martedì 29 agosto 2017

Cristo: Mito o Realtà ? (XIX)

(continua da qui)
III. CRISTOLOGIA NELLA MODERNA LETTERATURA TEOLOGICA E STORICA
“Il Collasso di un'Immagine”
La maggior parte degli autori moderni che scrivono sul tema ammetteranno, più facilmente di altri, che tutti i tentativi di ricostruire un'immagine storica di Cristo sono falliti. È diventato abbastanza solito per i teologi, la cui devozione è fuor di dubbio, parlare del collasso dell'immagine di Cristo.

Albert Schweitzer, meglio conosciuto come umanista e figura pubblica che come teologo, anche se molto rispettato nel campo della teologia, riassume i tentativi di costruire un'immagine e una biografia di Cristo come segue: “Non c'è niente di più negativo dei risultati della ricerca nella vita di Gesù”. [1] Come indicato nel capitolo precedente, la posizione di Schweitzer sulla storicità di Gesù è alquanto sconcertante. Ancora, è Schweitzer che fa questa dichiarazione piuttosto categorica:

“Il Gesù di Nazaret che apparve come il Messia, predicò la morale del Regno di Dio, stabilì un regno celeste sulla terra e morì per santificare i suoi atti — questo Gesù non è mai esistito. È un'immagine scartata dal razionalismo, resuscitata dal liberalismo e alterata dalla teologia moderna per mezzo di studi storici”.
 
Schweitzer arriva fino a dire che “il fondamento storico del cristianesimo non esiste più”. [2] Vero, egli chiarisce che non sta dicendo che il cristianesimo in generale sia senza alcuna base storica, solo che questo fondamento non deve essere cercato nell'immagine di Gesù Cristo.

Cosa ha causato il collasso di questa immagine? La cattiveria dei nemici e critici del cristianesimo? No, dice Schweitzer, “... quest'immagine non è distrutta dall'esterno, ma si è frantumata da sola, scossa e divisa da fattuali problemi storici che sono sopraggiunti ... a dispetto di tutti gli espedienti, l'arte, l'artificio e l'interpretazione forzata a cui si è ricorsi negli ultimi cento e trenta anni”. [3]

Schweitzer scrisse questo nella prima parte del 1900, e così il periodo di 130 anni a cui si riferisce risale alla seconda metà del 18-esimo secolo. In quegli anni la letteratura e il pensiero sociale erano dominati davvero
tanto dai filosofi francesi, razionalisti tedeschi e deisti inglesi, le cui opinioni furono fortemente contrastate dalla Chiesa e dai teologi. Oggi la situazione è diversa: perfino i difensori più ardenti del dogma cristiano devono ammettere che è futile cercare di costruire storicamente un'immagine autentica di Cristo.

Il fatto è che le principali fonti materiali su cui una tale immagine può essere costruita, vale a dire i vangeli, sono inaffidabili. Il teologo protestante Ernst Barnikol ha fatto uno studio dei passi dai vangeli che la maggior parte degli studiosi considerano non autentici e aggiunte successive. Trova ventisei passi nel vangelo di Giovanni e conclude che “quasi l'intera parte non sinottica” di questo vangelo è  “non storica”. Ma anche nei vangeli sinottici Barnikol conta quaranta passi “non storici”. [4] La rivista Der Spiegel ha fornito una selezione dei detti ed aforismi di Gesù trovati nei vangeli che la maggior parte dei teologi luterani considerano non autentici. Ve ne sono almeno quindici di loro, e comprendono alcuni che sono di fondamentale importanza:
Non date le cose sante ai cani ...(Matteo 7:6), “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro ...(Matteo 7:12), Poiché chiunque s'innalza sarà abbassato ... (Luca 14:11), e perfino il passo sulla cui base la Chiesa cattolica ripone la pretesa alla supremazia nel mondo cristiano: “tu sei Pietro, e su questa roccia costruirò la mia chiesa...” (Matteo 17:18).

Anche le testimonianze evangeliche di alcune fasi della vita di Gesù, soprattutto la storia della sua morte, sono respinte come non autentiche. Ad esempio, secondo il teologo cattolico Carl Schelke, “la storia circa gli ultimi giorni di Gesù è una traccia che non può essere risolta mediante un'interpretazione storica e teologica, un fatto che non è disputato nemmeno dai teologi conservatori”. [5]

Quindi, è alquanto divertente leggere in opere teologiche riferimenti a recenti “scoperte” che confrontano la teologia con nuovi problemi
complessi. Per esempio, Hans Conzelman ha stabilito che “ciò che i vangeli ci dicono sul processo di Gesù non è autentico”. Hans-Werner Bartsch conclude che la descrizione dell'interrogatorio di Gesù è una “potentissima scena romanzata”, in breve, eccellente fiction. Joseph Geiselmann trova che il processo di Gesù è un completo enigma. Martin Dibelius e Hans Freiherr hanno “stabilito la natura leggendaria dell'immacolata concezione”. [6] Quello che qui viene presentato come un conseguimento del pensiero teologico è stato infatti discusso in grande dettaglio e su una profonda base scientifica da David Strauss e Bruno Bauer e completamente studiato e analizzato da studiosi della scuola mitologica — D. Robertson, A. Kalthoff, A. Drews, A. Niemoyewski e altri - alla fine del 19-esimo e all'inizio del 20-esimo secolo.

