sabato 19 dicembre 2020

IL PUZZLE DEI VANGELIIl problema del segreto

 (segue da qui)

5 — Il problema del segreto

Perché l'insegnamento è dato sotto questa forma? Secondo l'opinione dominante, perché sia più accessibile a tutti, perché colpisca maggiormente le menti più umili, come sembra dire Marco: Gesù parlava alle folle in parabole, «secondo quello che potevano intendere». [62] Ma allora perché Marco aggiunge che in particolare «ai suoi discepoli spiegava ogni cosa» ? [63] Perché vediamo che è necessario spiegare in privato ai discepoli la parabola del buon grano e della zizzania, che nessuno ha potuto comprendere? [64]

Perché soprattutto i vangeli mettono in bocca a Gesù quella espressione enigmatica: io parlo in parabole agli altri, a quelli di fuori, «affinché vedendo, vedano sì, ma non discernano, udendo, odano sì, ma non comprendano» ? [65] Non si è mancato di fondare su questo testo la tesi di una dottrina segreta del cristianesimo, riservata ai soli iniziati. Il significato profondo di certe parabole è meno chiaro di quanto possa sembrare, e si è applicato loro la frase di sant'Agostino: «Omnibus accessibilis, paucissimis vero penetrabilis» — [66] Allora, dov'è il carattere universale dell'insegnamento di Gesù e della redenzione? Contraddizione formidabile, che ciascuno si sforza di risolvere al meglio, ma che sembra ben tradurre due fasi dell'espansione del cristianesimo, ciascuna di cui avrebbe lasciato tracce nella stesura evangelica. L'idea di una dottrina segreta, riservata agli iniziati, è familiare, beninteso, agli Gnostici, [67] ma figura anche in Giustino, [68] in Cirillo d'Alessandria. [69] E l'apostolo Paolo afferma più volte che il suo ruolo è stato di rivelare un «mistero» fino ad allora  nascosto. [70]

Sembra quindi difficile sottoscrivere da subito a questa affermazione degli autori cattolici: «Nell'insegnamento del Cristo, tutto è chiaro, nulla è nascosto né segreto, ed è a tutti gli uomini senza eccezione che il messaggio di salvezza è rivolto». [71] È così oggi, e probabilmente questa nozione di universalità cominciava a stabilirsi al momento della stesura dei vangeli. Ma l'idea di un esoterismo, di un insegnamento segreto di secondo grado, riservato agli iniziati, traspare ancora in numerosi versi. Al momento della stesura dei vangeli, tutto il «mistero» è stato rivelato in pieno giorno, ma gli scrittori hanno conservato i testi che mirano alla segretezza, che contraddicono la natura chiara e completa dell'insegnamento evangelico.

È nel Vangelo di Marco, il più antico, che la natura segreta dell'insegnamento di Gesù e della sua divinità appare più nettamente: questo segreto è conosciuto dai demoni, ma Gesù proibisce loro di rivelarlo; [72] i miracolati non devono dire nulla a nessuno di ciò che è accaduto loro; [73] soprattutto i discepoli devono custodire il silenzio. [74] Si trovano allusioni di questo tipo, ma molto meno pronunciate, in Matteo [75] o in Luca. [76] Tutto accade come se, col tempo, la prescrizione del segreto fosse stata rapidamente tolta. Essa contrasta peraltro fortemente, nei sinottici, con le manifestazioni pubbliche di Gesù, con i suoi insegnamenti alle folle, con i suoi miracoli, e soprattutto con il fatto che coloro ai quali essa è rivolta non ne tengono alcun conto. Si può quindi pensare che all'epoca della stesura dei sinottici, si trattava già di un arcaismo incompreso.

La natura segreta dell'insegnamento di Gesù appare, beninteso, ancora di più nei vangeli gnostici. Vediamo, per esempio, che nel vangelo secondo Tommaso, molte espressioni o frasi, messe in chiaro sulle labbra di Gesù dai sinottici, sono date come «le parole segrete che Gesù il Vivente ha detto e Didimo Giuda Tommaso ha trascritto. Ed egli ha detto: chiunque trova la spiegazione di queste parole non gusterà la morte». [77] O ancora: «Le immagini sono visibili alla gente, ma la loro luce è nascosta». [78] Ma queste immagini sono fondamentalmente le stesse dei testi canonici. Pertanto si è potuto considerarle come soggette ad una interpretazione. Nel vangelo di Tommaso, la parabola del buon grano e della zizzania è data senza spiegazione. [79]

