(segue da qui)
Il Messia
Per rendere conto
della preminenza dei temi messianici e della loro presenza nel Nuovo Testamento
(e nel cristianesimo in generale, apocrifi compresi), gli studiosi di servizio
hanno la cattiva mania di spettegolare sull'influenza ebraica subita dagli
evangelisti, da Paolo, dal Giovanni dell'Apocalisse.
Ma queste chiacchiere e quella mania sono solo fumo negli occhi. Perché non si tratta affatto lì di un'influenza, tutti gli autori cristiani primitivi essendo giudei ed essendo ebrei. Gli evangelisti, Paolo e Giovanni l'apocalittico, non dipendono per nulla dal giudaismo; essi sono parte integrante del giudaismo; essi sono uno dei suoi specchi, una dei suoi volti (al cento per cento).
Si paragona il
messianismo cristiano
Detto altrimenti, il cristianesimo (primitivo) — «cristianesimo» che significa, etimologicamente, «messianismo».
a quello dei
farisei, a quello degli esseni,
Pescando, quindi, nei manoscritti del Mar Morto. Come se i manoscritti del Mar Morto fossero esseni...
a quello degli
zeloti. Si corre a consultare lo storico Giuseppe. E si rinvia all'ellenizzato
Filone. Si blatera...
Quanto a me, ignoro
questo traffico di influenze, abbandono gli studiosi e procedo per il mio
piccolo percorso.
Nella Bibbia
ebraica, la parola «messia»/MŜYḤ
E sì, questa parola è ebraica. Non proviene né dalla Grecia né dalla foce del Nilo. È solo nel Nuovo Testamento la ripresa del termine biblico MŜYḤ (sostantivo, «unto», radice MŜḤ/«ungere»).
non soffre un
numero considerevole di occorrenze. Infine si tratta, rispetto ad altri
vocaboli del lessico sacro, di una parola relativamente rara. In quello che è
convenuto di chiamare l'Antico Testamento, 43
sostantivi ricorrono tra 500 e 5.000 volte, e 191 hanno la buona fortuna di comparire tra 100 e 5.000. — MŜYḤ/«messia-cristo», invece, emerge solo poco più
di una cinquantina di volte!
Nel Nuovo
Testamento, per contro, le parole khristos (traduzione greca di MŜYḤ,
«unto») e messias
(traslitterazione rozza dell'originale ebraico) sono più frequenti: circa 540
occorrenze per entrambe, in un corpus decisamente più snello in pagine
dell'immensa compilazione biblica ebraica.
Molto meglio:
applicato a Gesù (Giosuè-«Cristo», detto altrimenti,
originariamente, YŜWᶜ
MŜYḤ),
il termine «messia» concentra
attorno a sé e su di sé tutti i temi salienti del cristianesimo degli inizi.
Raro nella Bibbia
ebraica, il «messia-cristo»
è l'eroe
del Nuovo Testamento.
Lo ricordo lo stesso qui: si tratta del Cristo, del messia, nell'Antico Testamento. Da cui, nel Nuovo, le affermazioni (esatte) secondo le quali Mosè (nella «sua» Torà), i profeti, i Salmi, ecc., hanno parlato del cristo.
Per comprendere
questa differenza (questo abisso) tra occorrenze bibliche ed occorrenze
neotestamentarie di MŜYḤ/«messia-cristo», non occorre soprattutto
telegrafare agli studiosi di poco fa e ripiegare sulle loro sciocchezze: val
meglio, nell'immediato e senza indugiare, aprire una Bibbia ebraica e occuparsi
di leggerla. Di leggerla bene.
Come ci esorta la
Genesi, cominciamo dall'inizio. Dall'esame della parola.
La duplice
definizione gematrica di MŜYḤ/«messia-cristo» si presenta
nella maniera che segue:
Senza ricorrere alla pletora della parola, cioè agli sviluppi grafico-aritmetici delle sue lettere costitutive. — Un tale ricorso non avrebbe altro per risultato che accentuare la mia manifestazione.
1.
gR: 13 + 21 + 10 + 8 = 52;
2.
gC: 40 + 300 + 10 + 8 = 358.
Ciò inteso
beninteso, dico: ogni parola (o gruppo di parole) che figura nella Bibbia
ebraica e ivi equivalente aritmeticamente ai valori 52 e (o) 358 è una
parola (o un gruppo di parole) che può leggersi MŜYḤ/«messia-cristo».
E viceversa. Il mio lettore ha capito: effetto usuale di feedback.
Senza che io faccia
il minimo esempio, il mio lettore immagina già che la Bibbia ebraica contenga
un sacco di termini (o gruppi di termini) equivalenti a 52 o 358; immagina
quindi senza difficoltà che un sacco di termini (o di gruppi di termini)
biblici che non sono graficamente la parola MŜYḤ/«messia-cristo» possano
leggersi «messia-cristo»
aritmeticamente. Conclusione: Graficamente, la parola «messia-cristo» figura solo poco più di una
cinquantina di volte nella Bibbia ebraica; per equivalenza aritmetica, vi
figura molto più spesso.
Molti, soltanto? — no:
moltissimo.
