giovedì 31 agosto 2017

Cristo: Mito o Realtà ? (XXI)

(continua da qui)
“Sovra-storia” Invece che Storia
Nel 1959 il teologo tedesco protestante Hans Conzelmann fece questa dichiarazione piuttosto degna di nota: “La Chiesa vive solo perchè i risultati della ricerca sulla vita di Gesù sono poco conosciuti al suo interno”.

Quattro anni dopo Otto Kuster, citando quelle parole, offrì questo pensiero consolatorio sia al suo collega che a sé stesso: “Sembra che questo [cioè la diffusione di informazioni scientifiche sulla vita di Gesù — I.K.] arriverà gradualmente”. [23]

In altre parole, la Chiesa ha ancora tempo, per il secolo presente in ogni caso, per ricorrere a varie tattiche e manovre difensive. Solo pochi anni dopo, tuttavia, la rivista Der Spiegel notò che tali speranze si infransero. Sia nella Chiesa che nella “comunità” era in corso un acceso dibattito. In questo dibattito due fattori furono all'opera. Da una parte, c'erano i risultati della ricerca sulla vita di Gesù che tendeva a scoraggiare dalla fede. D'altra parte, c'era un desiderio di mantenere in qualunque modo il fondamento della fede cristiana. Poiché i primi non possono essere scartati su due piedi, il cristianesimo si ritrovò in una posizione difficile. Per inciso, non solo il cristianesimo ma tutte le religioni sono nella stessa situazione.

Abbiamo già discusso l'arsenale utilizzato dal campo conservatore e tradizionale. La sua posizione è così debole che sempre più teologi lo stanno abbandonando. Questi ultimi, tuttavia, non rinunciano
completamente al dogma della loro religione, in particolare, al suo punto principale — l'immagine di Gesù Cristo. Vogliono solo rendere questa immagine un pò più plausibile sia per sé stessi che per quella parte della “comunità” che non è più soddisfatta dalle solite spiegazioni tradizionali  e sta cercando alcune nuove soluzioni più intelligenti. A parte gli ecclesiastici più conservatori, questo è ciò su cui molti teologi stanno ora lavorando. Il problema è che, come in tutte le situazioni di crisi, la ricerca di nuove soluzioni procede in molte direzioni diverse. Di conseguenza, nella moderna letteratura cristologica si è creata un'impressione di caos e disordine.

I seguaci di Schweitzer insistono sull'interpretazione dell'immagine di Cristo rigorosamente sul piano dell'escatologia, una dottrina sul destino finale del mondo. Secondo loro la biografia di Gesù non è davvero importante, soprattutto perché non può essere ricostruita. Il solo fatto importante è che in qualche momento della storia del mondo antico vi apparve un uomo oppure un uomo-e-Dio che si dichiarò il Messia e annunciò l'imminente fine del mondo. Divenne noto nella Storia come Gesù Cristo. Il suo insegnamento ancora oggi instilla in noi speranze di un futuro felice, che verrà dopo che la grande promessa escatologica è stata realizzata. C'è un'intera tendenza nella teologia protestante che è orientata verso questa prospettiva. Le sue opinioni sono esposte nei libri di Jurgen Moltmann che parla di una “teologia di speranza”. Basandosi su Schweitzer, Moltmann offre un'intrepretazione escatologica dell'immagine di Gesù e dipinge un quadro felice, ottimista della venuta della fine del mondo proclamata da Gesù.

L'immagine dell'uomo Gesù si può stabilire solo con l'aiuto della ricerca storica. Ma i risultati di questa ricerca risultano disastrosi per la ricerca di quest'immagine. Quello che abbiamo, dunque, è una sorta di circolo vizioso: Il mistico Cristo il Dio è inaccettabile per la nostra epoca scientifica e secolare, mentre la ricerca prolungata dell'uomo Gesù  nella remota antichità è terminata in un fallimento. Per trovare una via d'uscita dalla situazione, i teologi più “sofisticati” e filosoficamente orientati ricorrono a rimescolare gli stessi concetti di verità storica e di reali fatti storici, l'essenza e i compiti della scienza storica. 

