lunedì 9 ottobre 2023

Ogni ecclesia volle avere una propria biografia del Maestro ed un proprio «Vangelo»

 (segue da qui)

§ 93) Ogni ecclesia volle avere una propria biografia del Maestro ed un proprio «Vangelo». — Le redazioni dei quattro Vangeli — quali pervenuti a noi attraverso il canone neo-testamentario — rimontano ad un'epoca molto posteriore ai fatti narrati. Ciò del resto risponde ad una legge generale. Perché gli uomini dapprima si interessano delle idee, e solo quando abbiano conosciuto le idee, e ne abbiano apprezzato lo spirito, s'interessano dell'uomo che per primo le abbia propagate. Cominceranno allora essi a cercare i dettagli sulla vita di lui; e le prime notizie, accompagnate da quelle ulteriori colorazioni che la fantasia di ammiratori può creare, daranno luogo alle prime raccolte, che formeranno più tardi la materia per la ricostruzione di una «vita». Chè se l'idea non abbia prima guadagnato terreno, non potrà sorgere l'interessamento alle vicende dell'uomo, che l'abbia per primo rivelata.

Per la «mistica» galilea i primi decenni (anni 7-40) erano stati di vita difficile. Giacché i «Galilei» della diaspora — presso i quali soltanto, originariamente, l'ideologia galilea ebbe a svilupparsi trasformandosi in cristianesimo — non avevano costituito dapprincipio che piccole comunità acefale, in parte frammiste alle sinagoghe, ed in parte viventi presso qualche anziano. Stante dunque il loro esiguo numero, non avrebbero potuto i primi galilei pensare d'imporre una dottrina propria, diversa da quella delle collettività nelle quali erano venuti a vivere; né potevano sentire il bisogno di scrivere una biografia del loro Maestro, il cui ricordo essi conservavano vivente.

Ma se i primi seguaci, trasferitisi nei territori della diaspora, non sentivano il bisogno di scrivere una biografia del Maestro, perché nessuno dall'esterno ne faceva richiesta, sentivano però il bisogno di parlare sempre di lui, delle sue gesta, e della sua dottrina. Derivò che a poco a poco nelle piccole comunità galilee raccolte dentro le più vaste comunità sinagogali, si venne formando un complesso di rappresentazioni e ricordi del Maestro, comprendente tutte le notizie che sul suo conto erano state raccolte. Quando poi — per il sopraggiungere di altri zeloti disillusi della fallita loro attività politica — i seguaci del «Maestro» vennero gradatamente aumentando, si cominciò a sentire il bisogno, specie nei nuovi convertiti, di una biografia scritta del primo assertore. Sorsero pertanto, in mezzo ai primi neofiti (verisimilmente ai tempi di Paolo), i primi raccoglitori della leggenda, che misero per iscritto — in brevi e singoli componimenti — le notizie frammentarie già raccolte sul «Maestro», e diventate patrimonio della comunità.

I suddetti raccoglitori possono essere paragonati ai cronisti nel campo storico-letterario. Di essi il miglior esemplare va rinvenuto nel Proto-Matteo; ovverossia nel Vangelo di Matteo (pura biografia), sfrondato delle interpolazioni, discorsi ed aggiunte posteriori.

Successivamente l'idea del Maestro, ormai trasformata dalla teologia di Paolo e dalle influenze mitraiche (delle quali diremo appresso), andò sempre estendendosi: mentre l'affluire continuo nelle comunità della diaspora di nuovi proseliti (specie dopo la caduta di Gerusalemme, che portò anche la leggenda di Gesù d'Anano), ingenerò, a poco a poco, la necessità di rendere accessibile a tutti i nuovi adepti la vita del primo assertore. Fu così che, non potendo essere sufficienti allo scopo le nude cronache dei primi raccoglitori, cominciarono ad aver luogo, con nuovi componimenti, le prime elaborazioni della leggenda ed i primi volgarizzamenti della dottrina. Ebbero formazione così gli Evangeli, quali noi attualmente li conosciamo.

A proposito però dei «Vangeli», noi dobbiamo distinguere due sistemi di compilazione. Alcuni lavori, e verosimilmente i più recenti, sono stati condotti da un unico compilatore, il quale — pur essendosi servito delle precedenti raccolte facenti capo ai suddetti «cronisti», ed ai raccoglitori di «dottrine» — ha elaborato il tutto secondo un proprio concetto informatore, ottenendo un componimento uniforme e pressocché armonico. Ciò è da ritenersi per i Vangeli tramandatici coi nomi di Marco, Luca e Giovanni. Altri lavori invece furono condotti riunendo insieme, con suture più o meno ostensibili, vari componimenti preesistenti, oppure interpolando, in un componimento più antico, vari passi nuovi. Esempi di questo secondo genere sono il Vangelo di Matteo, quale l'abbiamo oggi (e nel quale, al primo nucleo originario, che noi abbiamo chiamato Proto-Matteo, fu aggiunta, in un secondo tempo, una considerevole parte), ed il libretto degli Atti che, attorno ad un primo e più antico nucleo riportante i fatti di Pietro, raccolse, con altre interpolazioni ed aggiunte, nuovi componimenti riguardanti l'apostolato di Paolo.

Da tutto ciò si ha la conferma che la tradizione evangelica — come tutte le tradizioni in genere — non è stata l'opera di singoli, ma è stata opera di masse: opera di popolo cioè, ed elaborazione di molti decenni. I «Vangeli» quindi non rappresentano opere storiche; ma rappresentano raccolte anonime, più o meno elaborate, delle varie leggende che si erano venute formando sul Maestro di Galilea in ogni singola comunità cristiana, dopo la predicazione di Paolo. I raccoglitori ultimi non fecero che trascrivere — elaborandoli — gli episodi e le narrazioni che già correvano per le bocche di tutti. Attribuire pertanto un autore alla leggenda cristiana è lo stesso che attribuire un autore alle molte leggende formatesi sul Buddha, alle leggende cavalleresche del Medio Evo, od alle leggende dell'antichità classica, che anonimi raccoglitori misero più tardi per iscritto. Il solito fenomeno, che si riscontra in tutte le tradizioni e leggende popolari, si riscontra nei Vangeli; e come nelle tradizioni popolari del Medio Evo troviamo che si attribuirono, per esempio, ad Orlando gesta che erano state di altri eroi; come l'antichità classica aveva attribuito ad Ercole azioni che non lo riguardavano, così la tradizione cristiana ha attribuito al «Gesù» fatti ed episodi ch'erano invece da attribuire ad altri personaggi.

Affermare poi che l'uno dei Vangeli sia opera di Matteo, l'altro opera di Marco, l'altro ancora opera di Luca, ecc. è come pretendere essere il Pentateuco opera di Mosè; essere Enoc l'autore dell'apocalisse omonima; essere Giacomo l'autore dell'apocrifo che va sotto il suo nome. Giacché non deve dimenticarsi il sistema (ch'era in Giudea prevalente, come già era stato in Egitto, per il quale l'autore di un libro «ispirato» preferiva divulgarlo col nome del Santo, o del Patriarca, sotto la cui ispirazione egli riteneva di averlo scritto. [1]

NOTE

[1] La scuola della cosiddetta «Storia formale» o Formgeschichte, sorta in Germania, ha sostenuto e sostiene una teoria molto simile alla nostra (cfr. Martinetti, op. cit., p. 103 e seguenti, e la bibliografia ivi riportata).  

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