mercoledì 28 ottobre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALe fonti del Vangelo.



Le fonti del Vangelo.

Tuttavia, se si ammette che l'autore del Vangelo di Marco non ha avuto a sua disposizione un resoconto della morte di Gesù, trasmesso per mezzo di ricordi e per mezzo di tradizione orale, quali elementi ha utilizzato?

In effetti, «quale che sia stato il genio creativo che testimonia il contenuto del Vangelo di Marco, «si comprenderebbe difficilmente» perché il suo autore «sarebbe riuscito in un'opera così difficoltosa, o addirittura perché si sarebbe sognato di intraprenderla..., se avesse dovuto cercare lui stesso attraverso tutta la Bibbia ebraica delle testimonianze sparse riguardanti il Messia...» [50]

Ma uno studioso inglese, Rendel Harris, ha mostrato, in uno studio intitolato Testimonia (2 vol., 1916-1920), «che è esistita prima dei Vangeli una raccolta di «Testimonianze» messianiche, ispirate a diversi passi della Bibbia ebraica, dove si aveva creduto di vedere l'annuncio profetico di quel che sarebbe stato, avrebbe detto e avrebbe fatto il Messia. Era la prima stesura di un genere letterario ben conosciuto: quello delle Testimonianze contro gli ebrei di cui abbiamo numerosi esemplari nella letteratura cristiana dei primi secoli, in particolare in Tertulliano (dalla fine del II° secolo alla metà del III°) [51] e in san Cipriano (prima metà del III° secolo). [52]

«La raccolta iniziale, intravista dalla perspicacia di Rendel Harris, comportava sezioni molto distinte, ciascuna di cui stabiliva mediante oracoli, presi da varie parti della Bibbia, che il Cristo si sarebbe riconosciuto con tale e tal segno, avrebbe professato questa o quella dottrina, avrebbe realizzato tale e tal programma. È al titolo di una sezione di questo genere che si riferisce il Vangelo secondo Matteo, quando dice (2:23), a proposito della venuta della Sacra Famiglia a Nazaret: «Questo fu affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti: Egli sarà chiamato Nazareno». Queste ultime parole non si leggono da nessuna parte nella Bibbia. Costituivano forse nella raccolta iniziale un titolo di un capitolo che veniva giustificato da parecchi testi profetici. [53]

In questa fila di oracoli, era di solito Isaia, il primo dei grandi profeti, che apriva la serie. Ma altri la accompagnavano, confondendosi più o meno con lui nella mente dei lettori della raccolta. Da qui si spiega perché il Vangelo secondo Marco, nel suo primo episodio riguardante l'apparizione di Giovanni il Battista al Giordano, comincia per dire che il fatto accadde «secondo quel che è scritto in Isaia il profeta», ma non cita il passo in questione (Isaia 40:3) se non dopo un altro, dove si trovano fuse una frase dell'Esodo (23:20) e un'altra di Malachia (3:1)». [54]

Guignebert ha citato in termini elogiativi lo studio di Rendel Harris, ma questo nell'opera Le Christ, destinata a mostrare la formazione della dottrina cristiana, [55] e non nel suo libro su Jésus, in occasione dell'esame delle fonti dei Vangeli, come l'aveva fatto Alfaric.

Al contrario, Guignebert ha considerato a lungo una raccolta di parole del Signore, che sarebbe stata una fonte comune, anteriore ai quattro Vangeli. Questa è un'opinione generalmente accettata dagli esegeti, che pensano che questa raccolta fosse «incorniciata da brevi racconti», a causa di «notevoli concordanze tra il «primo Vangelo» (Matteo) e il «terzo» (Luca) su dei punti che mancano al secondo (Marco)»: [56] Alfaric ha contestato quella conclusione, ritenendo che Matteo utilizzi Luca. [57]

Cosa significa la testimonianza di Eusebio, che nella sua Storia ecclesiastica, ci racconta che Papia, vescovo di Ierapoli, in Frigia (nel primo terzo del II° secolo) aveva scritto cinque libri intitolati logiôn kuriakôn exègèseis ? [58] Quale era l'oggetto di queste «spiegazioni» (exègèseis) ? La traduzione comune è: le parole logiôn, genitivo plurale) del signore (kuriakô, aggettivo al genitivo plurale). Ma Alfaric  propone la traduzione altrettanto difendibile: gli oracoli concernenti il Signore. [59] Tuttavia, se si ammette la traduzione classica, si deve convenire che il titolo non si riferisce che alle «parole del Signore» e non dà alcuna indicazione sui racconti che le avrebbero incorniciate. 

