mercoledì 28 febbraio 2018

Marcione (di Georges Ory)La sua vita



Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?


(Kent Murphy)


I fatti non penetrano nel mondo dove vivono le nostre fedi; non le hanno generate, non le distruggono; possono infligger loro continue smentite senza affievolirle, e una valanga di sventure o di malattie che si succedano in una famiglia ininterrottamente, non la farà dubitare della bontà del suo Dio o del talento del suo medico.
(Marcel Proust, Alla Ricerca del Tempo Perduto)


L'eretico Marcione, persuaso che avrebbe riportata una grande vittoria ove avesse potuto aggiungere quel santo vescovo alla sua setta, tentò di guadagnarlo. Gli si presentò un giorno innanzi, e gli disse arditamente: Cognoscis nos? Mi conosci tu? E sai chi sono? Sì rispose tostamente Policarpo, ti conosco assai bene, e so che tu sei Marcione primogenito di Satana.
(Storia Ecclesiastica ad uso della gioventù del sacerdote Giovanni Bosco, Torino, 1894, pag. 77)


Per molto tempo ho continuato soltanto a promettervi di esporre in un apposito blog il mio punto di vista su chi fabbricò per la prima volta il Gesù di carta, invenzione da tenere ben distinta dalla vera origine del Mito di Gesù. Finora non ne ho avuto semplicemente il tempo. Non da ultimo, perchè è impossibile sapere la verità, tra così tante ipotesi plausibili. Ma se Gesù mai visse sulla Terra nel passato recente — e questo è molto, molto probabile —, sicuramente qualcuno deve aver inventato prima o poi il suo allegorico avatar sulla Terra, nella consapevolezza di legare una leggenda ambientata sulla Terra ad una figura già del tutto mitologica, perfino se creduta reale dai primi cristiani, ivi compreso da quel qualcuno — soltanto, non su questa Terra, oppure non nel passato recente. Vi fu un antico L. Ron Hubbard o un antico Joseph Smith che si inventò il primo Gesù di carta? Se così, mi piacerebbe sapere chi ne era l'autore e cosa stava cercando di ricavare.
E so bene che a molti miei lettori a loro volta piacerebbe sapere la mia opinione in merito, e fortunatamente questo è un periodo appropriato dell mia vita per condividere con loro le mie conoscenze e le mie esperienze inerenti questo particolare punto di svolta nelle Origini cristiane. Bene, suppongo ora di essere pronto come non mai. Procediamo.

Chi fu Marcione

Secondo alcuni, egli non fu nè il primo nè sarà l'ultimo di coloro che sono in grado di ricevere quelle particolari vedute estatiche che la realtà svela soltanto a certi occhi. E per costoro non è possibile resistere a tale incanto, pur sapendo in realtà che è una malvagità segreta ad abbellire di meraviglie questo mondo, la stessa malvagità che alla fine porterà alla rovina tanto il mondo che le meraviglie in esso create.

Secondo altri, egli fu un falsario, e chi lo accusò di essere falsario non lo era a sua volta da meno. Anzi...

Probabilmente, entrambe queste opinioni sul conto di Marcione sono vere.

Ma alcuni miticisti, e perfino qualche accademico storicista —, ne aggiungono una terza.

Per capire — e apprezzare debitamente — questa terza interpretazione di Marcione, un'interpretazione che nè gli rende particolare omaggio (come farebbe qualunque passeggera moda gnosticheggiante di turno) nè lo maledice alla maniera di quel bastardo folle apologeta cattolico di Policarpo, è sufficiente un autentico fulmine a ciel sereno, capace di sconquassare le nostre concezioni preconcette precedenti e mostrarci quante fragili e infondate esse siano, al risveglio finale della coscienza, di nuovo e ancora di nuovo.  

