venerdì 22 aprile 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAL'ANTICA RELIGIONE DI GESÙ

 (segue da qui)

II

L'ANTICA RELIGIONE DI GESÙ

Nel volume che è stato annunciato sotto il titolo del Piccolo dio palestinese, noi tenteremo di situare l'antica religione di Gesù nel mezzo delle altre religioni della Palestina primitiva. Qualunque inconveniente ci sia ad asserire fatti di cui si deve portare solo più tardi la dimostrazione, sembra indispensabile presentare già qui una sorta di schema che permetta una visione d'insieme della nostra tesi.

La storia dell'antica religione di Gesù [1] comprende un periodo primitivo che risalirebbe alle origini stesse della Società (questa è, fino al presente, un'ipotesi astratta, non lo neghiamo) e che in ogni caso risale all'età della pietra (questa non è più una ipotesi astratta, e pensiamo di averne trovato la conferma nei testi). Quel primo periodo è anteriore all'insediamento in Palestina delle popolazioni che si possono indicare, per comodità, sotto il nome di Cananei. Colui che sarà un giorno chiamato Gesù è il Nun, dio Pesce (o più esattamente, Serpente d'acqua) che abita le acque vive e che lo jahvismo assimilerà al Nahash (Serpente di terra) maledetto e condannato a strisciare miseramente nella polvere; [2] egli è l'alimento teofagico che la legge mosaica proibirà a Israele mettendolo nel numero degli animali impuri. [3]

Un secondo periodo comincia con l'occupazione della Palestina da parte dei Cananei, prima metà del terzo millennio. La religione di Gesù entra nel quadro delle religioni cananee; il Serpente d'acqua diventa un baal; la sua funzione gli dà il suo nome; egli è e si chiama il Baal-Ieshuah, [4] vale a dire il Baal della Salvezza, detto altrimenti della Guarigione; il tipo di salvezza di cui si tratta in questi tempi lontani è quello che noi oggi definiamo la salute. Diventando un baal, egli ha preso a poco a poco figura umana; egli regna nei luoghi sacri che si sono stabiliti all'ombra del terebinto o della quercia, con le sue pietre erette o i suoi cromlech, come il Ghilgal dei dintorni di Gerico, che sembra essere stato il suo principale santuario; [5] come gli alti luoghi di Ai, di Makkedah e altri, dove egli era crocifisso ritualmente. [6]

Numerosi testi attestano, lungo l'antica Bibbia, che il culto si era propagato attraverso una parte della Palestina e non vi è stato interrotto allorché apparvero le tribù israelite, nella seconda metà del secondo millennio.

Una nuova epoca, diciamo una terza epoca, corrisponde all'instaurazione del culto di Jahvé nel paese. Aderendo alle opinioni esposte per la prima volta da Winckler alla fine del secolo scorso, noi datiamo quest'ultima al regno di Davide, il quale installa il nuovo dio a Gerusalemme e lo impose a tutta la Palestina. Notiamo già qui che vediamo in Davide (cosa che non hanno affatto intravisto Winckler né i suoi discepoli) un «gesuano», che a Hebron è passato allo jahvismo.

Alla morte di Salomone suo successore, la Palestina si divide in due regni: quello detto d'Israele, a nord, e quello detto di Giuda, a sud. Dal punto di vista religioso, la storia di questi regni è quella della lotta del dio appena arrivato contro gli dèi del paese. Guerra dichiarata e guerra nascosta nel contempo, dove ciascuno degli avversari influenza l'altro ed è influenzato da lui. Per quel che è della religione di Gesù, se l'epoca cananeo-israelita ha segnato il suo apogeo, l'epoca jahista ne segna il declino, soprattutto nel regno di Giuda. Gesù indietreggia davanti a Geova; non compatiamolo; prenderà la sua rivincita!

Le invasioni assira e babilonese mettono fine ai due regni. Nell'anno 721, gli Assiri si impadroniscono del regno del nord, deportano una parte degli abitanti e li sostituiscono con popolazioni di tutte le razze e di tutte le religioni strappate a loro volta dai loro paesi. Barbarie che farà forse rimpiangere quella che prepara la distruzione delle città tramite le bombe incendiarie e i gas velenosi.

