mercoledì 16 aprile 2014

Di quello che non può dirci il vangelo, del perchè Gesù doveva morire nel primo vangelo, dei palesi anacronismi del primo vangelo, della sua altissima cristologia e di cosa può implicare

Il lettore non si faccia illusioni di sorta. Quello che va tanto di moda sotto l'etichetta di ''Gesù storico'' è solo un concetto astratto e ipotetico creato al puro scopo di rendere più accettabile agli occhi dei cosiddetti ''cristiani maturi'' la loro fede vecchia di duemila anni, per auto-persuadersi di essere al passo dei tempi avendo in tasca una teoria che ambisce a spiegare le origini del cristianesimo. Solo una teoria. 
Stupisce allora che quella che è e deve rimanere una mera teoria, sia venduta dogmaticamente dagli storicisti e folli apologeti alle masse di creduloni come una Suprema Verità. Al fatto che Gesù sia storico la gente ci crede molto più di tante verità scientifiche non interessanti, come per esempio la teoria dell'evoluzione, o la teoria che l'universo è nato dal nulla, o le neuroscienze. Trovo assurdo che è molto più probabile un ritorno in grande stile nelle accademie dell'insegnamento del creazionismo (travestito sotto le mentite spoglie del cosiddetto ''Disegno Intelligente'') come in Inghilterra denuncia Richard Dawkins sull'onda dell'incremento della popolazione di fede islamica, piuttosto che una progressiva ritirata di coloro che puntualmente espongono, nelle stesse accademie, l'ipocrita affermazione che l'esistenza di Gesù è ''al di là di ogni ragionevole dubbio'', senza prima aver ammesso -- ALMENO -- che si tratta solo di una ''teoria''.

Nella scienza, perfino nelle scienze dure, tutta la conoscenza procede per continui tentativi e iterazioni. Ogni teoria sarà sempre soggetta a modifiche laddove l'evidenza spinge in questa o quella direzione. Le scienze umanistiche, di cui qualcuno perfino dubita di dover parlare di ''scienze'' in senso stretto, sono ancora più camaleontiche e mutevoli nelle loro conclusioni, alla luce dell'imprevedibilità intrinseca del comportamento umano, decisamente più difficile da ''predire'' di ogni processo fisico.


Ma nel caso del cristianesimo delle origini abbiamo solo testi. E per giunta solo testi cristiani. In gran parte non datati. E in gran parte anonimi. Testi intesi a persuaderci in quello che credono i loro autori. Non a darci la più pallida idea di cosa diavolo accadde.

Per questo le pretese di quei testi hanno bisogno di testimonianze indipendenti, che fungano da autentici ''controlli esterni''.

I folli apologeti hanno sperato di confermare le pretese di quei testi servendosi dei cosiddetti criteri, criteri che nel caso migliore dovevano fungere validamente da ''controlli interni''. Dovevano separare i vari strati dei vangeli. Questo dato appartiene ad una tradizione più antica e questo dato appartiene all'autore.

Ma perchè dovrebbe esserci una differenza tra strato più antico e strato più moderno?

  La risposta non si fa attendere: i cristiani gentili non erano mica giudeocristiani, i migliori candidati a preservare qualcosa del ''tutto ebreo'' Gesù.



E perchè non hanno scritto i loro vangeli, quei giudeocristiani?

La risposta: perchè crearono solo tradizioni orali, non scritte. In fondo erano ossessionati dalla fine del mondo come il loro Maestro e quindi non si sforzavano nemmeno di alzare una penna. Tuttavia quelle loro tradizioni orali servirono agli ellenisti, sommi literati, per darci tanto di vangeli con annesso squisito punto teologico della chiesa di turno.

Perciò i criteri di autenticità dovevano servire a rompere il ghiaccio della letteratura posteriore per recuperare il fuoco della tradizione orale anteriore, o almeno le scintille. E tramite quelle scintille, per quanto svincolate tra loro, ripristinare l'antica fiamma della più fiera, ancestrale tradizione giudeocristiana.


Insomma, i criteri erano intesi inizialmente a scoprire una tradizione orale e pre-letteraria.



Ma poi subentrò un problema. 

