venerdì 10 ottobre 2014

Roland Fischer & il «Fondatore Fondato» col Potere della Scrittura




Satana, condannato a una condizione di vagabondo, di girovago, di nomade, non ha una dimora sicura; pur avendo, infatti, come conseguenza della sua natura angelica, una sorta d'impegno sulla distesa liquida o sull'aria, è tuttavia sicuramente parte del suo castigo il suo essere... privo di un luogo, o di uno spazio fisso su cui gli sia concesso posare la pianta del piede.
(Daniel Defoe, The History of the Devil) 
...l ' " Andare a Messa ",
si è trasformato in un'invisibile cerimonia quotidiana
di eguale valore e significato.
E tutti siamo partecipanti
senza rendercene conto.
E il legame presente di continuità
è garantito dal permanere
della " Cerimonia Radice ".
Come in un albero, ne acquisiamo i frutti
e ne moltiplichiamo i semi,
senza sapere che il Rituale
deriva ancora
dalle nascoste ramificazioni sotterranee.

(estratto da una poesia di Stefano Manni, che ringrazio)



Ben vent'anni fa era uscito un articolo accademico completamente ignorato nonostante l'aver passato la peer-review (il suo autore era un famoso psichiatra di fama internazionale che evidentemente non aveva bisogno di presentazioni nel suo campo) incentrato sul Potere della Scrittura.

On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind
di Roland Fischer.

L'articolo completo è disponibile gratis qui.

Perchè lo cito? Mi è sufficiente tradurre il sommario per motivarne la ragione:
La natura psicoterapeutica della parentela tra letteratura e  religione è parte integrante dell'imperativo di raccontar-storie che noi abbiamo in mente. Non c'è uno straccio di prova che un personaggio storico Gesù è esistito, per fare un esempio, e il cristianesimo si basa su una finzione narrativa di alta qualità letteraria e catartica. D'altro canto il cristianesimo si preoccupa della narrazione di cose che realmente si svolgono nella vita umana. L'animale umano è soggetto a programmi biologicamente e socialmente determinati che collidono frontalmente con la moralità di tradizioni laiche e religiose. Quindi il senso del peccato prende luogo nella vita umana, e la coscienza del peccato è un vero e proprio evento e così sono la disperazione e la salvezza attraverso la fede.
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)

Dunque già da qui si intuisce che l'autore è stato costretto a toccare di striscio il tema delle origini cristiane (e il fatto relativo che Gesù non è mai esistito come figura storica) perchè voleva enfatizzare abbastanza il valore catartico e purificatore della religione quando si unisce alla fiction, ovvero alla finzione auto-suggestiva della Scrittura.

La citazione d'esordio sintetizza efficacemente il frutto di quella complessa sintesi tra fede e letteratura.

La fede finale è credere in una finzione, che si sa essere una finzione, non essendo nient'altro. La squisita verità è sapere che si tratta di una finzione e che si crede in essa volentieri. 
Wallace Stevens (mia libera traduzione)

Si tratta di una frase efficace perchè descrive il comportamento non dei cristiani attuali idioti (per spiegare la stupidità umana non c'è bisogno di scrivere un articolo accademico) ma degli stessi cristiani e folli apologeti di tutte le generazioni che sono tali pur essendo persone intelligenti. Perchè, con tutta la loro intelligenza, o forse proprio per quella, loro SANNO ''che si tratta di una finzione'' e tuttavia credono ''in essa volentieri''. Credono nella presenza di un minuscolo nucleo storico su Gesù mimetizzato dalla finzione. Storicisti atei come Gerd Lüdemann o John Dominic Crossan o studiosi seri come John Shelby Spong hanno tutte le capacità intellettive per riconoscere che i vangeli sono puri miti (Crossan li chiama parabole, Spong li chiama midrash)  dall'inizio alla fine, e tuttavia, pur sapendo e riconoscendo questo Fatto, persistono ancora nel credere che solo un carismatico genio religioso dalla fortissima personalità poteva essere all'origine della creazione di quei miti intorno alla sua figura, e nessun altro.

Come spiegare dunque quello che non è evidentemente frutto di un calcolo razionale, ma solo l'atto inconsulto e inconscio di fede, senza se e senza ma, nell'esistenza storica del leggendario Gesù di Nazaret?

Bisogna rintracciare l'origine di questo comportamento nel Potere della Scrittura.

