domenica 6 aprile 2014

Gesù fu predetto nelle Scritture o fu creato dalle Scritture?

L'eterno dilemma scatenato dai vangeli in tutta la sua virulenza, e che mi rende immensamente grato nei confronti di coloro che hanno preservato le lettere di Paolo (non importa la reale misura in cui quelle lettere sono state pesantemente interpolate, una misura che probabilmente non realizzeremo mai, tuttavia è davvero incredibile, e decisamente sfavorevole agli storicisti,  che, a fronte della concreta possibilità offerta ai trionfanti cattolici di corrompere a man bassa quelle lettere, ancora non vi emerga neppure un eco di un Gesù storico, nemmeno alla lontana, a meno di non leggere forzatamente Paolo con le classiche ''lenti colorate di vangelo'') -- perchè solo quelle lettere permettono di risolvere con un discreto margine di certezza quel dilemma --, è ben espresso nei seguenti termini, apparentemente semplicissimi quanto innocui:

I fatti salienti della vita di Gesù furono davvero predetti dalle Scritture ebraiche, almeno per gli autori dei vangeli? Oppure furono derivati dalle Scritture ebraiche?

 Se la risposta è SI alla seconda domanda, allora diventa più probabile che Gesù non fosse mai esistito.


Ovviamente per constatare la reale misura in cui un brano del vangelo è solo un plagio di un testo sacro precedente, gli studiosi hanno inventato dei serissimi criteri di emulazione, corollario finale di una profonda e seria metodologia. Serissimi perchè, a differenza dei confusi e ambigui criteri di autenticità (o sarebbe meglio chiamarli autentici criteri di confusione?), si possono applicare a qualunque testo letterario per determinare con confidente certezza in quale misura è stato inventato di sana pianta dal suo autore prendendo spunto e ispirazione da testi precedenti e in quale restante misura lascia aperta invece la possibilità che almeno in minima parte rimandi ad un nucleo storico, per quanto minuscolo.

La discussione sui criteri di emulazione la lascio però all'esperto, fiducioso di saperne di più sul loro utilizzo pratico nel prossimo libro di Richard Carrier, On the Historicity of Jesus: Why We Might Have Reason for Doubt, dove un intero capitolo si ripromette di raccogliere tutti i migliori argomenti, fatti finora dall'autore e da altri accademici del Nuovo Testamento, volti a smontare e debunkare uno per uno nei vangeli, ogni singolo ''episodio'' che si è finora preteso gratis ''Storia ricordata'', magari da ipotetici ''testimoni di prima o di seconda mano'', della vita di Gesù, o almeno volti a rendere la sola possibilità del loro ricordo talmente ipotetica e astratta e svincolata da ogni contesto conosciuto, di cui si possa avere un minimo barlume di concretezza, da sembrare quasi evanescente... ...in una parola: inconclusiva.

Invece in questo post parlerò della Bibbia ebraica e di come sia divisa in 3 parti: la Torah (la Legge), i libri profetici e le Scrittue (Kethubhiìm) del popolo di Israele.

Il libro di Daniele non è considerato profetico nell'ebraismo poichè Daniele si pretende vissuto dopo il periodo in cui vissero i veri profeti, Zaccaria, Isaia, Malachia, ecc.

Anche i Salmi non sono profetici, perchè raccolgono solamente le speranze e i sogni di ebrei in forma di canti da cantare con tanto di cetra. 



Perciò il libro dei Salmi, al pari del libro di Daniele, rientra nei Kethubhiìm, nelle Scritture ebraiche, non fa parte della Legge, della Torah, e nemmeno è una raccolta di profezie. Si faccia attenzione a quest'ultima precisazione.

E si veda come viene puntualmente contraddetta:
Io ho detto: ''Voi siete dèi, siete figli dell'Altissimo''.
(Salmo 82:6)

Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi?
(Giovanni 10:34)

Pardon??!  ''Nella vostra Legge''? ?

Ora capisco perchè il vangelo di Giovanni è da più parti oramai bollato come decisamente non-storico, escluso a priori dalla ricerca al pari del peggior vangelo apocrifo del II secolo, e ricacciato come tale in quel periodo.