Enormemente molto.
Il mio lettore mi
assolva: non ho alcuna fiducia nella sua immaginazione. Preferisco ora
fornirgli degli esempi.
Tra i sostantivi
più ossessivamente presenti nella Bibbia ebraica (dalle 500 alle 5000 volte,
quindi), ne individuo subito due il cui valore gematrico è 52: BN/«figlio»
BN = 2 + 50 = 52 (gC).
e NPŜ/«anima».
NPŜ = 14 + 17 + 21 = 52 (gR).
Queste due parole,
poiché valgono aritmeticamente 52,
sono gli equivalenti di MŜYḤ/«cristo-messia». E subito:
queste due parole sono, nella Bibbia ebraica, ritenute dai cristiani primitivi
gematricamente identiche a «messia
cristo».
1. Quando i cristiani giudeo-ebrei primitivi leggevano MŜYḤ/«messia-cristo» nella Bibbia, vi leggevano anche BN/«figlio» o NPŜ/«anima» (valore comune ai tre: 52).
2. Ma soprattutto, viceversa, quando vi incontrano (migliaia di volte!) BN o NPŜ, vi ricadono su MŜYḤ.
Questo lavoro di andata e ritorno gematrici è ovviamente visibile — sotto il suo greco — nel Nuovo Testamento: il Gesù-Giosuè evangelico vi è detto indistintamente sia «figlio» sia «messia-cristo». Indistintamente in greco? Indiscriminatamente per ricorso alla Storia? Per un gioco di prestigio mitologico? No. Per un gioco sulla semantica e sulle sinonimie? No. Per calcolo gematrico — per midrash! A causa dell'aritmetica sacra e delle sue fruttuosità.
Infatti:
1. Non esiste, in greco, alcuna relazione tra khristos/«unto» e uios/«figlio». Esce il greco...
2. Storicamente non si vede molto chiaramente perché un messia sarebbe piuttosto un figlio che, diciamo, un nipote o un prozio. Esce la Storia...
3. In nessuna lingua il significato della parola «unto» è semanticamente equivalente al significato della parola «figlio». Esce la semantica...
4. In compenso, in ebraico, «messia-cristo» e «figlio» non sono matematicamente che uno, dal momento che esibiscono e contengono la stessa cifratura. E: esce la mitologia...
Ho sottolineato,
più sopra, la rarità delle occorrenze del messia-cristo nella Bibbia ebraica,
e, al contrario, la loro molteplicità — la loro imponenza — nel Nuovo
Testamento. E mi sono lasciato andare a credere ad una differenza (un abisso,
ho detto...) tra quella rarità e quella molteplicità. Ho avuto grande torto a
lasciarmi andare; Non mi lascerò più andare: la suddetta differenza non esiste.
BN/«figlio» ricorre parecchie
migliaia di volte nella Bibbia ebraica. Sotto BN, posso leggere MŜYḤ. Quindi, sotto il
figlio, il messia-cristo ricorre
Ortografia esclusa; aritmeticamente (grazie al loro valore comune e cifrato 52).
migliaia di volte
nella Bibbia.
NPŜ/«anima» ricorre centinaia di
volte nella Bibbia ebraica. Sotto NPŜ,
posso leggere MŜYḤ. Quindi, sotto
l'anima, il messia-cristo ricorre
Ortografia esclusa; ri-aritmeticamente (grazie al loro valore cifrato comune 52).
centinaia di volte (di più!) nella Bibbia
ebraica.
Per mezzo del
midrash cristiano, il messia-cristo non è più una pustola sporadica nella
Bibbia ebraica. È un attore iperpresente, iperattivo: un irrimediabile
esibizionista! Per mezzo di midrash, l'Antico Testamento — a secoli di distanza
dalle narrazioni evangeliche — trasuda il messia (il cristo) attraverso tutti i
suoi pori!!
Conclusione: per i
cristiani primitivi non vi è alcuna differenza quantitativa tra l'efficienza
messianica delle narrazioni bibliche e l'efficienza messianica delle loro
proprie narrazioni; le une compiono le altre — e le altre contengono già, in
germe, le une. E, le une compiendo le altre, esiste, per i nostri cristiani
ebrei, una assoluta continuità tra loro. Il messianismo (o, se si vuole, la
cristologia) dei vangeli non è nient'altro
E
gli evangelisti lo dicono! In chiaro!
che la
continuazione e l'espressione (= il compimento, in effetti) del messianismo
letto e approfondito, nella Bibbia, dal midrash.
E la differenza di
cui fingevo di parlare poco fa non esiste, in effetti.
Ora NPŜ/«anima» e BN/«figlio» non sono affatto – e nemmeno da lontano –, nella Bibbia, gli unici equivalenti gematrici diretti di MŜYḤ/«messia-cristo». Nella Bibbia ebraica, il messia-cristo striscia e brulica sotto molti altri termini (o gruppi di termini). Brulichio che molti versetti dei vangeli e delle Epistole canoniche tengono in conto... Ma non posso insistere.
E ancora non ho fatto appello che a una delle
due gematrie del messia-cristo, la gR
(gematria per ranghi, 52). Ma
l'altra gematria? La gC, la gematria
classica — 358?...
