domenica 1 gennaio 2023

Origini Sociali del CristianesimoINTRODUZIONE

 (segue da qui)


INTRODUZIONE

«Sognavo allora di riprendere... il programma dei sette volumi di Ernest Renan sulle origini del cristianesimo... Al ruolo individuale di personalità fittizie, o mal conosciute, o sistematicamente distorte, sostituirò quello delle grandi correnti religiose da cui il cristianesimo procede, alle quali esso è associato, contro le quali si è scontrato. Presenterò così un panorama delle «origini sociali del cristianesimo», in cui queste sarebbero esaminate di volta in volta, in cinque volumi, secondo i vari ambienti che hanno servito loro da teatro, sotto le loro forme palestinesi, siriane, egiziane, greche e romane».

Così si esprime Prosper Alfaric, alla fine del suo libro «Dalla fede alla ragione». [1] Egli riconosce in seguito che la guerra, l'età, altre incombenze lo hanno distolto da questo lavoro, che però gli stava a cuore e per il quale aveva «annerito molte pagine». Che questo lavoro gli sia stato caro, posso testimoniarlo; durante le numerose conversazioni che ho avuto con lui negli ultimi dieci anni della sua vita, me ne ha parlato molto spesso, e mi ha lasciato l'impressione che lo ritenesse la sua opera capitale. Ma, alla sua maniera modesta e leggermente ironica, offre soltanto ciò: «Nel corso della mia lunga carriera, mi sono coinvolto in una miriade di progetti letterari che non ho potuto portare a termine. Nessuno mi ha affascinato quanto questo». [1

Quando deploravo il fatto che non avesse terminato quella grande opera, [2] non sapevo l'importanza del manoscritto che lasciò incompiuto. È questo manoscritto, evidentemente incompleto, che l'Union Rationaliste, in accordo con la famiglia di Prosper Alfaric, ha deciso di pubblicare, e che costituisce non i cinque volumi annunciati, ma la presente opera. Abbiamo esitato a lungo prima di intraprendere quella pubblicazione: non equivale forse a nuocere alla memoria di uno studioso offrire al pubblico un'espressione del suo pensiero, un risultato delle sue ricerche alle quali non ha dato il tocco finale? Non andiamo, così facendo, contro la volontà stessa di Prosper Alfaric? Fermamente convinto dell'importanza capitale dell'essenismo nell'elaborazione cristiana, egli ha vissuto abbastanza a lungo da conoscere le scoperte del Mar Morto e da vedervi una sorprendente conferma della sua tesi. Ma egli comprendeva allo stesso tempo «l'impossibilità pratica di procedere ad un lavoro complessivo di interesse duraturo fintantoché non saranno stati editati, tradotti e analizzati con il metodo minuzioso che si richiede in tale materia tutti i testi riesumati a Qumran». [3] Pensava d'altra parte che «un'opera massiccia che avesse la pretesa di dare al pubblico una visione abbastanza ampia e precisa del grande problema delle origini del cristianesimo rischierebbe fortemente di mancare il suo scopo. A causa della sua mole, raggiungerebbe solo gli studiosi, convinti di non avere più nulla da apprendere». [4]

Non abbiamo pensato che queste obiezioni fossero decisive. Lo stile di Prosper Alfaric è abbastanza solido, il suo pensiero abbastanza sicuro da sopportare una pubblicazione incompleta. D'altra parte, senza dubbio passerà molto tempo ancora prima che si possano trarre dalle scoperte del Mar Morto conclusioni definitive e che ottengano l'accordo (quasi) generale: le pagine dedicate da Prosper Alfaric all'essenismo mantengono tutto il loro interesse. Infine, la presente opera è un volume maneggevole e la sua pubblicazione da parte dell'Union Rationaliste gli assicura quel pubblico non specialistico che Prosper Alfaric auspicava per esso. Non che gli specialisti non vi possano trovare la loro attenzione; ma ho dedicato tutte le mie cure, come so che l'autore avrebbe auspicato, a rendere il testo facile da leggere, moltiplicandone i sottotitoli, facendo precedere ciascun capitolo con un sommario che è riprodotto nell'indice, aggiungendo un indice e delle mappe. Per la stessa ragione, ho rifiutato i riferimenti alla fine dei capitoli; so che Prosper Alfaric lo desiderava così, non per gusto personale, ma per ottemperare al desiderio dei suoi più modesti lettori.