La "Funzione affabulatrice" di Henry Bergson (nella sua evoluzione creatrice, 1907) si riferisce alla parentela tra religione e letteratura. La "funzione del raccontar-storie" è una spinta creativa specificamente umana per l'interpretazione coerente di inspiegabili e incoerenti immagini, eventi, sentimenti e desideri. L'invenzione degli Dei, mito e narrazione epica e, infine, di 27 secoli di letteratura - da Omero a James Joyce; cioè, dall'omerico Ulisse all'Ulisse di Joyce - trae origine nella "funzione affabulatrice," l'urgenza di scrivere e leggere fiction, creando personae le cui storie ci raccontiamo a noi stessi.
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)


Gli esseri umani hanno una tendenza congenita nel loro DNA ad amare le storie e le favole o qualsiasi racconto di eventi con tanto di trama, personaggi e motivi dietro i personaggi. Se qualcosa non vi viene spiegata a mò di racconto, difficilmente ce ne ricordiamo. Ecco perchè i libri divulgativi di economia e di matematica son difficili da scrivere e difficilmente arrivano ai primi posti nelle classifiche di vendita. Si pensi ai più grandi libri della letteratura mondiale. l'Iliade, la Divina Commedia, l'Amleto, ecc.  Le storie, e solo le storie, ''vendono''.   Fortunatamente per la religione, quello che affascina sono ciò che viene presentato a mò di storia, racconto, affabulazione, favola, mito. Ecco perchè la religione parte con un enorme vantaggio psicologico nel suo persuadere la gente a domandarsi ''le grandi domande sul senso della vita, su Dio e sull'universo'' e a trovare le ''giuste'' risposte.

I fatti scientifici richiedono, per essere compresi, di trovare una verità nelle equazioni, teorie, modelli, leggi naturali. Mentre la maggior parte dei ''fatti'' religiosi sono falsi perchè sono storie che sono state inventate. La scienza non gode di ottima fama perchè, spietato convitato di pietra, sta lì lì a rammentare che le storie che ci inventiamo per dare ragione dei fatti del mondo altrimenti inspiegabili e incontrollabili sono tutte basate su un mucchio di illusioni.
Non importa quanta ''profonda verità'' possa essere in grado di veicolare una favola, fosse pure un grande genio mistico e letterario a raccontarla, quella favola non è nè più ne meno che solo e soltanto una favola.
Il più freddo disincanto deve perciò essere in grado di vedere attraverso i veli suggestivi del racconto, il confortante senso di sicurezza e completezza offerto da una storia che risponde a tutti i dubbi della vita, la percezione del sollievo che si prova quando assicuriamo che tutti i punti sono stati connessi in una plausibile armonizzazione apologetica della propria fede religiosa. Armonizzazione che è in realtà pura cospirazione.

Ecco perchè i folli apologeti fondamentalisti dell'integrità dei nostri testi, coloro che a tutti i costi si rifiutano ad esempio di riconoscere che le opere di Tacito e di Giuseppe Flavio e le lettere di Paolo sono state interpolate dai cristiani ortodossi (vedi il caso di J. B. Pischedda), non sono nient'altro che fondamentalisti dell'inerranza sotto nuove, e più allietabili, mentite spoglie. Puri complottisti.

E in questo senso sono gente malata,
affetta da una demenza apologetica che non ha bisogno di virus fisici per manifestarsi. Come tale, questa gente, di un mondo che si rifiuta di ragionare, ha bisogno di guarire dal suo inguaribile amore per le storie e le favole.


Gli storicisti preferiscono ascoltare storie che fanno senso, nel modo più convincente possibile, perfino a costo di scomodare della vernice ''scientifica'' di mera presentazione, dei fatti altrimenti per loro inspiegabili delle origini cristiane, rivelando i loro più reconditi significati. La favola 2.0 che amano sentirsi dire (magari da dietro una cattedra universitaria) spinge loro a convincersi di quanta ragione abbiano a credere nella favola 1.0 in cui credevano da piccoli, a dispetto di una favola originaria dal contenuto apparentemente ostile alle più semplici leggi naturali e dunque in costante necessità di una razionalizzazione continua nel tempo per continuare a suonare persuasiva come lo fu la prima volta che fu letta, e ascoltata, nel mondo.
Quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino
e ragionavo da bambino. Ma, diventato uomo, ciò che era da bambino
l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio,
in maniera confusa. Ma allora vedremo faccia a faccia
.

