sabato 11 settembre 2021

I mandei e le origini cristiane (Robert Stahl)

Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?

 (Kent Murphy)


Attualmente questo piccolo canto, noto come il Magnificat, costituisce la liturgia chiave del fiorente movimento mariano (che cerca persino di elevare la Santa Vergine allo stesso livello di suo figlio). C'è un grosso problema, però: esistono prove schiaccianti del fatto che si trattasse originariamente del canto di Elisabetta, e che venisse proclamato in onore di suo figlio, Giovanni il Battista.

(Lynn Pycknett, Clive Prince, Il libro che Gesù non ti avrebbe mai fatto leggere, Newton Compton, pag. 106)

 

Perché quelli saranno giorni di tale tribolazione, che non ce n'è stata una uguale dal principio del mondo che Dio ha creato, fino ad ora, né mai più vi sarà.

(Marco 13:19, si noti in rosso l'inconfondibile punto anti-marcionita)


Nel piano della Storia, non vi è alcuna prova dell'esistenza di Gesù (che fu chiamato il Cristo). Per contro, esistono nei testi cristiani un sacco di dichiarazioni in tal senso, ma non bisogna lasciarsi trarre in errore. Non bisogna confondere a mio avviso la storia degli eventi umani, la storia propriamente «Storia», con la storia delle credenze. Ma studiando i testi cristiani, siamo pienamente immersi non nella storia degli eventi umani, ma nella storia delle credenze cristiane.

La storia delle credenze cristiane, per quanto sia interessante, prova semplicemente che si è creduto che Gesù esistette, ma non prova affatto che Gesù esistette veramente, non prova affatto la verità della credenza. 

Occorre ben vedere la differenza: nell'aprire le pagine del Nuovo Testamento, noi siamo sul punto di abbandonare il terreno storico per situarci all'interno di storielle sacre, di sante favole. Possiamo pure restarci, ma a condizione di rammentare sempre su quale terreno ci troviamo.

E a proposito di credenze, con l'attribuire a YHWH la funzione di «creatore del cielo e della terra», lo si espose ad attacchi da cui, prima o poi, doveva essere il bersaglio.

E Marcione fu, tra tutti gli eresiarchi, colui che con maggior vigore si scagliò contro il dio degli ebrei, e più di ogni altro contribuì, grazie paradossalmente all'odio che gli tributava, alla gloria del «creatore del cielo e della terra».

E che cosa se la leggenda evangelica fosse stata inaugurata, nella figura di «Giovanni il Battezzatore» o di chi per lui, con l'esecrazione del creatore ?

Col loro rifiuto di incriminarlo e di accettare le credenze di coloro a cui il farlo, invece, non ripugnava, gli ebrei prima, e i cristiani poi, si inoltrarono nel terreno dell'inganno e della menzogna, pur di cooptare la disturbante eredità del «Battezzatore» e neutralizzarne così la minaccia.

Si constata facilmente quanto siano più intriganti e seducenti i nemici mortali della nascente «grande chiesa», quelli «eretici» da lei combattuti e negati, pur di tutelare l'onore del «creatore del cielo e della terra». La «grande chiesa», dopo averli vomitati, sarà abbastanza abile da appropriarsi del loro «Giovanni il Battezzatore», facendone il mero precursore del suo Gesù di carta, come gli ebrei già prima di loro ne fecero l'autore delirante dello strato pre-cristiano del libro dell'Apocalisse.

Ma «Giovanni» (il cui nome, «È YHWH che dà grazia», fu forse più importante dell'uomo) era un fatto isolato, un essere unico — unico e irripetibile — e ci si rifiuta di accettarlo. Per logica non doveva esistere, né fare parte della specie umana e, nel caso si volesse considerarlo per quello che realmente era, un tragico errore, il suo posto poteva essere solo lì, racchiuso nel mistero stesso del Più Antico Vangelo.