Scrive Neil Godfrey su Vridar :
Dal 1950 in poi gli studiosi cercarono di scoprire qualcos'altro: cercarono di trovare le autentiche tradizioni gesuane -- il Gesù storico -- con gli strumenti che erano stati progettati per trovare la tradizione precedente il vangelo.


Questo svela l'enorme auto-inganno perpetuato dai folli apologeti che infestano le accademie.

Per dare un'idea di cosa significa quelle parole di Godfrey,
si prenda il criterio di imbarazzo: quel criterio non fu mai creato per recuperare qualche tratto scomodo e imbarazzante del Gesù storico. No. Tutt'altro.  Quel criterio fu creato per separare ciò che serviva agli interessi ''della Chiesa'' da ciò che potrebbe -- uso apposta il condizionale -- risalire a tradizioni precedenti. Il peccato originale dei folli apologeti di tutte le Quest è stato di aver fatto incautamente un altro passo, del tutto illegale: assumere che ''tradizione precedente al vangelo'' significhi ipso facto due sole parole. ''Gesù storico''.


Credete che i folli apologeti si siano limitati solo a questo passo?

Hanno fatto purtroppo ancora di più. Hanno commesso un altro passo illegale sulla scorta del primo (una volta che sbagliano, chi li ferma più?).

I più idioti di loro, per fortuna non tutti (perchè sarebbe davvero il colmo) ma sicuramente i più scemi, ignorano pure il concetto  assolutamente vago (ma almeno romanticheggiante) di ''tradizione orale'': per loro i criteri servono a scoprire tout court solo il Gesù storico.... ...e nient'altro! Punto. Stop. Fine della discussione.

Non ci si interroga neppure se l'output sputato fuori dai criteri risalga per davvero al Gesù storico, o a qualcun altro. Perchè, se un ''Gesù storico'' poteva dire o fare quell'output, CHIUNQUE poteva farlo.


Quei testi, a onor del vero, possono però dirci molto, ma molto di più, sul contesto dei loro autori, invece che sull'oggetto dei loro testi.

Nel lungo e costante processo di scrivere quello che vogliono farci credere per vero, sappiamo che nel secondo secolo i cristiani erano alacremente all'opera nel titanico tentativo di manipolare e manomettere testi nuovi o antichi al culmine della battaglia tra ''ortodossia'' ed ''eterodossia'', tra la Grande Chiesa e l'Eresia. Col risultato di tramandarci non solo Marco... ma anche Matteo, il Matteo degli ebioniti, Luca, il Luca di Marcione, Giovanni, il Giovanni degli gnostici, e miriadi e miriadi di altre permutazioni dello stesso, allegorico pattern. Tutte variazioni di Marco.... ...e tutte quante irrimediabilmente corrotte.

E tuttavia non bisogna disperare. L'Eneide di Virgilio non vale granchè per sapere qualcosa di storico sulla Fondazione di Roma. Però ci apre la finestra a tutto un intero Mondo brulicante magicamente di vita, quello finalmente pacificato all'insegna dell'utopica Pax Augustea.


Uscirà tra breve un libro di Mauro Pesce che già dal titolo suona come l'ennesimo tentativo di  offrire una sottile armonizzazione del racconto del processo, condanna e morte di Gesù con tutte le contraddizioni anche goffe che i quattro vangeli si portano dietro tra loro e all'interno delle loro singole narrative.

In fondo, gli apologeti da tempo hanno tentato di dare una spiegazione della morte enigmatica di Gesù nei vangeli, assumendo che il Gesù ivi inteso fosse storico. Il desiderio di ogni folle apologeta che si rispetti è una spiegazione plausibile del perchè Gesù doveva morire. La prima spiegazione in tal senso la dette l'evangelista in persona. Nella sua allegoria, Caifa è preoccupato a causa della popolarità di Gesù perchè potrebbe causare una rivoluzione che porterebbe alla rovina di molti nel popolo ebreo. L'ironia è in quella che l'apologeta cristiano Vittorio Messori chiama eterogenesi dei fini o qualcosa del genere: si concretizzerebbero nella realtà proprio gli incubi più temuti dal malvagio persecutore di turno, che si chiami Caifa o Hitler. Caifa sperava che i romani risparmiassero gli ebrei? E invece Tito distrugge il Tempio di Gerusalemme. Hitler voleva distruggere gli ebrei? E invece la Provvidenza divina, dice lo ''storico'' Vittorio Messori, ha fatto in modo di dare agli ebrei uno Stato.