(Prima lettera ai Corinzi 13:11-12)


Ma ecco allora perchè gli storicisti non sono in realtà mai psicologicamente soddisfatti da una spiegazione scientifica delle origini cristiane che faccia totalmente a meno dell'incognita ''Gesù storico''. Perchè per loro la bella storia al cui ascolto miravano fin dall'inizio, la favola che ardevano sentirsi dire in fondo in fondo, È ''Gesù''. Ecco perchè ne ritagliano costantemente un ruolo, una parte, per quanto umile e ombratile e sfuggente, nella favola prima facie ''scientifica'' e razionalizzante che giorno dopo giorno sono costretti a perfezionare. E nuovi vangeli vengono scritti. Non si è mai smesso di produrli fin da quando è stato scritto il primo vangelo che calò Gesù la prima volta sulla Terra. La forza propulsiva scatenata da quel primo vangelo è ancora all'opera, non essendo nient'altro le varie ricostruzioni dei moderni folli apologeti che puri vangeli moderni, riproposizioni via via sempre più complicate ed elaborate dello stesso, medesimo mito originario, all'unico fine di convincerci e impressionarci sempre più (o ancora per poco?) della sua invincibile e più profonda Verità.

E quella tendenza a storicizzare Gesù è ancora in corso, perchè è installata oramai, come puro, volontario e inconscio atto di fede, nel cervello dell'umanità occidentale (perfino se ex-cristiana). L'amore per ''Gesù'' viene prima dell'amore per il ''Gesù storico'' al punto da essere tutt'uno con esso,  e certamente costituisce la più grande, enorme barriera contro la comprensione di quel che la vera e più autentica ricerca scientifica ha da dire su Gesù: ossia che non è mai esistito come personaggio storico.


Ecco perchè un vangelo seguirà per spontanea necessità ad un precedente vangelo, allo stesso modo in cui il primo vangelo costituì in realtà una mera riproposizione midrashica di letteratura sacra precedente:

Come un'esplosione galattica di un milione di anni luce fa  che esiste solo ora, mentre è osservata: la verità del mondo o - la fiction finale - se deve entrare in un libro, sarà un libro plasmato da e almeno in parte contenente un libro precedente ... per renderlo valido ora" (Kermode 1989: 215).

E' in questo senso che Origene, il Padre della Chiesa, ha voluto mantenere la continuità tra l'Antico Testamento - il significante o la lettera - e il Nuovo Testamento - il significato o lo spirito.
Il primo libro parla allegoricamente del secondo. Il secondo parla - talvolta con parabole, a volte direttamente - di qualcosa d'altro (Eco 1984: 148). Il ponte tra i due Testamenti potrebbe essere ricondotto a Luca 24:27 dove si dice (in una traslitterazione neoplatonica) che l'Antico Testamento è l' ectipo, l'immagine dell'idea, mentre il Nuovo Testamento è l'archetipo, l'ideale platonico.

(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)


E il risultato di quella ''poca favilla gran fiamma seconda'' che costituì il primo vangelo, ovvero la prima volta nella Storia, autentico e geniale punto di svolta tra due epoche che si toccano per mano nella penna del primo evangelista, che balenò a qualcuno l'idea di concepire il cosmico ''Cristo Gesù'' in un suo Avatar sulla Terra, non può che esprimersi metaforicamente nella bellissima immagine di un ''gigantesco Gesù seduto a una scrivania, mentre minuscoli evangelisti  sussurrano al suo orecchio'' tutti intenti senza posa a crearlo man mano che incapsulano in lui la loro più profonda Verità.

Analogamente, per Joyce, Omero è un libro sacro, e forse il vero modello di Ulisse è il Nuovo Testamento in relazione all'Antico. Così Ulisse può offrire un forte indizio - in ogni caso nel giusto modo - di leggere la Bibbia. Ulisse così diventa transustanziato in un gigantesco Gesù seduto a una scrivania, mentre minuscoli evangelisti  sussurrano al suo orecchio; e non solo gli evangelisti, ma intere comunità, chiese, gruppi di figure ancor più minuscole i cui nomi e volti noi non riusciamo a elaborare, che alimentano le linee di Gesù le quali crescono a dismisura a partire da tradizioni orali e pratiche liturgiche, trasmesse e alterate ... e poste sulla sua bocca. Le parole di Gesù sono dettate da coloro che lo seguivano; il Maestro è l'effetto prodotto da coloro che sono creduti i riceventi dell'insegnamento. Tu vedi il  ... capovolgimento qui; Gesù come effetto, vale a dire, non un contenuto originale che è preservato e comunicato ... ma un contenuto che è prodotto dai seguaci; il fondatore è fondato. (Caputo 1990)
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera tradizione e mai enfasi)

