giovedì 22 novembre 2018

«Gesù, il Dio fatto uomo»I Vangeli (130 E.C. — 150 E.C.) (IV): Marcione

Il sommo sacerdote celeste 

I VANGELI
(130 E.C.—150 E.C.)

IV 

MARCIONE

Marcione fu uno dei più grandi geni religiosi del mondo, e trova il suo posto tra san Paolo e san Francesco di Assisi. Nel crogiuolo del suo spirito profondo e ardente la religione è provata e tutto ciò che è irriducibile rimane in vista: la novità del cristianesimo (egli fu il primo ad utilizzare il termine) le sue possibilità vitali, le sue infinite conseguenze, e la relazione rivoluzionaria tra Dio e uomo. Egli concepì una fede irrealizzabile che dovrebbe essere stata l'essenza del cristianesimo. La sua opera è stata assorbita in parte dal cristianesimo comune, che ne ha trattenuto forza e sublimità — ma parecchio è stato respinto, e il suo nome è stato scomunicato e dimenticato. Lo storico imparziale deve restaurarlo al suo vero posto.

Si sa poco della sua vita. Egli fu un greco di Paflagonia, nato, come Diogene, a Sinope. I suoi nemici lo definirono un Cinico. [1] Egli potrebbe essere stato chiamato il Cinico cristiano, ascetico, incurante dei valori accettati, amico dei miserabili, in rivolta contro l'ordine stabilito. Il suo spirito onesto e acuto penetrava nel cuore delle cose. Candido, puro, austero, e sublime, egli fu mosso da pietà e da amore. Imbevuto di un forte sentimento di unione religiosa, egli fu il primo organizzatore, il fondatore essenziale dell'episcopato monarchico, e di conseguenza del papato.

Egli nacque cristiano. Suo padre fu un episcopos tra i Santi di Sinope. Dev'essere stato un uomo anziano quando si recò nel 139 a Roma, [2] e un giovane quando Plinio offrì ai cristiani del Ponto la scelta tra l'apostasia e la morte. Da quest'esperienza egli imparò a deridere i potenti e a bramare il martirio. 

Egli si guadagnava da vivere sul mare come pilota e capitano di una nave. [3] Egli salpò a Roma sulla sua stessa nave; e un'esistenza simile gli diede opportunità di visitare le chiese dove Paolo aveva predicato — Filippi, Tessalonica, e in particolare Corinto. La sua nave fu il primo trono episcopale. 

Egli ripose la sua fede nella dottrina di Paolo del Cristo crocifisso e la mantenne contro i primi apostoli, dato che si era deciso di riportare le chiese ad essa, la forma eroica del cristianesimo. Egli perciò cercò tutto ciò che rimase delle epistole paoline. Un pò di resti dell'uomo che salì fino al terzo cielo furono piamente preservati; le “spine” che recava nella sua pelle quando nel dolore sofferente di Efeso guariva gli ammalati. Tra quei resti Marcione trovò lettere da cui collezionò dieci, l'Apostolikon, rivolte a tutte le chiese. [4

Questo non lo fece nella maniera di un editore moderno. Al fine di raggiungere il suo scopo di far risorgere di nuovo il mondo dell'Apostolo, egli diede precisione e completamento dove lo riteneva necessario. La lettera di Paolo ai Tessalonicesi fu spiegata da una seconda lettera in cui l'imminenza dell'Avvento del Signore Gesù è rimandata fino a dopo l'apparizione dell'Anticristo. L'Epistola ai Colossesi fu il soggetto di un commentario in un'epistola ai Laodicesi [5] (ora chiamati Efesini) in cui il mistero dell'istituzione e del ristabilimento del mondo da parte di Gesù è interpretato in un mistero come la fondazione della Chiesa. Sei lettere ai Corinzi vennero combinate in due, così da poter essere lette più facilmente in chiesa, e furono espanse con nuove istruzioni come le istruzioni per il silenzio delle donne in chiesa, [6] la proibizione di carne sacrificata agli idoli, [7] l'eucarestia, [8] e un cantico eccezionale sull'amore. [9