Ovviamente il folle apologeta è dell'idea che l'evangelista sapesse della reale crocifissione di Gesù per mano di Pilato e intendeva renderci partecipi della sua profonda Verità storica. Gesù doveva morire nella sua agiografia perchè quella agiografia è relativa alle vicende di un personaggio storico veramente esistito, tal Gesù di Nazaret.

Io propongo invece una spiegazione storica del tutto diversa.

Provo a immaginare come sarebbe stata la storia del vangelo se un Gesù storico non fosse morto. Cosa sarebbe accaduto, allora, per l'autore del vangelo di Marco? Secondo le sue prefissate regole del gioco da credente del cristianesimo primitivo, Marco ne avrebbe tratto la conclusione che il popolo ebraico, non crocifiggendo Gesù, ne avrebbe riconosciuto la messianicità, e quindi di conseguenza non avrebbe meritato i drammatici effetti della collera divina per la morte di suo Figlio. Non ci sarebbe stata la distruzione del Tempio nel 70 e gli orrori della guerra giudaica contro Roma. La Diaspora degli ebrei non sarebbe avvenuta.

E tuttavia, mentre Marco si immaginava questa storia alternativa, o almeno si sforzava di auto-persuadersi che questa sarebbe stata l'unica alternativa qualora gli ebrei avessero riconosciuto nel Gesù storico il messia predetto dalle Scritture, Marco e i suoi lettori sapevano benissimo che l'amara realtà era che il peggio fosse accaduto. Le rovine del Tempio raso al suolo stavano lì lì a testimoniarlo.

 Ma in realtà, se il Gesù letterario non fosse morto tragicamente nel mondo fittizio e immaginario in cui lo si è calato, allora sarebbe stato decisamente più facile intuire il carattere di pura fantasy di quel racconto, e per giunta sarebbe stato un racconto con una strana morale. La morale in quel caso sarebbe stata una sola: che solo e soltanto in un mondo immaginario Dio manda suo Figlio per salvare il suo popolo. Nel mondo storico reale un Dio non si sta preoccupando affatto di salvare il suo popolo inviando il Messia. Dio sarebbe stato considerato il diretto responsabile per la catastrofe riversatasi sulle teste degli ebrei nel 70. Un ebreo, o un gentile che voleva impossessarsi del meglio della spiritualità ebraica -- quella spiritualità che riveriva un solo Dio al di sopra di tutto -- non poteva permettere un simile affronto al Dio degli ebrei. Neppure in una favola. Neppure per sogno. Perchè quella favola sarebbe suonata prima di tutto, per quanto resa possibilmente in termini i più realistici e persuasivi possibili, irrimediabilmente e ipocritamente FALSA.  


Quindi Gesù doveva morire. Non poteva non morire. Nell'allegoria.

Ma se Gesù doveva morire, allora la morale sarebbe stata per necessità diversa: Dio cercò invano di salvare il suo popolo inviandogli il Messia, ma la stupidità, l'egoismo, l'ingiustizia della Casta ebraica aveva rischiato per poco di mandare a monte il piano di Dio.

Gesù doveva morire perchè gli autori del vangelo, nonostante provenissero da comunità divise tra loro e in lotta per il titolo di Grande Chiesa, erano accomunati da un solo obiettivo: incolpare gli ebrei, o almeno la Casta ebraica, della terribile disfatta loro recata dai romani , scagionando da ogni accusa il loro Dio.


Io credo che questa sia la reale ragione storica che spiega perchè Gesù doveva morire nell'allegoria di Marco.

La pena di morte particolare, la crocifissione di Gesù, è spiegata dal fatto che il personaggio del figlio dell'uomo è descritto nelle Scritture ebraiche non solo come simbolo di Israele ma anche come Servo Sofferente (esisteva un'intera tradizione in merito) e Messia a tutti gli effetti. La morte sulla croce è una pena di morte appropriata per un servo sofferente. Un'entità che ha il preciso dovere di soffrire più di tutti MERITA la pena di morte più atroce e umiliante di tutte. Quindi furono le stesse Scritture ebraiche, lette nell'ottica dell'Alta Cristologia di Paolo e dei Pilastri, a determinare di quale pena di morte doveva morire il Messia ebraico (chiamato figlio dell'uomo nella letteratura apocalittica) nella ''vita'' che gli si stava inventando a tale scopo.