I cristiani
primitivi giudeo-ebrei hanno trovato il nome del messia, del cristo. L'hanno
trovato e vi si attengono. Per loro, si tratta di Giosuè-Gesù (da YŜWᶜ).
Detto altrimenti: dei Giosuè biblici.
I setiani — di cui
ho parlato più sopra — e i cainiti, nell'effettuare un lavoro di midrash
sull'espressione BN ʼDM/«figlio
dell'uomo, figlio di Adamo»,
hanno visto rispettivamente in questo «figlio» sia Set sia Caino (personaggi biblici
ancestrali). Hanno prodotto, sui loro rispettivi ritrovamenti,
testi settari che esprimono le loro idee.
Lavorando sulla
nozione del messia-cristo, i naasseni (o ofiti) — che, come i setiani, e come i
cainiti, sono ebrei o samaritani ebrei — scrissero, invece, tutta una
letteratura che si oppone, a sua svolta, a quella dei cristiani primitivi
quanto ai suoi risultati, ma che concorda totalmente con essa quanto ai suoi
metodi.
Di tutto questo, di tutto questo processo, non una parola tra gli specialisti della Gnosi: non una parola tra gli pseudo-studiosi. Cfr. Leisegang, Hans Jonas, Puech, G. Scholem, S. Pétrement, ecc. Niente.
I naasseni sono
ofiti e gli ofiti sono naasseni.
Cfr. i farfugliamenti di Ireneo di Lione su quella scuola (nel II° secolo dopo Cristo, Ireneo non capisce già più nulla delle preoccupazioni dei naasseni-ofiti... — e, in più, si permette di ridicolizzarli!).
Perché?
Semplicemente perché NḤŜ
significa in ebraico ciò che ophis significa in greco: ovvero, «il serpente».
Ma il serpente non
è nemmeno un misero buffone nella Bibbia ebraica. È uno dei primi eroi della
Genesi: è lui che, «nudo»
e «astuto»,
Stessa parola, in ebraico: ᶜRWM.
introduce ʼDM/«l'uomo,
Adamo» e ḤWH/«Eva»
ḤWH, la nostra cosiddetta «Eva», deriva dalla radice ḤYH, quella della «vita», della «ri-vita», della «resurrezione».
nella conoscenza
del bene e del male.
Operazione che si effettua presso l'albero (ᶜṢ/«legno, albero, croce») dallo stesso nome: quello della conoscenza – della gnosi – del bene e del male.
E poi è questo
stesso serpente che Mosè, in Numeri 21:8-9, si adopera ad «innalzare» affinché
resusciti chiunque lo guardi.
Com'è
interessante... Il serpente biblico accanto al bene e al male, e con un legno,
e con la resurrezione.
1. Con il bene e il male — Ora il messia-cristo evangelico è chiamato «buon pastore», in ebraico Rᶜ H TWB, espressione che contiene il Rᶜ/«male» e il TWB/ «bene» della Genesi. E poi il messia evangelico è appeso al legno tra un buon ladrone e un malvagio ladrone.
2. Con un legno. — Ora il messia evangelico è appeso al «legno» (all'«albero», greco stauros, ebraico ᶜṢ), quello della Genesi — e nel giardino della Genesi.
3. Con la resurrezione. — Ma il messia-cristo dei vangeli ha proprio, non è vero, anche lui qualcosa a che fare con la resurrezione.
I naasseni o ofiti
sono quindi lettori quasi cristiani della Bibbia. Si direbbe che sono pronti ad
assicurare al «serpente»
(NḤŜ)
della Genesi l'evoluzione che è quella che descrive il cristo dei vangeli.
La mia domanda,
all'istante: perché? — Perché quella setta — quella scuola — insiste così quasi
evangelicamente sul rettile biblico ebraico?
Ebbene, del tutto
semplicemente — al di fuori del delirio, e al di fuori della Storia, e al di
fuori del crampo mitofilo — perché la gematria del serpente è, in ebraico, la
stessa di quella del messia-cristo.
MŜYḤ/«messia» = 40 + 300 + 10 + 8 = 358 (gC);
NḤŜ/«serpente» = 50 + 8 + 300 = 358 (gC).
All'origine della
scuola giudaica o samaritana dei naasseni-ofiti c'è, non i miti greci o quelli
dell'Egitto, ma, sullo sfondo della Bibbia,
Esclusivamente — ancora; e sempre !
la constatazione
che il serpente e il messia-cristo non fanno aritmeticamente che uno.
Andate a chiedere quella spiegazione tra gli specialisti della Gnosi che ho enumerato più sopra...
E credete che
questo midrash sia specifico dei naasseni-ofiti? Ma no! Esso si estende fino in
pieno Vangelo (canonico) di Giovanni.