Ma una traccia di quell'antica ostilità, dietro la malriuscita quanto ovvia cooptazione di un (anti-)messia rivale, è rimasta. Ed era stupido insistere che poteva rimanere nascosta per sempre:

Gesù Cristo arriva, va in giro umilmente, viene battezzato col battesimo di Giovanni e diviene saggio grazie alla saggezza di Giovanni. Quindi perverte la parola di Giovanni e cambia il battesimo del Giordano, alterando le parole del kusta e richiamando nel mondo malvagità e falsità. 

(dal Libro mandeo di Giovanni, citato in Sinasi Gündüz, The Knowledge of Life: The Origins and Early History of the Mandaeans and their Relations to the Sabians of the Qu'ran and to the Harranians, Oxford, Oxford University Press, 1994, pag. 104)

Eppure Marcione odiava Giovanni il Battista. Nessun dubbio su questo. La testimonianza di Marcione, assieme alla probabile attribuzione originaria del libro dell'Apocalisse a quel Giovanni, sarebbe da sola sufficiente a porre Giovanni il Battista nel campo dei giudeo-cristiani o dei loro simili. Se non fosse che il mandeismo venera Giovanni il Battista come eroe nemico di YHWH. Se non fosse che proto-Giovanni, così marcionita, perfino cainita, nella sua essenza, fa di Giovanni un amico del Dio Buono nemico di YHWH. Il dubbio sulla vera identità di Giovanni — sulla natura del dio per la supremazia del quale egli parteggiava — resta tutto e resterà, temo, per sempre... ...ancor prima del dubbio sulla sua stessa esistenza. 


NOTA BENE: il caso di Giovanni il Battista sarebbe risolto da un pezzo se solo fosse autentico il famigerato passo sul Battista trovato in Flavio Giuseppe. Purtroppo non lo è per nulla (l'accademica Rivka Nir lo ha definitivamente liquidato per quello che è: un falso cristiano).  

Il fatto che l'immagine del Battista sia abbastanza diversa da quella esibita nei vangeli ha portato molti studiosi a supporre che Giuseppe scrisse veramente le parole di cui sopra. Ma tali studiosi hanno mancato di realizzare che molti punti di vista non evangelici sul Battista esistevano durante i primi tre secoli (in effetti, un tipo decisamente non evangelico di Giovanni Battista occupa un posto molto importante nella religione mandea fino ad oggi), e un numero sconosciuto di essi potrebbe aver sostenuto l'opinione che ora si suppone sia stata quella di Giuseppe.

(Frank R. Zindler, The Jesus the Jews Never Knew: Sepher Toldoth Yeshu and the Quest of the Historical Jesus in Jewish Sources. Cranford, NJ: American Atheist Press, 2003. pag. 97, mia traduzione)


I MANDEI 

E

LE ORIGINI CRISTIANE

ROBERT STAHL


I. INTRODUZIONE

IL PROBLEMA MANDEO


Siamo noi in presenza di una nuova fonte di informazioni sulle origini del cristianesimo? Questa è la domanda che si pongono attualmente le persone che hanno preso conoscenza degli scritti mandei. Questi sono dei libri sacri trovati in Mesopotamia tra le mani di una comunità religiosa di una natura singolare, perché essa non è né cristiana, né ebrea, né musulmana, né pagana. Attualmente, conta ancora alcune migliaia di fedeli che si danno il nome di Mandei, dalla parola manda, che nella loro lingua significa gnosi, o conoscenza, o scienza. Allo stesso modo, nell'antichità cristiana, numerose sette si davano il nome di «gnostici», per opporre la loro conoscenza, pretesa superiore, alla fede del semplice fedele. I Mandei si sottomettono a frequenti riti di purificazione sotto forma di battesimi per immersione, e pretendono di essere i discepoli autentici di quello stesso Giovanni che i vangeli ci presentano sotto il nome di Giovanni il Battista.