Con effetti di quell'enorme allegoria spacciata per Storia Vera non proprio positivi:

Fu Gesù che fu poi giustiziato dai romani con l'accusa politica di sedizione, che viene accuratamente nascosta nei fantasiosi racconti evangelici (Falvey, 1993). Cosa divenne perpetrato con orribile successo per quasi due millenni fu la finzione di Matteo che gli ebrei, dopo che Pilato si lavò le mani, presero volontariamente su se stessi e sui loro figli la sanguinosa responsabilità della Crocifissione (Kermode 1979: 20).
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione)


Ma la verità era ben altra:

Non è possibile confrontare quanto sopra con quel che abbiamo, precisamente, che non c'è un briciolo di prova che un personaggio storico Gesù è esistito. Il solo unico passo nel cosiddetto Testimonium Flavianum, una breve descrizione di Gesù nel Libro 18 delle Antichità dei Giudei, è una forgery secondo Hubert van Giffen (Giphanius), uno studioso protestante (nato nel 1534).

Una delle più importanti pubblicazioni fu fatta nel 1655 da Tanquil Faber (Tannegui Lefebvre), in un articolo intitolato "Flavii Josephi de Jesu Dom. testimonium suppositum esse T. Fabri diatriba."  Nel quale suggerisce che Eusebio, uno storico cristiano del quarto secolo, fabbricò il T. F. per soddisfare i suoi obiettivi. 
...
Naturalmente, nessuna certezza assoluta può essere raggiunta, ma l'evidenza che il passaggio che afferma l'esistenza di Gesù è una frode è schiacciante.

(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)

E Paolo?

È sconcertante vedere come Roland Fischer, perfino prima della pubblicazione di The Jesus Puzzle (1999) di Earl Doherty, fosse giunto parzialmente, nonostante fosse a digiuno di greco e di più esaustiva ricerca, alle stesse conclusioni, con la sola forza della logica:


Non solo non c'è un briciolo di evidenza che un personaggio storico Gesù è vissuto, ma non c'è nulla che Paolo mai riferì di un tale personaggio. Tutto ciò si inserisce con la vista che Paolo stava cercando di porre attraverso insegnamenti mistici fondamentali riguardanti la "figliolanza", cioè, la mistica trasformazione, utilizzando le idee accettate dall'antica India, stoicismo, ecc (forse essendo coltivate nella cosmopolita università stoica di Tarso). Il racconto evangelico può essere spiegato interamente come la messa in scrittura - circa 50 anni dopo la morte di Paolo - di un "mistero" che riflette la funzione mistica del "Figlio": Dio che nasce in noi, come nei misteri Minoici. Questo punto di vista si connetteva direttamente ai misteri dell'Asia Minore in cui Dio moriva e poi risorgeva di nuovo, e il Salvatore è stato chiamato anche Ieso, uno dei dattili Minoici. Attraverso l'adozione del titolo divino, insieme a "Signore", di "Messia"  (ho christos) e Jes(h)u(s) = Joshua = Ieso, tutti a significare Salvatore, l'insegnamento di Paolo fu in contatto diretto non solo con l'Asia Minore e la Grecia, ma anche con Ebrei che avevano in parte adottato idee mistiche ellenistiche ("Gesuisti"). L'insegnamento stesso, per quanto riguarda la liberazione dall'"errore" del "mondo" è fondamentalmente buddista, anche se termini non-buddisti sono favoriti in altre regioni del pensiero mistico. Non c'è nessun autentico riferimento a un Gesù storico o alla crocifissione come un evento storico nelle lettere di Paolo.
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)

Quando dà del ''buddhista'' all'insegnamento dell'uomo chiamato Paolo, addirittura Fischer anticipa Roger Parvus che ne fa il fondatore stesso della gnosi, Simon Mago.