Il manoscritto si presenta sotto forma di cinque voluminosi dossier, che corrispondono alle cinque parti dell'opera progettata: origini palestinesi, siriane, egiziane, greche e romane. Disponevo inoltre di frammenti isolati, di note, di traduzioni; di due quaderni sui quali Prosper Alfaric aveva indicato le grandi linee di alcuni dei suoi corsi destinati alla Facoltà di Lettere di Strasburgo; di tre quaderni contenenti le note prese in questi corsi da uno dei suoi allievi.

Nessuna delle cinque parti è completamente terminata. La prima è la più completa e allo stesso tempo la meno nuova, poiché Prosper Alfaric vi ha attinto abbondantemente per le sue conferenze, per le pubblicazioni dell'Union Rationaliste e del circolo Ernest Renan. D'altra parte, è in questo ambito soprattutto che lo studio dei manoscritti del Mar Morto ha possibilità di rinnovare i problemi. Non ho creduto però di dover scartare questi capitoli; cosa sarebbe uno studio delle origini cristiane dove mancherebbe la Palestina? D'altronde i testi pubblicati qui sono molto più completi di quelli che si troveranno nel volume «A l'école de la raison». Ho rinunciato solo all'ultimo capitolo di quella prima parte, che usciva dal contesto della Palestina e faceva doppio uso dei capitoli successivi.

Il secondo dossier, «Origini siriane», contiene un manoscritto compiuto, che ho creduto dapprima di poter pubblicare tale e quale. Ma una «nuova stesura», allo stato di bozza, è certamente successiva, poiché raccomanda in una nota l'inserimento in un certo punto di una parte del manoscritto precedente. Mi è stato quindi necessario utilizzare entrambi i testi, scegliere tra loro quando si ripetevano, completare l'uno con l'altro. Per il piano, e in caso di conflitto, ho preferito il testo più recente.

Il dossier delle origini cristiane è di gran lunga il più sottile. Questo non solo perché il cristianesimo egiziano è il meno conosciuto. È anche, chiaramente, perché il capitolo è rimasto incompiuto. È una bozza piuttosto breve, accompagnata da alcune note il cui tenore stesso mostra che Prosper Alfaric prevedeva altre ricerche, che non ha potuto condurre al loro termine. [5]

Il dossier delle origini greche è triplice. Tre bozze molto approssimative portano tre titoli diversi: origini greche, origini elleniche, origini asiatiche (si tratta dell'Asia Minore). Lo stesso tema vi è trattato, in tre maniere diverse, con ripetizioni senza dubbio, ma ogni stesura ha i suoi tratti originali. Lì, ancor più che per le origini siriane, ho dovuto combinare i diversi testi, senza nemmeno poter datare con certezza gli uni in rapporto agli altri. Avrei voluto non tralasciare nulla. Ma ho letto, proprio in questo capitolo, una piccola frase, appena ironica, su questo copista dell'Apocalisse, che si permette di «aggiustare da un capo all'altro i due finali per non lasciar perdere nulla». [6] Non volevo meritarmi lo stesso sorriso, e ho fatto grandi tagli, evitando quanto più possibile le ripetizioni. Così com'è, credo che questo capitolo regga, ma non posso affermare che il mio piano sarebbe stato quello di Prosper Alfaric. Beninteso, mi sono assolutamente vietato di cambiare una sola parola al suo testo. I pochi punti di sutura che sono stati necessari — dieci o quindici parole in tutto — sono indicati tra parentesi quadre.

Per le origini romane, l'aspetto del manoscritto è diversissimo. Comprende un primo capitolo (capitolo 9) accuratamente messo a punto, che comporta persino delle indicazioni tipografiche. Un secondo capitolo (la crisi gnostica, capitolo 10) è una bozza visibilmente incompiuta. È breve e si arresta bruscamente, ben prima di aver trattato gli argomenti indicati nel sommario. Questi due capitoli figurano qui integralmente e tali e quali.