Aprite i vostri
vangeli tascabili sull'episodio di Giovanni 3:13 e seguenti:
Faccio a meno di ricopiarlo; in francese mi fa male...
vi vedrete
un'allusione a Numeri 21:8-9 e al serpente creato e innalzato da Mosè nel
deserto; vi vedrete l'equazione «Serpente
= Figlio (dell'uomo)»; vi vedrete una vigorosa allusione alla «vita eterna» (alla
resurrezione definitiva); e vi troverete una bella menzione del «Padre», detto altrimenti di YHWH/«Jahvé». — Ma, se non conoscete l'ebraico e i
trucchetti della Cabala ebraica, non vedrete altro che fuoco! — Perché, qui:
1.
«Serpente» e «messia-cristo» sono
intercambiabili, tenuto conto della loro gematria comune: 358. Quando Mosè «innalza»
il serpente nel deserto biblico, l'evangelista vi vede e vi dà a vedere
un'elevazione del cristo-messia.
Lo vede dunque — e lo dà a vedere — tramite gematria.
2.
La parola «messia-cristo»/MŜYḤ contiene,
per anagramma,
Si scoprirà, più oltre, la potenza di quell'anagramma.
l'aggettivo ḤY/«vivente» — aggettivo preso
in carico dal midrash cristiano come a significare «risorto». Da cui, nel passo di Giovanni,
l'allusione diretta alla «vita
eterna», alla vita
definitiva (dono della seconda — e definitiva — resurrezione).
Tutto ciò? Invisibile nel greco, nel latino, nel francese... E nel messale, e nei catechismi... Disastro.
3.
E ciò non è finito. Nello stesso brano evangelico il «Figlio dell'uomo» è
Vale a dire: è/fu/sarà, indistintamente.
innalzato; il che
significa, in cabala, che subisce/subirà una elevazione al quadrato delle sue
lettere costitutive: così facendo, egli eguagliò/eguaglia/eguaglierà
aritmeticamente YŜWᶜ/«Gesù-Giosuè-Dio salvatore». Da cui la presenza congiunta,
nel passo di Giovanni, sia del «Figlio
dell'uomo» che della «salvezza»
del mondo.
Mentre — colmo dei colmi — né «Gesù-Giosuè-Dio Salvatore» né «messia-cristo» figurano graficamente nel passo in questione.
4.
E poi, in questo stesso passo, l'equazione «Serpente = Figlio» si giustifica dal richiamo al «messia-cristo», dal momento che:
a)
«Serpente» = NḤŜ = 358 = MŜYḤ/«messia-cristo» (per gematria
classica);
b)
«Figlio» = BN = 52 (gC) = MŜYḤ/«messia-cristo» (gR);
c)
Uguali, per vie gematriche diverse e concorrenti, a «messia-cristo», il «figlio» e il «serpente» sono uguali tra loro.
Lo sono indirettamente — mentre nessun nesso aritmetico immediato li unisce.
Ma andate a trovare ciò nel greco del Vangelo, e nei messali, e nei catechismi, e nei Padri della Chiesa, e tra gli studiosi moderni (di Chiesa o no)... Pffft.
Quando Giovanni,
nel capitolo 3 del suo Vangelo, fa — come i naasseni-ofiti — riferimento al
serpente di Mosè (e, attraverso di lui, al serpente della Genesi), non farfuglia
una squallida allegoria da baraccone buona soltanto ad adornare il sermone di
un chierico: esprime un formidabile intreccio di calcoli e di codifiche che
prendono in carico il lessico sacro.
Passando al greco, poi alle lingue occidentali moderne, questa formidabile rete è diventata nient'altro che una stupida impostura: un incomprensibile (un ingiustificabile!) miscuglio.
Ma abbandono i
naasseni-ofiti e il loro lavoro ebraico sul serpente ebraico, e ritorno al
cristo-messia — a lui solo.
Il mio lettore non
mi perde di vista: ho stabilito ed illustrato molti dei fondamenti più basilari
del cristianesimo primitivo, e non ho ancora avuto bisogno di fare appello a
nessun individuo storico di nome Gesù. Ho scomodato il vecchio Adamo, l'uomo; ho
convocato il figlio dell'uomo (e il figlio di Dio); ho preso appuntamento con YHWH/«Jahvé»; ho — tramite midrash — invitato YHWH a percorrere le tappe evangeliche della (Passione, della morte
e della) resurrezione evangelica (delle resurrezioni evangeliche). Al mio
banco, anche da falegname, non ho ancora invitato il benché minimo Gesù.
Conclusione: il Vangelo di Pietro, che vede YHWH/«il Signore» il personaggio centrale della saga neotestamentaria, non è un testo tardivo. È un libro antico: un libro cristiano al livello cronologico del quale il nome di Gesù non era stato ancora «inventato» (trovato tramite midrash — e aggiunto alla saga in questione).
Udito ciò, esploro
il «messia»/MŜYḤ.
So, ora, che questa
parola attraversa ampiamente la Bibbia ebraica — essendo letta sotto parole che
non le sono graficamente, ma che le sono aritmeticamente equivalenti, eguali: «figlio», «anima», «serpente», ecc. — E so,
peraltro, che questo termine è centrale nel cristianesimo primitivo.
E vi figurate che mi soddisferà accontentarmi di sapere
solo ciò? Voi sognate... Evangelicamente, una tale soddisfazione non sarebbe
opportuna.