Si tratta solo di confrontare tra loro due opinioni di due miticisti di due epoche diverse che probabilmente non si sono affatto conosciuti, e di cui solo io scorgo da qualche tempo, con occhi avidi e famelici (lo confesso!), la loro coincidenziale convergenza di vedute, e di sospetti. Perchè, come realizzerà il lettore, ci poniamo qui nel campo di un'autentica “ermeneutica del sospetto”, e non in quella malsanamente apologetica altrimenti nota come “ermeneutica della carità”. Detto altrimenti, la posizione di default è che gli autori di testi sacri mentono tutto il tempo. Sempre. Quando sono sinceri, anzi, soprattutto quando sono sinceri, per il peccato di hybris che immancabilmente reca seco la fede. Questo fatto impone il sospetto. E l'intima consapevolezza che ogni apologeta, per suo dovere professionale, deve sempre nascondere in tutto o in parte l'evidenza. Ma questo è ancora diverso dal fare un ulteriore, radicale passo, ovvero postulare addirittura la teoria della Nobile Menzogna alle origini dello stesso Mito di Cristo. Non che non sia possibile, ma per esporre quella teoria, ci sarà tempo e spazio in un altro post.

Nella mia completa stroncatura del degenerato gnosticismo letteralista di un folle apologeta cristiano, avevo già fatto cenno a quelle mirabili parole del prof. Robert M. Price:     
 Dove voleva arrivare? Il Segreto Messianico, ecco a cosa. Se, come amano insistere gli apologeti evangelici, Gesù era stato ad “affermare” la sua identità di Messia, come può essere che nessuno dei suoi fans pensa che quello è quel che egli è? Chiaramente, il Gesù di Marco è stato a lasciarla alla immaginazione della folla.  Loro sono liberi di trarre le loro proprie conclusioni. Che è la ragione per cui ad una fazione capita di pensare che Gesù sia il risorto Giovanni il Battista, un'altra crede di star seguendo il ritornato Elia, mentre una terza pensa di star udendo, per dire, Geremia [Io mi domando, se tu fossi stato capace di fare un sondaggio, avremmo ascoltato gridare “Io sono di Giovanni!” “Io sono di Elia!” “Io sono di Geremia!” Cosa, è Cristo diviso? ] oppure Isaia, magari Ezechiele. [Sto ipotizzando che nessuno pensò che egli fosse Abdia oppure Abacuc.]  Gesù non sembra neppure attendersi qualche stima particolare dai suoi fans. Quando nessuno dei discepoli concorda con la folla circa Gesù, e Pietro si avventura a dire, “Tu sei il Cristo”, Gesù gli dice di tenerlo sotto il suo turbante. Non è neppure chiaro se Gesù accetta la dichiarazione di Pietro, a differenza della versione di Matteo. Io direi che questo è quel che tu chiameresti il Segreto Messianico.  
Su una cosa Gesù è chiaro: egli sta per essere arrestato, tormentato, crocifisso, e risorto. Si presume che questo sia un chiarimento della messianicità di Gesù? Oppure una sua negazione? 6-6-6 di uno, mezza dozzina dell'altro. Fino a quante volte hai sentito dire piamente che Gesù pensò davvero di sé stesso come il Messia ma lo ridefinì completamente. Uh, intendi dire, in altre parole che egli non pensò veramente di essere il Messia? Perché ciò è come dire, “Sì, io sono un socialista, ma naturalmente io intendo ciò nel senso che io credo al libero mercato e alla proprietà privata dei mezzi di produzione. Non siete voi con me, compagni?” Perché se tu definisci il “Messia” come un salvatore che si arrende alla morte su una croce romana, risorge di nuovo, e viene intronizzato in maniera invisibile in cielo — tu non stai parlando più circa il Messia ebreo. A meno che tu non sia il Gatto del Cheshire.  
(Robert M. Price, Holy Fable — Volume II The Gospels and Acts Undistorted by Faith, pag. 61-62, mia libera traduzione, corsivo originale, grassetto mio)

Ad onor del vero qui il prof Price è indebitato, come lo riconosce lui stesso, al grande William Wrede. Questo lo induce a mitigare questa sua radicale interpretazione di cui sopra assicurando che Gesù stesso ruppe il Segreto Messianico in Marco 9:9, “quando fu solo allora che egli diventò il Messia” (pag. 19, mia traduzione, corsivo originale).

