domenica 19 febbraio 2023

Origini Sociali del CristianesimoVerso la soluzione

 (segue da qui)


Verso la soluzione.

Ciò che sappiamo dei grandi partiti tra i quali il giudaismo si divideva all'inizio della nostra era limita singolarmente il campo delle nostre ricerche. Abbiamo constatato che i Sadducei, i Farisei e gli Zeloti mostravano tendenze contrarie, su molti punti, a quelle che dovevano ispirare i primi cristiani. Quella opposizione è particolarmente evidente in quanto concerne il Cristo Salvatore. È soprattutto qui che esplode il disaccordo.

Nella misura in cui i Sadducei erano in grado di concepire la fede messianica e di associarsi ad essa, come potevano ben rappresentarsi l'«Unto» ideale del Signore? Come un nuovo Saddoc o un nuovo Aronne, che avrebbe dato al culto tradizionale uno splendore senza pari, che avrebbe assicurato così la prosperità del Tempio e, per una felice conseguenza, quella dei suoi ministri. Lì si limitava in effetti il loro orizzonte. Una tale prospettiva era troppo limitata per lasciare qualche spazio al Servo di Dio morto e sacrificato per la salvezza delle nazioni, al giovane saggio disprezzato, perseguitato e messo a morte da un gruppo di stolti, al giusto sofferente abbandonato dai suoi e circondato da scellerati che lo spogliavano e lo percuotevano selvaggiamente. Se queste povere figure si profilavano talvolta ai margini del campo visivo, era come una triste realtà da cui si distoglieva lo sguardo, non come un ideale al quale ci si legava. Il mondo sacerdotale, che viveva lautamente dell'immolazione delle  vittime, non ci teneva affatto a prendere posto tra loro e a offrire sé stesso in sacrificio. L'idea non gli sarebbe venuta che uno di loro, e  il migliore, divenisse una sorta di capro espiatorio, carico di tutti i peccati del mondo. 

Una simile concezione era nondimeno estranea al clan dei Farisei. Questi borghesi onesti e laboriosi avevano troppa coscienza del loro valore morale per sentire il bisogno di un Salvatore che venisse a lavorare per la loro elevazione. Essi contavano sul proprio sforzo piuttosto che sui meriti di un intercessore obbediente. Tutto ciò che domandavano alla Provvidenza era un regime di natura tale che permettesse loro di applicarsi in pace alla pratica della Legge. Le loro preferenze andavano per un santo re, timorato di Dio e sostenuto da lui, abbastanza buono da volere solo il bene, abbastanza potente da imporlo con la sua sola parola non solo all'interno della Palestina ma anche al di fuori. Siccome mantenevano un brutto ricordo dei monarchi asmonei, che si erano mostrati piuttosto maldisposti verso di loro e che avevano finito per schierarsi dalla parte dei pagani, invocavano nei loro auspici un «figlio di Davide», un nuovo Salomone, in cui si sarebbero realizzate in modo eccellente le promesse fatte in passato da Jahvé al fondatore della dinastia. In lui avrebbe dimorato lo Spirito Santo, che gli avrebbe impartito la sapienza e l'intelligenza, la forza e la giustizia. Per mezzo di lui Gerusalemme sarebbe stata purificata dalla presenza dei pagani e tutti gli ebrei sparsi per il mondo sarebbero venuti a rendervi omaggio all'unico vero Dio. Questo è il programma messianico che si afferma in una raccolta di diciotto Salmi, detti di Salomone, ma composti solo nell'anno 60 prima della nostra era, e soprattutto nel diciassettesimo, dedicato al Cristo Re, dove si può vedere la conclusione dell'intero libro. [32] L'autore applica all'Unto del Signore molti dettagli scritturali che fanno emergere la sua eccellenza. Ma, quali che siano le virtù o le grazie di cui lo adorna, lo presenta sempre come un semplice mortale e, d'altra parte, non dice nulla che permetta di vedere in lui, in qualsiasi momento della sua esistenza, un giusto perseguitato.

Era anche un capo uscito dal mezzo di Israele che attendevano gli Zeloti, ed essi lo concepivano egualmente glorioso. Lo facevano persino più vicino ad un comune mortale, ma anche più ribelle ad ogni umiliazione. Mentre i Farisei lo volevano pacifico, come Salomone, trionfante su tutti gli ostacoli con la sola virtù della sua parola, loro sognavano di vederlo marciare, come l'antico Giosuè o Gesù, alla testa di un esercito impavido, piombare sui Goyim e ucciderli. Erano quindi quanto mai restii a confondere la sua immagine con quella del Servo di Jahvé condotto come un agnello al macello, del giovane saggio condannato dagli stolti a una morte vergognosa, del giusto dei Salmi braccato, disprezzato, percosso da una banda di malfattori. Ai loro occhi, era piuttosto lui che doveva abbattere i suoi avversari e infliggere loro una fine ignominiosa. 

Sadducei, Farisei e Zeloti rappresentano il giudaismo nazionale come lo concepivano rispettivamente l'aristocrazia, la borghesia e il proletariato. L'eliminazione di questi tre gruppi ci porta a ritornare al quarto, quello degli Esseni. Questo è più mistico, più libero dal vecchio nazionalismo. È in esso che è si potuta e dovuta formarsi l'idea cristiana del Figlio di Dio fatto uomo, sofferente e morente per la salvezza dei suoi fratelli. Lo spirito generale delle sue dottrine lo orientava in questo senso. 

NOTE DEL CAPITOLO 4

[32] Cfr. François MARTIN, Documents pour l'étude de la Bible, volume 4, i Salmi di Salomone, pag. 339.

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