Voglio, come sempre,
l'inevitabile — il perché e il come inevitabili. E innanzitutto mi viene
quell'interrogativo: Cosa scrivono gli scrittori neotestamentari primitivi
giudeo-ebrei quando scrivono
Quando scrivevano (nel Nuovo Testamento ebraico primitivo)...
MŜYḤ? O, se si
preferisce: cosa devo leggere quando mi imbatto (più di 500 volte) sulla parola
«cristo» nel corpus
cristiano?
Avendo adesso
bisogno di aiuto, e sorpreso me stesso dalle mie stesse domande, salto nella
mia biblioteca e faccio emergere commenti accademici (alcuni in latino o in
tedesco, o in inglese, per far bene...), ed enciclopedie e dizionari (talvolta
— spesso — teologici): potrei farne uscire uno o due catechismi o vari messali
e breviari. E poi encicliche papali, volantini di Lutero o di Calvino. Giusto
dietro di me ci sono le Horae di Lightfoot e quelle (che le
completano) di Schoettgen; e poi, accanto, il Tetrateuchus di Giansenio
e un grosso volume di Meuschen. E note di concili. E squadre intere di Padri
della Chiesa.
Questo salto,
quell'estrazione, quest'apparizione qui e quello zampillo lì, e tanti
commentari cosiddetti che commentano sul mio tavolo, hanno per risultato di
lasciarmi senza parole. Sulla mia fame. Mi lasciano, nel migliore dei casi, a
languire nei meandri del giudaismo farisaico —
Caso del Kommentar, in 6 volumi qui inutili, di Strack e Billerbeck.
e, nel peggiore,
nelle definizioni convenzionali (quella di «messia-cristo» come «unto», per esempio). Ed eccomi ben avanzato...
Nessuno specialista, della Chiesa (delle Chiese) o meno — su un tragitto di (quasi) due millenni... — mi spiega come i cristiani primitivi intendessero, invece, la parola «messia-cristo»/MŜYḤ: come la intendessero singolarmente.
Non mi interessa apprendere come gli autori e compilatori talmudici intendono i temi messianici; e non mi interessa ingurgitare migliaia di pagine sul messianismo (o meno) di Isaia o dei Salmi. Il Nuovo Testamento non è il Talmud, e non è Isaia o i Salmi. No: ciò che esigo è qualcosa di particolare: la visione messianica cristiana originaria della parola MŜYḤ/«messia-cristo» tra i cristiani delle origini. Tra i cristiani giudeo-ebrei, e tra loro — anzi — singolarmente.
Pietosamente, mi
affretto, senza sconforto alcuno, a chiudere le mie enciclopedie e i miei
dizionari; lancio, schiena contro schiena, Calvino come Lutero; Scarto, col
gomito, i miei Padri della Chiesa e tutti i commentari moderni o antichi che mi
è purtroppo capitato di sfogliare o di studiare. E poi oso infilare, dolcemente, da solo, con la
calma del ritorno alla calma, le poche perle che seguono:
Non facendo nient'altro che esplorare — ancora e sempre — gli autentici fondamenti, ebraici, giudaici, del cristianesimo degli inizi. — E, in questi paraggi, né Origene né Girolamo né i loro discendenti mi aiutano!
I cristiani
primitivi cominciano, a proposito del «messia-cristo»/MŜYḤ, col constatare la
sua equivalenza con BN/«figlio».
Da cui le manovre neotestamentarie attorno al cristo-messia che è figlio e al figlio che è cristo-messia. Perché:
1. «Figlio» = BN = 52 (gC);
2. «Cristo-messia» = MŜYḤ = 52 (gR).
Niente di fattuale-storico lì dentro; e niente, inoltre, di mitologico. E questi due termini, come tutti quelli che tratto qui, sono nella Bibbia.
Ma ciò non è che un
antipasto.
Nel MŜYḤ
biblico, i cristiani evangelici non scrutano, alla maniera dei farisei, un
semplice «messia», vale
a dire un semplice ausiliario umano del dispiegarsi dei tempi
salienti dell'escatologia. Vi vedono — e ciò è singolare! E ciò è fondamentale!
E di ciò nessuno me ne parla! -—YHWH/«Jahvé» stesso. Molto meglio:
vi individuano «YHWH risorto-risorgente».
E lì i farisei e il midrash ebraico non cristiano sono lasciati in ginocchio. I Talmud e le letterature giudaiche (o samaritane) non cristiane non spingono mai fino al midrash cristiano giudeo-ebraico i loro esami della parola (biblica) MŜYḤ.
Perché i cristiani
più primitivi tra i cristiani primitivi non hanno alcuna idea di un Gesù (di un
Giosuè) risorgente.
Cfr. il Vangelo di Pietro, e l'Epistola di Barnaba, e Il Pastore di Erma.