Ed ecco di seguito cosa aveva scritto in particolare, quasi un secolo scorso, il miticista francese Georges Ory:

L'Evangelion è il solo contro i tre sinottici ad insegnarci che tutti chiamavano Gesù “Cristo”, ma il suo goffo correttore ha lasciato la frase “alcuni dicono .. Giovanni altri poi Elia, e altri uno dei profeti” che è impossibile se tutti chiamavano “Cristo” Gesù.
(tratto da una monografia di Georges Ory, Marcion)


Entrambe queste citazioni (di Price e di Ory) vogliono essere un commentario dell'enigmatico quanto suggestivo passo di Marco:
 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.  (Marco 8:27-30)


Ma laddove il prof Price tenta ancora di armonizzare sotto la penna di un medesimo scrittore anche il parere piuttosto discordante della “gente” sull'identità di Gesù, Georges Ory propone una lettura ancor più radicale, dato che ipotizza a chiare lettere che questa fu più o meno la versione originaria di quel passo in un ipotetico proto-Marco ricostruito:
  ...e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.  
Il popolo, gli outsiders, non hanno mai ragione in proto-Marco e perfino in Marco. Qualsiasi cosa credano i non-iniziati, l'esatto contrario è vero: 'vox populi' è tutto fuorché 'vox dei' nel vangelo di Marco. Ma se è vero che la risposta della gente al quesito “chi è Gesù?” corrisponde alla risposta di Pietro (ovvero: “tu sei il Messia”), allora l'unico risultato logico dev'essere altrettanto vero: la gente, al pari dello scemo Pietro, ha semplicemente torto marcio nel credere che Gesù sia il Cristo. E il repentino invito di Gesù al silenzio su quella materia corrisponde forse, come ben nota il prof Price, ad una malcelata “eretica” negazione di quella pretesa messianica. Il bastardo falsario proto-cattolico, a detta di Georges Ory, avrebbe fiutato il punto, e avrebbe attribuito alla folla un'opinione che, per quanto falsa, sicuramente non coincide con quella di Pietro, rendendo ipso facto vera quest'ultima, per la sola ragione che egli non la pensa come la gran massa dei non-iniziati. Ricorda quanto ho detto sopra: 'vox populi' non è mai 'vox dei' in Marco, un fatto riconosciuto banalmente pure dai folli apologeti cattolici che leggono Marco coi paraocchi della fede. Il piccolo inconveniente per l'interpolatore è che la folla, proprio quella che voleva Gesù crocifisso, a detta dello stesso Pilato della storiella (di certo raffigurato come un osservatore oggettivo della faccenda), chiamava “Cristo” Gesù:   

Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!».
(Marco 15:12-13)


Unisci a questo il punto che ho segnalato al prof Markus Vinzent, ossia che il cieco di Betsaida vide “uomini come alberi che camminano” per la ragione che quelli stessi alberi ardevano dalla brama materiale di un monarca, un “re dei giudei”, per Giudici 9:7-21, e così un caso potrebbe essere fatto che in proto-Marco, Gesù non era veramente il Cristo degli ebrei, il Figlio di YHWH, a dispetto dell'opinione della folla. La quale folla avrebbe messo a morte Gesù mossa dalla rabbia scatenata da un  “Cristo” che non si comportava affatto come tale, ma agiva piuttosto come un autentico “anti-Cristo”, frustrando ad ogni occasione il recondito desiderio della folla di un vero Messia ebraico. E da qui al tono delle Antitesi di Marcione il passo è breve.  

Se solo uno dei due studiosi che ho citato avesse ragione anche solo per la metà di quel che dice, è comunque sufficiente, a mio avviso, per far collassare e scardinare l'intera “certezza” di base della tendenziosa e schifosa “Traditio” proto-cattolica, per come ci è stata propinata passivamente fino ad oggi: che l'autore del Più Antico Vangelo Scritto fosse un pio devoto al dio degli ebrei.

Certo: tutto è possibile, ma con un vangelo così enigmatico come proto-Marco io non vorrei scommettere neppure un cent, figuriamoci la mia casa, nell'insinuare di poter sapere quali fossero le sue reali e più recondite intenzioni. Che è la ragione perchè, se un qualunque vangelo fosse stato la nostra più antica testimonianza circa Gesù, e non piuttosto le lettere autentiche di Paolo e l'Epistola agli Ebrei, io mi sarei limitato ad un modesto agnosticismo sulla questione della storicità di Gesù (dato che solo i folli apologeti cristiani sono capaci di distinguere “fatti” dalla fiction da quelle ridicole storielle, grazie ai loro magici superpoteri spacciati per “profondo metodo scientifico”). Con ciò non voglio legare la verità del miticismo alla verità della mia interpretazione — solo una fra le tante, ça va sans dire — del Più Antico Vangelo. Ma per fortuna abbiamo le lettere autentiche di Paolo e l'Epistola agli Ebrei, per citare solo le due fonti principali anteriori al Più Antico Vangelo, le uniche capaci di gettare la vera luce sulle Origini.