La prima edizione di San Paolo fu un evento importante nella storia del cristianesimo. Lettere che erano state inviate dall'Apostolo ad una singola chiesa per la lettura in un'unica occasione divennero un tesoro comune a tutte le chiese le cui gemme dottrinali si sarebbero potute attingere per il beneficio comune. Questo ebbe subito il suo effetto. L'Epistola di Giacomo venne pubblicata in Siria come contrattacco alle Epistole ai Romani e alla tesi della salvezza per fede che sembrava troppo audace ai timidi e troppo facile a coloro che si vantavano di obbedire ad ogni dettaglio della Legge. [10]  Il Pseudo-Barnaba in Egitto lesse l'Apostolikon, in particolare le Epistole ai Laodicei e ai Romani. [11] A Roma il profeta Ermas ossessionato dalle sue visioni prestò poco onore al suo grande predecessore da cui egli non esitò a copiare in caso di bisogno una massima — per esempio, egli trovò in 1 Tessalonicesi 5:13: “Vivete in pace tra voi”, che gli piacque così tanto da ripeterla per quattro volte: Vis., 3:6, 9, e 12; Sim., 8:7. D'altra parte, l'autore dell'epistola agli Ebrei meditò il Dio Crocifisso ed eguagliò questo all'Agnello Ucciso nella composizione sorprendente dell'Eterno Sommo Sacerdote.

Marcione è probabilmente l'autore di una vita di san Paolo che doveva formare la cornice degli Atti degli Apostoli. In essa si dovevano trovare sia il discepolo fervente che il capitano di mare a conoscenza di quale porto di Creta fosse esposto a quale vento e si dovevano descrivere abilmente le operazioni della ciurma in una tempesta oppure durante l'approdo a terra (Atti 27).

Uno studio costante dell'Epistola ai Galati, che egli collocò prima nel suo libro, e una meditazione dell'abisso tra il Vangelo e la Legge, convinse questo mistico marinaio che il cristianesimo fu una religione perfettamente nuova che era stata rivelata tutta di colpo a san Paolo, il quale si separò dall'ebraismo e cercò un cammino non ancora toccato. Dal momento che il Cristo Crocifisso non possedeva nulla in comune col Messia ebraico, il Padre di Cristo non aveva niente a che fare con Jahvè. Inoltre, dal momento che c'era solamente un unico Dio, questa deità ebraica avrebbe potuto essere soltanto un demiurgo come quello che Platone descrisse nel Timeo.

La traduzione letterale della Bibbia da parte di Aquila di Sinope, un proselita ebreo e compatriota contemporaneo di Marcione, fortificò questa convinzione. [12] L'antica versione della Septuaginta di cui le chiese fecero uso comunemente deviava di frequente dalla versione ebraica, e si prestava a interpretazioni fantastiche. Marcione perciò respinse l'allegoria. [13] La Bibbia doveva essere presa letteralmente e il suo Dio è sanguinario, collerico, e geloso, propenso ad agire come un uomo crudele e ignorante, un distributore di ricompense e vendette, la cui caratteristica più elevata è una pretesa alla giustizia. Quanta povera è una figura simile in confronto a quella dell'amore divino! La legge biblica, essendo impossibile da osservare nella sua interezza, è una trappola per il genere umano e una giustificazione dei tormenti a cui è destinato. Il Messia che promette è l'immagine di suo padre, un guerriero spaccone non toccato dalla pietà, il cui scettro è di ferro e la cui spada è tinta di sangue. 

Il Dio della Bibbia si vanta di essere il Creatore del mondo — una povera realizzazione e una spiacente responsabilità! Non c'è niente di veramente divino nel mondo; la sua legge è quella di Jahvè, crudele, inflessibile, cieca, e distruttiva. Ammirare l'opera di Dio nella natura è follia, poichè la sua opera principale è la guerra. Il Dio vero è ignoto nel mondo; egli non creò né esso e neppure i suoi popoli. Il Padre, col quale Gesù è uno, possiede una semplicità divina. La sua sola qualità è bontà. In uno spasmo di pietà e di amore egli cercò di strappare il genere umano dalla morsa selvaggia del suo Creatore e Giudice e suo figlio, Gesù, decide di abbassare sé stesso e di sacrificarsi sulla croce così che la vendetta del Creatore si potesse esaurire su di sé, così da poter redimere il genere umano e salvarlo dal mondo, sfuggendo al giudizio del Dio della Bibbia. Ma coloro che dovessero rifiutarlo e respingerlo saranno giudicati e destinati alla distruzione secondo l'Editto del loro Creatore. 