Visto anche dall'esterno, il cristianesimo appare a Celso «una dottrina segreta». [80]

L'esistenza di un insegnamento segreto è negata, è vero, da Ireneo, con la motivazione che un tale insegnamento sarebbe almeno noto ai vescovi: «Se gli apostoli avessero conosciuto dei misteri segreti, misteri che essi insegnavano ai Perfetti di nascosto e all'insaputa degli altri discepoli, sarebbe stato anzitutto a coloro cui avevano affidato le chiese stesse che avrebbero trasmesso questi misteri». [81] L'argomento è forte solo in apparenza: originariamente, non sono i vescovi, ma gli «Anziani» che hanno diretto le comunità cristiane. La direzione era collegiale, e i vescovi [82] non erano che «supervisori», inferiori agli Anziani che da soli detenevano l'autorità e dovevano conservare le tradizioni. La sostituzione dei Vescovi con gli Anziani, che si è realizzata allo stesso tempo di Ireneo e fino al 250 circa, [83] ha dunque potuto causare la perdita dei segreti trasmessi oralmente.

In cosa poteva consistere questo segreto? Nella spiegazione di certe parole, soprattutto nell'interpretazione simbolica di certi racconti, senza dubbio. Ma non possiamo fare a meno di pensare al segreto dei culti misterici, da cui il cristianesimo deriva in parte, e anche alla natura segreta dell'insegnamento degli Esseni. [84] Quando l'apostolo Paolo si presenta come investito della missione di predicare «il mistero nascosto agli spiriti del mondo e alle generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi», [85] di quale mistero parla? Ancora questo insegnamento non è dato a tutti i fratelli senza una lenta iniziazione: tra loro, Paolo distingue tra gli «spirituali», idonei a ricevere la conoscenza, e i «carnali» ancora incapaci di riceverla. «Vi ho nutriti di latte, non di cibo solido, perché non eravate capaci di sopportarlo; anzi, non lo siete neppure adesso, perché siete ancora carnali». [86] Siamo in pieno linguaggio dei misteri ellenistici o gnostici. Sembra dunque proprio essere esistito alle origini un culto misterico cristiano, e il problema è molto più complesso di quanto si creda a prima vista.

La persistenza di un insegnamento segreto nelle comunità cristiane, anche dopo la stesura dei vangeli, è attestata da numerosi autori. All'inizio del III° secolo Tertulliano, pur confutando le assurde accuse che faceva nascere la natura segreta delle riunioni cristiane, non nega l'esistenza di «misteri» analoghi a quelli di Samotracia o di Eleusi, e la cui rivelazione «provocherà la punizione degli uomini, mentre è riservata loro quella di Dio». [87] Anche dopo il trionfo del cristianesimo, i padri della Chiesa fanno ancora menzione di questo insegnamento segreto: Basilio attribuisce a queste credenze e pratiche, «trasmesse nel mistero dalla tradizione» [88] lo stesso valore dell'insegnamento scritto. Cirillo di Gerusalemme [89] dice che lui non ha il diritto di spiegare chiaramente ai pagani, nemmeno ai catecumeni, i misteri riguardanti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ambrogio parla di un insegnamento dei misteri relativi ai sacramenti, [90] che viene dato agli iniziati secondo la stagione (come tra i pagani).

Questo insegnamento segreto era evidentemente destinato a scomparire dopo la fissazione dei dogmi da parte dei concili. Ma non è indifferente sapere che i vangeli non ci trasmettono che un aspetto, e il meno profondo, del cristianesimo.

IL SIMBOLISMO — L'osservazione precedente potrebbe, al limite, essere considerata trascurabile oggi quanto alla lettura dei Vangeli. Ciò che segue non mancherà di inquietare di più.

Origene sapeva «che vi sono certe dottrine nascoste alla moltitudine, e che sono rivelate dopo che gli insegnamenti essoterici sono stati dati: ciò non è una particolarità del cristianesimo». [91] Ma secondo lui questo insegnamento segreto verterebbe sul modo di interpretare i testi in un altro senso rispetto al loro significato apparente. E a proposito dei Vangeli, egli scrive: «Innumerevoli sono i passi in cui si sente, a meno di essere totalmente ottusi, che molte cose furono scritte come se fossero accadute, ma non sono accadute in senso letterale». [92] Detto altrimenti, molti racconti non sono veri, ma soltanto simbolici.