Una maniera di far passare il mito per realtà e la falsità per verità è cancellare il confine tra fatto e fantasia, realtà e allucinazione, storia e mitologia. Nella moderna filosofia borghese, il positivismo del 19-esimo secolo che cercò di stabilire solo ciò che veramente accadde nella Storia è rifiutato come “rozzo” e tenuto in disprezzo. Il principio della storiografia positivista —  descrivere ciò che avvenne effettivamente  — formulato da Leopold van Ranke è deriso e respinto. Secondo coloro che sostengono la soggettiva storiografia idealista, non c'è bisogno di considerare i “fatti nudi”, ma si dovrebbe cercare qualcosa di più essenziale. Per i teologi, quel qualcosa di “più essenziale” giace al servizio degli interessi della loro fede. Qui essi sono pronti anche ad appoggiarsi agli autori i cui punti di vista hanno poco a che fare con la fede ma creano certe possibilità di manovra apologetica.

Si scopre che ci sono due tipi diversi di Storia. Nella teologia tedesca moderna vengono dati diversi nomi: die Weltgeschichte, o  Storia secolare, mondiale; e die Heiligengeschichte, o storia divina, salvifica, sacra. Per la teologia entrambi sono apparentemente importanti, poichè entrambi meritano di essere considerati Storia in quanto distinti da fenomeni che occorrono in natura.

Che occorrono ... beh, la cosa più importante è realizzare cosa è successo e cosa non è successo; in termini di Storia, ciò significa accertarsi su ciò che è accaduto o meno in un certo tempo. Ma se si devono mescolare le due cose, si devono costruire concetti che potrebbero creare la possibilità di tale mescolanza. E non è difficile pensare ai nomi per loro. La flessibilità della lingua tedesca, la possibilità di utilizzare in questa lingua non solo le radici delle parole tedesche, ma anche quelle di parole latine e persino greche, possono impartire una nebulosità al discorso e fornirgli un'aura di pseudoscienza e di misticismo che si adatta al soggetto della religione. Rudolf Bultmann ricorre in questo caso ai termini duali di die Geschichte e die Historie, usando il primo per designare la Storia mondiale, secolare, e il secondo, per indicare la “storia sacra”, ovvero la storia di un piano più alto e più profondo.

In realtà questa non è Storia, ma una sorta di sovra-storia. Da questo punto di vista non c'è veramente niente da discutere e nessuna ragione per cui qualcosa si debba discutere. E quindi non è chiaro perché Bultmann dovrebbe considerare necessario dedicare centinaia di pagine all'analisi di documenti in termini del loro valore storico, e  studiare e confrontare diversi punti di vista. Dopo tutto, Gesù è sopra ogni cosa — documenti, fatti, storia, ragione, senso...

Con una simile soluzione del problema, il discorso teologico inevitabilmente perde il suo alone pseudo-scientifico. Ma non si deve permettere che questo accada. Per preservare quest'alone si fa riferimento a Kant, a Kierkegaard e ad altri filosofi esistenzialisti. 

Al di là del mondo dei fatti nudi e crudi, che sono ricordati nella die Geschichte,  c'è un altro mondo che non può essere appreso o essere il soggetto di indagine scientifica. Se la Storia, come la natura, non può essere riconosciuta, noi non siamo in grado di stabilire la realtà o l'irrealtà di alcun evento che sia il soggetto di antichi racconti. È impossibile anche rivelare il significato oggettivo di quelli eventi. Dal momento che questo è così, che cosa ci dicono di Cristo la fede  e la tradizione cristiana è tutto ciò che abbiamo bisogno di conoscere su di lui. 

Questa conclusione è sviluppata più pienamente nelle opere di Bultmann. Filosoficamente si basa sulla teoria dell'esistenzialismo.
 