Gli autori dell'allegoria erano vincolati dalla drammatica Storia reale nella loro decisione letteraria di far morire Gesù, ma non perchè dovessero mantenersi fedeli ad ogni costo ad un ipotetico quanto enigmatico evento storico, ma per interpretare la Storia recente del popolo ebraico alla luce della loro fede. Quella Storia non era una Storia di salvezza portata da un Dio o da un uomo-dio, ma una Storia di distruzione di simboli, culture e tradizioni, di tragica perdita di innumerevoli viti umane, la paventata estinzione della  stessa civiltà ebraica, la minacciata fine del monoteismo.

Ma nella scelta della pena di morte di cui doveva soffrire e morire Gesù, gli autori erano vincolati in primo luogo dalle Scritture ebraiche.

Nelle parole suggestive del miticista Thomas Brodie, insuperabili al riguardo:
L'immagine di un messia crocifisso è invero controculturale, tuttavia, dato come gli autori biblici avevano per lungo tempo posto narrazioni in opposizione l'una all'altra e avevano rimodellato più antiche scritture, ha senso come parte di una libera sintesi di numerosi testi dell'Antico Testamento / Septuaginta (ad esempio Isaia 52.13-53.12; si veda Atti 8.30-35; Luca 24.25-27) che conduce con la tensione tra sofferenza e speranza di Dio. Quello che è specialmente nuovo circa il messia crocifisso è non solo l'apparentemente radicale contraddizione di combinare divinità e sofferenza, speranza e disperazione, messia e crocifissione, ma anche la forte immagine mediante la quale quella contraddizione è descritta -- una crocifissione romana. Tuttavia un tale processo di adattamento non è nuovo. Quando Luca stava usando la descrizione della morte di Naboth per dipingere la morte di Stefano, sostituì la pittura delle antiche istituzioni, la monarchia e l'assemblea, con istituzioni ebraiche del primo secolo -- la sinagoga e il Sinedrio. E quando stava usando il racconto dell'esemplare comandante straniero, Naaman, cambiò la nazionalità da siriana a romana, un centurione romano. Così quando c'era il bisogno di esprimere l'antica contraddizione o paradosso tra speranza basata su Dio e inevitabili sofferenze della vita fu appropriato esprimere quelle sofferenze in una chiara immagine contemporanea -- una crocifissione romana.  Fu doppiamente appropriato nel contesto di un mondo retorico che cercava drammatico effetto ed enargeia (presentazione grafica).
(Beyond the Quest for the Historical Jesus: Memoir of a Discovery, pag. 230-231, mia libera traduzione)


Il limite di Brodie però, come dimostra egli stesso in una nota nella stessa pagina,  è di non sapere quale ''situazione storica condusse ad impostare l'immagine del messia crocifisso'', nonostante sia riuscito a riconoscerne uno dei motivi nel ''processo che fu basato-sullo-scrivere, e in particolare basato-sulla-scrittura'', lo ''sviluppo delle loro scritture in una nuova narrazione, comportante un nuovo patto'' (pag.230, nota 2). Un limite che verrà probabilmente superato, posso solo auspicare, da Richard Carrier.


Ma quali sono gli indizi che mi permettono di ritenere piuttosto probabile la mia teoria preferita su Marco, per avallare la cronologia miticista che propongo?

Tutti gli anacronismi nel racconto che tradiscono, quasi ''al di là di ogni ragionevole dubbio'', che l'autore del vangelo di Marco non ricordava o non sapeva davvero nulla degli usi e costumi ebraici anteriori al 70 EC.

