(segue da qui)
— III —
Il valore storico dei vangeli
Al fine di scusare le inverosimiglianze dei racconti evangelici si asserisce spesso che i nostri testi non sono libri di storia, che le comunità «non si sono mai preoccupate di descrivere materialmente gli eventi alla maniera degli storici». [150]
Questo equivale a giocare con le parole. È ben certo che il Vangelo è l'espressione di credenze cristiane; ma esse si confondevano, per i redattori dei nostri documenti, con la Storia vera. Essi pretendevano altamente di narrare eventi vissuti, assicurati, di fare di conseguenza opera di storici.
È quanto prova Matteo, precisando la genealogia di Gesù o raccontando la sua nascita, Giovanni, che insiste sulla veridicità della sua testimonianza (21:24), Luca, che evoca le numerose fonti che ha consultato e la cura messa a verificarle (prologo), ecc.
Se i redattori dei Vangeli non sono storici, non è affatto dovuto al disdegno della Storia, ma ad una creduloneria straordinaria e a invenzioni particolari. E poi, per essere storico, conviene avere qualcosa di storico da raccontare...
Il Quarto Vangelo mette in luce le variazioni e le contraddizioni delle credenze.
NOTE
[150] TRILLING, o.c., 220.
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