Questo Dio Buono non è un giudice, non è un distributore di pene. Egli preferisce peccatori ai giusti, e rimette i peccati senza esigere punizione. I suoi seguaci dovrebbero essere simili a lui, e non pronunciare giudizi, dovrebbero resistere alla violenza solo con amore, dare tutto ai poveri, e crocifiggere sé stessi. La loro massima dovrebbe essere: “Sii pietoso proprio come Dio ha pietà di te”. [14]

L'amore che permea l'illimitato essere di Dio dovrebbe anche infondere l'anima dell'uomo, poichè è sufficiente per tutti e nulla può sostituirlo. L'uomo che possiede amore è superiore ai profeti ispirati. La dolce e potente emozione che, nella teologia di Marcione, emana dal vero Dio, è mirabilmente espressa in un inno inserito nel mezzo dell'insegnamento di Paolo sulla profezia nella prima Epistola ai Corinzi, 13. 
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi amore,
sarei un rame risonante
o uno squillante cembalo.

Se avessi il dono di profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti,
ma non avessi amore, non sarei nulla.

Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri,
se dessi il mio corpo a essere arso,
[15]
e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente.

L'amore è paziente, è benevolo;
l'amore non invidia;
l'amore non si vanta,

non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente,
non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce,
non addebita il male,
non gode dell'ingiustizia,
ma gioisce con la verità;

soffre ogni cosa,
crede ogni cosa,
spera ogni cosa,
sopporta ogni cosa.

L'amore non verrà mai meno.
Le profezie verranno abolite;
le lingue cesseranno;
e la conoscenza verrà abolita;

poiché noi conosciamo in parte,
e in parte profetizziamo;
ma quando la perfezione sarà venuta,
quello che è solo in parte, sarà abolito.

Quando ero bambino,
parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino;
ma quando sono diventato uomo,
ho smesso le cose da bambino.

Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro;
ma allora vedremo faccia a faccia;
ora conosco in parte;
ma allora conoscerò pienamente,
come anche sono stato perfettamente conosciuto.

Ora dunque queste tre cose
durano: fede, speranza, amore;
ma la più grande di esse è l'amore.
La dottrina dell'amore è la gloria coronante della dottrina di Paolo. La sua esperienza religiosa fu il risveglio del potere divino nell'abisso di debolezza e sofferenza. Quella di Marcione fu la potenza illimitata dell'amore impotente nel mezzo di straripante violenza. Cristo crocifisso fu l'emblema dell'una come dell'altra. Anche per Paolo, ma in minor misura, il sacrificio divino era un sacrificio di amore infinito. [16] Quest'idea Marcione la espanse. Le conseguenze logiche della dottrina di Paolo comprendeva la rinuncia del dio biblico, la divinità creatrice, poichè sulla croce di Gesù sia la legge che il mondo furono disfatti. Ma Paolo non si era spinto fin tanto lontano; egli non si era separato dall'ebraismo a quella misura. Storicamente c'era qualcosa di equivoco nella dottrina di Marcione, poichè egli fu indotto a impiegare i termini Cristo, Figlio dell'Uomo, Gesù, Gesù Crocifisso, che provenivano dalla Bibbia; tuttavia egli non avrebbe accettato dalla scrittura ebraica alcun attributo. Nondimeno egli aveva ricevuto il suo Gesù come era stato lentamente fabbricato nelle Sacre Scritture da Daniele fino a Paolo. 

Eticamente il suo insegnamento fu un paradosso, la cui profonda verità il futuro doveva provare. La dottrina della non-resistenza, che Gandhi doveva chiamare la spada del sacrificio di sé, ha ispirato gli uomini a realizzare tutto ciò che è davvero grande. Religiosamente Marcione andò oltre san Paolo. Lungo i secoli egli si appella a uomini che respingono la Bibbia e non trovano alcun dio di sorta nell'universo; infatti egli offre una religione al servizio del genere umano e separata dal mondo.

