lunedì 28 agosto 2023

Le circostanze d'azione: le gesta messianiche

 (segue da qui)

§ 51) Le circostanze d'azione: le gesta messianiche. — Per accertare se le azioni attribuite dalla leggenda al Gesù siano le medesime che la storia ha registrato attribuendole a Giuda Galileo, sarà necessario in un primo tempo comparare le gesta messianiche riferite dai Vangeli riguardo al Gesù, colle gesta messianiche riferite da Giuseppe Flavio riguardo a Giuda. In un secondo tempo sarà necessario accertare se anche la dottrina teorica attribuita dalla leggenda al Gesù, sia la medesima che la storia ebbe a registrare sotto il nome di Giuda Galileo.

Cominceremo la nostra indagine trattando delle gesta messianiche vere e proprie. Ed al proposito va anzitutto ricordato che il termine «gesta messianiche» equivale sostanzialmente ad «azioni di guerra». Il Messia difatti era in Israele un condottiero d'eserciti: un «duce» cioè; ed abbiamo già rilevato in proposito che Daniele, preannunziandone la venuta, lo aveva chiamato «messia capo dell'esercito» (IX, 25).

Di Giuda Galileo noi sappiamo che capeggiò personalmente la prima rivolta contro Roma e contro il pontefice Gioazàro l'anno 6 E.V., mentre capeggiò, a mezzo dei suoi discepoli e successori, tutti pressocché gli ulteriori movimenti messianici, fino alla guerra del 66-70. Che cosa espone invece la tradizione evangelica sullo stesso argomento?

Abbiamo illustrato (§ 8), in base al passo di Luca (XXII, 24), che il Gesù evangelico era stato riconosciuto inizialmente dai suoi discepoli quale un «Messia terreno»: un «condottiero» cioè, della futura guerra di liberazione. In conseguenza deve ritenersi che soltanto dopo la morte le sue gesta siano state diversamente interpretate e registrate dalla tradizione. Basterebbe quindi la circostanza detta, per argomentare che anche l'uomo della tradizione era stato «Messia» nel senso inteso dai Giudei.

Peraltro, che il Gesù evangelico sia stato un uomo di guerra, risulta da alcuni passi della tradizione originaria, sfuggiti al tardivo rielaboratore. Giacchè in Matteo (X, 34-37) noi leggiamo essere stata questa, in sintesi, la predicazione del Gesù: «Non pensate ch'io sia venuto a portare la pace sulla terra; giacché io non sono venuto a portare la pace bensì la guerra». Ed in Luca (XII, 51-53): «Pensate forse che io sia venuto a mettere la pace sulla terra? No; vi dico anzi che io sono venuto a mettere sulla terra la discordia. Giacché da ora in poi cinque persone che saranno in una casa saranno divise tre contro due e due contro tre. Ed il padre sarà contro il figlio, ed il figlio contro il padre; la madre contro la figliuola e la figliuola contro la madre; la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera».

Si ricava da quanto sopra che, come il personaggio registrato dalla storia, anche il personaggio raffigurato dalla tradizione era un uomo di guerra. Quanto poi al monito, col quale si afferma che dall'inizio della predicazione del Maestro, in una stessa famiglia gli uni sarebbero stati in lotta cogli altri, si tratta del «monito», costituente la norma costante di tutte le ideologie, quando si presentino sotto nuove forme messianiche. Le stesse infatti, eccitando il fanatismo dei neofiti, spingono i figli a ribellarsi dai padri. E questa norma noi la constatiamo oggi nel messianismo marxista. Giacché in molte famiglie, taluni dei figli, diventati fanatici della nuova idea, ingiuriano e sprezzano i padri, i quali, restando fedeli all'idea vecchia, ne coltivino i riti.

Ed è un'amplificazione della suddetta norma anche l'altro passo di Matteo: «Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me». Né è superfluo ricordare che in Luca (XIV, 26) così viene sintetizzata la volontà del Maestro: «Se taluno viene a me, e non odia nel contempo suo padre, sua madre, sua moglie, i figliuoli, i fratelli, le sorelle, ed anzi la sua stessa vita, non può essere mio discepolo». Queste enunciazioni, assolutiste e totalitarie, bene possono attribuirsi al «Galileo» di Giuseppe Flavio, nella cui predicazione l'odio era un elemento saliente.

Per altro, occorre mettere in rilievo che in tutte le concezioni messianiche l'odio contro gli avversari era il fattore, su cui sempre facevano leva gli agitatori. Per quanto poi si riferisce alla scuola di Giuda Galileo, sappiamo che l'odio contro i Romani era legge: nel discorso di Eleazaro infatti (§ 20), l'argomento invocato da quello per indurre i propri aderenti a sopprimersi dopo la sconfitta, consisteva nella «necessità di non servire ai Romani odiatissimi». Giacché la vecchia legge d'Israele comandava: «Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico» (Matteo, V, 43).

Amore e odio quindi, inscindibilmente, costituivano i poli su cui si muoveva ogni concezione messianista. Ed al proposito, ecco come viene enunciata da Paolo la concezione del Cristianesimo di Antiochia (Romani, IX, 13-24): «Il maggiore sarà servo al minore, perchè così sta scritto: “Ho amato Giacobbe ed ho odiato Esaù”. Diremo dunque noi per questo che in Dio c'è ingiustizia? No. Giacchè egli così disse a Mosè: “Avrò misericordia di chi vorrò avere misericordia, e farò misericordia a colui cui vorrò fare misericordia”. Il diritto insomma alla misericordia non è di noi, ma di Dio soltanto, che esercita la sua misericordia ... Egli pertanto amerà chi vorrà amare e odierà chi vorrà odiare. Voi però mi direte: Ma allora perché protesta sempre, dal momento che nessuno può fare ciò che egli non vuole che sia fatto? — O uomo, chi sei tu che vuoi metterti alla pari con Dio? Può forse il vaso lamentarsi contro il vasaio, perché quegli ebbe a farlo in tal modo? Non è forse padrone il vasaio della sua creta, per fare della medesima un vaso per usi onorevoli, oppure un vaso per usi più vili?».

Appunto in base al surriportato passo di Paolo, allorquando Lutero, l'interprete «ispirato» della Bibbia, volle dimostrare il determinismo della vita umana, dipendente esclusivamente dall'arbitrio di Dio, così scrisse (De servo arbitrio, in Werke, Weimar 1883, XVIII, pp. 614 e segg.): «L'eterno odio di Dio contro gli uomini: odio che non è soltanto diretto contro la loro insufficienza e contro l'attività di una volontà libera, ma che esisteva anche prima che il mondo fosse creato».

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