Gli ebrei hanno davvero ragione a ridere a squarciagola di fronte alla palese ignoranza della loro cultura da parte di un idiota come l'autore del vangelo di Giovanni.

Ma in questo modo però, ancora non bisogna liquidare Giovanni perchè è decisamente inaffidabile quanto a capacità di figurare un contesto ebraico, figuriamoci come lo sarebbe per provare la storicità di Gesù. Perchè non devo cestinare il vangelo di Giovanni nel più vicino bidone della spazzatura?

Perchè, pur nella sua totale ignoranza, ancora quell'idiota di Giovanni si rivela utilissimo per sapere cosa frullava nella testa degli autori dei vangeli.

Ricordi il lettore i termini del dilemma iniziale. Gli storicisti sostengono che la vita di Gesù fu predetta nelle Scritture ebraiche. Dunque, secondo la semplice logica, se x è predetto da y, allora y deve essere un testo profetico. Ma nel caso particolare appena visto, ho appena constatato che il libro dei Salmi non era ritenuto profetico per gli ebrei. Dunque y non è profetico e tuttavia x si fa predire da y, pur non essendo quest'ultima una profezia. La tentazione di buttare a mare Giovanni dopo questo palese errore di incomprensione è fortissima, eppure mi ostino a trattenere il braccio del lettore dal farlo. Ma farò di più: se y (il libro dei Salmi) non è un testo profetico per gli ebrei ma è utilizzato dal cristiano di turno Giovanni come (se fosse) testo profetico, allora significa che Giovanni non ha affatto alcuna intenzione di servirsi di y per predire qualche evento x di Gesù, ma piuttosto sta DERIVANDO l'evento x da un testo y proprio perchè la funzione di y non è quella di predire qualcosa.

Forse Giovanni è talmente idiota e avulso dalla conoscenza minima dell'ebraismo da gettarsi a capofitto a usare qualsiasi libro della Septuaginta per predire (nelle sue intenzioni) a man bassa la ''vita'' di un personaggio che lo stesso Giovanni ormai, in pieno II secolo, ritiene del tutto storico.
Quindi malgrado le mie migliori intenzioni nei confronti di Giovanni, il lettore ha davvero ogni diritto di cestinarlo.

Ma che dire allora del primissimo vangelo, quello di Marco?

Almeno la scena della crocifissione, così centrale al dogma e alla ''Storia'' cristiana, dovrebbe essere stata ''predetta'' da un testo che sia debitamente riconosciuto profetico, avente il valore di profezia, in seno all'ebraismo, fosse pure all'ebraismo della Diaspora, almeno quella scena.

E vedo allora che la crocifissione è ''predetta'' dal salmo 22.
Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato? Te ne stai lontano, senza soccorrermi, senza dare ascolto alle parole del mio gemito!
(Salmo 22:1)


Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
(Matteo 27:46)


spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica.

(Salmo 22:18)

Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte.

(Matteo 27:35)


Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: ''Egli si affida al Signore; lo liberi dunque; lo salvi, perchè lo gradisce!''
(Salmo 22:7)

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo.
(Matteo 27:39)


''Egli si affida al Signore; lo liberi dunque; lo salvi, perchè lo gradisce!''

(Salmo 22:8)

Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!».
(Matteo 27:43)

Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
(Luca 23:46)

Nelle tue mani rimetto il mio spirito; tu m'hai riscattato, o Signore, Dio di verità.
(Salmo 31:5)

Pardon??? ???? ?????? 


Ancora questi fottuttissimi Salmi? Ma se abbiamo detto che non sono testi profetici per l'ebraismo? Eppure qui gli stessi Salmi, pur non profetici, sono - sarebbero, a detta dello storicista - utilizzati come PREDIZIONI di eventi reali poi accaduti.

Altri aspetti della crocifissione sono non da meno derivati da altri salmi:
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!».
(Matteo 27:24) 
Lavo le mie mani nell'innocenza e così faccio il giro del tuo altare, o Signore,
(Salmi 26:6)

gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere.
(Matteo 27:34) 
Hanno messo fiele nel mio cibo e mi hanno dato da bere aceto per dissetarmi.
(Salmi 69:21)

Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno.

