lunedì 23 gennaio 2017

Sulla cattiveria del Gesù di carta (IV)


BONTÀ: Perfezione divina. Dio è perfettamente buono, senza una goccia di cattiveria. È vero che nonostante la sua bontà ci fa o permette che ci facciano del male. Ma questo non vuole dire niente: è sempre buono con i suoi preti. Ci deve bastare.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

MADRE TERESA: Corriamo sempre il pericolo di diventare semplici operatori sociali o di svolgere il lavoro solo per amore del lavoro. [...] Sì, è un pericolo, se dimentichiamo per chi lo facciamo. Le nostre opere non sono che l'espressione del nostro amore per Cristo. I nostri cuori hanno bisogno di essere ricolmi di amore per Lui, e siccome dobbiamo esprimere quell'amore con 1'azione, allora, naturalmente, i più poveri tra i poveri costituiscono il mezzo per esprimere il nostro amore per Dio. Nella versione televisiva di Qualcosa di bello per Dio c'è una sequenza in cui Madre Teresa prende in braccio una bambina abbandonata e denutrita. La piccola ha un'aria malaticcia, è tutta rugosa e praticamente priva della bellezza propria dei bambini di quell'età, ma l'anziana donna la guarda con incoraggiamento ed entusiasmo impavidi, e dice: "Guardi. C'è vita in lei". È un momento innegabilmente affermativo. Non ci farebbe male se ce ne fossero molti di più. Ma, proprio come ha perso parecchi punti ai miei occhi implicando che l'operato di tutta la sua vita non è stato altro che un mero esercizio di propaganda per la politica demografica del Vaticano, Madre Teresa scredita il proprio esempio dicendoci, come sopra, che l'umanesimo e l'altruismo sono pericoli da evitare con scrupolo. Madre Teresa non ha mai preteso che la sua opera non fosse una vera e propria campagna religiosa fondamentalista. E nel brano riportato sopra abbiamo appreso dalla sua stessa testimonianza che «i più poveri tra i poveri» ne sono lo strumento: un 'occasione per esercitare la pietà.
(Christopher Hitchens, La posizione della missionaria, pag.28)

Fanatismo apocalittico, fede impossibile da ottenere (al pari dei miracoli che deve procurare), ignoranza delle scritture e della medicina, odio della Natura e degli animali, misoginia, antigiudaismo, odio dei disabili, povertà che consuma, salute negletta, amore di dio ricattatorio e molesto: sono appena alcuni tra i bizzarri capricci con cui si nutre e fiorisce la presunta “moralità” del Gesù di carta. E perchè qualcuno — il folle apologeta cristiano — possa adeguatamente valorizzarli è inevitabile che egli stesso senta una reale inclinazione all'ipocrisia morale. Ritraendosi da ogni autentico scrupolo morale, o perlomeno da un mondo che quotidianamente investe nel semplice buon senso, il folle apologeta cristiano cerca di trovare del buono dove il buono manca veramente: nel Gesù di carta. I suoi difetti gli sembrano quasi delle virtù e lo inducono a idealizzarlo ancora e ancora. Costruisce l'ennesimo altro Gesù a proprio uso e consumo, purchè rimedio al punto giusto allo scomodo e compromettente Gesù di carta, ma a sua volta fabbricato con le pietre della propria immaginazione.

Ma quest'altro Gesù non è reale e neppure bello, non è certo meno colpevole del Gesù di carta da cui è fantasiosamente derivato. E allora, per un momento, vi esorto a condannarlo, quest'altro Gesù, questo aborto nato da un aborto. Anche se il suo peccato non ha nome — in fondo, ha diritto di giudicarlo solo il suo creatore — sembra tuttavia violare questa o quella legge, forse addirittura molte leggi, probabilmente tutte. Per il solo fatto che è derivato dal Gesù di carta. Il folle apologeta cristiano non sembra fare niente di buono, né per sé stesso né per gli altri. E mentre tutti noi sappiamo che l'inganno e l'autoinganno sono contorni saporosi dell'esistenza, il folle apologeta cristiano li ha fatti diventare un'odiosa specialità della sua fottuta chiesa! Ma se udisse le nostre accuse, le nostre rimostranze per i peccati suoi e del Gesù di carta, non si farebbe affatto scrupolo, nella sua totale demenza, di liquidarle con un semplice “E con ciò?”.