Si prenda la Parabola dei Vignaioli Omicidi:
Si mise a parlare loro con parabole: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri.
(Marco 12:1-9)

Il padrone (Dio) della vigna (Israele) manda i servi (i profeti) dai vignaioli (gli ebrei) per riscuotere. Gli ebrei uccidono i profeti:
Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Cristo Gesù che sono in Giudea, perché anche voi avete sofferto le stesse cose da parte dei vostri connazionali, come loro da parte dei Giudei. Costoro hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, hanno perseguitato noi, non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini. Essi impediscono a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano sempre di più la misura dei loro peccati! Ma su di loro l’ira è giunta al colmo.
(1 Tessalonicesi 2:14-16, l'unica interpolazione nelle epistole paoline che tiene tutti d'accordo)

...così Dio manda suo Figlio e gli ebrei uccidono pure lui. Dio distrugge i vignaioli (la prima guerra giudaica contro Roma: nella parabola, la ''siepe'' con cui si circonda la vigna, mentre gli altri particolari sono allusioni midrashiche alle Scritture, è un possibile riferimento criptico ai  tredici forti collegati tra loro da una controvallazione di quasi 8 km e ben 5 rampe d'assedio fatti costruire da Tito durante l'assedio di Gerusalemme) e consegna la vigna ad altri (ai  cristiani paolini, rappresentanti del Novus Israel).
...le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo,
(Efesini 3:6)

Oppure si prenda la Parabola degli Otri Vecchi:
E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!
(Marco 2:22)

Il significato sotteso a questa parabola tradisce una totale incompatibilità tra ebrei e cristiani, pienamente attesa alla fine del I secolo.

Altri palesi anacronismi:

1. SINAGOGHE: Marco crede erroneamente che c'erano sinagoghe per tutta la Giudea già al tempo di Pilato, ''un'ipotesi che archeologi e storici non sono stati capaci di sostanziare'' (Burton Mack, Who Wrote the New Testament?: The Making of the Christian Myth, pag. 159).


2. RABBÍ:
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».
(Marco 10:51)

L'assemblea dei saggi, come i leaders farisei venivano chiamati prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 AD; dopo di chè divennero conosciuti come ''rabbini''...
(Hyam Maccoby, The Mythmaker: Paul and the Invention of Christianity, pag. 21)

3. TUTTI gli ebrei si lavano le mani
...i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi.
(Marco 7:3)
Marco dice che ''tutti i Giudei'' si lavano le mani prima del pasto, ma al giorno di Gesù l'avrebbero fatto solo un piccolo numero di loro. I rabbini infine resero la pulitura delle mani 'normativa', ed è degno di notare che si tratta davvero delle poche pratiche di purità rituale che si sono preservate. Ma prima del 70 la gente comune non accettò la pratica. Quello è così per defizione: se avessero agito così avrebbero rispettato uno dei requisiti dell'haberim [simile alla nozione dei farisei].
(E. P. Sanders, Jesus and Judaism, pag. 186)

4. SINDONE
Egli allora, comprato una sindone, lo depose dalla croce, lo avvolse con la sindone e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro.
(Marco 15:46)

Secondo la Jewish Encyclopedia, solo intorno al 120 EC  si iniziò la pratica di sepoltura in una sindone di lino quindi tradendo la natura anacronistica dell'avvolgimento del cadavere di Gesù in una sindone: niente di storico.


5. PIETRE CIRCOLARI


Così Richard Carrier: 
Esiste un'altra ragione per dubitare del racconto della sepoltura: il macigno che chiude la tomba è descritto come rotondo nei vangeli, ma quello non sarebbe stato il caso al tempo di Gesù, tuttavia era spesso il caso dopo il 70 EC, proprio quando i vangeli stavano per essere scritti. Amos Kloner, in "Did a Rolling Stone Close Jesus' Tomb?" (Biblical Archaeology Review 25:5, Sep/Oct 1999, pp. 23-29, 76), discute l'evidenza archeologica delle pratiche di sepoltura ebraica nell'antichità. Osserva che  "più del 98% delle tombe ebraiche di questo periodo, chiamato periodo del Secondo Tempio (dal primo secolo AEC  al 70 EC), erano chiuse con blocchi di pietre squadrate" (p. 23), e solamente quattro pietre rotonde sono note prima della Guerra Giudaica, tutte loro bloccando l'accesso a complessi tombai elaborati di defunti estremamente ricchi (come per esempio il complesso tombale di Erode il Grande e dei suoi antenati e discendenti). Comunque, "il periodo del Secondo Tempio...terminò con la distruzione romana di Gerusalemme nel 70 EC. In periodi più tardi la situazione cambiò, e blocchi di pietre rotonde divennero di uso molto più comune" (p. 25).


A questo indirizzo il lettore può conoscere migliaia di altri indizi che tradiscono la natura post-70 del vangelo di Marco. Ecco un piccolo assaggio:
Marco fu scritto da una delle città ellenistiche attaccate all'inizio della Guerra (461-62).  Marco protesta che il Tempio era divenuto la dimora di banditi rivoluzionari (lēstēs) (si veda Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica 4.3.7-8; 5.1.2; per gli zeloti presi per rivoluzionari si veda in generale Guerra Giudaica 2.17.9; 4.9.10) una volta preso il tempio grazie a Eleazaro figlio di Simone. Questo spiega l'abominio come l'occupazione di Eleazaro del tempio nel 67-68 EC, l'apertura di Marco ai gentili e la protesta nel Cortile dei Gentili nel Tempio (gli zeloti volevano purificarlo dall'influenza straniera), le persecuzioni in quanto gli zeloti tennero dei processi farsa, e l'entrata trionfale di Marco come l'anti-tipo dell'entrata messianica di Simone bar Giora nell'Aprile-Maggio del 69 (448-59).  Marco sta scrivendo col senno di poi e vede la distruzione del Tempio nel 70 EC come una punzione per aver chiuso la porta ai gentili e aver convertito il luogo nella sede della violenza rivoluzionaria (461-62).


Un tipico ''argomento'' portato dai folli, dementi apologeti a dimostrazione della storicità di Gesù, sentito pure da Bart Errorman, fa leva su una falsa caratteristica del vangelo di Marco: il primo vangelo presenterebbe meno materiale mitologico rispetto al quarto vangelo di quel gonzo di Giovanni, e quindi estendendo indietro la traiettoria non si può che pervenire ad un Gesù storico, non ad uno mitico.
Ma è davvero così?

Sembra apparentemente che Marco sia privo di un esplicito riferimento alla pre-esistenza di Cristo, come recita l'inno ai filippesi o come esordisce pomposamente il prologo di Giovanni:
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

(Giovanni 1:1-4)


Ma ecco un piccolo assaggio che dimostra piuttosto il contrario:


• Gesù sta sopra ai Dodici che simboleggiano Israele e agli angeli (Marco 13:37).
perdona i peccati, che non è qualcosa che poteva pronunciare qualche sacerdote o profeta, e neppure è un passivo agente divino infatti il passaggio va ad enfatizzare che il Figlio dell'Uomo ''può'' e ''ha autorità'' di perdonare e non si dovrebbe leggere così tanto in quel ''sulla terra'' in quanto anche Dio agisce sulla terra.
• accusato di blasfemia per perdonare peccati e al processo per la sua rivendicazione del trono celeste (cf. b. Sanhedrin 38b).
• miracoli del mare come atti divini (Salmo 107 [Salmo106 LXX]; Giobbe 9:8 LXX; si veda ego eimi in Marco 6:50)
• il ''nome'' di Gesù (Matteo 28:20; 28:19) e l'uso di ego eimi (Io sono) (Marco 13:6; Matteo 7:22; 12:12)
• L'oggetto di riverenza/adorazione. C'è poca evidenza in Marco sebbene il Lebbroso e il ricco cadono in ginocchio e Giairo ai piedi di Gesù (Marco 1:40; 10:17; 5:22)
conoscenza soprannaturale dei pensieri della gente 
“Perchè mi chiami buono” sembra distanziare Gesù da Dio, ma Gesù procede a decretare un comandamento in aggiunta ai comandamenti divini e quindi partecipa della bontà divina.



Se anche per Marco Gesù è nient'altro che il Figlio di Dio che cammina sulla Terra, per quanto reso celato e invisibile dal Segreto Messianico per tutto il vangelo (perchè rimane invisibile e irriconoscibile anche quando risponde apertamente al sommo sacerdote che lo accusa, anche quando l'angelo annunzia alle donne di precederlo in Galilea ottenendo in tutta risposta l'effetto contrario), allora la Cristologia è già vertiginosamente alta, col primo vangelo. 

Dunque, estendendo all'indietro la traiettoria, non si può che pervenire ad un Gesù mitico, non ad un Gesù storico.