domenica 10 gennaio 2016

Se Paolo non è esistito, così che cosa...?

“L'opposto dell'amore è non odio, ma indifferenza”... Com'è possibile che Paolo rimase indifferente al Gesù storico?
AMORE DIVINO: Sincero attaccamento che ogni buon cristiano, per rafforzare la fede, pena la dannazione, deve sentire nei confronti di un essere sconosciuto, che i teologi hanno reso il più cattivo possibile. L'amore di Dio è un debito: gli dobbiamo molto soprattutto per averci dato la teologia. (Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768) 

Sin da quando ho letto The Fabricated Paul di H. Detering, sono sempre stato curioso di sapere quale sarebbe stata allora la migliore descrizione delle Origini cristiane in assenza di evidenza primaria risalente al I secolo. La prospettiva più desolante prometteva apparentemente solo il più totale agnosticismo. Nessuno scritto cristiano risalente al primo secolo implicava de facto nessua possibilità di avanzare pretese fattuali sulle Origini. Buio assoluto. Poteva essere accaduto di tutto. Perfino che un Gesù storico fosse esistito e avesse compiuto le più mirabolanti avventure e i più avvincenti miracoli. Non avremmo mai saputo nulla di nulla. Nel buco nero del I secolo era risucchiata la stessa presunzione dello storico di poter ricostruire il passato almeno con una adeguata teoria approssimativa.

In realtà non è proprio così.
 
Se una persona è esistita veramente, e parla nella maniera più immaginifica ed estasiata possibile a proposito di un'entità x, e non accenna al benchè minimo segno di esistenza storica di x (nè nel passato recente, tantomeno in un lontano passato), allora la conclusione decisamente più probabile è che x non è mai esistita storicamente. Per la semplice ragione che non può essere mai esistito un essere umano che è amato immensamente ed intensamente proprio dalle persone che non sanno nulla di lui. Si può amare solo chi si conosce. Non si può amare ciò che non si conosce. Salvo rare eccezioni. Ovvero solo quando si ama ciò che è tuttavia irraggiungibile. I teisti amano Dio senza neppure conoscere com'è fatto Dio. Questo è possibile perchè Dio non è un essere umano, perfino quando inteso come Dio-persona.
L'amore per un essere umano, se sincero, non può mai fare a meno della conoscenza storica, anche solo parziale, di quell'essere umano. L'alternativa è che si tratta di un amore artificiale, fittizio, innaturale.
Se un Paolo è esistito, allora la più semplice spiegazione delle sue epistole considerate autentiche è che Paolo amava profondamente il suo “Cristo Gesù” e non poteva non amarlo. L'essenza di un Paolo storico è l'amore assoluto per Gesù. Di conseguenza Paolo non poteva non conoscere l'oggetto del suo più profondo amore. Eppure è un fatto che Paolo non seppe nulla di nulla su di un ipotetico Gesù storico. Perciò, in virtù dell'assioma (almeno ai miei occhi) che
...chi ama intensamente una persona non potrà mai nascondere una conoscenza storica di quella persona...
ne deriva che Gesù non è mai esistito come figura storica, perchè se lo fosse stato, per l'amore che Paolo gli recava, avrebbe accennato almeno una volta alla sua esistenza storica nelle sue lettere, ma così non è.
 
Come salvare dunque la storicità di Gesù? E del Gesù di Paolo? La risposta dovrebbe essere semplice a questo punto. Se Paolo non è mai esistito, allora non incombe su nessuna persona realmente esistita l'onere di un amore così tremendamente innaturale verso qualcuno che nessuno, neppure quella medesima persona realmente esistita, ha potuto mai conoscere e che mai conoscerà.
L'enigma paradossale di un Amante ignaro del suo Amato scompare del tutto, con la negazione dell'Amato (se l'Amante non è reale), o più semplicemente con la negazione dell'esistenza dell'Amante (se il “suo” Amato è esistito veramente).
La negazione della storicità di Paolo salva paradossalmente la storicità di Gesù.
Nessun storicista, tantomeno nessun storicista cristiano, vorrà però seguirmi fin qui. E il motivo è presto detto.

Chi fu l'inventore di Paolo, se un Paolo non ci fu mai?

La risposta giunge unanime da tutti gli studiosi che hanno negato la storicità di Paolo l'apostolo.