Ora, una tale risposta presuppone che la follia apologetica appartenga a una certa categoria di malattie impossibili da curare e che gli svantaggi che ne derivano, in termini di ostinato e cieco dogmatismo, valgano da soli la cessazione di qualunque dialogo coi folli apologeti cristiani. Tuttavia, in quanto malato mentale, seppure solo nella propria anima, il folle apologeta cristiano incorre nella critica seguente: egli è sintomo o causa di un'ipocrisia in corso, nei vari ambiti, sociali e individuali, dell'essere. E l'ipocrisia, come ogni altro processo in divenire, colpisce tutti con durezza, specie quelli col solo torto di aver avuto a che fare coi folli apologeti cristiani. «Buono!» urla il folle apologeta cristiano, alla vista del Gesù di carta. «Cattivo!», lo contraddice la coscienza. Nate da sentimenti estremamente chiusi e personali, entrambe queste esclamazioni tradiscono origini tutt'altro che ammirevoli poichè l'una si fonda sulla follia apologetica, l'altra sulla percezione di possedere una coscienza morale. E quando il dibattito etico su quest'argomento raggiunge infine un impasse o diventa troppo intricato per trovare una verità, allora può iniziare a lavorare la prospettiva psichiatrica.

Col tempo, si impara che troveremo sempre nuovi punti di vista per abbandonare così l'illusione sull'esistenza di una morale universale.
Nel frattempo il folle apologeta cristiano continua a difendere il Gesù di carta inutilmente finchè il Gesù di carta — tra venti di follia, apologia dopo apologia dopo apologia... — non finirà per farne l'uso al quale è destinato: lo consumerà fino in fondo. E mai fine sarà più meritata!

Tutti, nell'assenza assoluta di prove, possono sognare il Gesù “storico” che vogliono dietro il Gesù di carta, quello, per intenderci, dei quattro vangeli canonici. Quel Gesù “storico”, essendo esistente solo nell'immaginazione di chi azzarda stupidamente una lettura storicista dei vangeli (facendo torto così alla loro vera natura completamente allegorico-simbolica), è passibile di giudizio solo dalle stesse persone che lo immaginano (gli unici, in un certo senso, a poterlo “conoscere”). Ma pochi hanno il coraggio intellettuale di spingersi più in là a giudicare lo stesso Gesù di carta, ovvero lo stesso Gesù della storiella evangelica, la stessa che viene costantemente propinata e ripetuta dai pulpiti di tutte le chiese cristiane, l'unico Gesù di cui si ha evidenza.

Perchè così pochi? Non certo per mancanza di coraggio, ma perchè si tende pigramente a liquidare il Gesù di carta come troppo “buonista” a priori, “buono” fino alla comicità, per nulla affatto roba seria da meritare perfino il tempo di una condanna da parte degli atei. Un sacco di atei accetta acriticamente la presunta bontà del Gesù di carta, perfino i miticisti, perfino gli atei che si illudono sull'esistenza di un Gesù “storico” del tutto diverso – in generale, diverso in senso negativo per dargli un tocco di sufficiente realismo – rispetto al Gesù di carta. La gente crede davvero che il Gesù di carta non sia affatto un fomentatore di deliberata violenza psicologica. Il male l'hanno compiuto e lo compiono e lo compieranno quelli idioti dei cristiani che si professano suoi discepoli, non il Gesù di carta. Bene: non è così. Il Gesù di carta non è affatto quel Gesù gioviale e bonario dispensatore di tanto in tanto di preziose gemme morali. Il Gesù di carta non è un personaggio letterario positivo sul piano morale. È invece un personaggio letterario negativo. Del tutto negativo.
E fa ribrezzo vedere atei che parlano bene del Gesù di carta per dare qualche contentino ai cristiani, atei del tutto dimentichi delle reali sofferenze di chi, tra gli stessi cristiani, ha subìto la violenza dei cattivi insegnamenti del Gesù di carta.

