giovedì 13 luglio 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (XL)

(Questo è l'epilogo della traduzione italiana di un libro del miticista Georg Brandes, «Jesus — A Myth». Per leggere il testo precedente, segui questo link)



 RIASSUNTO DELL'OPERA:

INTRODUZIONE.
I
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
XVII.
XVIII.
XIX.
XX.
XXI.
XXII.
XXIII.
XXIV.
XXV.
XXVI.
XXVII.
XXVIII.
XXIX.
XXX.
XXXI.
XXXII.
XXXIII.
XXXIV.
XXXV.
XXXVI.
XXXVII.
XXXVIII.
—XXXIX. 

XXXIX

Per migliaia di anni, Iside e Horus furono adorati come la madre del dio e il figlioletto divino. Tuttavia, non c'è nessuno al giorno d'oggi che crede nella loro reale esistenza.
Il più grande mistero celebrato ogni anno nell'antico Egitto fu la morte e la resurrezione di Osiride. L'idea di Dio era intrinsecamente legata all'idea di vita eterna. Per il dio, la morte è semplicemente una transizione ad una nuova vita. Grazie ad una descrizione fornita da Plutarco,  sappiamo come era stata celebrata la festa di Osiride in una piccola città del delta del Nilo. Osiride era assente. Egli era scomparso nel Nilo. Quando tre giorni erano passati, migliaia  gridavano in esultanza: “Noi abbiamo trovato Osiride!” La disperazione mortale si trasformava in un'estasi ineffabile, nelle celebrazioni di una vera alba orientale.
Nondimeno nessuno oggi piange la scomparsa di Osiride o si rallegra alla sua resurrezione. Per noi l'intera cosa non è nient'altro che un mito antico, e come tale venerabile.
Osiride non era solo il dio del grano che cresce, ma anche il dio del vino. Papiri trovati nelle piramidi lo chiamano il dio delle vigne,  il dio del vino traboccante. Secondo Epifanio, il vescovo cristiano di Cipro e il nemico fanatico degli Origenisti, che era nato in Palestina da genitori ebrei e che morì nel 403 E.C., Osiride rivelò la sua natura divina trasformando l'acqua in vino. Questo accadde nell'undicesimo giorno del mese di Tobi, secondo la cronologia egiziana, che corrisponde al 5 gennaio nella cronologia cristiana. Questo è il giorno in cui, secondo i cristiani, la stella guidò i tre Magi al Cristo bambino. Originariamente il 6 Gennaio era considerato il compleanno di Gesù. Non cambiò al 25 dicembre fino al quarto secolo. In Grecia lo stesso giorno era assegnato alla rivelazione di Dioniso, il dio del vino. Plinio ci dice che fu questa la giornata in cui veniva celebrata la festa di Dioniso sull'isola di Andros, e che tra i seguaci del dio apparivano speciali Oinotropoi, o suscitatrici del vino.  Epifanio parla della celebrazione di un  compleanno ad Alessandria il 25 dicembre, da lui nominata Cronia in greco e Kekillia in egiziano. Altrove si parla della festa di Elios, il dio del sole. In quelle occasioni un bimbo infante fu generato dal sanctum sanctorum con grida del tipo: “Una vergine ha dato alla luce! La luce sta crescendo!”.
 Qui c'è una rassomiglianza sorprendente alle dottrine cristiane, e la stessa rassomiglianza pervade la natura mistica dei riti. Il fatto che Prometeo venisse considerato un tempo il grande benefattore dell'umanità, che ci aveva offerto il grande e vitale dono del fuoco, e che aveva pagato con un martirio millenario il suo amore per l'uomo, non può far credere nessuno al giorno d'oggi che egli visse e soffrì come descritto. Per migliaia di anni, Apollo, il dio di luce e purezza, fu adorato in templi innumerevoli. Possedette un esercito di sacerdoti e sacerdotesse, e guidò i destini degli uomini tramite i suoi oracoli. A questo stesso giorno il suo nome rimane onorato. Ma che egli fosse esistito, nessuno lo crede, al ventesimo secolo. D'altra parte, il fatto che egli non è mai esistito non toglie del suo significato più di quello che toglie da Achille, Ulisse, Amleto o Faust. Sappiamo molto di più su Ofelia e Margarete di quanto sappiamo di Maria e Marta nel Nuovo Testamento. Tuttavia l'esistenza reale non può essere attribuita alle prime più che alle seconde. Nella sua “Espressione di gratitudine per Lessing”, Sören Kierkegaard manifestò la sua appassionata sintonia coll'asserzione del grande scrittore tedesco che verità storiche accidentali non possono mai essere utilizzate come prova a beneficio delle perenni verità della ragione. Era a questo proposito che nel libro da lui intitolato “Esercizio del cristianesimo” pose la domanda: “La storia può dirci qualcosa su Cristo?” E la sua risposta a questa domanda fu: “No!”.
 Tradotto nei modi di pensare e nel linguaggio del nostro tempo, ciò significa: le figure divine non possono mai essere influenzate dall'aver vissuto le loro vere e sole esistenze nelle menti degli uomini.

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