venerdì 10 febbraio 2023

Origini Sociali del CristianesimoLa Sapienza di Salomone

 (segue da qui)

La Sapienza di Salomone.

Al libro dei Proverbi conviene aggiungere quello della Sapienza, che si richiama similmente a Salomone. Il primo era di un palestinese, che scriveva per i suoi compatrioti e in ebraico. Il secondo è di un ebreo d'Egitto, di epoca più recente, che si rivolge ai suoi correligionari della regione del Nilo ed in greco. Così porta il segno ben più netto dell'ellenismo. Testimonia persino una certa conoscenza delle grandi scuole filosofiche, particolarmente dello stoicismo. 

L'autore si esprime ancora più nettamente rispetto a quello dei Proverbi e dell'Ecclesiastico sul tema della Sapienza. Mentre i suoi predecessori si limitavano a tratteggiarne una personificazione piuttosto vaga, essa si presenta da lui come una autentica personalità, come un'ipostasi divina, identica alla Ragione suprema o al Logos che, per gli Stoici, organizza e dirige il mondo.

«Essa è uno Spirito intelligente, santo, unico, molteplice, immateriale, attivo, penetrante, senza macchia, infallibile, impassibile, amante del bene, saggio, che non conosce ostacolo, benefico, buono per gli uomini, immutabile, sicuro, tranquillo, onnipotente, che pervade tutte gli spiriti, gli intelligenti, i più puri e i più sottili. Perché la sapienza è più agile di ogni movimento, penetra e si introduce dappertutto a causa della sua purezza.

Essa è il soffio della potenza di Dio, una pura emanazione della gloria dell'Onnipotente. Così nulla di impuro può cadere su di essa. Essa è lo splendore della luce eterna, il riflesso senza macchia dell'attività di Dio e l'immagine della sua bontà.

Essendo unica, essa può tutto, restando la stessa, rinnova tutto, diffondendosi attraverso i secoli nelle anime sante, le rende amiche di Dio, e profeti... La Sapienza arriva con forza da un capo all'altro del mondo e dispone di tutto con dolcezza». [18]

In altri passi, l'autore ci mostra una delle manifestazioni di questo Spirito Santo che santifica le anime. Si tratta di un uomo buono vittima innocente di esseri perversi che hanno giurato la sua perdita. Questi malvagi hanno detto:

«Tendiamo insidie al giusto, poiché ci è scomodo, poiché è contrario alla nostra maniera di agire, poiché ci rimprovera di violare la Legge... Egli pretende di possedere la conoscenza di Dio e si nomina figlio del Signore... La sola vista di lui ci è insopportabile, perché la sua vita non rassomiglia a quella degli altri e le sue vie sono estranee... Egli proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo dunque se quel che dice è vero... Perché se questo giusto è figlio di Dio, Dio prenderà la sua difesa e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Sottoponiamolo agli oltraggi e ai tormenti... Condanniamolo a una morte vergognosa...».

Ecco il complotto ed ecco le conseguenze:

«Il giusto, anche quando muore prima del tempo, trova il riposo. Essendo gradito a Dio, era amato da lui e, siccome viveva tra i peccatori, è stato trasferito... Arrivato in poco tempo alla perfezione, ha fornito una lunga carriera... Il giusto che muore condanna gli empi che sopravvivono... Essi vedranno la fine del sapiente... e lo derideranno. Ma il Signore riderà di loro..., saranno distrutti fino all'ultimo. Essi verranno, pieni di paura, al pensiero dei loro peccati... Allora il giusto sarà in piedi con grande forza davanti a coloro che lo hanno perseguitano... A quella vista, essi saranno scossi da un orribile spavento, saranno nello stupore dinanzi alla rivelazione della salvezza. Si diranno, pieni di rammarico: “Ecco dunque colui che era una volta l'oggetto delle nostre beffe e il bersaglio dei nostri oltraggi. Da stolti abbiamo considerato la sua vita una follia e la sua fine un obbrobrio. Come è annoverato tra i figli di Dio?...”» [19]

Abbiamo qui solo uno sviluppo nuovo di un vecchio tema, quello del giusto perseguitato, che abbiamo già riscontrato nel Secondo Isaia e che ritroviamo sotto varie forme in Platone, in Seneca e molti altri. Ma molti lettori, a cui tali accostamenti erano molto estranei, hanno visto in questo saggio ideale una personalità reale in cui si è incarnata la Sapienza. È quanto fanno, ad esempio, l'apologeta Giustino e, prima di lui, l'autore della cosiddetta Epistola di Barnaba. Per l'uno e per l'altro, il giusto perseguitato, odiato e messo a morte non è altro che Gesù. Gli evangelisti si ispirano chiaramente a quella idea nel racconto della Passione. [20] Ben prima di loro, persino prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme, il primo scrittore della cosiddetta Epistola agli Ebrei modella la sua definizione del «Figlio» di Dio su quella della Sapienza, che si legge nel libro omonimo. [21] Ciò indica quanto quest'ultimo scritto ha dovuto contribuire alla formazione della fede cristiana.

NOTE DEL CAPITOLO 4

[18] Sapienza 7:22, 25, 27.

[19] Id. 2:12, 20; 4:7, 20; 5:1, 5.

[20] Si veda P. ALFARIC, La plus ancienne vie de Jésus, l'évangile selon Marc. Introduzione, pag. 69 e seguenti.

[21] Sapienza 2:13. Ebrei 1.

Nessun commento:

Posta un commento