È difficile credere che prominenti teologi cristiani oggi possano essere ignoranti della grande quantità di ricerca storica che è stata fatta sul Nuovo Testamento e sui suoi risultati. Apparentemente essi preferiscono apparire come pioneri le cui scoperte richiedono una rivalutazione di valori. Per il resto, sembrerebbe che i teologi cristiani abbiano nascosto finora ai fedeli risultati importanti di indagini scientifiche. Alla fine, tuttavia, si devono riconoscere fatti che sono altamente spiacevoli e, dal punto di vista della Chiesa, “tentatori”. 


È possibile trovare molte dichiarazioni di teologi secondo cui noi non conosciamo di fatto nulla circa Gesù. Gli autori di tali dichiarazioni assumono solitamente la posizione che il fondatore del cristianesimo fosse un personaggio reale, ma che non si possa dire nulla di definitivo circa lui. Nel 1910, al Congresso Mondiale del Cristianesimo Libero e del Progresso Religioso, Wilhelm Bousset, pur sostenendo che Cristo avesse un'esistenza storica e che la teoria mitologica fosse “utopica e smentita da fatti scientifici”, disse: 


“Ciò che conosciamo sulla sua vita in sequenza logica è così poco che si può scrivere su un solo foglio di carta. I discorsi di Gesù e i vangeli sono talvolta un groviglio di tradizione della comunità e forse delle parole autentiche del maestro”. [7]

Opinioni simili sul soggetto furono tenute dal ricercatore tedesco e biblista W. Brandt che, come Bousset, sostenne la storicità di Cristo. Commentando le opinioni di Brandt, Arthur Drews scrisse: 


“Non esiste alcuna informazione affidabile sulla vita di Gesù, oltre al fatto della sua morte e della sua resurrezione”. Brandt mostra che il racconto delle sofferenze di Gesù è costituito da elementi copiati dall'Antico Testamento e dalla mitologia”. [8]

Il prominente autore Rudolf Bultmann, la cui concezione generale fu condannata dalla Chiesa luterana nel 1952, afferma enfaticamente che non conosciamo praticamente nulla della vita e della personalità di Gesù Cristo e che non possiamo sapere con certezza se uno qualunque dei detti a lui attribuiti fosse effettivamente suo. [9] Una dichiarazione come questa può ovviamente essere scartata in quanto non tipica della teologia moderna nel suo complesso, perché dopo tutto il suo autore è considerato un pensatore eretico. Tuttavia, un punto di vista simile è espresso in una pubblicazione semi-ufficiale della Chiesa Evangelica, l'enciclopedia Die Religion in Geschichte und Gegenwart (La Religione nella Storia e nella Vita Moderna). 


Le fasi della biografia di Gesù sono qui viste come risultato di una redazione o rielaborazione letteraria dei vangeli. Si ricava pertanto la conclusione che non è più possibile stabilire la sequenza degli eventi nella vita di Gesù, scrivere la sua biografia e raffigurare il suo personaggio. Il passo citato qui di seguito riassume brevemente l'opinione della scuola storico-formale, ma nel complesso lo stesso autore dell'articolo (da cui viene presa la citazione) non si dissocia da quest'opinione: “Perciò, la maggior parte della tradizione non si può utilizzare per stabilire precisamente momenti particolari nella vita di Gesù. Noi non conosciamo più la sequenza degli eventi e, inoltre, non possiamo ricostruire il loro sviluppo esterno e interno. Non solo i vangeli nel loro complesso, ma anche i singoli elementi della tradizione sono un documento religioso. Essi non sono perciò di alcun interesse per un “ritratto” di Gesù. Non si conosce niente sull'aspetto esteriore di Gesù, o sul suo carattere come uomo, sulle sue abitudini e sul dettaglio della sua vita quotidiana. Questa è la natura della tradizione e quando si riconosce ciò, si perde gran parte del significato psicologico e biografico della maggior parte del materiale. Questo è vero soprattutto per le epifanie [Episodi della “manifestazione” di Cristo — I.K.] che con ci dicono nulla circa lo stato interiore di Gesù. Esse sono abbozzate in conformità alla fede della comunità, alla prospettiva post-pasquale [Secondo la tradizione cristiana, la crocifissione di Cristo è avvenuta durante le festività della Pasqua ebraica — I.K.]. Lo stesso vale per le profezie riguardo le sofferenze di Gesù. Esse non gettano una luce sulla situazione. Sono delle dichiarazioni piuttosto dogmatiche circa sofferenze inevitabili come furono immaginate dalla comunità dopo la morte di Gesù”. [10]


Questo passo riassume il parere dei teologi della scuola storico-formale, i cui rappresentanti prominenti sono K. Schmidt, M. Dibelius e Rudolf Bultmann. L'enciclopedia protestante non rifiuta quest'opinione, anche se cerca di mitigare un pò il suo significato cercando alcuni “punti di appoggio affidabili”. Quei “punti” si trovano nelle narrazioni evangeliche che non sono parte del pensiero ebraico oppure  della fede della comunità che emerse più tardi. Quei “punti”, comunque, devono essere considerati piuttosto deboli e il bilancio inaffidabile. 