L'invasione babilonese, un secolo e mezzo più tardi, deporta analogamente una parte degli abitanti della Giudea, ma in minor quantità, e ne sostituisce gli esuli con degli stranieri, cosa che doveva rendere più facile la sorta di restaurazione che ebbe luogo settant'anni più tardi, quando si stabilì la dominazione persiana.

Restaurazione, in ogni caso, dello jahvismo in Giudea, accanto ad uno jahvismo scismatico in Samaria, e che non riuscì a impedire, né qui né là, ai vecchi culti cananei e pre-cananei di sussistere oscuramente. Ci accingeremo, in questo breve schema, a seguire le tracce dell'antica religione di Gesù attraverso le varie regioni della Palestina, e ci atterremo alla Galilea.


Che cos'è quella Galilea, regione sperduta nel mondo antico così come nel mondo moderno, che doveva assumere una tale importanza nella storia umana? Una provincia del nord della Palestina, a sud-ovest della Siria, che aveva fatto parte del regno di Davide e di Salomone e, dopo la morte di quest'ultimo e la separazione dei due regni, era restata attaccata a quello del nord. Ciò equivale a dire che, come esso, aveva subito, nell'ottavo secolo, l'invasione assira, la deportazione di una parte della sua popolazione e l'arrivo forzato di immigrati di ogni sorta.

Sotto il pretesto che nel primo secolo la Galilea doveva essere giudaizzata, gli storici sono inclini a dimenticare che fino ad allora i rapporti tra quella regione e la Giudea erano stati rarissimi. Ed è su questo che si deve insistere.

Per sei o settecento anni che hanno seguito la distruzione del regno d'Israele, la Galilea e la Giudea vivranno un'esistenza isolata, non solo politicamente ma anche religiosamente. Sei o settecento anni, si riconoscerà che è qualcosa.

Rapidamente, la Galilea è divenuta, o piuttosto è ridivenuta una terra pagana dove sussistono alcuni resti delle popolazioni dell'Antico Israele e dell'Antica Canaan, aggiungeremo dell'antica religione di Gesù, che si perpetuano per la forza di resistenza che le minoranze oppongono alle maggioranze in Oriente più che altrove, ma non senza formidabili contaminazioni; lo storico non dovrà mai perdere di vista quella paganizzazione quasi completa del paese fino alla fine del secondo secolo prima della nostra era.

Durante questi sei-settecento anni, la Giudea, al contrario, non solo conserva la religione stabilita da Davide, ma la epura, la sviluppa, la trasforma e ne fa il giudaismo.

Non è qui la sede per esporre in cosa consiste quella riforma; basterà ricordare che il suo scopo essenziale fu, da una parte, assicurare a Jahvé l'esclusività del culto e, d'altra parte, stabilire una legislazione rigorosa che gli servisse da fortezza. Un grave errore sarebbe, in ogni caso, confondere con il giudaismo la religione d'Israele come si praticava all'epoca di Davide e di Salomone; tra le due espressioni la differenza è quasi tanto considerevole quanto tra il cristianesimo e il giudaismo stesso; se la cosa è generalmente misconosciuta, è perché i nomi di Iahvè e di Israele sono rimasti attaccati all'uno come all'altro. In realtà, il giudaismo si è lentamente elaborato, pressappoco in isolamento, entro qualche centinaio di chilometri quadrati che rappresenta Gerusalemme e i suoi sobborghi.

Quanto alla sua espansione nel resto della Palestina, essa non è anteriore all'epoca in cui la Giudea, asservita da diversi secoli, riacquistò la sua indipendenza sotto la guida di Giuda Maccabeo (165, purificazione del Tempio). Ed è proprio all'ondata di proselitismo imperialista che seguì questo evento che sarà dovuta la giudaizzazione della Galilea. Ma, se non è impossibile che alcune famiglie ebree siano venute dalla Giudea per stabilirsi isolatamente in quella regione, la giudaizzazione, lungi dall'essere il risultato di una penetrazione pacifica, doveva essere l'opera della violenza compiuta a mano armata. Vi è anche là uno di questi fatti non ignorati ma generalmente dimenticati dagli storici del cristianesimo, sui quali siamo obbligati a richiamare tutta l'attenzione del lettore.

Senza soffermarci sugli incidenti che racconta il primo libro dei Maccabei 5:23, vediamo sotto il regno di Giovanni Ircano, 135-104, o piuttosto del suo successore Aristobulo, 104-103, le truppe ebraiche lanciarsi alla conquista della Palestina, imponendo la legge di Mosè col ferro e col fuoco.