(Giovanni 13:18)

Anche l'amico con il quale vivevo in pace, in cui avevo fiducia e che mangiava il mio pane, si è schierato contro di me.
(Salmi 41:9)

Perciò si dovrebbe quantomeno aprire la porta all'altra inquietante possibilità: che l'intera scena della crocifissione deve essere stata DERIVATA dal Salmo e non meramente PREDETTA perchè la funzione del Salmo non è di predire alcunchè e Marco o Matteo avrebbero dovuto quantomeno saperlo di questa loro funzione non-profetica, a differenza dei più avulsi dall'ebraismo Luca e Giovanni.


 Oppure si prenda il famoso episodio di Barabba.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
(Marco 15:6-15)

Pilato deve scegliere se liberare Gesù, che il lettore sa che è il vero Figlio del Padre, e il suo omonimo, un violento sedizioso antiromano, chiamato letteralmente nelle più antiche versioni di Marco Gesù Barabba, ovvero ''Gesù Figlio del Padre''. Così un Barabba è sacrificato mentre l'altro Barabba è rilasciato libero nel deserto. Ovviamente l'enigma viene risolto una volta che si viene a sapere della cerimonia del sacrificio espiatorio descritta in dettaglio nel libro Levitico 16.
Il Signore parlò a Mosè dopo che i due figli di Aronne erano morti mentre presentavano un'offerta davanti al Signore. Il Signore disse a Mosè: “Parla ad Aronne, tuo fratello, e digli di non entrare in qualunque tempo nel santuario, oltre il velo, davanti al coperchio che è sull'arca; altrimenti potrebbe morire, quando io apparirò nella nuvola sul coperchio. Aronne entrerà nel santuario in questo modo: prenderà un giovenco per il sacrificio espiatorio e un ariete per l'olocausto. Si metterà la tunica sacra di lino, indosserà sul corpo i calzoni di lino, si cingerà della cintura di lino e si metterà in capo il turbante di lino. Sono queste le vesti sacre che indosserà dopo essersi lavato la persona con l'acqua. Dalla comunità degli Israeliti prenderà due capri per un sacrificio espiatorio e un ariete per un olocausto. Aronne offrirà il proprio giovenco in sacrificio espiatorio e compirà l'espiazione per sé e per la sua casa. Poi prenderà i due capri e li farà stare davanti al Signore all'ingresso della tenda del convegno e getterà le sorti per vedere quale dei due debba essere del Signore e quale di Azazel. Farà quindi avvicinare il capro che è toccato in sorte al Signore e l'offrirà in sacrificio espiatorio; invece il capro che è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti al Signore, perché si compia il rito espiatorio su di lui e sia mandato poi ad Azazel nel deserto.
Aronne offrirà dunque il proprio giovenco in sacrificio espiatorio per sé e, fatta l'espiazione per sé e per la sua casa, immolerà il giovenco del sacrificio espiatorio per sé. Poi prenderà l'incensiere pieno di brace tolta dall'altare davanti al Signore e due manciate di incenso odoroso polverizzato; porterà ogni cosa oltre il velo. Metterà l'incenso sul fuoco davanti al Signore, perché la nube dell'incenso copra il coperchio che è sull'arca e così non muoia. Poi prenderà un pò di sangue del giovenco e ne aspergerà con il dito il coperchio dal lato d'oriente e farà sette volte l'aspersione del sangue con il dito, davanti al coperchio. Poi immolerà il capro del sacrificio espiatorio, quello per il popolo, e ne porterà il sangue oltre il velo; farà con questo sangue quello che ha fatto con il sangue del giovenco: lo aspergerà sul coperchio e davanti al coperchio.
Così farà l'espiazione sul santuario per l'impurità degli Israeliti, per le loro trasgressioni e per tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda del convegno che si trova fra di loro, in mezzo alle loro impurità. Nella tenda del convegno non dovrà esserci alcuno, da quando egli entrerà nel santuario per farvi il rito espiatorio, finché egli non sia uscito e non abbia compiuto il rito espiatorio per sé, per la sua casa e per tutta la comunità d'Israele.
 Come mi spiegò il dr. Carrier :
La storiella di Barabba è una parabola. È falsa ovviamente (per un numero di ben-documentate ragioni). Imita Levitico 16 e comunica un messaggio sul ripudio dei messia militare e sull'accettazione dei messia spirituali, e quelli che abbracciano i primi moriranno e quelli ch abbracciano gli ultimi vivranno.
...si tratta di una coincidenza troppo improbabile per essere vera, e quindi questo significa che per definizione non è affatto una coincidenza: Barabba si chiama così per indurre il lettore originario a domandarsi del perchè si chiama così, al fine di rammentargli come spiegazione dell'intero ''episodio'' Levitico 16, da cui definitivamente è stato derivato l'intero episodio di Barabba. Nessuna profezia, in questo caso. E non solo perchè il libro del Levitico non è un testo profetico, ma perchè è auto-evidente la natura fittizia e letteraria dell'episodio perchè suona tale perfino per le orecchie di un non-esperto.