Su un simile fondamento morale e religioso, Marcione organizzò le chiese riformate, separate dal dio creatore con l'ascetismo e col ripudio delle opere della legge. Essendo così diverso da altre chiese, esse formarono una sorta di ordine monastico in cui si otteneva un ingresso solo a condizione di rinunciare al matrimonio. Marcione, lo stesso casto maestro, avrebbe battezzato e ammesso all'eucarestia solamente i celibi, i vedovi, i divorziati, o coloro che si impegnavano alla continenza. [17] La carne era completamente proibita. Si praticava l'astinenza più rigorosa, perfino al punto di morte, apocarteresis, sebbene il pesce era consentito come un cibo puro. [18] Il digiuno di sabato era evitato, in quanto era una pratica ebraica (Epifanio, Haer., 42:3). 

Quando la chiesa si riuniva, i catecumeni che non erano ancora stati battezzati non erano trattenuti oltre la porta, come in altre sette, ma erano presenti al servizio con gli iniziati, ascoltavano, pregavano, venivano baciati sulle labbra così com'erano; e i pagani erano ammessi liberamente. [19] Non c'erano anziani in carica a vita, come in altre chiese. Il capo di una chiesa era l'episcopos, che poteva essere licenziato, proprio come l'anziano avrebbe potuto diventare laico ancora una volta. [20] Le donne non erano solite profetizzare in questa chiesa, ma d'altra parte, avevano un ruolo importante da giocare, specialmente quelle definite “sante donne”. [21] Sebbene catechizzavano, esorcizzavano, e curavano, tuttavia non si incoraggiavano doni spirituali in loro. I profeti erano pochi; non si udiva così tanto di visioni e neppure di estasi di preghiera. [22] Marcione pose una fine al periodo dei profeti che Paolo aveva cominciato. La democrazia religiosa che Paolo aveva fondato sulla comunità di doni profetici ora si basava sulla comunità di amore. Il martirio era il solo ambito privilegio; le chiese marcionite erano perciò sullo stesso fronte di combattimento con l'Impero romano, e guadagnò più corone di martiri rispetto ad ogni altra chiesa. [23] Quando affrontavano i loro giudici, loro soli erano i fedeli incoraggiati a profetizzare sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. 

Parecchie delle istituzioni di Marcione divennero diffuse per tutte le chiese; tra di loro si deve probabilmente contare la modifica della festività pasquale e la trasformazione del banchetto in un sacramento. La Pasqua, la festa del sacrificio dell'Agnello Pasquale, Gesù, veniva celebrata dai cristiani lo stesso giorno degli ebrei, il 14 di Nisan, il giorno della prima luna della primavera. Marcione aveva posticipato la festività cristiana alla Domenica successiva, giorno sacro a Gesù, dal momento che egli apparve alla fine di una settimana. La riforma pasquale fu adottata dalla Chiesa Romana, mentre le chiese asiatiche — in particolare la chiesa di Smirne — trattenne l'antica usanza. 

Un pasto in comune, preceduto secondo l'usanza ebraica da una benedizione o eucharistia, era usuale tra le chiese (1 Corinzi 11:17-34, omettendo l'interpolazione 23-32). Per renderlo conforme alla regola dell'astinenza, fu ridotto a un pezzo di pane e ad una coppa d'acqua. Questo era preso per simbolo di unione con il Dio Crocifisso; il pane era il corpo e l'acqua il sangue versato da Gesù (Tertulliano, Adv. Marc., 1:14, si veda l'interpolazione 23-32 in 1 Corinzi 11). Questa riforma dell'eucaristia fu adottata dalla Chiesa romana, salvo che il vino sostituì l'acqua in quanto un simbolismo migliore. [24] Le chiese siriane rimasero fedeli all'antica usanza di un pasto completo in cui le benedizioni invocate sul pane e sul vino non avevano nulla a che fare con la carne e il sangue di Gesù. [25

La lettura della Bibbia non faceva parte della liturgia marcionita. Questo ha lasciato un vuoto, che le epistole di Paolo non potevano riempire completamente. Sostituirono Isaia e Geremia nella loro sfolgorante, brillante brillante poesia, ma non c'era nessun libro della legge, non c'erano i cinque libri di Mosè.

