sabato 5 dicembre 2020

IL PUZZLE DEI VANGELIIl problema di Paolo

 (segue da qui)


Il problema di Paolo

Benché non sia nominato nei vangeli, non è possibile studiare gli scritti cristiani senza riferirsi all'apostolo Paolo. Infatti storicamente il primo cristianesimo conosciuto e diffuso, molto prima del complesso sincretismo che rivelano i vangeli, è quello di Paolo, missionario di una comunità di Antiochia intorno agli anni 50-60. La Chiesa stessa gli riconosce il titolo capitale di apostolo dei Gentili: siccome gli ebrei hanno rifiutato di aderire al cristianesimo, Paolo è proprio la prima fonte della cosiddetta religione cristiana che si è diffusa nel mondo romano.

Ma quale era il cristianesimo predicato da Paolo, il solo degli apostoli al quale non si presta giustamente alcun contatto con il fondatore in Giudea di una religione che sarà respinta dagli ebrei? Cosa insegnava questo piccolo uomo, originario dell'Asia Minore, che invocava una missione divina estranea al gruppo dei «dodici», e che alcuni ambienti cristiani ripudieranno? Per saperlo, non abbiamo altro che le dieci epistole la cui attribuzione a Paolo ha qualche possibilità di contenere una parte di verità; ma queste epistole, nello stato in cui ci sono pervenute, presentano delle incongruenze e rivelano un amalgama tra tre redazioni successive:

— parti che, si suppone, potrebbero essere del vero Paolo, poiché non non si vede chi avrebbe potuto scriverle in seguito (in particolare la polemica con le «colonne» di Gerusalemme), ma probabilmente rimaneggiate; 

— una composizione artificiale realizzata da Marcione, che rivelò a Roma intorno al 140 le epistole paoline ancora sconosciute: in queste composizioni complessive, Marcione ha probabilmente collaborato con Paolo, poiché non si rileva un vocabolario gnostico molto pronunciato, ma l'interrogativo resta sollevato di sapere se Paolo fosse lui stesso gnostico, o se Marcione lo abbia corretto in questo senso;

— profondi rimaneggiamenti apportati dalla Chiesa romana in un senso anti-marcionita, dopo la rottura con Marcione, e che sono quindi posteriori al 150.

L'analisi delle epistole solleva grandissime difficoltà, e, attraverso i testi che ne possediamo, è quasi impossibile discernere quel che era il paolinismo iniziale.

Si può almeno ammettere che Paolo fosse ebreo? Se ne è dubitato [50] e questo è impossibile se fosse veramente cittadino romano, [51] il diritto di cittadinanza non essendo ancora esteso in Oriente. Ma si può ammettere che fosse un proselita della sinagoga di Antiochia.

Siccome del resto Paolo non predica in suo nome, ma in nome di una comunità di Antiochia, si può pensare che il suo insegnamento rispecchiasse la dottrina di quella comunità. Ma cos'era quella comunità, e si tratta almeno della sinagoga? Ci viene detto che, per la prima volta, gli adoratori del Cristo (celeste) vi avrebbero preso il nome di «cristiani». Ma sappiamo che comprendeva anche un certo Nicola, ben conosciuto e classificato tra gli «eretici» dall'Apocalisse, [52] da Ireneo, [53] da Ippolito [54] e da Epifanio, benché gli Atti degli Apostoli non esitano a farne un diacono cristiano. [55] Se Paolo figurava nella stessa comunità di Nicola, e se è ben intravisto nell'Apocalisse tra i Nicolaiti, nulla impedisce che se ne faccia uno gnostico. 

La dottrina di Paolo, come risulta dalle Epistole, non è peraltro distante dallo Gnosticismo. Paolo predica un Cristo celeste, assimilato agli dèì salvatori dei misteri, e di cui non ha avuto che una rivelazione mistica, — il che non gli impedisce di proclamarsi almeno eguale agli altri apostoli. Certo, il suo Cristo è morto, ed è stato «appeso all'albero», [56] ma queste espressioni possono tanto più interpretarsi in un senso gnostico dal momento che sono gli «arconti», divinità funeste, ad essere gli autori del supplizio; e questo sacrificio ha un valore permanente, non è sopravvenuto in un tempo specifico, Paolo ignora Pilato.

«Alle origini cristiane, come Paolo le raccontava indirettamente, non vi era spazio per la nascita e la morte di Gesù, né per il suo processo a Gerusalemme davanti alle autorità romane, né per i miracoli, né per Giovanni il Battista, né per il Sabato, né per la Pasqua, né per il discorso della montagna. Tutto ciò è venuto nel Nuovo Testamento dopo Paolo». [57]

Si vede quanto sarà artificiale il legame che si pretenderà di stabilire tra Paolo e il Vangelo di Luca. E che non si dica che, se Paolo non parla di tutto ciò, è perché i suoi lettori lo sapevano: non esisteva allora alcuna biografia scritta di Gesù, e Paolo, che era andato a Gerusalemme, avrebbe dovuto avere molte cose da apprendere da loro, ma lui stesso le ignora.

Non ci potrebbe essere questione, a proposito dei vangeli, di trattare tutti i problemi del paolinismo, ma si deve almeno segnalarne le difficoltà. Così come lo conosciamo attraverso Marcione, il paolinismo è una delle correnti che hanno contribuito a formare il nostro cristianesimo, ma in concorrenza con un'altra corrente ostile alla Gnosi. Le nostre informazioni non ci permettono di far risalire con certezza questo paolinismo gnostico fino a Paolo, che resta per noi uno sconosciuto, siccome egli è ignorato da Papia, dalle epistole attribuite a Giovanni, Giacomo, Giuda... Siccome è Marcione che l'aveva rivelato a Roma, Paolo sarà piuttosto sospetto, dopo la rottura con Marcione, agli autori dei vangeli, che fingono di ignorarlo. Ma allo stesso tempo si dovrà rimaneggiare le Epistole per metterle in qualche modo in linea con la dottrina trionfante. 

NOTE

[50] Epifanio (Her. 30:16) dice che Paolo non era ebreo, ma greco. Negli Atti (24:6), lo vediamo profanare il Tempio.

[51] Come è detto in Atti 16:37 e 23:27.

[52] Apocalisse 2:6 e 2:13.

[53] Ireneo, Adv. Haer. 1:687.

[54] Philosophoumena, 7:36.

[55] Atti 7:5-6.

[56] 1 Corinzi 15:3; Galati 3:13.

[57] G. ORY, Ambiguïté des sources judaïques du christianisme, Cahier E. Renan 1964. 

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