Secondo questa teoria, l'elemento elementare dell'analisi non è l'essenza oggettiva delle cose, che è qualcosa di misterioso, ma solo l'esistenza o, più precisamente, l'esperienza dell'uomo della sua esistenza. Ciò significa che ciò che è importante non è una realtà oggettiva, in questo caso una realtà storica, ma solo la percezione e l'esperienza dell'uomo di questa “realtà”. I soggetti religiosi dovrebbero essere affrontati allo stesso modo. Non c'è nessun bisogno di interpretarli obiettivamente. Nel cristianesimo solo la fede è importante, che non è oggettivata nei miti.

Bultmann non è contrario a riconoscere la storicità di Cristo. Infatti, egli pensa che non ci sia ragione alcuna per dubitarla e ogni argomento che mette in discussione l'esistenza storica di Cristo non merita neppure una confutazione. Bultmann è altrettanto sicuro del fatto che Gesù fondò il movimento che diede origine alla comunità cristiana in Palestina. Quanto alla misura in cui questa comunità poté successivamente preservare l'immagine di Cristo e del suo insegnamento originale, questa è una questione totalmente diversa. Ma Bultmann non vi è particolarmente interessato. Quello che gli interessa non è Gesù come personaggio storico, ma la fede in lui che emerse nella comunità cristiana. Per Bultmann ciò che è veramente storico non è la mitologia legata al nome di Gesù o anche agli eventi naturali descritti nella biografia evangelica di Cristo, ma solo il kerygma o la proclamazione apostolica del vangelo cristiano. Ad esempio, questo è come interpreta la Pasqua: “La Pasqua, visto che può essere chiamata un evento storico, non è altro che la nascita della fede nel risorto .... Solo la nascita della fede nella Pasqua tra i primi discepoli può essere considerata un evento storico”. [24]
  
Anche se Bultmann riconosce la storicità di Cristo, in realtà evita di dare una risposta diretta alla questione della personalità di Cristo. Di importanza centrale per Bultmann non è la personalità di Cristo, ma solo il suo riflesso nella fede cristiana. Pur considerando possibile che il materiale originale, che formò la base per la futura fabbricazione del mito, successivamente subì cambiamenti radicali attraverso la fantasia religiosa dei fedeli, Bultmann non riesce a dire nulla di definitivo intorno alla natura di quel materiale. 

L'opera di questo apostolo di demittizzazione ha attratto la più ampia attenzione. Bultmann ha molti seguaci non solo tra i protestanti ma anche tra i cattolici. La sua concezione è diventata parte di quella tendenza teologica che sposta l'enfasi principale della fede religiosa ai sentimenti e all'esperienza del singolo fedele. Drews caratterizzò questa tendenza applicata al problema della cristologia come segue: “La teologia della vita di Gesù venne ad essere sostituita dalla cosiddetta teologia esperienziale, la quale mantiene che, dal momento che l'esistenza storica di Gesù non può essere dimostrata con la ragione, la sua autenticità può essere percepita intuitivamente, attraverso un'esperienza interiore”. [25]

Le opinioni di Bultmann non si adattano perfettamente nella cornice di una “teologia esperienziale”, ma vi sono vicine. Entrambe tentano di allontanarsi dai fatti storici e di trasferire la discussione dell'intera questione nel regno del kerygma e della sua percezione da parte della comunità nel suo complesso e soprattutto del credente individuale.
 
Questa tendenza è ovviamente in contrasto con le principali questioni dogmatiche del cristianesimo. Se fosse possibile provare l'esistenza storica di Cristo e delineare la sua immagine sulla base di documenti e materiali storici affidabili, è dubbio che la “teologia esperienziale” avrebbe avuto molti seguaci, ma nella situazione attuale sta attraendo sempre più teologi e laici interessati a materie teologiche. 

 NOTE

[23] Der Spiegel, 1966, Numero 14, pag. 92.

[24] Ibid., Numero 16, pag. 84.

[25] A. Drews, op. cit., pag. 219.

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