Ho detto che avevo cercato di evitare le ripetizioni. Non ci sono sempre riuscita, e mi sembra che esse fossero inevitabili nel contesto geografico scelto da Prosper Alfaric. Si può credere che vi avesse forse infine rinunciato, benché nessun indizio venga ad appoggiare quella opinione. Questo piano geografico, infatti, è semplice solo in apparenza, e i dati del problema si sovrappongono inevitabilmente. A malapena, ai due estremi, la Palestina e Roma sono distinguibili. Ma san Paolo, ebreo di Tarso, che predica ai Greci, deve essere studiato nel contempo, almeno, in Siria e in Grecia. La gnosi è egiziana e greca, poi romana. Gli dei salvifici sono soprattutto siriani; ma Osiride non è forse il più antico tra loro? Per evitare di riprendere le stesse idee, sarebbe necessario rifondere l'intera opera. Prosper Alfaric lo avrebbe fatto; io non potevo permettermelo. Ho preferito lasciare dei passi — su san Paolo in particolare — che si riproducono quasi esattamente, piuttosto che vedere uno di loro mancante nello sviluppo che lo comportava. Mi permetto quindi di consigliare al lettore di considerare ciascuna delle cinque parti un tutto, che ovviamente ha il suo posto nell'insieme, ma che, completato o meno, deve bastare a sé stesso. 

La stesura delle note ha posto per me grandi problemi. Avevo tra le mani lunghe pagine di riferimenti (più di quattrocento) — inutilizzabili, o pressappoco, perché mi sono presto resa conto che si riferivano a uno stato primitivo del testo che ha dovuto essere distrutto. Esse riguardavano solo le prime due parti (Palestina e Siria), che recano l'una e l'altra in sottotitolo «nuova stesura». Per un solo capitolo, il capitolo 3, avevo riferimenti compiuti e più o meno completi. Altrove, note o embrioni di note si trovano un po' dappertutto: tra parentesi nel testo, in fondo alle pagine, sul retro delle pagine, nei margini, nonché su fogli sciolti. Spesso i riferimenti erano incompleti; mai imprecisi. Completarli, metterli in ordine, questa fu la parte più lunga del mio lavoro. In alcuni casi in cui non ho potuto trovare la soluzione del problema, l'ho indicato. Ho aggiunto di mia propria iniziativa alcune note che mi sono parse indispensabili; esse figurano in corsivo. Dal momento che oltrepassano il semplice riferimento, esse sono firmate J.M. Non spetta al restauratore che rifà il naso rotto di una statua sottolineare il raccordo in rosso perché nessuno lo ignori; ma gli tocca di fare in modo che il dilettante non possa attribuire il suo gesso a colui che scolpì il marmo.

Non potevo prevedere di mettere queste note al corrente degli ultimi lavori dedicati alle origini cristiane. Ciò avrebbe probabilmente oltrepassato la mia competenza, e in ogni caso avrebbe allontanato una pubblicazione che è già fin troppo ritardata. Ma quando ho avuto conoscenza di un'opera recente che mi è parsa poter essere utile al lettore, non mi sono trattenuta dal segnalarla. Penso in particolare ai testi di Plinio, di Filone, di Giuseppe tradotti dal signor Dupont-Sommer per la rivista Evidences, dove sono più facili da trovare e più maneggevoli che nelle edizioni precedenti. 

Così com'era, l'opera mancava di un'introduzione e ancor più di una conclusione. Ho creduto di poterle trovare tra le carte di Prosper Alfaric. Ho posto in testa all'opera, e intitolato «capitolo 1», il testo dello studio scritto da lui nel 1935 per il congresso di storia delle religioni che si è tenuto a Bruxelles. Mi è sembrato che questo lavoro, completo nella sua forma e destinato agli specialisti, ponesse bene il problema che tratta il resto dell'opera. Per concludere, ho dato il testo di una conferenza o di un articolo — inedito a mia conoscenza — intitolato: «Dal messianismo ebraico alla chiesa cristiana». È qui il capitolo 11. Vecchio lavoro, senza dubbio — precedente sicuramente alle scoperte di Qumran — ma perfettamente messo a punto e che mi è parso costituire un'armoniosa sintesi. 

Va da sé che venti persone sarebbero state più capaci di me di fare questo lavoro. Se però l'amicizia e la fiducia dei figli di Prosper Alfaric, quelli anche del comitato direttivo dell'Union Rationaliste, me l'hanno affidato, è senza dubbio perché, non avendo in queste materie nessuna dottrina personale, non rischiavo di tradire il pensiero dell'autore. Ma nel tempo in cui discutevo di storia delle religioni con Prosper Alfaric, nel tempo, piuttosto, in cui l'ascoltavo rispettosamente parlarne, non avrei mai pensato che il formidabile onore di pubblicare i suoi manoscritti sarebbe toccato un giorno a me. Se l'avessi pensato, quante domande gli avrei posto! Di quanti problemi avrebbe potuto, con una parola, dare la soluzione! Ma si perde tempo prezioso in cose secondarie e si trascura di imparare dai propri maestri ciò che, sopraggiunta la morte, non possono più dirci. 

