non è ciò che entra in lui ma ciò che esce da lui e che bisogna evitare soprattutto i malvagi pensieri e i malvagi desideri. I Sadducei gli domandano stoltamente, per contraddirlo, di chi sarà, nel giorno della resurrezione, una donna che ha avuto sette mariti, come se dovessero esserci allora donne e mariti: «Voi non capite», risponde, «né le Scritture né la potenza di Dio... Voi siete grandemente in errore». La folla intera, dovendo scegliere tra lui e Barabba, spinge l'aberrazione fino a optare per questo criminale. [73] I dodici apostoli, vivendo in compagnia del Maestro, beneficiando delle sue lezioni, avrebbero dovuto mostrarsi più saggi. Ma anche loro sono privi di senno. Gesù espone loro la parabola del seminatore. Essi l'hanno afferrata così poco che ne domandano il significato. Si attirano questo commento mortificante: «Non comprendete quella parabola? Come comprenderete tutte le parabole?» Stesso bisogno di commentario dopo l'istruzione su ciò che contamina l'uomo. Stessa replica sprezzante del Maestro: «Siete a questo punto voi stessi così poco intelligenti?» Una volta Gesù fa loro quella raccomandazione: «Guardatevi dal lievito dei farisei». Essi pensano stupidamente che ciò sia perché non hanno portato con sé alcun pane. Ne sono fortemente rimproverati: «Non capite e non comprendete ancora? Avete il vostro cuore indurito? Avendo occhi, non vedete, e avendo orecchi, non intendete?» Più tardi, salendo a Gerusalemme, Gesù annuncia loro le prove che lo attendono lì. È questo il momento che scelgono Giacomo e Giovanni per domandargli il favore di essere assisi ai suoi lati quando sederà nella sua gloria! La risposta è tagliente: «Voi non sapete ciò che domandate». [74] Pietro che formava, con i suoi due colleghi, il trio dei «super-apostoli» incontrati da Paolo a Gerusalemme, non è trattato meglio dal nostro evangelista. Appare nel suo libro come il primo dei dodici. Ma il suo primato non fa che aggravare il loro caso. L'incomprensione del popolo ebraico, che assume un rilievo particolarmente marcato nel Collegio Apostolico, si afferma ancora più eclatante e più sconvolgente nel suo capo. Quest'ultimo fa prova, in diverse circostanze, di una incomprensione totale. Una volta, avendo sentito il Maestro predire la sua Passione imminente, lo prende in disparte per fargli dei rimproveri e si attira quella replica tagliente: «Và indietro, Satana, perché tu non conosci ciò che è di Dio ma ciò che è degli uomini». Alla vigilia del grande dramma, come Gesù annuncia che sarà abbandonato da tutto il suo entourage, Pietro dice fieramente: «Quand'anche tutti si scandalizzassero, io no!» e si sente replicare: «In verità, io ti dico, invece, che oggi, questa notte, prima che due volte il gallo abbia cantato, tre volte mi rinnegherai». Qualche ora più tardi, nel giardino del Getsemani, invitato a vegliare con Giacomo e Giovanni, presso il Maestro che dispera moralmente, si addormenta con loro e si sente rivolgere questo commento poco lusinghiero: «Simone, dormi? Non hai avuto la forza, per un'ora, di vegliare?», il che non gli impedisce di assopirsi una seconda volta e persino una terza. Nel corso della notte, mentre i rappresentanti ufficiali del giudaismo decidono la morte del Cristo, lui invece, assiso nel cortile con i servi, finge di non conoscerlo, lo rinnega tre volte, tra due canti del gallo. Dopodiché scompare definitivamente, come hanno già fatto i suoi undici compagni. [75]

Questi episodi portano il segno distintivo di Marco. È soprattutto nella loro trama che si può osservare il suo amore per le triadi, per le scene tripartite. Rappresentano quindi proprio una tendenza caratteristica del suo spirito e di quello del gruppo che rappresenta. 

NOTE DEL CAPITOLO 5

[73] Marco 4:11-12, 3:21, 31; 8:1, 5; 7:14, 23; 12:24, 26; 15:6, 15. 

[74] Id. 4:13; 7:18; 8:17-18; 10:38.

[75] Id. 8:33; 14:29-30, 38-39, 41, 66, 72. 

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