E tuttavia, quasi a contraddirmi ancora, lo storicista -- a questo punto un chiaro folle apologeta che ha gettato la maschera -- si ostina a dire che l'episodio di Barabba potrebbe ancora essere storico, opportunamente ''predetto'' ricorrendo a Levitico 16.


Ma come? L'autore dell'episodio sa benissimo che non si trattò di un compimento di Scritture profetiche perchè la scrittura del Levitico non è affatto ''profetica'' e perchè è chiaro il gioco di parole sotteso a Barabba che evoca implicitamente il midrash da Levitico 16, E TUTTAVIA lo stesso autore del vangelo concluderebbe sfacciatamente che si trattò di una ''profezia realizzata'' ? Ma che imbroglione!

Ma aspetta a dirlo: a meno che l'opinione del folle apologeta non sia altro che l'interpretazione successiva cristiana di qualcuno che aveva perso definitivamente il significato originario della storiella (perciò scambiando una INVENZIONE per una PREDIZIONE), come diavolo avrebbe dovuto scrivere l'originario autore di Marco? Avrebbe forse dovuto scrivere

Pilato, volendo soddisfare la folla, liberò loro Barabba per realizzare Levitico 16 

??? ?????? ???????????

Chiaramente non ha nessun senso.

 Naturalmente ad essere derivato dalle Scritture non fu solo l'episodio di Barabba ma anche altri episodi.



La cosiddetta Immacolata Concezione:
Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele, 
che significa Dio con noi.

(Matteo 1:23)


Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.
(Isaia 7:14)


La Strage degli Innocenti:

Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.

(Matteo 2:18)

Così dice il Signore: ''Una voce si ode da Rama,
lamento e pianto amaro:
Rachele piange i suoi figli,
rifiuta d'essere consolata perchè non sono più''.

(Geremia 31:15)

la Fuga in Egitto:
dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 
Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
(Matteo 2:15)


Quando Israele era giovinetto,
io l'ho amato
e dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
(Osea 11:1)


Questo processo si chiama ''Midrash''. Dopo che ci si accorge della sua ubiquità in tutti e quattro i vangeli, fagocitante inesorabilmente ogni lettura letteralista come un rullo compressore, non meraviglia più lo zelo con cui i folli apologeti -- quelli veri -- sono così ardenti e infiammati d'entusiamo perche ciecamente convinti che Gesù ''realizzò'' così tante ''profezie''.

Ma ci sono tutti i presupposti del caso (ricordati di Paolo, caro lettore!) che poteva benissimo essere avvenuto il contrario. Che Gesù non realizzò nessuna profezia. Per il semplice fatto che furono le ''profezie'' a dare una vita a Gesù.  

Mi perdoni il lettore se, sull'onda dell'utilizzo dei Salmi (canzoni, non profezie) per dare una vita a Gesù, io vada così audacemente in profondità da avanzare la suggestiva ipotesi che anche il vangelo di Marco sia, al pari dei Salmi, nient'altro che una lunga, armoniosa canzone allegorica.

In fondo, almeno le scene della Passione, così in debito con i Salmi, devono meritare una colonna sonora di tutto rispetto: non ho ancora finito di esprimere l'idea che già rammento con piacere che il grande regista Mel Gibson ci ha fatto uno splendido film, sulla sola Passione secondo San Matteo.