E non solo. Animato di un implacabile spirito scientifico, Roland Fischer porta freddamente alle più radicali e logiche conclusioni la consapevolezza che Gesù è puro mito, denunciando come perfino il ''ritratto'' più moderno (per i suoi tempi) dato a Gesù non costituisca altro che una moderna fiction, e dunque un mero vangelo moderno per orecchie moderne che vogliono rivedere con occhi moderni lo stesso mitologico film dell'Avatar del cosmico Gesù sulla Terra.
Chi era allora "Gesù l'Ebreo"? Era una finzione che si è fatta carne o era un uomo di carne e ossa  per  diventare fiction narrativa? Gesù, il Galileo Ebreo, era dalla mentalità indipendente, non istruito (a differenza dei farisei di Gerusalemme), "carismatico", un hasid, esorcista, guaritore, maestro popolare -in breve, un notevole e per molti versi ammirevole rappresentante di un tipo noto del giudaismo del primo secolo. Era un tipo non molto approvato dal giudaismo ufficiale, e totalmente ignorato dal successivo dogmatismo cristiano (Vermes 1.983,15-29).
La fiction si sforza di imitare la Storia. Ma la Storia a sua volta gravita verso la fiction. Siamo lasciati, quindi con uno strano circolo come le famose "Mani che disegnano" di Escher: le persone inventano storie.
Quelle storie, a loro volta, partecipano nel determinare le persone - le loro percezioni, il loro discorso, la loro cultura e il loro concetto di sé (Bruner 1986: 66-67). Noi veniamo catturati all'interno di un circolo ermeneutico in cui la percezione del soggetto di una teoria sul mondo/testo è un prerequisito per l'interpretazione, ma dove la teoria limita il campo visivo così che l'interpretazione è atta a confermare la teoria. Il funzionamento dell'immaginazione fantasiosa è più che analogo: le storie sono teorie, il cui rapporto con la realtà percepita è  autoavverante.
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)


Addirittura qui è contenuto in nuce lo stesso pensiero che esporrà l'accademico miticista (nonchè prete cattolico) Thomas L. Brodie:


È possibile che l'induismo, il buddhismo, l'ebraismo e il cristianesimo ciascuno avessero una decisiva figura storica guida alla loro origine, ma non si tratta delle figure che quelle religioni illuminano.
I fondatori, se uno o molti, avrebbero saputo che le religioni che stavano fondando erano incommensurabilmente più grandi di loro stessi. E così, nel caso biblico, quel che posero avanti non erano loro stessi ma le figure di Mosè, di Paolo e di Gesù, figure che meglio incapsulavano la verità che loro, i fondatori storici, avevano esperito.

(Beyond the Quest for the Historical Jesus: Memoir of a Discovery, pag. 174-175, mia libera traduzione e mia enfasi)


Queste parole di Thomas Brodie riassumono l'essenza stessa del miticismo.

L'unica vera ''ragione'' (ma per i più freddi tra noi chiaramente non è affatto una ragione) per cui, nonostante tutto ciò che parla di ''Gesù'' è puro mito la gente preferisce credere ad ogni caso ''a Gesù'' come origine e termine di tutto quel puro mito è perchè non può fare a meno di pensare ad un umano e ''storico'', dunque VERO, Primo Motore Immobile, ad un Grande Originatore del Tutto, e non hanno importanza tanti giri di parole per nascondersi dietro di esse (come fa il folle apologeta cristiano Mauro Pesce che oscilla visibilmente tra l'uso dei termini ''originatore del cristianesimo'' e ''fondatore del cristianesimo'' per Gesù) perchè sempre di Punto di Inizio Imprenscindibile e Necessario si tratta. Come il Big Bang. Come Dio.

Ad esempio, io sono d'accordo con Roger Parvus almeno su un punto: e cioè che l'uomo chiamato Paolo era davvero uno dei grandi geni religiosi dell'umanità e dunque il miglior candidato a figurare come il vero ''Gesù storico''.

In fondo, esiste la concreta possibilità che solo Paolo fu il primo, se non a parlare di Cristo crocifisso (come sospetto), ad enfatizzare lui solo il Cristo Risorto (come il prof Markus Vinzent ha dimostrato).

Laddove è semplicemente un fatto che il primo vangelo considerato più antico, Marco, crea il suo personaggio principale mettendo insieme detti ed episodi della vita di Paolo attingendoli a discrezione dalle sue lettere autentiche. Questa priorità di Paolo alla candidatura al titolo di ''Gesù storico'' è confermata, e per ovvi motivi, perfino se fosse stato Marcione l'autore del primo vangelo, con tutti gli altri vangeli, a cominciare da Marco, a seguire.