Nel racconto dei vangeli, Giovanni il Battista, non appena scorge Gesù, riconosce in lui l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, il Messia di cui annuncia la venuta imminente e di cui egli non è che il precursore. Da subito, con l'approvazione del loro maestro, i discepoli del Battista cominciano ad abbandonarlo per seguire Gesù. Nulla sembra più naturale, poiché il Battista riconosce lui stesso che la sua missione, che era quella di preparare la via a Gesù, è ormai compiuta. Giovanni deve solo scomparire per far posto a Gesù. Il lettore che si attenesse ai quattro vangeli sarebbe convinto che dopo la tragica morte di Giovanni, il gruppo dei suoi discepoli si fosse disciolto, che tutti loro fossero diventati discepoli di Gesù.

Ma nel Nuovo Testamento i quattro vangeli sono seguiti dagli Atti degli Apostoli, libro egualmente canonico. Si è sorpresi di incontrarvi un discepolo del Battista una quindicina d'anni dopo la decapitazione di Giovanni e dopo la crocifissione di Gesù. È Apollo, un alessandrino versato nelle Scritture, che si dedicava ad Efeso con ardore ad una propaganda per la «via del Signore», benché, precisa il testo, egli conoscesse «soltanto il battesimo di Giovanni». Si è prima di tutto tentati di credere ad un caso isolato. Ma nel capitolo successivo Paolo, venendo ad Efeso vi trova altri dodici discepoli del Battista...

Il Nuovo Testamento rileva quindi esso stesso che le comunità di discepoli del Battista sussistevano ancora un certo numero di anni dopo la morte di Gesù.

Ma allora, la questione si pone: Queste comunità sono scomparse in seguito, oppure hanno prolungato la loro esistenza fino ai nostri giorni? E i Mandei attuali sono effettivamente, come essi pretendono, i discendenti autentici dei discepoli del Battista? 

Si vede l'interesse del problema. Tanto più che i Mandei possiedono una letteratura sacra piuttosto voluminosa, di cui importerebbe sapere se sia in grado di fornire nuove informazioni sulla persona di Giovanni il Battista e di consegnare, sulle origini del cristianesimo, testi autentici indipendenti dalla tradizione cristiana.

Se si è troppo a lungo trascurato lo studio della religione dei Mandei, della loro lingua e dei loro testi sacri, non è per mancanza di una conoscenza da lungo tempo della loro esistenza. Già nel 1652, padre IGNACE DE JÉSUS, carmelitano scalzo, missionario a Baghdad, pubblicò a Roma, in lingua latina, una Exposé des origines, des rites et des erreurs des Chrétiens de Saint Jean (è così che chiamava i Mandei, che egli prendeva per dei settari cristiani).

È stato una sessantina d'anni fa, sebbene la pubblicazione, la traduzione e l'interpretazione degli scritti mandei fossero allora ancora agli inizi, che Mons. WISEMAN, con una notevole perspicacia, riconobbe l'importanza di questi testi per l'interpretazione del Nuovo Testamento, e in particolare del Quarto Vangelo. 

Perché questo Vangelo proclama fin dalla prima pagina che in principio era il Verbo, che il Verbo è identico alla Luce, che la Luce è identica alla Vita, e che questo Verbo-Luce-Vita incarnato non è altro che Gesù? Sarà forse perché esso va contro una dottrina dove, come nel mandeismo, le più alte entità divine sono la «Grande Vita» e la «Luce»; dove un'altra entità divina può essere assimilata al Verbo, ma dove tutte e tre sono esseri distinti, impossibili da confondere in una sola persona; dove Gesù, lungi dall'essere l'incarnazione del Verbo, della Vita e della Luce, è al contrario un falso profeta e un falso Messia?