Il vero Dio, lontano da questo mondo, rimaneva sconosciuto agli uomini e al loro creatore. A Paolo, alla fine, egli rivelò suo figlio Gesù. È vero che anche Pietro, Giacomo, Giovanni e i Dodici avevano ricevuto questa rivelazione, ma non erano riusciti a comprenderla, così tanto accecati erano dall'ebraismo. Solo Paolo comprese e realizzò che il Figlio così rivelato era un Dio crocifisso. Da quel giorno, per più di un secolo, Gesù si è manifestato al mondo, grazie a Dio e alla sua sapienza. Migliaia di peccatori erano stati attratti da lui, e i loro peccati, per sua grazia, erano stati rimessi. Ai suoi profeti erano stati concessi a molti una visione, a molti un precetto e a molti una parabola. Per mano dei suoi esorcisti aveva fatto molte cure, e l'ora era vicina quando, dopo che l'Anticristo, il Messia ebraico, avrebbe dovuto tentare di ingannarli ancora una volta, sarebbe venuto ancora una volta, nella sua gloria questa volta, per riunire i suoi fedeli e salvare gli eletti. Come potrebbe essere raccontata la buona notizia?

Marcione quindi aveva bisogno di dimostrare che l'apparizione di Gesù era  recente e non aveva nulla a che fare con ciò che era stato predetto o rivelato nelle antiche scritture degli ebrei, ma era una cosa nuova. La manifestazione di Gesù era un fatto terrestre; perciò la crocifissione dev'essere a sua volta un evento terrestre.

Questa idea avrebbe avuto conseguenze di vasta portata, sebbene il didascalus dell'epistola degli Ebrei avrebbe potuto respingerla con disprezzo. La popolazione la prese subito a cuore. Novizi di poca istruzione devono averne sentito parlare, greci di vena artistica, che presero i dati teologici per una storia drammatizzata. Così sarebbero potuti giungere alle orecchie di qualche magistrato romano oscuri sussurri sul mistero di Cristo Crocifisso.

Perché fu un magistrato romano ad essere l'autore del primo documento in cui troviamo la crocifissione di Gesù attribuita a Ponzio Pilato, e non alle Potenze del Male. Nel 111 Plinio il Giovane, dopo aver interrogato i cristiani di Bitinia e Ponto, non aveva nessun'idea se il loro Cristo fosse un personaggio reale. Stando a loro, riferì a Traiano, che in un certo giorno (sicuramente domenica) si riunivano prima dell'alba e cantavano un inno al dio Cristo, con quelli di un lato che rispondevano a quelli dell'altro lato. (Stato die ante lucem convenire carmenque Christo quasi Deo dicere secum invicem.) Qui si tratta di Cristo, un essere celeste, atteso al pari dell'alba del primo giorno della settimana. Pochi anni dopo, nel 114, un amico di Plinio, un ex console a sua volta, Tacito, era proconsole in Asia, [26] dove non era improbabile che doveva considerare casi contro i cristiani. Ancora un pò più tardi, nel 117, Tacito scrisse gli Annali, dove disse a proposito dell'incendio di Roma che Nerone pensava che gli incendiari fossero cristiani, così chiamati secondo Chrestus, che era stato messo a morte sotto Tiberio dal proconsole Ponzio Pilato. (Nero subdidit reos ... quos per flagitia invisos vulgus Chrestianos appellabat. Auctor nominis ejus Chrestus [27] Tiberio imperitante per procuratorem. Pontium Pilatum siplicio adfectus erat.) [28]

Non è probabile che Tacito abbia ottenuto tali informazioni a Roma, poiché i cristiani romani, se li si può giudicare da Erma, erano lontani dal pensare che Gesù fosse un personaggio storico. Il commento derivava dall'interrogatorio dei cristiani asiatici, seguaci di Paolo, se non Marcioniti, perché questi ultimi unirono le parole Christos e chrestos (buono). [29] L'idea che Tacito aveva di Chrestus da quello che sapeva dei cristiani è analoga a quella che lui aveva di Mosè da quello che sapeva degli ebrei: “Mosè istituì nuovi riti, diversi da quelli di altri uomini, per formare per sé un nuovo popolo nel futuro”. Il silenzio di Flavio Giuseppe nei riguardi di Gesù è sufficiente per dimostrare che Tacito qui scriveva come un polemista e non come uno storico.

Ponzio Pilato era il procuratore che governò la Giudea per dieci anni al tempo di Giovanni il Battezzatore. Nelle Antichità di Flavio Giuseppe è detto che era stato molto duro (18:32: repressione di una rivolta a Gerusalemme: 4:1, massacro di Samaritani), e le Antichità apparvero nel 93. Fu lui che divenne responsabile per la messa a morte del Figlio di Dio.