Per contro, l'ho
mostrato, essi detengono una forte idea della resurrezione
O meglio (si veda più sopra): delle resurrezioni...
di YHWH (del Signore); e quell'idea, non
la ricavarono, l'ho detto e ribadito, dalla Storia o dalla loro immaginazione,
ma proprio dalla Torà (e dalla Bibbia ebraica in generale). — Ora — ed ecco
dove gli esegeti e gli studiosi moderni, papisti o antipapisti, al seguito dei
Padri della Chiesa o meno, si dimostrano dei buoni a nulla —, la concezione
cristiana primitiva di YHWH
risorgente
Di YHWH: non di Gesù!
si alimenta e si
focalizza proprio sulle fecondità cabalistiche intrinseche della parola
(biblica) MŜYḤ/«messia-cristo-unto».
Nei giudaismi (non
cristiani), il messia
Unica o duplice, secondo il caso (cfr. i profeti minori biblici, cfr. le letterature farisaiche, cfr. i manoscritti del Mar Morto).
è, come minimo,
solo un re (umano) o un sommo sacerdote (umano) che riceve l'unzione sacrale;
al massimo è solo una specie (umana) di profeta che opera, in quanto servitore
(umano) di Dio, in quanto suo subordinato (umano), per la buona concatenazione
degli atti finali del grande travaglio dell'escatologia.
Nel I° secolo della nostra era, diversi «messia» sorsero in Palestina — sono tutti ribelli, pretesi salvatori (umani) del popolo (umano) di Israele e di Giuda: e tutti finiscono (umanamente) per capitolare. — Al momento della guerra giudaica contro Adriano, Bar Kochba, capo dell'insurrezione antiromana, si prende per il «messia» e sembra acclamato come tale dai suoi sostenitori (nel 131 dopo Cristo, se non sbaglio) — e Bar Kochba, come tutti i messia umani del giudaismo, finisce appunto in disfatta; muore anche lui, e anche lui non risorge. E: non solo non risorge ma mai, durante la sua vita di capo, si concepisce, in quanto messia o meno, come se dovesse risorgere! — Perché lì è la singolarità cristiana: il messia cristiano, invece, risorge. Nella Storia, i messia ebrei non cristiani muoiono e scompaiono; nel midrash, astoricamente, il messia cristiano muore e risorge! — Nessun bisogno, dunque, di persistere a confrontare l'evoluzione del messia-cristo evangelico a quella dei vari messia (umani) ebrei dei primi secoli della nostra era (quelli, ad esempio — e numerosi -, di cui parla lo storico Flavio Giuseppe); il confronto non regge; esso non ha senso; e si vedrà subito perché:
Nel cristianesimo
primitivo, il messia-cristo non è altro che YHWH risorgente-risorto, vivente-rivivente: la figura del Signore
che risorge. E sì: perché?... Risposta? — Aspetto.
Per anagramma!
Nel giudaismo
farisaico (tra gli altri), la parola ŜM/«nome» è uno dei sostituti
riverenziali di YHWH, il Signore.
Per non aver da usare il tetragramma sacrosanto, YHWH, gli ebrei gli dedicano diversi pseudonimi («roccia», «luogo», ecc.), e tra questi vi è ŜM/«Nome».
Oppure HŜM, con l'articolo determinativo H, «il Nome».
Anche nel cristianesimo primitivo si impiegano diversi pseudonimi per evitare di ricorrere al tetragramma: «Padre», «cieli», ecc. Modi ebraici, usi ebraici.
L'impiego della parola «Nome»/ŜM per designare rispettosamente YHWH risulta dal fatto che YHWH è ritenuto, dagli ebrei, il nome più sacro tra tutti i nomi (e parole) ricorrenti nella Torà sacra: YHWH vi è, insomma, il nome per eccellenza.
N. B. L'utilizzo del sostituto reverenziale ŜM/«Nome» risale, nei giudaismi, a diversi secoli prima di Cristo. Lo si ritrova, questo sostituto, in quanto tale, nella Bibbia.
Nel giudaismo
farisaico, l'aggettivo ḤY/«vivente» significa o tende a
significare «vivente-risorgente-risorto».
Nel cristianesimo primitivo,
Cfr., più sopra, le mie spiegazioni sulla vita, sulla ri-vita e sulla ri-ri-vita.
questo stesso
aggettivo significa o tende a significare «partecipante alla seconda e ultima resurrezione».
Riassunto:
1.
ŜM =
«nome» = YHWH/«Jahvé» (per riverenza);
2.
ḤY =
«vivente» = «rivivente-risorto-risorgente» (tramite midrash).
Meraviglia:
La parola «messia-cristo»/MŜYḤ
non è nient'altra cosa, di per sé, per anagramma, senza sforzo né isteria, che
la combinazione esplosiva di «Nome»
e di «Vivente-Rivivente»; detto altrimenti: MŜYḤ = ŜM ḤY.
Lungi dal vedere
nel messia un ausiliario umano, un subordinato umano, di YHWH, i cristiani trovano in lui, mentre ricorre nella Bibbia
ebraica, l'immagine grafica diretta di «Jahvé»/YHWH che è
risorto, che risorge, che dovrà risorgere.
Temporalità indifferente, com'è giusto, in ebraico.
E il tutto, in due
modi:
Modi che non hanno nulla di storico o di mitologico; modi che non devono nulla agli eventi (i romani, i greci o gli altri), e che non sono debitori di alcun delirio. Modi logici!
