(segue da qui)
PARTE TERZA
GESÙ DIO SALVATORE
PAOLO
Paolo ha ricevuto direttamente, in un puro istante, la conoscenza di Gesù: “Ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia, di rivelare suo Figlio in me perché lo annunciassi ai pagani...” (Galati 1:15). Questo è il tono di Isaia. Dio ha illuminato il cuore di Paolo “per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Corinzi 4:6). Paolo è stato “afferrato” da Gesù (Filippesi 3:12). È stato sollevato via, con il suo corpo o senza il suo corpo, fino in Paradiso dove ha udito delle cose indicibili che non è permesso all'uomo di ripetere (2 Corinzi 12:4). Egli continua a ricevere le rivelazioni. È in attesa di completare l'istruzione dei Filippesi (Filippesi 3:13). Quindi non si preoccupa molto di coloro che, come Giovanni, hanno ricevuto la rivelazione di Gesù prima di lui. Tuttavia, è d'accordo con loro sui punti essenziali: che Cristo è morto per i nostri peccati (secondo le Scritture: Isaia 53). Che è stato sepolto ed è resuscitato il terzo giorno (secondo le Scritture). E che è stato visto. L'elenco delle cristofanie che sono autentiche e hanno creato la fede è approvato. Le prime sono quelle che Gesù ha accordato a Cefa (Pietro), a Giacomo, agli apostoli, ai cinquecento fratelli di Gerusalemme. L'ultima, quella la cui grazia è stata fatta al fragile aborto Paolo (1 Corinzi 15).
Come Giovanni, Paolo riconosce che Gesù ha realizzato con Dio tutte le azioni divine, dalla Creazione che ha derivato dal nulla gli esseri celesti e il mondo terrestre fino al grande Giudizio imminente. Precisa che Gesù è la Pienezza (plêrôma) della Deità (Colossesi 2:9), lo Splendore e la Maestà del Dio unico e che, completate le sue azioni, Gesù si riassorbirà eternamente in Dio il Padre (1 Corinzi 3:28). Per Paolo, oltre che per Giovanni, Dio e Gesù sono due facce dello stesso Essere e non compongono un plurale. “Voglia Dio e Gesù guidarci” (kateuthunai, 1 Tessalonicesi 3:11). Paolo ha in comune con Giovanni la visione pasquale della Redenzione. Gesù è “nostro Agnello pasquale” (1 Corinzi 5:7). I battezzati sono paragonati al pane azzimo. Sul piano spirituale, rivivono l'Esodo degli Israeliti (1 Corinzi 10) e la Pasqua iniziale. Tutti i visionari sono d'accordo su una sommaria e solida teologia di base.
Paolo vi aggiunge una rivelazione, che gli è propria, un mistero nel mistero, un tema ricolmo di orrore e di potenza (1 Corinzi 1:22):
I Giudei infatti chiedono miracoli
e i Greci cercano sapienza,
ma noi predichiamo un Cristo crocifisso,
che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci;
ma a quelli che sono chiamati, sia Giudei che Greci,
noi predichiamo un Cristo, Potenza di Dio e Sapienza di Dio.
Paolo non annuncia solamente un Dio immolato, egli annuncia un Dio crocifisso, nel quale sono dispiegate la Potenza divina e la Sapienza divina. Non sembra che sia stato seguito fin là dai primi visionari: il tema della Crocifissione è assente dall'Apocalisse di Giovanni. I Galati sono stati sedotti da emissari di Gerusalemme. Paolo li rimprovera: “O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato ritratto (proegraphê) crocifisso?” (Galati 3:1). Mostra loro che questa Croce sola può affrancarli dalla circoncisione e dalle pratiche ebraiche. Ai Filippesi che hanno subito le stesse pressioni e parecchi di cui hanno abbandonato la via di Paolo: “Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto: si comportano da nemici della Croce di Cristo” (3:18).
Il sacrificio del Figlio di Dio è dunque, rivela Paolo, anche un supplizio. Il più totale, il più infame di tutte, quello il cui spettacolo esposto sulle strade metteva gli schiavi nello stato di terrore necessario per la schiavitù. In termini rituali, non è solamente un sacrificio espiatorio, realizzato da uno spargimento di sangue. È un sacrificio sostitutivo, alla maniera di quello del capro espiatorio, un sacrificio di annientamento. Dio mandò Suo Figlio “in forma rassomigliante alla carne del peccato” (Romani 8:3) perché in questa carne spregevole e smembrata tutto il peccato sparso nel mondo fosse assorbito e annientato, così che anche la morte fosse vinta, lei che è la conseguenza del peccato. Mediante questo mezzo supremo, ci procura la redenzione dei nostri peccati e la vita eterna. “Lui (Gesù), che era in forma di Dio, non considerò come qualcosa da prendere (harpagmon) essere alla pari di Dio (vale a dire, assolutamente immortale). Ma svuotò sé stesso (heauton ekenôsen) prendendo forma di schiavo, divenuto in rassomiglianza degli uomini. E trovato uomo dall'aspetto, si abbassò divenendo ubbidiente fino alla morte, la morte della Croce” (Filippesi 2). Quale nuova visione di Dio: uno schiavo crocifisso!