La Galilea subì la stessa sorte.

Il signor Charles Guignebert, di cui ho qui particolarmente interesse ad invocare l'autorità (si vedrà presto per quali ragioni), espone [7] come gli ebrei «obbligarono gli indigeni a scegliere tra lo sfratto e la circoncisione». Si immagineranno le bande maccabee che percorrono il paese e forzano sotto minaccia di espulsione e spesso sotto minaccia di morte gli abitanti a farsi circoncidere. Conversione della Galilea al giudaismo, ma conversione imposta con la violenza. [8]

I discendenti delle antiche famiglie israelite, cananei-israeliti e gesuani che sussistevano nel paese potevano essere considerati dagli invasori come dei fratelli che si veniva a liberare? Si deve comprendere che agli occhi delle orde fanatiche che terrorizzarono la Galilea nel primo secolo, esistevano di correligionari in questo paese solo quelli recentemente immigrati dalla Giudea; quanto agli altri, rappresentiamoci i Crociati che scoprono in un angolo della Palestina dei Cristiani di San Giovanni, ovvero dei Mandei... Senza dubbio non c'era da obbligarli a farsi circoncidere, se erano già circoncisi (il che non è affatto provato); ma imporre loro le prescrizioni che dettava il Codice Sacerdotale e proibire loro le pratiche che esso anatemizzava, equivaleva di fatto ad imporre loro una religione nuova.

La questione è sapere se questi Galilei giudaizzati con la forza, giudaizzati con la violenza, conservarono in segreto qualcosa delle loro antiche credenze, pur sottomettendosi a quelle che erano loro imposte; ed è questo di cui sarà presto impossibile dubitare.

Quanto ai pagani di Galilea che furono costretti ad entrare nella chiesa ebraica, si ritroveranno le sopravvivenze dei loro antichi culti attraverso il giudaismo, attraverso il cristianesimo e più tardi attraverso l'Islam. In Europa stessa, si sa se il cristianesimo trionfante sia riuscito poco a estirpare, tra le popolazioni, le sopravvivenze del paganesimo.

In Galilea, il giudaismo fece più che assoggettare i Gesuani alle sue pratiche, esso penetrò l'antica religione di Gesù. Tenteremo, studiando i rapporti tra il pre-cristianesimo e il giudaismo, [9] di spiegare come, imposta dapprima con la violenza, quella giudaizzazione doveva entrare a poco a poco nella tradizione pre-cristiana, e come la cosa sia fatta di generazione in generazione, nel corso del primo secolo prima della nostra era. E questa è l'epoca in cui, secondo tutte le probabilità, comincia il Revival.

NOTE

[1] Si veda Appendice 3.

[2] Genesi 3:14. Si veda specialmente a questo proposito le pagine 383 e seguenti. Appendice 3.

[3] In particolare, Levitico 11:10-12. 

[4] Abbiamo, in Dieu Jésus, pagine 203-206, accostato il Baal-Berith della Bibbia.

[5] Ibid., pagine 222 e seguenti, e proprio qui, più avanti, pagina 66.

[6] Ibid., pagine 227-229.

[7] Vie cachée de Jésus, 1921, pagina 11.

[8] «Le città vinte», scriveva ancora recentemente un erudito particolarmente competente in queste materie, il signor Joseph Klausner, «furono tutte giudaizzate con la forza o popolate da ebrei: quelle che rifiutarono di accettare il giudaismo furono distrutte senza pietà (Jésus de Nazareth, traduzione francese 1933, pagina 198). «Al tempo di Giovanni Ircano e di Aristobulo», scrive ancora a pagina 240, «un gran numero di pagani che abitavano la Galilea erano stati convertiti con la forza al giudaismo».

Nel suo ultimo libro, Le Monde juif vers le temps de Jésus, che è stato appena pubblicato nella primavera del 1935 e che ho potuto leggere prima di correggere le prove della presente opera, il signor Charles Guignebert riprende la stessa tesi ed espone, in particolare, a pagina 10, come, al seguito della conquista assira, la Galilea era diventata terra pagana, e, a pagina 11, come, al seguito della conquista maccabea, «gli occupanti pagani avevano accettato la circoncisione oppure erano partiti».

[9] Più avanti, pagine 150 e seguenti. 

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