Perché il Quarto Vangelo insiste così tanto sull'inferiorità di Giovanni il Battista in rapporto a Gesù, precisando per due volte che non era lui stesso la Luce, ma che la sua missione era semplicemente di dare la sua testimonianza alla Luce? Sarà perché polemizza contro altri scritti che, come quelli dei Mandei, vedono in Giovanni il Battista il grande Rivelatore, in opposizione al falso profeta Gesù? 

A queste domande già poste circa sessant'anni fa da Mons. WISEMAN, si possono aggiungerne altre, ora che gli scritti mandei sono meglio conosciuti. Ecco alcuni esempi:

Perché Gesù nel quarto Vangelo proclama che egli è il buon pastore e la vera vite? Sarà perché negli scritti mandei l'entità divina chiamata «Gnosi di Vita» pretende di essere il buon pastore, e perché la vite è uno dei simboli più frequentemente citati nelle liturgie mandee? — Perché, sempre nel Quarto Vangelo, Gesù dichiara a Pietro che colui che è purificato non ha bisogno di essere lavato perché è interamente puro (13:10), e perché precisa un po' più oltre che i suoi discepoli sono ora puri a causa della parola che ha detto loro (15:3)? Il signor R. BULTMANN ha forse ragione a vedervi della polemica contro i battesimi per immersione frequentemente ripetuti presso i Mandei.

Lo stesso teologo, in uno studio pubblicato nel 1925, si è accinto a dimostrare che il Quarto Vangelo è ben compreso solo se si suppone alla sua base un mito di rivelazione simile a quello che sta alla base degli scritti mandei. Questo mito è parte integrante dell'insieme della dottrina mandea, ne costituisce il tema fondamentale, ripreso e sviluppato in innumerevoli varianti. Il Quarto Vangelo, al contrario, lo prende per punto di partenza, lo suppone conosciuto, e vi si riferisce con allusioni più o meno dirette. Sembra quindi che la priorità sia proprio dal lato dei Mandei.

Il capitolo 17 del Quarto Vangelo riproduce quella che si è soliti chiamare la «preghiera sacerdotale» di Gesù, una preghiera di intercessione per i suoi discepoli. Nel libro mandeo di Giovanni il Battista, esiste egualmente una preghiera sacerdotale, una preghiera di intercessione che Anosch Uthra, l'Uomo-Dio dei mandei, rivolge, in favore dei suoi discepoli, al suo Padre il Vivente. La si troverà più avanti nella nostra piccola antologia di testi mandei. L'Uomo-Dio dei Mandei comincia glorificando «colui che lo ha generato», allo stesso modo in cui l'Uomo-Dio dei cristiani comincia la sua preghiera sacerdotale con questa invocazione:

Padre, l'ora è venuta;

glorifica tuo Figlio, affinché tuo Figlio ti glorifichi.

Anosch Uthra prega non solo per i suoi discepoli, ma anche per i figli dei suoi discepoli, vale a dire per i loro figli spirituali, per i discepoli dei suoi discepoli. Allo stesso modo Gesù, nella sua preghiera sacerdotale, precisa nel verso 20: 

Non prego solo per loro (per i miei discepoli), 

ma anche per tutti coloro che crederanno in me a causa della loro parola.

Così l'Uomo-Dio dei Mandei e l'Uomo-Dio dei cristiani pregano l'uno e l'altro non soltanto per i loro discepoli diretti, ma anche per i loro discepoli indiretti, vale a dire, praticamente, per i lettori di questi testi sacri.

Tutti questi paralleli, se rendono evidente la parentela dei due testi, non forniscono ancora alcuna indicazione sul loro ordine di dipendenza. Ma esiste un punto in cui l'autore del Vangelo sembra fare allusione al testo mandeo, e sembra dargli persino formalmente la replica. Anosch Uthra prega:

Se questa è la tua volontà,

O mio Padre il Vivente,

che la misura dei miei discepoli sia piena,

e che allora i miei discepoli salgano alla Città di Luce!

A cui Gesù risponde:

Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal male.