Marcione inventò Paolo. Forse le sue Antitesi erano proprio le stesse lettere paoline, di compendio al suo 
Evangelion (Mcn). Se così fu il caso - e ti assicuro che è un caso fottutamente serio -  allora “Paolo”, come una maschera, non aveva alcun obbligo dietro la sua pretesa di professato e disinteressato amore per Gesù. La sua era una fede. Non era amore propriamente detto. La fede, l'ideologia, la credenza, riesce nel fare amare il freddo e arido inconoscibile. Ma per sua natura, la fede, l'ideologia, la credenza, non concretizzerà mai l'imprenscindibile e insostituibile realtà del vero amore, che è la profonda, manifesta, conoscenza dell'oggetto amato. Anzi, può fare benissimo a meno di quella conoscenza, pago così com'è dell'idea, dell'astrazione, del puro e semplice spettro quale è e sarà per sempre l'oggetto intoccabile del suo amore.
Se “Paolo” era in realtà nient'altro che Marcione, allora è non solo possibile ma perfino atteso che un immenso amore venisse riservato sul “Gesù” delle lettere originali marcionite attribuite a “Paolo”, delle lettere che fu Marcione a “trovare per primo”, (cioè a scrivere), senza più il vincolo -  che è insieme un onere esistenziale - di dover trapelare in forza del Destino quella necessaria conoscenza storica che da ogni Amante degno di tal nome deve per necessità scaturire in direzione del suo Amato (assumendo la storicità di quest'ultimo) e di lui soltanto.
Marcione poteva essere “Paolo” e solo così poter esperire ed esprimere “a tavolino” l'amore del suo fittizio personaggio, “Paolo”, per un Gesù storico, senza creare quel misterioso ed enigmatico paradosso di un “reale Amante ignaro del suo Amato reale”.
Devo a Renè Salm l'avermi fatto realizzare questo punto altrimenti trascurato:
Noi siamo quindi inesorabilmente condotti ad una visione discussa da alcuni studiosi, precisamente, che il profeta in questione visse in un distante passato rispetto a chi ne scrisse nell'antichità. Egli non fu una figura recente, neppure qualcuno che una “tradizione orale” poteva richiamare. Un secolo fa Arthur Drews segnalò questa possibilità:
O le Epistole Paoline sono genuine, e in quel caso Gesù non è una personalità storica; oppure egli è una personalità storica, e in quel caso le Epistole Paoline non sono genuine, ma scritte in un periodo assai posteriore. Questo periodo più tardo non avrebbe avuto alcuna difficoltà nel sollevare alla sfera di una deità un uomo di tempi precedenti che era noto solo tramite una tradizione vaga. [Drews 1912:117]
Robert Price nota che “Robertson è specialmente vicino a Drews quando lui definisce le alternative in questo modo”:
Non segue in realtà che il periodo di Paolo fu quello che rappresenta la tradizione. La ragionevole inferenza dalla sua dottrina è che il suo Gesù fu o una costruzione mitica oppure una mera tradizione, una remota figura detta di essere stata crocifissa, me non più a lungo storicamente rintracciabile. Se il Gesù di Paolo, come è concepibile, è meramente una memoria nominale dell'assassinato Gesù ben Pandera del Talmud (intorno al 100 A.E.C.), Paolo stesso potrebbe appartenere ad un più antico periodo di quello tradizionalmente a lui assegnato.... La sola conclusione aperta è che la dottrina del Gesù dei vangeli è interamente una costruzione di propagandisti del culto, perfino come è Gesù il Dio operatore di miracoli. [Robertson 1911:237. Citato da Price 2011:372]
(NazarethGate, pag. 416-417, mia libera traduzione)
Marcione/“Paolo” aveva il diritto di perdere di vista l'oggetto del “suo” amore, un ipotetico Gesù storico.
Ma Paolo l'Apostolo non può avere quel diritto: lui avrebbe conosciuto chi era il Gesù storico, SE il Gesù storico era esistito. Lui avrebbe conosciuto l'oggetto del suo amore. E ci avrebbe messo a parte, noi, dopo 2000 anni, della conoscenza dell'uomo che Paolo amò così intensamente e immensamente. Ma così non fu. Così non accadde. Così non successe. Paolo non aveva nulla da dire del suo Gesù, perchè quel Gesù non poteva esistere, per un Paolo veramente vissuto, ma solo per gli innumerevoli “Paoli” immaginari che da Marcione in poi l'umanità avrebbe simulato a propria recondita immagine e somiglianza. Paolo, perfino come una chimera, continua a fungere da specchio attraverso il quale riflettere su noi stessi l'immancabile impronta divina, assunta a priori, di Gesù.
Accettiamo qui per amor di discussione che Paolo non è mai esistito, che in sua vece esistette Marcione come autore delle “lettere” in suo nome.  
Che ne è allora di Gesù? Gesù era ciò che Marcione voleva che fosse: l'angelo, il salvatore, che scende sulla Terra “in forma di uomini”. Ma quali “uomini”? Gli uomini realmente esistiti attraverso cui “Gesù” era esistito. Gli stessi originali apostoli di “Cristo Gesù”. Nella luce dei cui occhi traspariva la vera essenza dello spirito loro possessore: lo spirito salvifico di Gesù.