So quindi benissimo le insufficienze del mio lavoro; non dirò che l'ho intrapreso con lo stesso stato d'animo di quel sarto di cui parla Anatole France, e che faceva una preghiera prima di gettare le sue forbici nella stoffa; no, tra il sarto e me la differenza metafisica è troppo evidente. Ma io ho la coscienza fortissima delle responsabilità che mi spettano. Si voglia ben avere per me la stessa indulgenza che la buona signora Nozière ebbe per il sarto, e considerare la qualità del tessuto. Ma come sarebbero state diverse le cose se Prosper Alfaric avesse potuto dare lui stesso il tocco finale alla sua opera! La concezione ne è profondamente originale; egli utilizza evidentemente i lavori dei suoi predecessori, ma nessuno prima di lui, mi sembra, aveva intravisto così le origini cristiane, attraverso gli ambienti sociali che le hanno viste fiorire. Senza dubbio, su numerosi punti, i documenti fanno crudelmente difetto, e capita che Prosper Alfaric, cercando di studiare un ambiente, si sia ridotto ad esporre solo una dottrina, perché non ha altro. Ma nessuna assenza di documenti è definitiva nella Storia, come mostra la scoperta stessa dei manoscritti del Mar Morto. Delle prospettive nuove sono aperte qui, in cui si impegneranno nuovi ricercatori.

Prosper Alfaric sapeva bene che le sue idee erano in odore di eresia — il fatto in particolare che non credeva all'esistenza storica del Cristo — e ciò, non solo per la Chiesa, con la quale aveva rotto, ma per numerosi studiosi che trovavano eccessiva l'audacia del suo pensiero. Alcune critiche lo addoloravano, le altre le sopportava allegramente. Ne voglio come prova solo quella lettera del 23 agosto 1954, che devo alla gentilezza del suo destinatario, il signor Georges Cerf, professore alla Facoltà di Scienze di Strasburgo, e che mostra bene ciò che Prosper Alfaric ha voluto fare. Il punto di partenza di quella lettera è la pubblicazione di un opuscolo, «Il problema di Gesù», [7] che tratta di una questione ampiamente ripresa in questo volume:

...«[L'affermazione] di X... secondo cui sto facendo la sintesi di Marx e di Couchoud mostra che egli conosce pochissimo Marx e Couchoud. L'osservazione riguardante il genere letterario dell'Apocalisse, che non ha nulla a che vedere con la Storia, non fa che portare dell'acqua al mio mulino. So benissimo che questo genere, come quello del quarto vangelo, è mitico e simbolico. Ma ciò mostra giustamente che il cristianesimo primitivo si è nutrito di miti e di simboli, perché il genere letterario di cui si tratta ha goduto di un grande favore nel cristianesimo dei primi tempi.

«Per quanto riguarda l'assenza di prove che stabiliscano le interpolazioni da me segnalate nella cosiddetta Epistola agli Ebrei, è facile rispondere che una tale dimostrazione — che ho messo per iscritto da circa quindici anni — [8] sarebbe stata fuori luogo nel mio opuscolo. Ma, fornendo la numerazione precisa delle dette interpolazioni, ho dato al lettore informato il mezzo per farsi una convinzione personale... Per quanto riguarda Y..., è esatto, non che le sue idee sono cambiate, ma che il suo atteggiamento nei riguardi degli ecclesiastici e dei razionalisti si è sostanzialmente invertito. Egli vive in un ambiente di credenti che si sforzano di conquistarlo e da cui dipende materialmente. Abbiamo lì un caso tipico di materialismo storico... Ho appena ricevuto il Cahier Ernest Renan n. 3 in confezione. Ciò darà un opuscolo di circa 48 pagine che uscirà senza dubbio intorno al 15 settembre e si intitolerà: «Come si fa un papa: breve storia di un lungo passato». [9] Credo vi interesserà così come a tutti coloro a cui potrete farlo leggere... Cercate di guadagnare degli abbonati tra i vostri colleghi e amici, in modo da avere i mezzi materiali per continuare. X... vedrebbe senza dubbio in questo un nuovo segno di marxismo».