Chiaramente, l'autore del Vangelo cerca di riecheggiare, spiritualizzandola, moralizzandola, la richiesta di Anosch Uthra.

Io non credo che sia possibile, in questo esempio, contestare la priorità del testo mandeo rispetto al testo cristiano. 

Così, nel Quarto Vangelo, non vi è soltanto della polemica contro gli scritti mandei. Vi è anche dipendenza letteraria rispetto a questi scritti. Per diritto di conquista, l'evangelista si è impadronito di parecchi temi fondamentali dei suoi avversari, e li ha fatti suoi.

Questi sono alcuni dei problemi che si pongono a proposito dei rapporti tra il Quarto Vangelo e gli scritti mandei. Ce ne sono altri di natura più generale. Ecco un esempio: 

Nelle versioni correnti del Nuovo Testamento, Gesù è chiamato frequentemente «Gesù di Nazaret». Questa traduzione è inesatta. Il testo greco non porta «di Nazaret», ma «il Nazareno». Allo stesso modo i cristiani sono chiamati parecchie volte, nel Nuovo Testamento, i Nazareni, come sono ancora comunemente chiamati nei paesi musulmani. L'etimologia tradizionale, che fa derivare la parola da un villaggio chiamato Nazaret, è molto dibattuta. Ha soprattutto contro di sé il fatto che il nome di questo villaggio non è altrimenti attestato per i primi secoli della nostra era. Nazareno sembra essere piuttosto una variante di Nazoreo, forma che figura parecchie volte nel Nuovo Testamento, e la cui etimologia e significato non sono definitivamente stabiliti.

Ora, malgrado l'odio che professano a riguardo di Gesù e dei cristiani, i Mandei si danno anche il nome di Nazorei, e questo nome ha, nei loro scritti, il significato di un titolo onorifico. 

Va vista in questa coincidenza l'indizio di un'origine comune? Il cristianesimo e il mandeismo sarebbero derivati dalle stesse circostanze, e stiamo assistendo, nei loro scritti, a un drammatico corpo a corpo tra le due religioni rivali? Quando, nei vangeli, il Battista riconosce gioiosamente la superiorità di Gesù, occorre vedervi non tanto un fatto storico quanto un argomento di polemica religiosa? 

I ricercatori che si affannano con pazienza e perseveranza sulla massa inorganica di testi indigesti che costituiscono la letteratura mandea sono attualmente divisi in due campi.

Non si potrebbe chiedere ai teologi ortodossi di rallegrarsi della scoperta di una letteratura che minaccia di porre in termini nuovi il problema delle origini cristiane, e che traccia del Battista una figura difficilmente compatibile con quella dei vangeli. 

D'altronde lo stato degli scritti mandei, la loro incoerenza, la difficoltà di interpretarli e la data relativamente recente di alcuni tra loro favoriscono coloro che vogliono negare loro ogni valore documentario per la storia delle origini cristiane. Si può cavillare a piacere. Si può anche contestare l'antichità della religione mandea e rinviare la sua origine ad una data successiva a quella della genesi del cristianesimo. Ciò che i Mandei hanno scritto del Battista non sarebbe allora che una semplice ispirazione mutuata, deformandola, dalla tradizione cristiana. Un certo numero di teologi liberali condividono su questo soggetto l'opinione dei loro colleghi ortodossi.

Un altro gruppo di teologi liberali, tra i quali abbiamo appena incontrato BULTMANN, uno dei capi della nuova scuola detta «Storia delle Forme» (Formgeschichtliche Schule), e con loro la maggioranza dei cristianisti indipendenti, sperano al contrario di ricavare dagli scritti mandei le informazioni più preziose che li aiutino a ritrovare il significato primitivo degli scritti del Nuovo Testamento, e a dipanare il complesso problema delle origini cristiane. Così, il teologo tedesco ERNST LOHMEYER, nel suo commentario dell'Apocalisse, spiega un gran numero di passi di questo scritto profetico e misterioso con l'aiuto di paralleli attinti dalla letteratura mandea. Un altro erudito tedesco che era considerato lo specialista più versato in questa letteratura e che ne ha dato le migliori edizioni, testi originali con traduzioni, introduzioni e note, [1] MARC LIDZBARSKI, ha attribuito ai Mandei un'origine antichissima, anteriore alle origini cristiane. 