Tuttavia, c'è ancora da considerare un passo di Giustino, scritto verso la metà del II° secolo: «Il giorno che si nomina giorno del Sole, nelle città e nella campagna, si riuniscono in uno stesso luogo: si leggono le memorie degli Apostoli e gli scritti dei profeti». [60] Gli «scritti dei profeti» sembrano proprio corrispondere alle raccolte primitive di «testimonianze» bibliche; quanto alle «memorie degli Apostoli», Guignebert ne dà il commento seguente: «Queste sono sicuramente le raccolte di atti e detti del Signore, che si chiamano già Vangeli. Lo stesso Giustino lo testimonia esplicitamente». E Guignebert cita, a sostegno, un altro passo di Giustino: «infatti gli apostoli, nelle memorie che hanno lasciato, e che si chiamano vangeli...»; [61] «si tratta della tradizione evangelica relativa all'istituzione dell'Eucarestia». [62

Noi pensiamo, in effetti, che si debbano identificare memorie degli Apostoli, Vangeli e atti e detti del Signore, cancellando tuttavia la parola «atti», ricordando che la parola greca «Vangelo» significa «Buona Novella», e sostituendo al termine francese «memorie» quello di «memorabili», per tradurre la parola greca: «apomnémoneumata». Infatti il termine francese «memorie» risveglia immediatamente l'idea di «ricordi personali» oppure di «autobiografia».  Ma la parola greca «apomnèmoneumata» è il titolo di un'opera di Senofonte, discepolo di Socrate, sui discorsi più notevoli del suo maestro, e la traduzione ammessa in francese è «memorabili».

Tuttavia, di tutti i «memorabili» degli Apostoli, i soli che ci sono stati conservati sono quelli che contengono le lettere di Paolo, espanse da tutte le aggiunte che hanno potuto fare i suoi discepoli, e abbiamo visto, se si adotta l'analisi che ne è stata presentata, che non si tratta di «ricordi» su Gesù, ma di informazioni attribuite sia a Gesù, sia a Paolo, e che si potrebbero chiamare il Vangelo secondo Paolo. [63]

Allo stesso modo, per tornare al Vangelo di Marco, l'influenza dell'opera paolina su quest'ultimo libro è predominante. Ad esempio, Pietro vi «simboleggia una concezione totalmente condannabile, quella dei cristiani venuti dal giudaismo e rimasti ebrei nel profondo del loro cuore, che... guardano senza vedere, ascoltano senza intendere, hanno il cuore indurito e si mostrano sprovvisti di ogni intelligenza». [64] Il «mistero del regno di Dio» (Marco 4:11), [65] che non è rivelato e spiegato da Gesù se non ai discepoli, è da confrontare ai versi 6-7 del capitolo 2 della 1° Epistola ai Corinzi, sulla «sapienza predicata tra i perfetti, la sapienza di Dio, nascosta in un mistero». [66] Infine, se si può trovare nelle Epistole di Paolo un accento esseno, lo si ritrova nei discorsi che Marco mette in bocca a Gesù: distacco dalla famiglia, disprezzo delle ricchezze. [67]

È possibile al presente precisare la personalità dell'evangelista, l'epoca in cui ha scritto, la regione dell'Impero romano dove è nata l'opera, il pubblico al quale si rivolgeva?

NOTE

[50] ALFARIC, L'évangile selon Marc, op. cit., pag. 95.

[51] Contro i Giudei (in latino).

[52] Testimonianze contro i Giudei (in latino).