È tempo di afferrare il Gesù di carta e farne carta straccia, denunciandolo per quel raccapricciante mostro morale che è, dovunque se ne presenti l'occasione.

Bisogna cessare di puntare il dito soltanto alle nefandezze contenute nell'Antico Testamento, quando una minaccia più grande e più oscura al senso morale proviene dal Gesù di carta.
In altre parole, Marcione aveva torto. Il Gesù di carta non è affatto più buono del dio dell'Antico Testamento. Ma è più dispotico di lui.
Non è soltanto l'Antico Testamento o il Corano ad offrire letture plausibili di incitamento alla violenza e sopraffazione, ma anche il Gesù di carta.
Al di là di quello che gli idioti storicisti desiderano fantasticare intorno al chimerico “Gesù storico”, al di là di quanto fantasiosi o realistici appaiono i singoli testi del Nuovo Testamento, è un fatto che quei testi sono privi di buoni consigli morali. 

Tanto per cominciare, il Gesù di carta è un apocalittico della peggior specie:
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».
(Marco 9:1)

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.
(Marco 13:30)

Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo.

(Matteo 10:23)

In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».

(Matteo 16:28)

In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.
(Matteo 23:36)

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.
(Matteo 24:34)

In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».
(Luca 9:27)

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga.
(Luca 21:32)

La cosa in sè non dovrebbe suonare così imbarazzante, tantomeno riprorevole sul piano morale (in fondo agli inventori stessi di Gesù creò soltanto un finto imbarazzo!). Se non fosse per le conseguenze deleterie di quel fanatismo apocalittico sull'etica del Gesù di carta:

● i seguaci di Gesù dovrebbero sbarazzarsi di tutto ciò che hanno:
Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
(Marco 10:21)
● sbarazzarsi delle proprie famiglie e amici:
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.
(Marco 10:29-30)
● fregarsene delle autorità:
Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
(Marco 12:17)
● fregarsene del proprio coniuge eventuale:
Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».
(Matteo 19:10-12)
● fregarsene della gente in generale e delle loro reazioni:
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
(Matteo 5:38-42)
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
(Mateo 18:21-22)

Tutti quelli aspetti caratterizzano gli accattoni, i pezzenti, i mendicanti, i miserabili per scelta. Invece di aiutare a toglierne il più possibile dalla strada, il Gesù di carta ne vuole aggiungere di più.
Per giunta con l'illusione di una chimerica speranza: una fine che non arriverà mai.
Senza una verifica contabile è impossibile dire con certezza che fine fanno le montagne di soldi di Madre Teresa, però è possibile dire qual è il vero scopo e la vera natura dell'ordine, e innanzitutto a quale scopo vengono accettate le donazioni. Ancora Susan Shields: Per la Madre, la cosa più importante era il benessere spirituale dei poveri. L'aiuto materiale era un mezzo per arrivare alle loro anime, e far vedere ai poveri che Dio li amava. Nelle Case dei Moribondi, Madre Teresa insegnava alle sorelle come battezzare di nascosto le persone che stavano morendo. Le suore dovevano chiedere a ogni persona in fin di vita se voleva "un biglietto per il paradiso". Una risposta affermativa andava interpretata come un consenso a farsi battezzare. Allora la suora non doveva far altro che fingere di rinfrescare la fronte della persona con un panno bagnato, mentre in realtà la battezzava pronunciando sottovoce le parole di rito. La segretezza era importante perché non si doveva venire a sapere che le suore di Madre Teresa battezzavano indù e musulmani.
In questo modo, una piccola ipocrisia ne nasconde una molto più grande. «Il nostro atto costitutivo ci vietava di mendicare più di quanto ci serviva, ma il denaro depositato in banca era considerato inesistente». Quindi l'ostentazione di modestia e umiltà maschera tanto l'avidità quanto 1'ambizione, per non parlare dell'arroganza.