Noi non sappiamo, e neppure Georges Ory lo sapeva veramente (a dispetto della sua convinta asserzione del contrario), se l'autore del Più Antico Vangelo odiasse oppure venerasse il dio degli ebrei. Se lo ritenesse il vero padre di Gesù oppure un goffo demiurgo. Se credesse Gesù il Messia ebraico predetto dai Profeti e dalle Scritture oppure lo adorasse come il Messia di un Dio Straniero. Se avesse inserito veramente il battesimo di Gesù nel Giordano oppure se quell'episodio fosse un'altra bastarda interpolazione proto-cattolica del vangelo originario, intesa a far nascere spiritualmente Gesù con tanto di una colomba (entità femminile, e nel Vangelo degli Ebrei lo Spirito Santo è chiamato “madre”) sul suo capo e tanto di sottomissione alla Legge rappresentata puntualmente dal suo Profeta di turno (Giovanni il Battista), lungo le linee inequivocabili di un midrash basato su “...nato da donna, nato sotto la Legge...” di Galati 4:4, ritenuto nientemeno che da Bart Errorman (!) una possibile interpolazione anti-marcionita.

Noi non sappiamo
, per quanto ci rovelliamo sulla questione, sentendo le pagine del Più Antico Vangelo vibrare debolmente del riverbero di una voce — quella del suo autore, non certo del suo Gesù di carta — che grida a noi da un altro universo.

Noi non sappiamo, e nonostante questa nostra ignoranza fattuale riguardo a tutto ciò che si possa implicare pro o contro la bastarda Traditio cattolica dai soli vangeli — e dal Più Antico di essi, sui quali è oramai sicuro che tutti gli altri si basarono —, il “miracolo” avviene che possiamo ad ogni caso sapere sulle reali Origini della marginale superstitio cristiana, ancora una volta solamente grazie a Paolo e all'Epistola agli Ebrei: il vero campo di battaglia tra miticisti e storicisti. 
 
Ma qualcosa possiamo ancora sapere, e concludere, perfino sui vangeli, grazie a quella formidabile interpretazione di Georges Ory, capace da sola di mettere a tacere perfino la più remota possibilità di sapere chi fosse l'autore del Più Antico Vangelo, se un amico o un nemico di YHWH.

Egli è semplicemente inconoscibile, inviolato dalle figure ubriache e chiassose che l'hanno succeduto nella corruzione e manipolazione (in senso sempre più volgarmente storicista) del suo più antico Gesù di carta: intoccabile.

E intanto continuamo a sognare il giorno in cui sapremo la verità sul suo conto, pur sapendo che non arriverà mai, che è perduta per sempre, se mai sia stata contemplata una verità per il suo ruolo nella Storia, e non più semplicemente una maschera per l'ennesima menzogna, quando anche i folli apologeti desisteranno per l'ultima volta nel tentativo dissolvendosi a loro volta nel desolato biancore di un dubbio senza fine.

E subito mi ritraggo me medesimo dalla grottesca pretesa di conoscerlo, quest'anonimo autore del Più Antico Vangelo, perchè mi rendo conto di quello che sta succedendo e non ho voluto fino in fondo che sia vero, anche se la semplice possibilità che egli sia lui è sufficiente ad abbassare a loro volta ogni diversa certezza in merito, al livello di altrettante possibilità: tutte vere e tutte false contemporaneamente.

Perciò mi limiterò ad usare il condizionale.

Marcione, o un suo precursore nemico del dio degli ebrei, avrebbe potuto scrivere il Più Antico Vangelo.

Un nemico del dio degli ebrei avrebbe potuto essere l'autore di proto-Marco.

Uno gnostico avrebbe potuto evemerizzare sulla terra il Gesù mitologico dei primi cristiani.

È questa concreta possibilità che da ora riempie le mie speculazioni intorno alla natura del Più Antico Vangelo. Ho visto la tua ombra, o Marcione (o chiunque altro ti abbia partorito come suo seguace più o meno fedele o infedele), attraverso l'enigma, il mistero e il segreto che ingombrano di nuovo e di nuovo ogni passo del Più Antico Vangelo. E non saprò mai se la tua ombra fu quella del suo autore, o del suo nemico, o se tu sia solo un parto mostruoso della mia immaginazione.

