mercoledì 21 giugno 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (XIV)

(per il capitolo precedente)


XIII
   Nella maggior parte dei culti asiatici ed egizi, la madre del dio subisce una trasformazione che la rende non solo il genitore ma anche la dominatrice di  suo figlio. Nei vangeli d'altra parte, come abbiamo già visto, c'è in effetti una certa ostilità nel figlio verso la madre . . . un'ostilità che sta a suggerire la sua liberazione da tutti i vincoli terreni, e a caratterizzarlo come puro spirito.  Nel corso dello sviluppo a cui la Chiesa cattolica è stata soggetta, però, questa falsa relazione si è piuttosto persa di vista. In tutte le sue rappresentazioni artistiche, il figlio manifesta devozione o reverenza verso la madre.
 È alquanto degno di nota che tutte le donne che stanno vicino a Gesù in virtù della loro ammirazione o adorazione sono chiamate Maria come sua madre, come, per esempio, Maria, la sorella di Marta, e Maria Maddalena. In Asia, sembra che la madre del dio recava sempre un nome che comincia con la lettera ma.   Tra altri menzionati dall'orientalista, ci sono Maria; Mariamna; Maritala, la madre di Krishna; Mariana di Mariandinio in Bitinia e Mandane, la madre di Ciro, che gli ebrei considerarono il Messia del Signore. Così leggiamo in Isaia 45:1: “Così parla il Signore al suo unto, a Ciro”.
Ci potrebbe essere una mitologia anche nel nome di Maria. Ma che la figura di Gesù divenisse così perduta nell'oblio che nessuno degli scrittori evangelici lo aveva visto, e che perfino Paolo lo avesse visto solamente in una visione, dovrebbe assai meno destare meraviglia se quella stessa figura fosse leggendaria.
Egli non ha lasciato dietro di sé una singola riga scritta.
Forse non sapeva nemmeno scrivere.
Un bel passo del quarto vangelo, generalmente riconosciuto un'interpolazione posteriore, lo rappresenta mentre scrive nella sabbia. È un  vero peccato che una personalità che ha tenuto l'Europa in soggezione per duemila anni dovrebbe fare il suo scritto nella sabbia soltanto. Ma alcuni tra i suoi seguaci o adepti devono aver saputo come scrivere. Se le sue parole erano così preziose per loro, perché non fecero mai una precisa testimonianza di ciò che disse?  Perché loro furono soddisfatti di mettergli sulle labbra un conglomerato di estratti dal Talmud e proverbi popolari e parabole? Non ci hanno detto neppure dove fosse solito vivere? D'altra parte essi ci dicono che rimase da ospite ora con un lebbroso e ora con un fariseo, e poi di nuovo con Maria e Marta . . . due donne che sembrano mere allegorie dell'ebraismo che si perdeva in osservanze cerimoniali e ostentati atti di santità, da un lato, e, dall'altro, del cristianesimo gentile verso cui lo scrittore evangelico propende a causa della sua maggiore ricettività a nuovi insegnamenti.
   Anche i racconti più squisiti raccontati circa Gesù non hanno assunto alcuna forma definitiva nella fantasia degli evangelisti. Così la leggenda della donna che porta un unguento a Gesù ha preso parecchie forme diverse.
   L'identità stessa di questa donna varia.
In Marco 14:3 leggiamo di una donna senza nome che viene da Gesù mentre sta partecipando ad un pasto nella casa di Simone il Lebbroso. Lei reca nella sua mano un'ampolla di alabastro di un unguento di nardo genuino e molto prezioso.  Quest'ampolla lei la rompe e versa l'unguento sul suo capo, per il cui atto lei diventa esposta ad una critica severa da parte di quelli presenti.
In Matteo, questa critica è pronunciata dai discepoli stessi.
   In Luca 7:36 et seq., Simone il Lebbroso si è trasformato in un fariseo . . . che prova che la relazione di Gesù coi farisei non fu così cattiva come è rappresentata a volte. In questa connessione non dobbiamo dimenticare le parole poste sulle sue labbra da Matteo 23:3 “Fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno”. La donna di Luca è diventata una “peccatrice di quella città”. Lei lava i suoi piedi con le sue lacrime, li asciuga coi suoi capelli, li bacia, e poi li unge con l'unguento.
 In Giovanni 12:3 la scena è cambiata ancora una volta. Gesù è a cena con Lazzaro, che ha resuscitato dai morti. Qui è Maria che unge i suoi piedi con un unguento costoso e li asciuga coi suoi  capelli. Ed ecco qui nuovamente i discepoli che brontolano per conto dei poveri.
   È bene notare che un potente movimento sociale fu riflesso nel cristianesimo al suo primo inizio. Evidentemente l'elemento comunistico di quei primi giorni fu retrocesso più e più sullo sfondo, man mano che le comunità cristiane vennero a comprendere molti membri ricchi,  e l'eliminazione fu completata quando il cristianesimo diventò la religione ufficiale dello stato.
La rabbia dei discepoli per lo spreco dell'unguento costoso recato a Gesù da quella donna prova che in origine un forte odio veniva percepito contro tutte le forme di lusso. Il malanimo nutrito
verso il ricco è evidenziato dalle parole che Marco 10:25 pone sulle labbra di Gesù: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Lo si ode di nuovo in Marco 10:21, quando Gesù dice al giovane di vendere qualunque cosa abbia e di darlo ai poveri. Significativa in questo senso è anche la parabola di Luca 16:19 circa l'uomo che andò all'inferno, mentre il povero, Lazzaro, dopo la sua morte fu trasportato da angeli nel seno di Abramo. Né si può dubitare che quando, nel Discorso della Montagna, ci viene detto che “beati sono i poveri in spirito, perchè di essi è il regno dei cieli”, le parole “in spirito” devono essere considerate un'interpolazione fatta ad un tempo posteriore quando le tendenze comuniste furono disapprovate come una crescente minaccia.
E proprio come molto di ciò che è stato preso per Storia da lettori irriflessivi non è nient'altro che allegoria, così c'è un sacco di astrologia in altri passi apparentemente storici.
Significativo è, per esempio, che il giorno più lungo dell'anno è stato dato a San Giovanni, mentre il più breve, quando la luce inizia la sua battaglia di conquista contro le tenebre, è diventato il giorno particolare di Gesù, il Natale, il giorno della natività.
Caratteristica del portato astrologico di quelle antiche leggende è il costante spostamento della Pasqua.  Ci si può chiedere perché Paolo non fornì ai convertiti greci e romani un certo giorno da osservare. E mentre la Chiesa cattolica afferma di conoscere il giorno preciso in cui Pietro e Paolo furono condannati a Roma, essa non è consapevole del giorno in cui Gesù fu crocifisso . . . anche se si sarebbe potuto ritenere il secondo di gran lunga più importante. 

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