(Christopher Hitchens, La posizione della missionaria, pag.36)
E se almeno il Gesù di carta si fosse limitato a comandare solo quello! Invece a chiare lettere è detto:
Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
(Marco 10:27)

Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
(Matteo 19:26)

Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».

(Luca 18:27)
E quando glielo fanno notare gli stessi dementi discepoli, che c'è un piccolo problemino con le sue esose richieste, il Cristo di carta replica che solo mediante il magico intervento divino loro possono diventare moralmente perfetti così da meritare il regno di Dio. Tutto è possibile per chi ha fede, recita il Gesù di carta in Marco 11:23:
 In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà.
Potrebbe sembrare a prima vista che proprio la sottolineatura della fede possa servire a mitigare delle richieste così radicali: quelle richieste sarebbero impossibili apposta perchè vogliono spingere i discepoli (e per estensione, i lettori) ad affidarsi totalmente alla provvidenza divina, prima durante e dopo la loro realizzazione che la fine è vicina.

Ma il sollievo recato dalla fede a fronte di richieste così impensabili ed irrealistiche scompare subito quando si realizza l'esatta entità delle pretese del Gesù di carta:
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
(Matteo 5:48)

Questa non è la difesa di un perfezionamento graduale, ottenuto a piccoli passi, sotto lo sguardo benigno del Gesù di carta.
Per fede è intesa, come minimo, ciò che smuove le montagne!
È solo una metafora, sicuro, ma non sarebbe più saggio cominciare con lo smuovere piccole colline, tanto per rimaner in tema di metafora?
Se il minimo richiesto è una fede capace di smuovere le montagne, e non qualcosa un pochettino più piccolo, allora come può quella fede recare sollievo, se essa stessa rientra tra le anzidette richieste impossibili, lungi altrimenti dal mitigarle?
È in moto qualcosa di intrinsecamente perverso, qui.

La fede nel Gesù di carta che il Gesù di carta pretende dai suoi ascoltatori serve a guarirli per miracolo dalle malattie, dalla cecità, dalla paralisi, perfino dalla morte. Non è il Gesù di carta a guarirli, ma la fede da loro risposta nel Gesù di carta.

No fede, no guarigione.

No fede nella misura voluta dal Gesù di carta, no guarigione.

Sono pochi quelli che realizzano quest'aspetto della “morale” di Gesù.

I folli apologeti cristiani non osano anche solo realizzare lo stretto legame tra i miracoli e la colossale fede granitica richiesta dal Gesù di carta per ottenere i medesimi. Se lo facessero, non chiamerebbero ridicolmente “fede” ciò che non può davvero realizzare miracoli straordinari tipo quelli che abbondano nei vangeli, come “smuovere le montagne” o qulcosa di simile, allegorico o meno lo si voglia intendere.

Ma si sa: i folli apologeti cristiani dovrebbero pur campare. Perfino se si rende necessario, convenientemente, far intendere al Gesù di carta qualcos'altro quando ciò che egli intende veramente è troppo assurdo, fanatico o insensato da praticare ... o anche solo da sentire.

Ma non dubito che sarà, ancora una volta, l'astuzia (un tantino goffa) dei folli apologeti cristiani a toglierci d'empasse, salvando le apparenze al buonismo (si fa per dire) dell'illustrissimo e reverendissimo Gesù di carta.

Il senso greco della misura, di cui il Gesù di carta è naturalmente sprovvisto, mero schifoso aborto mediorientale quale egli è, consiglia invece di progredire a piccoli passi verso la virtù e la perfezione morale, se virtù o perfezione morale ha da essere.
Ma inviti alla saggezza, alla moderazione, alla misura nel senso più classico del termine non si troveranno mai nei vangeli: al loro posto, soltanto e sempre quell'ostinato perfezionismo “morale”, da perseguire senza condizioni, pena l'assaggio della più vendicatica collera divina.

No grazie, di questa “perfezione morale” non so che farmene.