Marcione accettò con entusiasmo questa popolare idea pagana della morte di Cristo; la sua semplicità gli piaceva. Lo si guardava come un evento compiuto e non era ostacolato da un bagaglio di visioni, interpretazioni, gnosi e altro. Era eminentemente leggibile e, letto a voce alta nelle chiese, avrebbe suscitato una fede più fervida della profezia più esuberante. La manifestazione di Dio, estraneo al mondo, avrebbe potuto essere raccontata nella forma di un breve racconto di Gesù sulla terra, che si concludeva con la morte sulla croce, il sacrificio per la salvezza dell'umanità, che san Paolo considerava l'essenziale e perenne atto di Cristo.

Una volta che la Croce di Gesù era stata eretta sulla terra, una volta scoperto il nome di Ponzio Pilato, i dettagli della vita di Gesù si svilupparono presto. Ciascuna chiesa recava il suo frammento di buone notizie; qui tutti ricordavano una profezia, là una parabola, precedentemente ispirata dallo Spirito di Gesù, e ora ascritta a Gesù stesso. [30] L'opera di Gesù rimase ciò che era sempre stata — chiamare i peccatori, curare le anime, salvare i perduti, predicare la dottrina della croce e dell'amore. Per aprire la strada a questo nuovo passo era necessario dimostrare che i primi apostoli avevano mal compreso la loro rivelazione, che erano stati non intelligenti, carnali e codardi, che Gesù li aveva rimproverati e aveva dato loro la sua approvazione dell'insegnamento di Paolo.

Non era difficile riunire i dettagli della vita terrena di Gesù prima che incontrasse la sua morte sulla croce a partire dalle profezie della vita terrena che avrebbe seguito il suo avvento nella gloria. Per portare una luce ai popoli, per confortare cuori spezzati.... Il tema originale è invertito. Paolo lo cambiò interponendo la crocifissione prima dell'investitura. Ora sembrava naturale collocare la vita sulla terra prima della crocifissione.

In tutto il disordine dei libri mandei si conserva un passo curioso che sembra essere un'eco di Giovanni il Battezzatore che annuncia la venuta dell'Uomo Celeste ai tempi di Giovanni, il tempo di Ponzio Pilato. Questo personaggio celeste è chiamato Enosh-Uthra, l'angelo Enoc, perché in una delle visioni di Enoc, Enoc stesso, portato in cielo, diventa il Figlio dell'Uomo intronizzato al fianco di Dio. (Enoch 71; un'ultima visione che sembra aggiunta al libro delle parabole di Enoc).
Enosh-Uthra viene e si reca a Gerusalemme,
rivestito di un manto di nubi d'acqua.
Egli cammina in forma fisica,
tuttavia non è rivestito di alcun manto corporeo.
Non c'è nessuna ardente collera in lui.
Egli va e viene negli anni di Pilato, il re del mondo.

Enosh-Uthra viene nel mondo
con la potenza del supremo Re della Luce.
Egli guarisce i malati, fa vedere ai ciechi,
purifica i lebbrosi, sana gli storpi
che strisciano sulla terra, così che possano camminare,
fa parlare i sordi e i muti, e resuscita i morti.
[31]

Egli guadagna credenti tra gli ebrei,
e mostra loro:
C'è la Vita e c'è la Morte,
c'è Oscurità e c'è Luce,
c'è Errore e c'è Verità.
Converte gli ebrei al nome dell'alto Re della Luce.

Trecentosessanta profeti salirono da Gerusalemme.
Testimoniano il Nome del Signore della Grandezza.
Enosh-Uthra sale nelle altezze
E prende il suo posto al fianco di Mshunné-Kushat.
[32]
Secondo questa profezia l'uomo divino cominciava la sua manifestazione sulla terra con le sue opere benefiche prima di prendere il suo posto al fianco di Dio per compiere il suo terribile dovere del Giorno del Giudizio. La sua apparizione è fatta, non nelle nubi, come diceva Daniele, ma in un manto di nubi, apparentemente in forma fisica. I discepoli del Battezzatore, che erano numerosi ad Efeso, evidentemente credevano, sull'autorità di una dichiarazione come quella di cui sopra, che l'uomo divino, l'Angelo Enoc, l'angelo custode e consolatore dell'umanità, avesse fatto una visita nel corpo sulla terra negli anni di Ponzio Pilato, che erano anche gli anni del Battezzatore. I marcioniti replicarono che questa visita era quella di Gesù. Il Vangelo di Marcione (Luca) 7:21-22, fornisce un'enumerazione di opere simili a quelle del testo mandeo, inclusa l'aggiunta dei lebbrosi e dei morti. Non è probabile che il testo mandeo debba essere derivato dai marcioniti, poiché si trova in una linea di idee più antica che risale direttamente al Libro di Enoc. Gesù è perciò sostituito al posto del Consolatore Divino dei seguaci di Giovanni.