Ma mediti il lettore sulla mia metafora: il vangelo di Marco come uno stupendo Cantico per Gesù dove un personaggio mitico e fittizio prende suggestivamente vita la prima volta sulla terra, per salvare il vero Israele...

Marco termina bruscamente il suo vangelo, il suo midrash dalla Bibbia ebraica al verso 16:8 (il resto è solo interpolazione successiva).
Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.


Ma perchè ''bruscamente''? Non esiste nulla di incompleto, nulla fuori posto. Perchè Marco sapeva quello che stava facendo. Era totalmente padrone della sua penna. Semplicemente il vangelo termina con quello che è più decisivo, più utile alla vita dei primi lettori consapevoli del midrash, e non ha importanza che tu lo voglia o no definire un sottile ma pervicace indizio gnostico o paolino:

nessuno conosce.


Gesù passa totalmente non notato, non riconosciuto neppure quando proclama il suo ritorno ''alla destra della Potenza'' di fronte ad un cieco sommo sacerdote che lo interroga. 



Qualcuno (William Wrede) parlò efficacemente, riguardo a quell'audace risposta di Gesù a Caifa durante il processo, di ''nascondimento a dispetto della rivelazione'' o qualcosa del genere. [1]

Gesù ha fatto il suo breve passaggio nella Storia in tutta invisibilità, dice Marco, cosicchè ora le stesse Scritture possano auto-realizzarsi, la gente possa rimanere scema e ignorante come prima e soprattutto quelli di noi messi a parte dell'autentico Segreto Messianico possano ereditare finalmente la vita eterna.

Nel finale originale di Marco quindi si forniva implicitamente, sotto gli occhi di un lettore esoterico giunto al culmine della suspense e del ''Mistero del Regno di Dio'', la spiegazione cruciale per un concreto problema storico: il totale silenzio sul Gesù ''storico''.
 

Non importa se per dare quella spiegazione Marco doveva passare sopra le tremende figuracce di discepoli terrorizzati increduli e idioti come Pietro, o sopra le rovinose macerie di una comunità ebraica ignorante, cieca, dispersa e blasfema per aver meritato la giusta punizione per mano di Roma (e dunque per volere di Dio).

Il finale interpolato di Marco vorrebbe risolvere lo stesso problema del PROFONDO SILENZIO sul Gesù storico (o storicizzato) -- del perchè nessuno contemporaneo lo notò, della sua innata ed intrinseca invisibilità messianica e ontologica -- e lo fa grossolanamente ipotizzando una spettacolare quanto stucchevole apparizione di Gesù dinanzi a molti presenti dopo la morte.





Ma nella realtà, nessuno sapeva. Nessuno sa. E quello sarà sempre e solo il vero autentico ''lieto messaggio'' di Marco.


[1
Così di nuovo, MacDonald ha ragione che l'episodio del processo è un genere di scioglimento drammatico dell'intreccio, ma non è il momento in cui la gente inizia finalmente a comprendere il segreto. È, paradossalmente, un altro caso di nascondimento a dispetto della rivelazione. Il segreto è rivelato, ma rimane nascosto.
(fonte: http://vridar.org/2013/03/12/reading-wrede-again-for-the-first-time-9/ )
Wrede era uno storicista, ma nessuno più di lui nel campo storicista è andato così tanto vicino a toccare quasi con mano l'esordio del Gesù mitico sulla terra firma in Marco, da essere sostanzialmente più miticista lui di ben tanti miticisti di mia conoscenza. Devo questo giudizio su Wrede a Vridar.
 
Wrede riconosce che nel vangelo di Marco Gesù spesso è aperto a dimostrare la sua messianicità di fronte a vaste folle. La segretezza è mantenuta nel senso che le masse non comprendono chi sia a dispetto di tutti i suoi miracoli.
...

Io gradirei postare qualcosa al modo in cui Wrede mostra che il vangelo di Marco è proprio tanto storicamente implauisbile e proprio tanto teologico in tutte le sue sequenze e scene quanto lo è il vangelo di Giovanni.
Mi sto iniziando a chiedere ... che Wrede andò davvero vicino a spiegare come un Cristo celeste di Paolo giunse a trovare una vita sulla terra nei vangeli. (Non che Wrede fosse miticista, naturalmente).