Ma perfino così, perfino poggiando allegoricamente sulla solida roccia di un personaggio veramente esistito, ossia l'uomo chiamato Paolo, la Non-Vita di Gesù rimane pur sempre quella di un Avatar sulla Terra del cosmico ''Cristo Gesù'' esperito per allucinazione dallo stesso Paolo.



Ma Roland Fischer, non contento di essere precursore di così importanti autori, si spinge ancora oltre, proponendo un'idea veramente originale che tradisce tutto il suo genio e la sua notevole esperienza nel ambito terapeutico:


In quanto una specie di mammifero che è in larga misura umana, noi siamo soggetti a imperativi biologicamente e socialmente programmati che collidono frontalmente con la moralità di tradizioni laiche e religiose. Quindi, il senso del peccato è qualcosa che avviene nella vita umana e in questo senso, "il cristianesimo non è una dottrina su quello che è accaduto o accadrà all'anima umana, ma una descrizione di qualcosa che avviene effettivamente nella vita umana. Infatti il senso del peccato è un vero e proprio evento e così sono la disperazione e la salvezza attraverso la fede. Coloro che parlano di queste cose stanno semplicemente descrivendo quello che è successo a loro, qualunque vernice ognuno possa voler porre su di esso" (Wittgenstein a proposito di Bunyan, citato da Cioffi 1993).
(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione e mia enfasi)

Nelle parole di Thomas Brodie quando criticò l'insulso libello apologetico di Bart Errorman:
L'impresa conteneva la costruzione di una storia - fiction narrativa storicizzata - specialmente circa Gesù e Paolo, e tale fabbricazione della storia può esser descritta con termini tali come fiction, mito, invenzione, cospirazione e forgery (Ehrman 2012: 82, 114). Gli stessi termini possono essere usati della Torah, il Libro di Mosè, che non fu scritto da Mosè. Ad un livello quei termini sono veri, ma usati peggiorativamente mancano il cuore della questione, precisamente che, a dispetto del loro uso del racconto e dei loro  miti, la Torah, i vangeli e le epistole contengono una più profonda sapienza. (Beyond the Quest for the Historical Jesus: Memoir of a Discovery, pag. 231, nota 2, mia libera traduzione e mia enfasi)

Per illustrare questo punto fondamentale che gli storicisti troppo presto sottovalutano, si guardi quale esempio storico porta alla luce Roland Fischer:
«Che il cristianesimo non è una dottrina, ma una descrizione di qualcosa che avviene effettivamente nella vita umana» potrebbe essere illustrato da un estratto dalla vita di Madeleine che, se fosse nata tra i secoli 14° e 17° poteva essere stata una santa. Ma essendo nata verso la fine del 19° secolo, è stata ricoverata nel Salpetrière, Parigi - lì per 22 anni, ogni Venerdì ostentando le stimmate di Cristo. Pierre Janet, il famoso psichiatra, ha descritto la storia del suo caso in De I'Angoisse s I'Extase in due volumi (1928), e la seguente discussione tra  Madeleine e il dottor Janet è tratta dal primo volume:

Ad un certo punto Madeleine trasmette al suo medico che lei ha dato vita a Cristo, dopodichè Janet le chiede: "In quale anno siamo?" Madeleine: "1897". Janet: "Allora, l'autentico Cristo è nato 2000 anni fa; quindi, colui che è appena nato deve essere un altro Cristo". Madeleine: "Ma di che sta parlando? La nascita di Cristo si svolge ogni anno, ed è sempre la stessa nascita nello stesso senso in cui la Sua Incarnazione accade anche ogni volta che si svolge la santa Comunione." (449-450)

La coscienza del peccato e della disperazione, e il desiderio di salvezza sono realtà esperienziali di  persone circondate dappertutto dalla morte, dal decadimento del corpo, e dalla scomparsa di esistenza cosciente. Per molte persone questa è una situazione intollerabile, e vogliono andare avanti e continuare ad esistere, a sopravvivere alla morte e vivere dopo la morte, una nuova incarnazione, o almeno alla sopravvivenza nella memoria sociale del loro nome -  cioè, vogliono subordinare l'uomo/la donna alla creatura della loro illusoria immaginazione.