[53] Si veda in GUIGNEBERT, Jésus, pag. 80-93, l'esposizione della complessa questione dei rapporti tra la città di Nazaret e l'appellativo di Nazaret. Nel campo filologico, la derivazione dell'una dall'altro non va senza difficoltà. Guignebert conclude che Nazareno significa il Santo di Dio e che «in terra greca, lo si ha interpretato, secondo l'usanza greca, riferendosi ad una città». Loisy aveva su questo punto un'opinione analoga (si veda in particolare Histoire et mythe, pag. 164). Si veda più sopra, pag. 13, nota 1, e pag. 126, nota 69. Tuttavia Guignebert non segnala in occasione della citazione del verso di Matteo (in Jésus, pag. 80) che le parole: «Egli sarà chiamato Nazareno» non si trovano da nessuna parte nella Bibbia. — In un recente studio, intitolato Quelques remarques sur les Nazaréens (Bulletin du Cercle Ernest Renan, n° 54, maggio 1958), Stanislas LASSALLE espone un'interpretazione nuova della parola nazareno. Esiste in ebraico la radice n-ts-r, la quale, pronunciata natsor, vuol dire osservatore: gli studiosi danno dunque a nazareno il significato di osservante. Lassalle, riferendosi ad una proposizione del pastore americano A. Powell Davies nel 1956, pronuncia n-ts-r in netser, che significa ramo: i Nazareni sono coloro che attendono il Messia, germoglio di Davide, secondo la profezia di Isaia (11:1). Nazaret è il luogo di raduno dei Nazareni. «Non è Nazareni che viene da Nazaret, ma Nazaret che viene da Nazareni». Si può osservare che con l'interpretazione di Davies e di Lassalle, l'appellativo semitico nazareni e la denominazione greca cristiani non sono più diversi, ma simili.

[54] Esodo 23:20: «Ecco, io mando un Angelo davanti a te per vegliare su di te lungo la via, e per farti entrare nel luogo che ho preparato». Malachia 3:1: «Ecco, io mando il mio messaggero a preparare la via davanti a me». — Isaia 40:3: «La voce di uno grida: Preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio». — Marco 1:2: «Secondo quanto è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri». — Tutte le spiegazioni che precedono, sullo studio fatto da Rendel Harris, sono citate secondo ALFARIC, Comment expliquer les concordances bibliques des Evangiles, studio postumo, pubblicato dal Bulletin du Cercle Ernest Renan, n° 35, aprile 1956, più sviluppato delle pagine 95-97 del suo lavoro L'Evangile selon Marc, del 1929.

[55] GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 21, nota 3 e 4.

[56] Si ricorda che questa numerazione si riferisce all'ordine che i quattro Vangeli occupano nel Canone e non implica la stessa successione nel tempo: Marco è generalmente considerato il più antico.

[57] ALFARIC, L'évangile selon Marc, pag. 70-71. Alfaric adotta così un'analisi di DELAFOSSE (TURMEL), Rapports de Matthieu et de Luc (Revue d'histoire des religions, volume 90, 1924, pag. 1-38). — GOGUEL, Jésus, pag. 104, ritiene che Matteo e Luca siano indipendenti l'uno dall'altro, ma che hanno una fonte comune.

[58] Il titolo dei libri di Papia è dato da EUSEBIO, Storia ecclesiastica 3, 29:1. IRENEO, Contro le eresie 5, 33:1, aveva menzionato i libri di Papia senza indicarne il titolo (il paragrafo di Ireneo è riprodotto da Eusebio). 

[59] ALFARIC, L'Evangile selon Marc, pag. 96-97, e Comment expliquer les concordances bibliques des Evangiles, studio citato.

[60] GIUSTINO, 1° Apologia 67:3.

[61] GIUSTINO, 1° Apologia 66:3.

[62] GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 24-25.

[63] Si veda l'Epistola ai Galati 1:6-9 e 11.

[64] ALFARIC, L'évangile selon Marc, pag. 38. LOISY (La naissance du christianisme, pag. 52) ammette «a mo' di ipotesi probabile che la versione, caratterizzata dalla sua malevolenza nei confronti degli apostoli galilei, sia stata elaborata nei circoli romani devoti alla memoria di Paolo» (si veda più sopra, pag. 95).

[65] Si veda più sopra, pag. 184.

[66] Si veda ALFARIC, L'évangile selon Marc (1929), pag. 104. Si è visto più sopra (pag. 49-50) che Loisy respinge, come Turmel, l'attribuzione di questi versi a Paolo e li considera l'opera di discepoli mistici dell'apostolo. D'altra parte LOISY doveva esporre nel 1936, in Les origines du Nouveau Testament, che questo «mistero del regno di Dio», così insegnato, è «un indizio rivelatore dell'anticipazione generale, nella catechesi evangelica», dell'azione messianica di Gesù risorto, «fase» nell'evoluzione della fede cristiana (pag. 339).

[67] Si veda ALFARIC, Le problème de Jésus (1954), pag. 30-31.

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