Paul Althaus, un forte difensore della storicità di Gesù, dubita abbastanza dell'autenticità storica delle fonti originarie per gli studi cristologici. Per esempio, trova nel vangelo di Giovanni solo “meditazioni teologiche” in stile gnostico. I detti di Gesù citati da Giovanni difatti non sono le stesse parole di Gesù (verba ipsissima), ma una “risposta della fede” a certe circostanze nella vita di Gesù il Dio-e-uomo, e anche quelle circostanze sono a noi sconosciute. Anche nei vangeli sinottici non tutto è storicamente autentico. L'informazione che danno, dice Althaus, citando Bornkamm (un seguace di Bultmann), “deriva dal dogma o è almeno intrecciata col dogma”. E in generale “la tradizione dei quattro vangeli ci pone di fronte a problemi difficili e perfino al problema se Gesù di Nazaret fosse davvero vissuto”. [11]


I teologi devono in qualche modo risolvere quei problemi. La principale difficoltà per loro è che essi non possono risolverli riconoscendo francamente che Cristo è una mitica figura, poiché questo distruggerebbe il dogma cristiano. Commentando sul rifiuto da parte dei seguaci di Bultmann e di altri modernisti di questi episodi nella vita di Gesù come la sua morte e resurrezione, il capo conservatore della Chiesa luterana Walter Künneth scrive:


“Noi solleviamo una semplice domanda: che cos'è effettivamente lasciato della Pasqua? Dal punto di vista di quei teologi esistenzialisti, assolutamente niente è lasciato. Assolutamente nulla!” 


Kunneth insiste affermando che “la resurrezione di Cristo è la fondazione del cristianesimo, su cui si fonda tutto, ogni realtà”. [12] Così, un dilemma sorge: “O il rifiuto della resurrezione di Cristo, che significa la fine della teologia cristiana, la fine della Chiesa cristiana, oppure un suo riconoscimento”. Se la resurrezione di Cristo è in dubbio, l'esistenza stessa di Gesù Cristo è messa in discussione. Per quanto riguarda l'interpretazione modernista della cristologia E. Heitsch afferma: “Se questo è legittimo dal punto di vista della teologia cristiana, non c'è nessuna ragione qualsiasi perchè i cristiani rimangano cristiani”. [13]   Quelli che desiderano rimanere cristiani dovrebbero sostenere la storicità di Cristo e l'intera biografia di Gesù raccontata nei vangeli, compresa la resurrezione e l'ascensione di Cristo. E. Barnikol riassume il punto di vista del protestantesimo conservatore su questa questione come segue: “Senza una ʻvita di Gesùʼ non c'è ʻGesùʼ, e senza ʻGesùʼ, non c'è ʻcristianesimoʼ o la ʻdevozione cristianaʼ (Christlichkeit)”. [14]  Quindi, i problemi della fede cristiana dovrebbero essere risolti sulla base di una conoscenza approfondita delle fonti di critica scientifica, entrambe positiva e negativa, sul soggetto, mentre al tempo stesso bisogna preservare la devozione cristiana che riposa su una ferma convinzione che Cristo visse e che sia possibile compilare la sua autentica biografia.

NOTE

[1] A. Schweitzer, Geschichte der Leben-Jesu-Forschung, Monaco e Amburgo, 1966, Volume 2, pag. 620.

[2] Ibid., pag. 621.

[3] Ibid., p. 620.

[4] E. Barnikol, Das Leben Jesu der Heilsgesahiahte, Halle, (Saale), 1953, pag. 334-336.

[5] Der Spiegel, 1966, Numero 5, pag. 89.

[6] Ibid., pag. 86; Ibid., Numero 14, pag. 109.

[7] A. Drews, Die Leugnung der Geschichtlichkeit Jesu in Vergangenheit und Gegenwart, Karlsruhe, 1926, pag. 168.

[8] Ibid., pag. 85.

[9] E. Barnikol, op. cit., pag. 186.

[10] Die Religion in Geschichte und Gegenwart, Tubinga, 1959, Volume 3, pag. 623.

[11] P. Althaus, Der gegenwärtige Stand der Frage nach dem historischen Jesus, Monaco, 1960, pag. 5, 6, 7.

[12] Der Spiegel, 1966, Numero 16, pag. 88.

[13] Ibid., Numero 14, pag. 101.

[14] E. Barnikol, op. cit., pag. 189.

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