1.
tramite una sostituzione reverenziale: «nome»/ŜM essendo
ancestralmente messo al posto di YHWH/«Yahvé, il Signore Dio»;
Perché anche per i cristiani primitivi, in quanto giudei ebrei, il tetragramma YHWH è il più sacro di tutti i nomi.
2.
per effetto di anagramma: MŜYḤ/«messia-cristo» = ŜM ḤY/«il Nome vivente, YHWH risorgente».
E la resurrezione
racchiusa e scoperta dai cristiani primitivi nella parola biblica MŜYḤ
non è una qualsiasi resurrezione: essa è la resurrezione di YHWH, di Dio, del
Signore;
E non di un rabbino galileo del I° secolo; e non di Gesù-Giosuè. — Da cui giustamente il fatto — ora luminoso, ora giustificato e comprensibile — che diversi testi cristiani antichi, primitivi, conoscono la resurrezione del Signore (= YHWH) pur ignorando che questo Signore si chiamava/si chiama/si chiamerà — alla fine dei conti, alla fine della corsa — «Gesù-Giosuè».
e poi: è la sua
seconda, e non la sua prima, resurrezione.
Cfr. più sopra, la mia esposizione sui verbi HYH e ḤYH («essere» e «vivere»).
E quella
resurrezione, lungi dall'essere storica, in effetti, o mitologica, risulta,
ancora una volta, da un prodigioso midrash: deriva da un lavoro ebraico sulla
parola ebraica MŜYḤ (termine biblico),
da un lavoro sulla fecondità immediata di questa parola .
Sicuramente ho
agito bene a rifiutare tutte le mie enciclopedie, e i commentari che contiene,
per disgrazia, nella mia biblioteca, e i Padri della Chiesa (tutti grecofagi e
latinofili, i poveri...), e i Calvino e i Lutero: non un'allusione — nemmeno
una! —, in questi libri e tra questi autori, al midrash di cui ho appena
parlato.
I cristiani — gli antichi e i moderni — e i non cristiani, in massa, non hanno la minima percezione dei modi di fabbricazione del Nuovo Testamento. E i cristiani orientali (i siriaci, i copti, ecc.) non stanno meglio, al riguardo, degli occidentali.
Piango, per un
attimo, sull'ignoranza (volontaria o involontaria?) degli studiosi di ogni
orientamento, e poi mi consolo continuando.
MŜYḤ/«cristo-messia», l'ho sottolineato più sopra, vale gematricamente
(in gR) 52. BN/«figlio» ha lo stesso valore:
52 (in gC). I due termini sono quindi intercambiabili.
Ora che so come il
midrash cristiano primitivo intende la parola MŜYḤ/«messia-cristo», posso facilmente scrivere
questo: che la teologia neotestamentaria del «Figlio» non è solo equivalente a quella del «Messia-Cristo»; equivale anche, quella
teologia, a una dottrina del YHWH vivente-risorto.
Equivalenza che veicola il suo peso in tutte le aree del Nuovo Testamento.
O, se si
preferisce: evangelicamente, quando il figlio risorge, è la figura di YHWH che risorge — e viceversa. E il
tutto:
1.
per anagramma;
2.
per midrash;
3.
per un effetto di sostituzione reverenziale.
E il tutto,
inoltre:
4.
sullo sfondo della Bibbia ebraica, poiché nella Bibbia sono presenti sia BN/«Figlio», sia MŜYḤ/«Messia-Cristo», sia YHWH ḤY/«Jahvé come vivente-risorto», ecc.
Senza allontanarsi
dalla Bibbia — dall'Antico Testamento -, i cristiani primitivi vi scoprono che
il «messia-cristo» è YHWH, il Signore, vivente-risorto; ed è senza lasciarlo
che esprimono nel loro Nuovo Testamento, in chiaro e cripticamente,
l'origine, la natura, la portata e le conseguenze di quella scoperta che è la
loro — e che è loro propria.
E, il caso di dirlo (di urlarlo!...), è la loro in effetti, quella scoperta, tutta loro... Perché il giudaismo farisaico, perfino nelle sue cabale più audaci (quella, per esempio, dello Zohar) non oserà mai sviluppare una teoria del messia come Dio risorgente. Mai.
Una pausa, ora — e
un avvertimento:
Se il mio lettore
nutre il minimo dubbio quanto alla mia dimostrazione e al suo totale sapore
cristiano primitivo, apprenda il greco e l'ebraico, retroverta il Nuovo
Testamento (dal greco al suo ebraico nativo) e si sforzi di assistere, a sua
volta, in centinaia di versi, al multicolore midrash che ho appena riesumato.
Egli constaterà che lo spettacolo vale il viaggio. Potrà anche consultare, qua
e là, vari apocrifi antichi. E vi constaterà infatti che il Signore lì
resuscita; constaterà che il messia lì è figlio e che il figlio lì è un messia; e vi
constaterà soprattutto che il Signore, il Cristo-Messia e il Figlio sono lì
personaggi narrativi (estratti dalla Bibbia) che formano, lessicalmente, una
rete fitta, logica, coerente, rete che ha per punto focale, appunto, la
resurrezione di YHWH.