La conferma scritturale di questa visione è il Salmo profetico 22 (in greco). Il Servo di Dio (per Paolo il Figlio di Dio) vi parla. Dio sembra averlo abbandonato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Te ne stai lontano”. È disprezzato: “Ma io sono un verme e non un uomo,
l'infamia degli uomini, e il disprezzato dal popolo. Chiunque mi vede si fa beffe di me”. Circondato da demoni con forme animali: “Mi circondano tori numerosi, mi assediano tori di Basan. Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce”. Lui agonizza: “Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto”. Crocifisso: “Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa”. Questi demoni-carnefici, Paolo li identifica. Questi sono “i Principi di quest'era”, vale a dire, gli angeli malvagi a cui Dio ha permesso per un tempo di governare le sfere inferiori del mondo, sotto gli ordini di Satana, che è “il dio di questo mondo” (2 Corinzi 4:4). Dio ha nascosto loro il mistero della redenzione degli uomini. Questa è la ragione per cui essi non hanno riconosciuto il Figlio di Dio nella sua Discesa. Senza sapere chi fosse, lo hanno crocifisso, assicurando così la loro disfatta e il suo trionfo. “Esponiamo la sapienza (sophian) di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima delle ere predestinata a nostra gloria e che nessuno dei Principi di quest'era ha conosciuta. Perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” [vale a dire, Dio stesso] (1 Corinzi 2:7). La morte-resurrezione di Gesù (si potrebbe concepire che Dio muoia senza resuscitare?) segna l'espropriazione delle Potenze delle tenebre. “Ha spogliato i Principati e le Potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della Croce” (Colossesi 2:15).
Perché la morte sulla croce d'infamia è immediatamente seguita per il Figlio di Dio dall'investitura celeste del Figlio di Dio (quella a cui abbiamo assistito nell'Apocalisse). Riceve il Nome sovrano di Gesù, il titolo di Signore. “Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il Nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel Nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi: Signore Gesù Cristo, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2). Antitesi fulminante: il patibolo dello schiavo rende Gesù Signore dell'universo. La garanzia scritturale è qui il Salmo 24: “Levate le porte, o voi Principi. Ed elevatevi, porte eterne. Ed entrerà il Re della Gloria! Chi è questo Re della Gloria? Il Signore delle virtù, Egli è il Re della Gloria”. Chi sono questi Principi a cui viene dato l'ordine di aprire le porte celesti a un Re che non conoscono? Quelli stessi che hanno crocifisso senza conoscerlo il Signore della Gloria. Decaduti, rabbrividiscono al Nome del loro Padrone. Adesso chinano il ginocchio davanti a Lui, e con loro tutti gli esseri della creazione (come ne testimonia Giovanni nella sua visione). “Per mezzo del sangue della sua Croce (Gesù) ha pacificato (termine rituale) tutte le cose, tanto quelle che sono sulla terra come quelle che sono nei Cieli” (Colossesi 1:20).
Queste ultime parole fanno vedere che il Cristo crocifisso non si oppone affatto all'Agnello immolato, ma si sovrappone a lui. Sebbene la croce sia un supplizio non sanguinoso o poco sanguinoso, Paolo riconosce alle gocce di sangue della Croce lo stesso valore dei flutti di sangue dei sacrifici rituali. Quando dice: “Ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dalla Collera per mezzo di lui” (Romani 5:9) condivide tutta la visione di Giovanni. Egli paragona perfino Gesù al piatto sacro (hilastêrion, Romani 3:25) che il sommo sacerdote asperge di sangue nel giorno dell'Espiazione. Il supplizio di Gesù è ai suoi occhi il velo di una immolazione sanguinosa. Senza spargimento di sangue, non c'è remissione: assioma di tutta la religione semitica. Quando il sangue scorre, si consuma la redenzione.
Ma quanto il supplizio è più sorprendente, più avvincente dell'immolazione! La Crocifissione, solidamente garantita dalle Scritture, quale presa ha sugli uomini! Valore e significato sono dati alla sofferenza e alla disgrazia. Rivelazione di una portata infinita. Proclamare l'Agnello pasquale del Cielo non può smuovere fortemente che gli ebrei e i giudaizzanti. Ma che Dio, per l'amore degli uomini, per purificarli in profondità dal peccato e dalla morte e condurli alla salvezza eterna, possa aver assunto nel Figlio del Suo amore, la condizione umana in ciò che ha di più degradato e di più atroce, fino alle convulsioni del relitto umano sospeso al legno d'agonia, ecco davvero la proclamazione che sconvolge tutti gli uomini, a cominciare da coloro che più soffrono e sono i più umiliati. Il suo genio religioso e la sua esperienza di apostolo l'hanno insegnato a Paolo. Per coloro che guardano a Gerusalemme il Dio-Agnello sacrificato è appropriato e sufficiente. Ai pagani è necessario il pathos, il vibrato del Crocifisso. Lo spettacolo straziante del Dio crocifisso produce più seguaci dell'immolazione rituale. “Ciò che ci fa credere, è la croce” (Pascal).
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