Certamente Origene è considerato ormai dalla Chiesa, che impone di prendere tutto alla lettera, sospetto di tendenze eretiche. Ma lui era abbastanza vicino alla stesura dei vangeli, e informato di quella tradizione orale segreta, per sapere quel che bisognava pensarne: almeno una parte dei cristiani del III° secolo si è dunque rifiutata di prendere alla lettera i racconti evangelici, per non vedervi che dei simboli. O persino, sempre secondo Origene, immagini puerili ad uso degli ignoranti, come i testi sull'inferno e sul fuoco eterno. 

Si può infine passare sotto silenzio l'opera di Minucio Felice, [93] questo strano convertito del III° secolo che scrive una dimostrazione della dottrina cristiana secondo gli scritti dei filosofi, senza nemmeno menzionare Gesù? Ci si è sforzato di spiegare che questo silenzio, in un'opera rivolta ai pagani istruiti, fosse volontario: ma si può ammettere che un cristiano non faccia menzione, nella sua dimostrazione, della rivelazione, della passione di Gesù e della «buona novella» della salvezza? Andrebbe comunque bene se facesse finta di ignorare tutto ciò! Ma, alludendo agli dèi del paganesimo, scrive che tutti questi esseri, che sono nati e che sono morti, non potrebbero essere dèi: «Divino è solo ciò che non conosce né inizio né fine... Da cui appare chiaramente che furono uomini coloro di cui ci è narrata la nascita e che sappiamo anche esser morti». [94] Nemmeno la minima riserva per segnalare che il caso di Gesù sarebbe diverso!  Ecco, quindi, un cristiano istruito del III° secolo, convertito a Roma, che ignora i racconti evangelici, o non crede nella verità di questi racconti. Ciò non impedisce ai padri della Chiesa di considerarlo un buon apologeta cristiano. [95]

Si vede che noi leggiamo i vangeli con un occhio diversissimo da quello dei primi lettori. Come dimenticare queste importanti riserve quando si tratta di fare un'analisi critica dei vangeli? 

NOTE

[62] Marco 4:33.

[63] Marco 4:34.

[64] Matteo 13:36-43.

[65] Marco 4:12, Matteo 13:13, Luca 8:10.

[66] Accessibile a tutti, ma pochissimi possono penetrarlo (Ep. 137:18).

[67] «Io rivelo i miei misteri a coloro che ne sono degni» (vangelo di Tommaso).

[68] «A noi è stato dato di intendere e di comprendere e di essere salvati» (Dial. 121:4).

[69] «Parlerei del battesimo, se non temessi che il mio discorso pervenga a coloro che non sono iniziati».

[70] Romani 16:25; Colossesi 1:25-26; Efesini 3:8.

[71] F. AMIOT, Les evangiles apocryphes, Fayard 1952, introduzione, pag. 9.

[72] Marco 1:34, 3:12.

[73] Marco 1:44, 5:43, 7:36, 8:26.

[74] Marco 8:30, 9:9.

[75] Matteo 9:30.

[76] Luca 4:35, 5:14, 8:56.

[77] Vangelo di Tommaso, logion 1.

[78] Idem, logion 83.

[79] Idem, logion 57.

[80] Discorso vero, § 4.

[81] Ireneo, 3:850.

[82] Ve ne erano parecchi per comunità, poiché Clemente rimprovera ai Corinzi di aver deposto i loro in blocco.

[83] Cipriano insisterà ancora, a quella data, sulla necessità di avere solo un vescovo per comunità.

[84] Basato su Isaia 6:9-10, richiamato da Matteo.

[85] Colossesi 1:25.

[86] 1 Corinzi 3:2. Si veda anche Ebrei 5:12-14.

[87] Apologetico 7:6.

[88] Basilio, De sp. 27.

[89] Catech. 6:29.

[90] C. myst. 1.

[91] Contra Celsum.

[92] De principiis

[93] Minucio Felice, Octavius (Ed. Belles Lettres).

[94] Op. cit., 24:3 e 4.

[95] Lattanzio, Girolamo, ecc. Gaston BOISSIER, ne La fin du paganisme (tomo 1, pag. 283), dedica un capitolo intero a Minucio Felice, apologeta cristiano.

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