E poi si porrà
forse allora, come forse faccio io in questo momento, l'avida domanda (quella
che supera e inchioda tutte le altre): ehm, a quando risale il midrash
cristiano (primitivo)?
Dal I° secolo della
nostra era? Andiamo quindi...
L'uguaglianza
gematrica BN/«figlio» = MŜYḤ/«messia-cristo» = 52 esiste nel lessico ebraico. Non vi
esiste a partire dal I° secolo della nostra era. Vi esiste di per sé. Vi esiste
non appena ricorrono, nella Bibbia ebraica, entrambe le parole. La sua scoperta
può quindi risalire a diversi secoli prima di Cristo!
Il fatto che YHWH sia vivente esiste nella Bibbia
ebraica. E la parola MŜYḤ/«messia-cristo» contiene
l'aggettivo ḤY/«vivente» nella Bibbia
ebraica. I farisei non hanno fatto di «vivente» il sinonimo di «risorto» nel I° secolo della nostra era. Quella sinonimia risale
almeno, per loro, al III° o al II° secolo prima di Cristo.
Anastasis/«resurrezione» trova posto nella traduzione greca della Bibbia detta dei Settanta: ora la Settanta risale, almeno, al II° o III° prima di Cristo.
Ne deduco — e ciò
non è banale — che tutte le condizioni di possibilità del midrash
giudeo-cristiano-ebraico primitivo siano soddisfatte almeno due o trecento anni
prima della nostra era. A quell'epoca, qualunque studioso giudeo-ebreo aveva,
da sé, la facoltà di edificare, per mezzo del midrash, tutta una teoria sul «figlio» come «messia» e come «YHWH risorgente». Aveva anche la facoltà di aggiungervi,
sempre su sfondo biblico ebraico, le considerazioni cristiane primitive
sull'elevazione del «Figlio
dell'uomo» e del «Figlio
di Dio».
L'inizio di un tale midrash si riscontra altrove in vari salmi, e in Isaia, e dal lato di Giona, ecc. E in Ezechiele, e in Daniele...
Nel mio volume 1,
ho sostenuto che la totalità del Nuovo Testamento originale, ebraico, non può
in alcuna maniera essere posteriore all'anno 70 (dopo Cristo), anno della
distruzione del Tempio da parte delle truppe di Tito.
Anno che è l'ultimo limite della produzione ebraica del cristianesimo giudeo-ebraico primitivo — ovviamente.
Ma pensate: la maggior parte dei commentatori moderni crede che i Vangeli siano stati scritti e compilati (in greco!) verso la fine del I° secolo, e che l'apocalisse canonica risalga invece all'incirca all'anno 96!
L'autore del mio
volume 1 era fin troppo cauto. Non senza nonchalance, egli osa permettersi ora
altre escursioni cronologiche.
Bene: ora affermo
(ridendo) che porzioni intere del Nuovo Testamento
Porzioni intere dei vangeli canonici; porzioni intere della Apocalisse cosiddetta di Giovanni. Ma anche delle Epistole dello pseudo-Paolo.
hanno tutte le
chance
Non qualche chance: tutte.
di risalire ad almeno
due o tre secoli prima dell'inizio della nostra era.
Non parlo di decenni: parlo di secoli. Di due o tre secoli.
In breve: un numero di testi cristiani (ebraici per quel che è del loro originale) risalgono a prima — ben prima — dell'era cristiana. Bene, quella formula mi piace. Testi cristiani risalenti a ben prima dell'era cristiana... Mi piace; e spero che avrà, vorrei che abbia, successo! È una formula che rasenta il vero.
Per «porzioni intere» intendo
quelle, evangelicamente maggioritarie, che riguardano, nel cristianesimo giudeo-ebraico
primitivo, tutti i temi che ho finora passato in rassegna — ovvero, per
riassumerli rapidamente:
1.
la resurrezione del Signore, cioè la resurrezione di YHWH;
2.
la sua resurrezione sotto le figure congiunte (o disgiunte) del figlio, del
messia, del figlio dell'uomo, del figlio di Dio, di Adamo l'uomo, ecc.
Corollario immediato: occorre anche rivalutare la collocazione cronologica del Vangelo di Pietro, dell'Epistola di Barnaba e del Pastore di Erma, così come di diversi apocrifi antichi. Infatti questi monumenti letterari, effettivamente cristiani dall'inizio alla fine, ignorano il nome di Gesù (e, ignorando questo nome — fatto enormemente significativo! —, non mostrano nessuno dei contemporanei biblici dei Giosuè biblici: Elisabetta, Maria, Zaccaria, Zaccheo, Zebedeo, Lazzaro, ecc.): essi sono dunque chiaramente più antichi dei vangeli canonici. Essi contengono l'essenziale del midrash neotestamentario (la resurrezione di YHWH) e non vedono (= non vedono ancora!) che «Gesù-Giosuè» è il nome sotto il quale il SIgnore/messia-cristo/figlio/Adamo risorge.
Permetto al mio
lettore di fantasticare per un minuto sulle mostruosità che ho appena
stabilito, e poi io continuo.
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