(On The Story-Telling Imperative That We Have In Mind, mia libera traduzione)


E forte di questa autentica dimostrazione, posso comprendere ancor più profondamente cosa voleva dire il prof Brodie quando scrisse:
...le storie possono veicolare verità e spesso fanno così molto più efficacemente dei fatti di Storia. I fatti possono in verità essere fatti, ma essi sono spesso così scollegati e stantii da non comunicare quasi nulla.
Tuttavia ... una grande scrittura, anche se un'opera di fantasia, può raggiungere il cuore.

(Beyond the Quest for the Historical Jesus: Memoir of a Discovery, pag. 196, mia libera traduzione e mia enfasi)

Questa è la profonda verità del miticismo, la vera morale dell'intera faccenda.

Non esistono fatti meravigliosi. Esistono storie meravigliose.

Se già riconosci con disincanto che è stato l'Avatar sulla Terra del cosmico Gesù celeste, e non Gesù, a spezzare la Storia in due tronconi, ''Avanti Cristo'' e ''Dopo Cristo'', allora non puoi più accettare la storicità di Gesù senza un minimo straccio di prova della sua esistenza.

Questa è la profonda differenza che mi divide dagli storicisti: loro credono, vogliono credere e/o non possono fare a meno di credere che un individuo storico deve aver inevitabilmente indotto altri a creare per lui un Avatar sulla Terra, mentre io penso che è stato QUELL'Avatar sulla Terra (ovvero l'Avatar terrestre di un un originario Gesù celeste) ad aver indotto altri inevitabilmente, cristiani e non cristiani, a credere ciecamente all'esistenza storica di Gesù (subentrando nel medesimo circolo vizioso inaugurato dal primo vangelo loro malgrado).


Per gli storicisti il fatto necessario è un uomo dietro il mito, un uomo dietro un qualunque mito (dietro Buddha, dietro Shiva, dietro Maometto, dietro Mosè, dietro Gesù, dietro Zeus, dietro Osiride, dietro Osiride, ecc.) ''perchè non può essere altrimenti''.

Mentre per me un fatto meramente contingente e non affatto necessario è che il Gesù dei vangeli sia una cifra nascosta di un uomo (nella fattispecie, l'uomo chiamato Paolo).

Per gli storicisti il fatto contingente, che può accadere come non accadere, è in linea di principio la divinizzazione di un uomo ad altezze ''quasi deo''.

Per me invece il fatto necessario è che la religione, ogni religione, vuole continuamente vendere sè stessa per trovare nuovi proseliti, e per farlo non esita a inventarsi di volta in volta miti: miti che vogliono che anche altri accettino (e vendano) con lo stesso loro zelo. E per raggiungere questo scopo i creatori dei miti non esitano a ricercare compromessi pur di accarezzare più interessi possibili, quando agire così produce l'effetto desiderato. E non importa se per soddisfare il maggior numero di interessi tra loro a volte anche contrastanti il prodotto finale della loro creazione presenta dei tratti finali goffi e perfino imbarazzanti per effetto inevitabile di quel drammatico compromesso iniziale.

E quando quei miti vengono creati, come l'Avatar di Gesù sulla Terra fabbricato col primo vangelo scritto, non ci vuole molto tempo per spacciarli come Storia Vera prima o poi nell'opinione comune, nel giro di qualche anno.

Ma i fatti meravigliosi sono rari. Mentre le storie meravigliose sono in numero praticamente infinito, da quando è nata l'umanità, nella notte dei tempi.

Aggiungi al Potere intrinseco della Scrittura la precisa volontà di convertire la gente al tuo stesso dio... ...e il gioco è fatto: ecce homo!




Le note musicali non sono più di cinque,
Eppure nessuno può dire di aver udito tutte le loro combinazioni.

I colori non sono più di cinque,
Eppure nessuno può dire di aver visto tutte le loro combinazioni.

I gusti non sono più di cinque,
Eppure nessuno può dire di aver assaggiato tutte le loro combinazioni.

Lo shih della battaglia si limita allo straordinario e all'ortodosso,
Eppure nessuno può dire di aver esaurito tutte le loro combinazioni.

Lo straordinario e l'ortodosso si rincorrono e l'uno genera l'altro,
Come in un cerchio senza inizio.
Chi può esaurire le possibilità derivanti dalle loro combinazioni?

(Sun Tzu, L'Arte della Guerra, Capitolo 5, Lo shih)