Il filologo tedesco R. REITZENSTEIN, che da lungo tempo si è mostrato preoccupato del problema mandeo e dei suoi rapporti con le origini cristiane, ha appena riassunto i risultati dei suoi lunghi studi in un'opera importante intitolata: «La préhistoire du baptême chrétien». [2] Per lui, il rito del battesimo mandeo come risulta dalla liturgia battesimale di cui si troverà più avanti una traduzione francese, sarebbe stata la cellula germinale da cui sarebbero emersi al contempo il battesimo cristiano e la cena cristiana.

Delle valutazioni così contraddittorie sono possibili solo perché noi non possediamo alcuna informazione precisa sulla data né sul paese di origine della comunità mandea. È quindi il problema della sua origine che conviene esaminare innanzitutto. A questo proposito, padre LAGRANGE, uno dei teologi ortodossi, sembra aver dato una preziosa indicazione. Egli dichiara:

Dato che il mandeismo è saturo di nozioni bibliche, per quanto siano sfigurate, noi pensiamo che il fondatore, che forse non era ebreo di nascita, ma proselita, fosse dapprima imbevuto dei principi del giudaismo. [3]

Io non credo in questo fondatore individuale della religione mandea, e del resto padre LAGRANGE non può fornire nessun altro argomento in suo favore se non un presunto principio storico che ha molte chance di non essere che un pregiudizio: «Noi collochiamo», dice, «all'origine un fondatore, per nulla affatto un sacerdozio o una comunità, perché questa è di solito la direzione della storia». Ma padre LAGRANGE ha percepito benissimo che è in un ambiente di proseliti ebrei che si concepisce meglio la fioritura di una dottrina come il mandeismo, soprattutto se si suppone dei proseliti che, dopo essere stati conquistati dal giudaismo, hanno in seguito avuto un cattivo rapporto con la sinagoga e si sono rivoltati contro di essa.

D'altra parte, le ricerche recenti sulle origini del cristianesimo tendono egualmente a riconoscere l'influenza preponderante dei proseliti nel corso del divorzio col giudaismo. Le circostanze che hanno dato nascita al cristianesimo sarebbero quindi identiche a quelle che hanno prodotto il mandeismo. Ragione in più per attribuire alla letteratura mandea una grande importanza. 

In Francia, fino a poco tempo fa, gli studi mandei sono stati troppo trascurati. Tuttavia, sembra che si stia verificando un'inversione di tendenza. Tra gli altri segnali, l'Università di Strasburgo ha inserito nel suo programma l'insegnamento di elementi della lingua mandea. Sembra dunque opportuno presentare anche in Francia, ad un'élite curiosa dei problemi della storia delle religioni, una piccola antologia di testi mandei, e di discutere davanti a loro alcune delle questioni che solleva l'interpretazione di questi testi. Questo le permetterà di apprezzare il nuovo aspetto sotto il quale si presenta attualmente, alla luce degli scritti mandei, il vasto e scottante problema delle origini cristiane.

NOTE

[1Das Johannesbuch der Mandäer (Giessen 1916). — Mandäische Liturgien (Berlino 19209. — Ginza, der Schatz oder das grosse Buch der Mandäer (Gottinga 1925).

[2Die Vorgeschichte der christlichen Taufe (Leipzig 1929).

[3] Padre LAGRANGE, La gnose mandéenne et la tradition évangélique nella Revue Biblique, 1927-1928.

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