Neppure quando si cela dietro la sintesi della Torah, secondo il Gesù di carta: amare totalmente dio e fare agli altri ciò che si vuol ricevere da loro.
Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». (Marco 12:28-31)
Così l'ubbidienza incondizionata a dio ha priorità rispetto all'amore del prossimo. I folli apologeti cristiani diranno che sono due facce della stessa medaglia, e altre sciocchezze armonizzatrici di simile tenore, eppure il Gesù di carta è preciso nell'indicare cosa viene prima dell'amore del prossimo: l'amore per dio.
Perciò quando lo stesso dio comanda quello scemo di Abramo a togliere di mezzo suo figlio Isacco e lui si appresta ad obbedire, starebbe ad un tempo amando dio “con tutto sé stesso” e amando suo figlio come ama sé stesso (!!!). I folli apologeti cristiani non hanno scusanti di sorta, e se le hanno, aggravano la profonda contraddizione morale del Gesù di carta, invece di attenuarla.
Se credete che un vero dio non dovrebbe comandare l'assassinio di esseri umani, allora il Gesù di carta non sarebbe per nulla d'accordo.
Il culmine della follia apologetica cristiana è credere che l'amore del prossimo sia il cuore del vangelo. Lo sarebbe, a dire il vero, del vangelo di Marcione (visto che il suo dio alieno sembra essere tutto l'opposto del dio dispotico dell'Antico Testamento), ma nei nostri vangeli canonici non c'è alcun dubbio che l'amore del prossimo figura sempre e solamente a braccetto dell'amore esclusivo ed incondizionato per quel dio, con le sue ombrìe e i suoi capricci, come da rispettivo copione nell'Antico Testamento.

Il Gesù di carta smette all'istante di predicare “amore” del prossimo quando vuole innanzitutto l'amore per il “dio degli eserciti”.
E abbiamo già constatato come quell'“amore” si tramuta rapidamente in “odio” nel senso stretto della parola quando ad intralciare i piani di dio, di quel dio, sono gli individui elencati più precisamente dal Gesù di carta:
 
Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo.
(Luca 14:26)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Da quanto ne so,quell'odiare significa,dal greco ,amare di meno e non come lo intendiamo noi,mi sbaglio?

Giuseppe Ferri ha detto...

Per quanto riguarda quell'“odiare” nel suo originale greco (miseō) lo stato dell'arte è sintetizzato dal prof Hector Avalos, nel suo The Bad Jesus (pag. 61, mia libera traduzione): “coloro che negano un significato letterale per miseō non hanno presentato nessun caso dove qualche significato comparativo per miseō è chiaro o richiesto su basi o filologiche o contestuali. Tutta l'evidenza comparativa dell'antico Medio Oriente (Elefantina, Codice di Hammurabi, papiri magici copti, ecc.) coerentemente mostra che gli equivalenti linguistici del greco miseō significano l'opposto di amore nel suo senso pienamente emotivo.”

Perciò è plausibile in egual misura una lettura di Luca 14:26 come esortazione all'ODIO sic et simpliciter del “padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la propria vita” al pari di una lettura del medesimo logion nel senso da te ventilato. Ma il punto più prezioso che fa il prof Avalos è che, *perfino* se lui avesse torto nel sottolineare la plausibilità della prima lettura almeno quanto la seconda, comunque,

“...gli studiosi del Nuovo Testamento stanno ancora evadendo in larga misura le questioni etiche che sono sollevate se miseō significò niente più della richiesta che i seguaci di Gesù preferiscano lui alle loro famiglie. Quelli che negano che Gesù intese 'odio' nel senso più emotivo e più duro fanno così perchè pensano che sarebbe immorale per Gesù fare una cosa del genere. Tuttavia, quelli stessi moralisti del Nuovo Testamento sembrano non aver alcun problema ad accettare come etiche le esortazioni di Gesù ai seguaci di conferirgli la loro totale obbedienza perfino in preferenza rispetto alle loro stesse famiglie. ”
(pag. 88-89, mia libera traduzione e mia enfasi)

In una parola, il problema che affronta il folle apologeta cristiano non è affatto rimosso ma è ancora tutto là: il Gesù di carta è in ultima istanza tirannico e dispotico proprio come il (e addirittura peggio del) dio dell'Antico Testamento.