Così, “Mi conosci tu? E sai chi sono?” Sì, almeno Policarpo sapeva chi egli era, e Policarpo sapeva che egli era cattivo per la nascente chiesa proto-cattolica. Almeno quello so.

Di seguito la mia traduzione della monografia di Georges Ory, intitolata guardacaso “Marcione”.

MARCIONE


di Georges Ory



La sua vita:

Non abbiamo nessuna testimonianza diretta oppure disinteressata su Marcione; ne sappiamo solo in maniera davvero imperfetta dagli attacchi dei suoi avversari cattolici che distrussero i suoi libri. È noto a quale tempo risalga la sua attività ma le date che segnano le fasi sono a volte imprecise. 
Marcione fu senza dubbio di origine pagana; si potrebbe supporre che egli nacque intorno all'anno 100 nell'Ellesponto — a Sinope, un porto del Mar Nero — da un padre che fu o doveva diventare un vescovo “cristiano”, poichè Marcione era già adulto quando suo padre si convertì ad un certo cristianesimo.
Tertulliano sottolinea, in realtà, che Marcione fosse uno Stoico e parla della “sua scoperta di Dio”, che suggerisce la conversione di un adulto. Nulla ci impedisce dal fissare l'attività di Marcione a partire dal 120. Tertulliano (Contra Marcionem 1:19) dichiara che i marcioniti collocarono un intervallo di 115 anni e mezzo tra Cristo e Marcione, ma l'indicazione è approssimativa. 
Marcione fu un ricco proprietario di navi e doveva fare numerosi viaggi prima di recarsi a Roma intorno all'anno 138. Forse fu preceduto (come dice san Girolamo) da Marcellina, una delle sue discepole. Egli fu considerato un cristiano dal momento che egli venne ammesso nella comunità cristiana di Roma; egli incontrò Cerdone che vi si era recato qualche anno prima di lui (nel 135 circa).
La sua rottura con questa comunità avvenne intorno al 144, ma egli non lasciò Roma. Egli vi si trattenne ancora in qualità di maestro, impartendo le sue dottrine, durante l'episcopato di Aniceto (154-166); Girolamo lo descrisse come “ardens ingenii et doctissimus”. Forse fu a Roma che morì, poichè non possediamo nessuna prova che avesse lasciato la città.

Harnack immagina che Marcione, dopo aver lasciato il Ponto, insegnò in Asia Minore; questa ipotesi, che non è per nulla improbabile se si tratta di un periodo limitato, è confermata indirettamente da Policarpo di Smirne all'incirca nel 155 (Epistola ai Filippesi), quando egli tratta Marcione come il “primogenito di Satana” e lo accusa di respingere la testimonianza della croce, la resurrezione, il giudizio.
 Si suppone comunemente che Marcione fu espulso dalla Chiesa di Roma, e fondò una Chiesa dissidente, che equivale a dire, egli fu uno dei primi eretici. La verità senza dubbio meriterebbe di essere più sfumata. Che ci fosse una rottura, è probabile, ma questa rottura potrebbe essere accaduta sotto condizioni diverse da quelle che vi vengono dette. L'ortodossia cattolica ancora non esisteva, ed è impossibile affermare che l'ortodossia marcionita fosse eretica. Gruppi rivali esistevano a Roma e altrove;  essi dovevano tollerarsi più o meno mentre i grandi polemisti davano voce di tempo in tempo. Questa situazione confusa perdurò per almeno tre secoli. 
Non è escluso, d'altra parte, che Marcione, quando egli giunse a Roma, fosse già il capo di un certo numero di comunità cristiane, specialmente chiese fondate o stabilite da Paolo in Asia Minore o in Grecia. Altre comunità potevano essere state create da suo padre o dagli apostoli paolini che lo convertirono. Marcione — egli stesso un grande viaggiatore — era stato in grado di edificarle in certi ambienti durante i suoi viaggi. Egli portò presumibilmente il titolo di vescovo e costituì vescovi, presbiteri e diaconi; dopo la sua morte ci fu una successione di vescovi marcioniti. 
Egli morì forse tra il 161 e il 168; non ascoltiamo più di lui nel regno di Marco Aurelio.

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