Non ho potuto resistere al piacere di citare quella lettera, innanzitutto perché tutti gli amici di Prosper Alfaric vi ritroveranno il tono familiare della sua voce, in seguito perché pone problemi di metodo. Il lavoro fornito da lui per la stesura delle pagine che seguono è infatti considerevole. Alcuni passi sono stati rifatti quattro volte. Non c'è nessuna affermazione che non sia supportata da riferimenti numerosi e personali. Mi è capitato, ritrovando tal dettaglio nell'opera di un altro studioso, di vedervi a torto la fonte di un paragrafo delle «Origini sociali del cristianesimo». Ogni volta, un riferimento più completo, una precisione aggiuntiva, mi hanno indotto a concludere che la fonte fosse non solo Frantz Cumont, ma Sant'Agostino, non solo Guignebert, ma Epifanio. Potrei moltiplicare gli esempi. Ma quella minuzia, di cui si parla nella lettera al signor Cerf a proposito della Epistola agli Ebrei, è sempre il sostegno e la dimostrazione di una tesi, come quella che è esposta in quella stessa lettera in merito all'Apocalisse. Fedele al suo metodo cartesiano [10] Prosper Alfaric non cessa di coronare le «enumerazioni intere» con un potente spirito di sintesi. Come egli concepisse quella sintesi, possiamo vederlo, mi sembra, in questo frammento, un foglietto isolato, che è forse appartenuto a un abbozzo di prefazione: ... «ammette solo fatti ben stabiliti, e ci tiene a spiegarli. È ai lettori motivati da questa duplice preoccupazione di un'informazione accurata e di un'interpretazione giudiziosa che si rivolge il resoconto che seguirà. Scritto da un punto di vista estraneo alla fede, ma con la preoccupazione di una costante buona fede, esso procede, nella sua critica dei testi sacri, con lo stesso rigore e la stessa obiettività come se si trattasse delle opere di Erodoto o di Senofonte, di Tito Livio o di Tacito. Si voglia ben leggerlo con lo stesso distacco da sé,  la stessa assenza di pregiudizi. Qui, come altrove, il dubbio metodico è la condizione primaria della ricerca scientifica. Si arriva a conoscere la verità solo sacrificandole i propri pregiudizi come le proprie preferenze».

Mi resta da ringraziare il signor Rettore Sarrailh che ha ben voluto, in memoria di Prosper Alfaric, presentare questo volume ai lettori; la signora Mouton, professoressa onoraria, la cui generosità ha svolto un ruolo decisivo nel momento in cui si sono poste le questioni materiali; le signore Loch e Arnaud, figlie di Prosper Alfaric, che ci hanno affidato i manoscritti del loro padre; Il signor V. Daumer, segretario dell'Union Rationaliste, che ha letto l'intero manoscritto e ha approvato in seguito la mia presentazione delle «Origini greche»; la signora Jeanne Lévy, professoressa alla Facoltà di Medicina, che mi ha dato il punto di vista del dilettante illuminato; il signor Raynal, professore al liceo Michelet, che ha disegnato le mappe indispensabili alla comprensione del testo, infine l'intero Comitato direttivo dell'Union Rationaliste e il suo presidente, il decano Châtelet, senza cui questa pubblicazione non sarebbe stata possibile. 

Jacqueline MARCHAND.

NOTE

[1] De la foi à la raison, pag. 290. In tutte le note di questo volume, chiamerò «volume 1» questa prima opera di Prosper ALFARIC pubblicata dall'Union Rationaliste nel 1955; «volume 2», il volume «A l'école de la raison», pubblicato nel 1956; «volume 3» la presente opera.

[2] Volume 2, pag. 35-36.

[3] Volume 1, pag. 291.

[4] Id. pag. 291-292.

[5] Si veda di seguito, pag. 212, nota 24.

[6] Si veda di sopra, pag. 248.

[7] Si veda volume 2, pag. 145.

[8] Si veda di seguito, pag. 108.

[9] Il titolo definitivo divenne: Comment se faisaient autrefois les papes, si veda volume 2, pag. 273.

[10] Si veda volume 1, pag. 134. 

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