Marcione lasciò a Gesù il manto di nubi e il corpo apparente; in questo era fedele all'insegnamento di Paolo. Gesù, sebbene discese sulla terra, non aveva nulla in comune con la carne. Il suo corpo era fatto dello spirito, etereo, velato dalla rassomiglianza ad un corpo, come insegnava Paolo in 1 Corinzi 15:45-49, e in Filippesi 2:7.

Deve essere stato intorno al 128-129 che Marcione ebbe l'idea che Gesù aveva condotto una vita terrena. I marcioniti dichiararono che era trascorso un secolo tra Gesù e Marcione. [33] Ora i dieci anni di Ponzio Pilato offfrivano come data il 26 E.C., e Marcione scelse il 28-29 per la crocifissione. Egli completò il racconto della vita di Gesù sulla terra nel 132. Lo fece cominciare con quelle parole straordinarie: “Ora, nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Gesù, il Figlio di Dio, discese dal cielo...”.

NOTE

[1] Ippolito, Philosoph., 7:29: κυνικὸς βιος. Vide Harnack, Marcion, Das Evangelium vom fremden Gott; seconda edizione, Leipzig, 1924.


[2] Clemente di Alexandria, Strom., 7:17: ὡς πρεσβύτης.


[3] Tertulliano, De Præscr., 30; Adv. Marc., 5:1. ecc., Ναύτης (nauclerus), che non significa proprietario di nave, ma capitano (Moulton e Milligan: The Vocabulary of the Greek Testament, s.v.).

[4] Atti 19:12, una storia apparentemente inventata per autenticare i resti ancora esistenti al tempo dell'autore.


[5] La lettera riferita in Colossesi 4:16 era stata perduta.


[6] 1 Corinzi 14:33-35, che contraddice 1 Corinzi 11:5.


[7] 1 Corinzi 10:16-22, che contraddice 1 Corinzi 10:25-30.


[8] 1 Corinzi 11:23-32 aggiunto ad un passo sui pasti in comune.


[9] 1 Corinzi 13, interpolazione in un'istruzione di Paolo sulla profezia in confronto alla glossolalia.


[10] Giacomo 2:24: “Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede,” che si oppone a Romani 3:28: “L'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.” Giacomo 2:21: “Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere?” contro Romani 4:2: “Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere...”

[11] Vide J. A. Robinson, Barnabas, Hermas, and the Didache; Londra, 1920, pag. 7, 8, 23. L'interpretazione gnostica sui gemelli nel grembo di Rebecca è presunta nota ai lettori (Barnaba 13:3; Romani 9:6-13).


[12] La traduzione di Aquila è datata tra il 100 e il 120, nei tempi del rabbino Eliezer, Giosuè, ed Akiba.


[13] Marcion allegorias non vult in prophetis habuisse formas (Tertulliano, Adv. Marc., 5:18); Marcion, cui per allegoriam nihil placet intelligi (Origene, Sel. in Psalmos); Origene, Comm. in Matth., 15:3, dichiara che Marcione dice che la Scrittura non dev'essere allegorizzata (Harnack, pag. 260).


[14] The Gospel of Marcion, 6:36 (Harnack, pag. 194).


[15] Zenone, il fondatore dello stoicismo, collocò sopra ogni altra dimostrazione di sopportazione l'esempio di un asceta indiano che si lasciò ardere a fuoco lento (Clemente di Alessandria, Strom., 2:20).


[16] “Conoscete infatti la grazia (χάριν) del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Corinzi 8:9). 


[17] Marcion sanctissimus magister (Tertulliano, De Præscr., 30). Non tingitur apud illum caro, nisi virgo, ni vidua, caelebs, nisi divortio baptisima mercata... quomodo tu nuntias dirimis nec conjungens marem et feminum nec alibi conjunctos ad sacramentum baptismatis et eucharistiæ admittens nisi inter se conjuraverint adversus fructum nuptiarum (Tertulliano, Adv. Marc., 1:29; 4:34).

[18] Escarum usum. quasi inhonestum criminant (si veda Harnack, pag. 149) (Copias maris) quas sanctiorem cibum deputas... Hypocrita ut apocarteresi te marcionitam probes... (Tertulliano, Adv. Marc., 1:14).


[19] Quis catechumenus, quis fidelis incertum est; pariter adeunt, pariter audiunt, pariter orant, etiam ethnici, si supervenerint . . . Pacem quoque passim cum omnibus miscent (Tertulliano, De Præscr., 41).


[20] Alius hodie episcopus, cras alius (ibid.); hodie presbyter qui cras laicus (ibid.).


[21] Probet etiam. mihi mulierem apud se prophetasse (Tertulliano, Adv. Marc., 5:8); si veda 1 Corinzi  14:34 (interpolazione di Marcione): “Tacciano le vostre donne nelle chiese” “Sanctiores feminæ” (Tertulliano, Adv. Marc., 5:8). Quae audeant docere, contendere, exorcismos agere, curationes repromittere, frositan et tingere (Tertulliano, De Præscr., 41). Epifanio (Hær., 42:3, 4) conferma che nelle chiese marcionite le donne potevano battezzare.

[22] Exhibeat Marcion dei sui dona, aliquos prophetas ... edat aliquem visionem, aliquam orationem, dumtaxat spiritatem, in ecstasi (Tertulliano, De Præscr., 41).


[23] Harnack, pag. 150. Il primo autore delle lettere di Ignazio di Antiochia, in cui si manifesta un desiderio illimitato del martirio, era il vescovo marcionita di Siria. Vide H. Delafosse, Lettres d’Ignace d’Antioche; Parigi, Rieder, 1927.


[24] Giustino, 1 Apol., 65:2 e 5; 67:5, in cui il vino sembra essere un'aggiunta al testo originale. Si veda Harnack, Brot und Wasser, die eucharist. Elemente bei Justin (Texte und Untersuchungen, 7. 2 ; Leipzig, 1891).


[25] Didachè, 9-10., si veda A. Loisy, Les Origines de la Cène Eucharistique, Congrès d’ Histoire du Christianisme; Paris et Amsterdam, 1928.


[26] Hula e Szanto, Sitzungsb. d. Wien. Akad., 132, 2 (1895), pag. 18; citato da V. Chapot, La Province Romaine Proconsulaire d’Asie; Parigi, 1904, pag. 309. vol. 1.


[27] Chrestus e Chrestianos sembrano essere le letture originali dell'unico manoscritto Mediceus che uno scriba in seguito alterò a Christus e Christianos, cancellando le “e”. Si veda K. Linck, De antiquissimis veterum quæ ad Iesum Nazarenum spectant testimonis; Giessen, 1913, pag. 78. Per flagitia invisos è un'antitesi ironica con Chrestianos, da χρηστός, buono, coloro che si chiamano buoni.


[28] Annales, 15:44. Tacito immaginava qualche sorta di sediziosa superstizione che fu repressa sotto Tiberio e riapparve sotto Nerone.


[29] In un'iscrizione della chiesa marcionita di Lebaba in Siria, Gesù è chiamato ’Ιησου̑ς Χρηστος (Harnack, pag. 342). Nel vangelo secondo Marcione (Luca) 6:35, Dio è definito chrestos, “buono” verso i cattivi e i malvagi.


[30] Ireneo (Hær., 5:33, 7) racconta di un Papia e di come un passo grossolano che derivava da un profeta cristiano avrebbe potuto essere attribuito a Cristo stesso.


[31] Isaia 35:5, lebbrosi e morti aggiunti.


[32] Ginza, trad. M. Lidzbarski; Gottinga e Leipzig, 1925, pag. 29-30. Si veda R. Reitzenstein, Das Mandäische Buch des Herrn der Grösse und die Evangelienüberlieferung; Heidelberg, 1919.


[33] Esnik, Contre les Sectes (J. M. Schmid, Eznik von Kolb, 1900, pag. 176); Harnack, pag. 23, 375, 454. Il secolo dovrebbe terminare ad un punto importante nella vita di Marcione. 

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