Così Salm:
Mentre Doherty ha percepito l'aspetto spirituale di Gesù, lui sostiene che la sofferenza e la crocifissione furono interamente nel reame spirituale. Comunque, questo capitolo presenterà una vista alquanto differente: un uomo invero soffrì e morì sulla terra - un uomo per prima pensato di essere stato posseduto da Gesù.
(ibid., pag. 411)
L'uomo su cui lo spirito del Cristo si era posato non era un unico uomo, ma più di uno. E anche se fosse stato uno, uno solo e solo lui, la vita che gli fu attribuita nel primo vangelo e nei successivi è troppo evasiva, generica, innaturale per poterlo riesumare dalle sabbie del tempio e della Storia. Quell'uomo, o quel gruppo di uomini e donne, è perduto per sempre. Basti sapere che quell'uomo fu il mero corpo posseduto dallo spirito di Gesù. Il tentativo di Marco, di rappresentare in un “Nazareno” quel singolo posseduto dallo spirito di “Cristo Gesù”, almeno a partire dal suo battesimo, è in realtà altamente strumentale e artificiale. Marco rappresentò Gesù come lui voleva che fosse ma Marco non ci dà alcuna evidenza che il Gesù di “Paolo” fu davvero quel particolare uomo descritto da Marco (dal momento che lo stesso Gesù di Marco manca del tutto di particolarità umane, denso com'è di simbolismo midrashico). E alla luce dell'enorme debito che Marco ha nei confronti di Mcn, quella è la conclusione più probabile: Marco è semplicemente il più recondito pio desiderio di “Marco”, e quel pio desiderio non può sopravvivere di fronte alla drammatica consapevolezza che il Gesù dietro “Paolo”/Marcione fu un uomo (o un insieme di uomini) del I secolo A.E.C. o E.C., irrimediabilmente perduto di vista.

Ma perfino se Marco voleva divertirsi a fantasticare sull'uomo dietro “Paolo”/Marcione, al pari di qualsiasi altro evangelista dopo di lui, non sarebbe questo ancora storicismo, seppure illustrato in una forma del tutto singolare?
Secondo la definizione di storicità minimale data da Richard Carrier, quello riferito da Marco sarebbe ancora, tutto sommato, degno di essere chiamato “Gesù storico”?
  1. Un uomo reale in qualche punto chiamato Gesù acquisì seguaci nella sua vita, che continuavano come un movimento identificabile dopo la sua morte. 
  2. “Questo è lo stesso Gesù che fu dichiarato da alcuni dei suoi seguaci di essere stato ucciso da autorità ebraiche e romane”.
  3.  “Questo è lo stesso Gesù che alcuni seguaci presto cominciarono ad adorare come un dio vivente (o semidio).
(OHJ, pag. 34, mia libera traduzione)

Per onestà intellettuale, la risposta è , perchè comunque lo stesso individuo sarebbe da intendere dietro ogni concezione cristiana di “Gesù” del I e del II secolo, al di là se eretica o proto-ortodossa.
Ma la risposta è anche NO. Perchè, se è vero che “Paolo”/Marcione aveva lui in mente, lui non era ciò che Marco (o Matteo, o Giovanni, o lo stesso Mcn) volle che fosse.
L'uomo prima pensato di essere posseduto da “Gesù” da Marcione poteva essere stato il Cristo Ianneo, Giovanni il Battista, Yeshu ha-Notzri, Ben Stada, “Balaam”, Dositeo, Simon Mago, Giacomo il Giusto, il Maestro di Giustizia, Giuda il Galileo, il Profeta Egiziano, o qualunque altro evanescente profeta nei cui occhi si riverberava lo spirito possessore del “Cristo Gesù”.

Questo non è storicismo strictu sensu, ma neppure miticismo nella sua più semplice versione minimale. Non è nemmeno agnosticismo gesuano, dal momento che nega la possibilità che il Gesù di “Paolo” fosse puro spirito. Salm in persona non può fare a meno di chiamarlo SEMI-MITICISMO. Ma secondo la ferrea logica di Carrier, esso sarebbe ancora da etichettare come storicismo, e io concordo.

Quindi, per negare la storicità di Gesù è essenziale e indispensabile la storicità dell'uomo chiamato Paolo. 

Nessun commento: