venerdì 13 dicembre 2013

«Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat» è un'Interpolazione Cristiana (I)

Le successive testimonianze da esaminare sono romane. Intorno al 112, Plinio il Giovane, governatore della Bitinia in Asia Minore, scrisse una lettera all'imperatore Traiano. Intendeva essere informato sul trattamento da riservare ai cristiani. Aveva interrogato i cristiani, apprendendo su di loro i seguenti fatti:
«I Cristiani... Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser soliti riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come a un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti.» [1]
Questo, naturalmente, dimostra soltanto che c'erano cristiani in Bitinia nel secondo secolo, che ci fosse un Gesù in Palestina nel primo secolo. I cristiani a lui contemporanei cantavano inni a Cristo come ad un dio (Christo quasi deo). Questo non prova che ci fu un Gesù.

Il testimone successivo è Svetonio, autore de Le Vite dei Cesari. Nella sua Vita di Claudio, scritta attorno al 115 EC. dichiara: «Dato che i Giudei, istigati da Cresto, provocavano costantemente dei tumulti, [Claudio] li espulse da Roma» [2]. La prima domanda è se Cresto, un nome comune che significa ''utile'', dovesse veramente alludere a Cristo. Allora potrei chiedermi se qualche figura messianica -- poichè Svetonio non dice ''Gesù'' -- stava istigando alla ribellione negli anni precedenti la guerra, apparentemente nella stessa Roma.  Questo potrebbe anche significare che gli ebrei stavano reagendo ad un istigatore anti-ebreo chiamato Cresto. Luca dichiara (Atti 18:2) che Aquila e Priscilla erano appena venuti dall'Italia ''perchè Claudio aveva ordinato a tutti gli ebrei di lasciare Roma''. Non c'è nessun indizio di cosa accadde a Gesù. Anche supponendo che Svetonio si stesse riferendo ai giudeocristiani in agitazione a causa del loro credo in Gesù, ciò proverebbe, come con Plinio, solo l'esistenza dei cristiani, non di Gesù.

Infine, possiamo citare Tacito. Negli Annali, scritti intorno al 115 EC, lo storico romano descrive il tentativo di Nerone di scagionarsi dalle accuse rivoltegli di aver appiccato il fuoco che incendiò la città:
Nerone allora per far tacere queste voci fece passare per colpevoli e li sottomise a torture a torture raffinate coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Cristiani. Erano chiamati così dal nome di Cristo, il quale, sotto l'impero di Tiberio, era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; quella superstizione nefasta, repressa sulle prime, ora tornava a prorompere, non solo in Giudea, luogo d'origine di quel malanno, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose e vi trovano seguaci. [3] (mia enfasi)
Si tratta della più tarda dellle testimonianze non-cristiane, così tarda da non renderci per nulla sicuri se Tacito stava semplicemente ripetendo cosa per quel tempo era ormai di pubblico dominio sui cristiani. I cristiani dicevano che erano chiamati così a causa di Cristo che fu crocifisso da Pilato. Dicono la stessa cosa oggi. Non provando nulla. Si noti che Tacito non lo chiama Gesù, come sarebbe stato riportato negli archivi imperiali, se gli avesse consultati.  Tacito parla del ''procuratore Pilato'', invece che del ''prefetto Pilato'', come sarebbe stato riportato correttamente negli archivi imperiali. Tacito, essendo stato governatore in Asia
Minore al pari di Plinio, poteva aver appreso da quelle parti la spiegazione dell'origine del nome ''cristiani'' dai cristiani stessi, previa interrogazione [4]. Ad ogni caso, Tacito non è più interessante come evidenza di qualunque altro testimone non-cristiano.

Tuttavia, pare che il serio studioso Richard Carrier pubblicherà tra breve un articolo accademico, da sottoporre alla peer review, con l'intenzione di dimostrare che la frase intermedia di Annali 15:44
Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat
è in realtà un'interpolazione cristiana.

Quindi il testo originale tacitiano, togliendo quell'eventuale interpolazione, andrebbe letto così:
Nerone allora per far tacere queste voci fece passare per colpevoli e li sottomise a torture a torture raffinate coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Crestiani. Repressa sulle prime, ora tornava a prorompere, non solo in Giudea, luogo d'origine di quel malanno, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose e vi trovano seguaci.
Si noti che ho scritto ''Crestiani'' e non ''Cristiani'', giacchè ormai tutti gli studiosi riconoscono all'unanimità che nei nostri manoscritti più antichi degli Annali di Tacito è scritto ''Chrestianos'' e non ''Christianos''.
Ho provato per mio conto a collezionare tutti i possibili indizi che inducono a ritenere la frase discussa un'interpolazione cristiana (l'ultimo dei quali deducendolo indirettamente dalle stesse parole di Carrier in una sua risposta ad un mio commento). Elencandoli di seguito:

1) ”repressaque in praesens” non si applica all'immagine tradizionale del nascente cristianesimo, quello su cui Tacito si sarebbe informato in giro nella Roma del suo tempo, in quanto ad esempio Atti degli Apostoli, al di là della sua totale mancanza di affidabilità storica, mostra un'espansione della fede proprio in seguito alla repressione e morte del suo fondatore, la quale morte costituì -- e costituisce tuttora, nell'immaginario collettivo cristiano --, una sorta di Big Bang che diede nuova linfa al movimento, più che segnarne una battuta d'arresto.

2) compare ”Chrestianos appellabat”: ERANO chiamati Crestiani. Non compare al suo posto ''Chrestianos appellat'': SONO chiamati Cristiani. Tacito dunque usava la frase al passato evitando di testimoniare la contemporaneità, di questi Crestiani, al suo tempo.

3) se il passaggio di Sulpicio Severo circa i Cristiani coinvolti in primo piano al culmine della prima guerra giudaica contro Roma fosse autenticamente tacitiano (anche solo parzialmente) :
Si racconta che Tito, tenuto consiglio, abbia, in un primo tempo, dibattuto se un tempio, che tanto lavoro aveva richiesto per la sua costruzione, dovesse essere distrutto. Qualcuno riteneva che non fosse opportuno demolire un santuario, famoso quanto nessuna altra opera umana: salvarlo voleva dire lasciare un documento della moderazione dei Romani; abbatterlo equivaleva a segnalare per sempre la crudeltà dei vincitori.
Altri invece (e lo stesso Tito era di questo avviso), ritenevano che distruggere il tempio fosse un obbligo primario al fine di sopprimere più radicalmente la religione di Giudei e Cristiani: si trattava di due religioni a dire il vero, ostili l'una all'altra, ma comunque sviluppate dalle stesse origini. I Christiani sorgevano dai Giudei: tagliata la radice, anche il ramo si sarebbe facilmente seccato.
(Sulpicio Severo, Chronica, 2.30.6-7, meglio noto come il ''Frammento 2 di Tacito'')
allora la metafora del ramo da recidere alla radice, nata in un contesto bellico, costituirebbe una vera e propria prova che, lungi da essere i pacifisti e innocui cristiani interrogati da Plinio il Giovane, i crestiani intesi da Tacito in Annali 15:44  erano un tutt'altro gruppo sedizioso ebraico (più probabilmente gli Zeloti) antiromano attivo nella Capitale.

4) Se il riferimento a Cristo fosse una glossa marginale finita poi nel testo (come il ''che fu detto Cristo'' di Antichità Giudaiche 20:200), allora si verrebbe a creare quella che è la principale anomalia del testo:  ''ChrEstianos'' deriva da ''ChrIstus'' e non, invece, come sarebbe più logico aspettarsi, da ''ChrEstus''. I due termini avrebbero allora differenti origini: ”Chrestianos” è tacitiano, ”Christus” la glossa marginale.

5) L'assenza del riferimento a Cristo spiegherebbe la mancata citazione dell'episodio da parte dei Padri della Chiesa, fino a Sulpicio Severo: un indizio che Tacito non si riferiva ai cristiani?

6) Ponzio Pilato è definito erroneamente procuratore e non prefetto. Nessuno storico romano del calibro di Tacito si sarebbe preso la briga di citare un oscuro, per di più incompetente, governatore di un'altrettanta marginale provincia, e tuttavia puntualmente Pilato merita l'attenzione dei cristiani, con tanto di titolo di ''procuratore'' associatogli:
“Pontio Pilato, Syriam tunc ex parte Romana procurantiTertulliano, Apologia XXI.18,
“Pontius Pilatus procurator Judaeae a Tiberio mittitur”  Cronache di Eusebio nella traduzione di Girolamo.

7)  Nicomedia era un’antica città dell’Asia minore che Diocleziano aveva elevato a capitale della parte orientale dell’impero. Il 23 febbraio del 303, lo stesso Diocleziano ordinò che la chiesa cristiana di Nicomedia, che si ergeva su una collina di fronte il palazzo imperiale, fosse rasa al suolo, i suoi libri bruciati e i suoi tesori confiscati. Essendo il 23 febbraio la festa dei Terminalia, dedicata a Terminus, il dio dei confini, si voleva in questo giorno mettere termine al cristianesimo;  Il giorno successivo fu emanato e pubblicato un primo editto contro i cristiani [5], che venne audacemente stracciato da Evezio, un cristiano che ricopriva una alta carica, il quale pagò il suo gesto con crudeli torture ed una lenta morte sul fuoco [6]. È il primo di una lunga serie di cristiani che verranno arsi vivi a Nicomedia. A distanza di poco tempo, a seguito dell’incendio del palazzo imperiale, fatto dolosamente appiccare da Galerio, vengono ingiustamente accusati i cristiani, e si ha una recrudescenza della persecuzione, che a poco a poco si estende a tutti, cominciando dagli eunuchi e i servitori della corte, parte dei quali erano cristiani [7], tra questi Eusebio di Cesarea ricorda il martire Pietro che muore bruciato, e i santi Doroteo e Gorgonio morti strangolati. Lattanzio, prezioso testimone oculare di queste vicende, in quanto si trovava a Nicomedia come insegnante di retorica presso la scuola imperiale (ingaggiato proprio da Diocleziano) così ci riferisce:
“Alcuni eunuchi che fino allora avevano avuto un grande potere e sui quali poggiava tutta l’amministrazione della casa furono arrestati e messi a morte. Sacerdoti e diaconi, senza alcuna imputazione o processo, senza prova alcuna della loro colpevolezza, furono condannati a morte con tutti i loro familiari e servi. Cristiani di ogni condizione, senza distinzione di sesso o di età, furono presi e bruciati vivi, e non uno per volta, ma in massa, giacché il loro numero era troppo grande. Le case venivano circondate e date alle fiamme dove tutti perivano. I domestici erano gettati in mare con una pietra al collo e affogati[8] (mia enfasi).
 E ancora Eusebio così ci racconta:
“In quel tempo fu decapitato per la sua testimonianza a Cristo Antimo, che era a capo della Chiesa di Nicomedia. A lui si aggiunse una folta schiera di martiri, poiché proprio in quei giorni, nel palazzo imperiale di Nicomedia, si era sviluppato, non so come, un incendio, e correva voce, per un falso sospetto, che fosse opera dei nostri. Per ordine imperiale i devoti del luogo, senza distinzione e in massa, parte furono trucidati con la spada, e parte bruciati sul rogo, e si dice che allora uomini e donne si precipitarono sul rogo con slancio indicibile e divino; i carnefici ne legarono poi un’altra schiera su barche e li inabissarono in fondo al mare [9] (mia enfasi).
L’editto di Nicomedia, emanato da Galerio nel 311, quindi otto anni dopo l'Incendio di Nicomedia, concedeva ai cristiani la libertà di culto e la facoltà di ricostruire le chiese distrutte, un fatto che fu visto sicuramente come un dovuto risarcimento morale da parte cristiana.

Così Tacito descrive invece l'incendio di Roma sotto Nerone e la persecuzione dei Crestiani nei seguenti termini:
La città era indifesa per i viottoli angusti e tortuosi e gli edifici sproporzionatamente alti, quali erano nell'antica Roma. A questo si aggiungevano le grida delle donne in preda al terrore, lo sgomento dei vecchi e dei bambini, e chi provvedeva a sé e chi ad altri, trasportando o aspettando gli invalidi, e sia indugiando sia affrettandosi erano d'impedimento agli aiuti. Spesso accadeva che, mentre si guardavano alle spalle, venivano investiti dalle fiamme di fronte o ai lati, oppure se fuggivano in luoghi vicini, già invasi dal fuoco, trovavano in fiamme anche quelli lontani che credevano intatti. Alla fine, non sapendo più che cosa evitare e dove cercare scampo, affollavano le grandi vie, si stendevano nei campi; alcuni, dopo aver perduto tutto ciò che possedevano, anche il necessario quotidiano, altri ancora per amore dei loro cari, che non erano riusciti a strappare alle fiamme, benchè si offrisse loro un rifugio cadevano morti. Nessuno poi osava combattere il fuoco, per le ripetute minacce di molti che proibivano di spegnerlo e perchè vi erano altri che apertamente lanciavano fiaccole e gridavano d'aver ricevuto ordine di farlo, sia per rubare più facilmente sia effettivamente per aver ricevuto ordini in tal senso.    
(Annali 15:38, mia enfasi)
...furono dunque arrestati prima quelli che ammettevano la loro colpa, poi, dietro denuncia di questi, una moltitudine immensa, non tanto perchè autori dell'incendio, ma per il loro odio del genere umano. Ai condannati alla morte in più si infliggevano scherni; coperti di pelli ferine li si faceva dilaniare dai cani, o venivano crocifissi o si bruciavano come fiaccole, affinchè, col calar della notte, ardessero a guisa di luci notturne. Nerone aveva offerto i suoi giardini per questo spettacolo e celebrava giochi nel circo, mischiandosi alla plebe in veste di auriga e, in piedi sul carro, prendeva parte alle corse. Benchè si trattasse di rei, meritevoli di pene d'un'atrocità senza precedenti, sorgeva nel popolo la pietà per quegli sventurati poichè venivano uccisi non per il bene di tutti ma per la crudeltà di uno solo.
(Annali, 15:44, mia enfasi)
Suona decisamente troppo sospetta la presenza di più di un aspetto in comune sia all'Incendio di Nicomedia, avvenuto sotto Diocleziano, sia all'Incendio di Roma, avvenuto sotto Nerone.

Possibile che siano solo incredibili coincidenze?

Una coincidenza che i cristiani vengano perseguitati in seguito all'incendio di una grande città?

Una coincidenza che entrambi gli Incendi furono in realtà appiccati, secondo i rispettivi autori Tacito ed Eusebio, rispettivamente dagli sgherri di Nerone e dagli sgherri di Galerio, consigliere di Diocleziano e futuro imperatore dopo di lui?

Una coincidenza che subito dopo entrambi gli incendi, i ''cristiani'' in entrambe le occasioni diventano oggetto di compassione per la loro sorte, al punto da meritare nel primo caso la pietà popolare, e nel secondo caso un Editto di tolleranza?


Sono sicuro che il dr.Carrier citerà questo episodio, dalle conseguenze determinanti per la questione dell'autenticità del riferimento a Cristo. Perchè vorrà dire che qualche cristiano ha voluto ''leggere'', con gli occhi dell'apologeta, nell'episodio del Grande Incendio di Roma narrato da Tacito in Annali 15:44  l'ennesimo Martirio dei cristiani, come veniva solitamente pubblicizzato dai Padri della Chiesa come Lattanzio ed Eusebio, ad esempio in occasione dell'Incendio di Nicomedia nel 303, durante quella che passò alla Storia come la Grande Persecuzione di Diocleziano.
Indotto da questa pia ''lettura'' del brano originario di Tacito, lo scriba cristiano avrebbe assai probabilmente inteso nei Crestiani nient'altro che gli stessi, antichi Cristiani, creando dunque come nota a margine nel testo qualche descrizione sulla loro ''origine'' del tutto equivalente all'attuale ”Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat”. Questa frase in origine esisteva come una nota marginale, una glossa separata dal testo. Prima di venire inserito, infine, nel testo principale una volta che un nuovo manoscritto fu copiato a partire dal primo.

Ma allora, se tali coincidenze evidenziate sono troppo incredibili per essere vere (e dunque, per definizione, non sono coincidenze), quali erano i crestiani intesi da Tacito? Il più probabile candidato a dare loro il nome ''crestiani'' è quindi quel Cresto di cui parla Svetonio, già famigerato per la sua attività di sedizione antiromana tra gli ebrei di Roma, che costò loro l'espulsione dalla città da parte di Claudio. Un'analisi statistica ha sancito l'ovvio: che l'''impulsore Cresto'' svetoniano, per il suo autore, non indicava affatto il Cristo dei cristiani. [10]

In linea di principio gli autori non-cristiani non fanno nulla per corroborare la testimonianza cristiana, ma neppure fanno qualcosa per negarla. Penso che sia un Fatto evidente ormai la presenza di un profondo silenzio su Gesù nelle cosiddette ''fonti esterne'', silenzio che diventa ancor più profondo qualora anche il passaggio di Cristo del cosiddetto Testimonium Taciteum si riveli essere l'ennesima interpolazione cristiana.
Un'indicazione del fatto che gli autori non-cristiani non avevano alcuna ragione di aver sentore di Gesù. Specialmente se Gesù è ridotto ad un oscuro maestro sapienziale, ad un saggio cinico, ad un profeta apocalittico, d'altro canto, non ci sarebbe alcuna ragione di pensare che qualcuno avrebbe dovuto citare Gesù fino al momento in cui occorreva, volenti o nolenti, misurarsi con il cristianesimo. Per allora, i non-cristiani si sarebbero basati, del tutto naturalmente, sui cristiani stessi per parlare di Gesù. Che poi è quello che avvenne veramente. La testimonianza non-cristiana  è dunque inconcludente. Non prova nè che Gesù era esistito, e nemmeno prova che Gesù non fu esistito.

Un vecchio ritornello apologetico recita che nessun autore dell'antichità ha mai dubitato dell'esistenza di Gesù. Eppure l'esistenza di figure eroiche divine o semi-divine non era tipicamente qualcosa di cui preoccuparsi, in quell'epoca. Era il loro significato, non la loro esistenza, che interessava alle loro menti. Per di più, c'è qualche traccia che la storia di Gesù fu messa in discussione, a dire il vero. Il Nuovo Testamento stesso afferma sulla difensiva:
''Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perchè siamo andati dietro a miti abilmente inventati, ma perchè siamo stati testimoni oculari della sua maestà.''
(2 Pietro 1:16, mia enfasi).
Apparentemente, qualcuno stava accusando i cristiani di inventare abilmente dei miti (mythoi).  
''Perchè molti seduttori sono usciti per il mondo, i quali non riconoscono pubblicamente che Gesù Cristo è venuto nella carne. Quello è il seduttore e l'anticristo!'' 
(2 Giovanni 1:7). 
L'interlocutore fittizio di Giustino Martire, Trifone Giudeo, accusa:
''Ma Cristo – se Egli è nato veramente, ed esiste da qualche parte - è sconosciuto, e non lo sa neanche Lui stesso, e non ha alcun potere finché Elia non venga ad ungerLo, e renderLo noto a tutti. E tu, avendo accettato un racconto senza fondamento, inventi un Cristo per voi stessi, e per lui perite sconsideratamente.'' (mia enfasi) [11]
 Origene sottolinea:
Questo ebreo Celso ancora accusa i discepoli di Gesù di aver inventato quelle dichiarazioni, dicendo loro: Anche se colpevoli di menzogna, non siete stati neppure capaci di dare un tocco di credibilità alle vostre invenzioni. [12] (mia enfasi)

Dopo lui dice che certi cristiani, come persone che in uno stato di ubriachezza si mettono mani violente addosso, hanno corrotto il vangelo dalla sua originale integrità tre volte, quattro volte, e molte volte, e lo hanno rimodellato, così da poter essere in grado di rispondere alle obiezioni. [13] (mia enfasi)
Il valore storico dei vangeli, perciò, non passò garantito e né la sua qualità mitica non denunciata. Si deve altresì riconoscere che, ad eccezione dei preziosi ritrovamenti del Mar Morto e di Nag Hammadi, tutta l'antica letteratura ci è pervenuta debitamente filtrata dalle mani cristiane. Tutto ciò che sappiamo è cosa dicono i cristiani, o meglio cosa i cristiani dicono che i non-cristiani dicono (o che i cristiani 'eretici' dicono).
Dopo Costantino, divenuta Religione di Stato, il cristianesimo era nella posizione di bloccare qualunque tentativo di discutere l'autenticità della loro fede.
L'assenza di evidenza non è evidenza di assenza, o pro o contro l'esistenza storica di Gesù. L'onere della prova è su coloro che dicono di sapere che Gesù fu esistito o non fu esistito. Nessuno tuttavia ha finora sostenuto l'onere della prova, in un modo o nell'altro. La materia rimane chiaramente ancora controversa.

[1] Lettere 10.96-97.

[2] Claudio 25.4. Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantis Roma expulit. Il latino significa ''a causa dell'istigatore'', non ''su istigazione di''. Robert E. Van Voorst, Jesus Outside the New Testament: An Introduction to the Ancient Evidence (Grand Rapids, MI: Eerdmans, 2000), pag.31.

[3] Annali 15.44.

[4] Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, XIII.

[5] Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiatica, VIII, 5.

[6] Lattanzio, o. c., XIV-XV;

[7] Lattanzio, o. c., XV.

[8] Eusebio, o. c., VIII, 6.

[9] Jobjorn Boman, Inpulsore Cherestro? Suetonius’ Divus Claudius 25.4 in Sources and Manuscripts, Liber Annuus 61 (2011), ISSN 0081­8933, Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem 2012, pp. 355­376. Così la conclusione dell'autore:
“The Christian quotations of the Suetonian sentence in most  cases share a common Christian source, and are of no value in determining the original spelling of the word after impulsore. Some seemingly deliberate omissions of the impulsore-part of Suetonius’sentence, in the Christian corpus, could however indicate that the spelling was not the common Christo. Considering the obscurity of the Suetonian words, this is yet impossible to ascertain.”

Così le fonti cristiane non possono stabilire il termine originario usato da Svetonio e i manoscritti attuali del passo puntano invece a Chresto come all'originale svetoniano.

[10] Robert E. Van Voorst, Jesus Outside the New Testament: An Introduction to the Ancient Evidence (Grand Rapids, MI: Eerdmans, 2000), pag.52.

[11] Trifone 8.3.4.

[12] Contra Celsum 2.26.

[13] Contra Celsum 2.27.