martedì 30 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoLa fede dei semplici

 (segue da qui)

CAPITOLO X

LA CRISI GNOSTICA


SOMMARIO

I. — Gli ambienti sociali. La fede dei semplici. La gnosi dei dotti. Il conflitto dottrinale.

II. — Contro gli gnostici. L'opera anti-gnostica di Giustino. Le epistole pastorali di Paolo. Un profeta d'antico regime: lo pseudo-Giuda. La seconda epistola di Pietro.

Sommario di P. A. — Lo gnosticismo a Roma: Valentino. L'anti-gnosticismo: Giustino.  Religione dell'autorità. I primi vescovi di Roma. Lettere di Ignazio di Antiochia. La Bibbia romana. Le direzioni romane. Roma e la Gallia. Roma e la Spagna. Roma e l'Africa. Roma e l'Egitto. Roma e la Grecia. Roma e l'Asia. Roma e la Siria. 

Si noterà che solo i primi due punti di questo sommario sono stati trattati, peraltro con sviluppi che non sembravano essere stati previsti. Il resto avrebbe potuto fornire non solo la fine di un capitolo normale, ma anche più altri capitoli (J. M.).


I. — GLI AMBIENTI SOCIALI

La fede dei semplici.

Il Pastore di Erma e la Lettera ai Corinzi di Clemente, gli ultimi supplementi alle Epistole di Paolo e i due libri a Teofilo, la prima Epistola di Pietro, quella di Giacomo e il Vangelo secondo Matteo, indicano nell'insieme a dispetto delle loro molteplici divergenze uno stato d'animo molto caratteristico, quello di una società abbastanza poco raffinata, senza pretese filosofiche, dove la tradizione prende il posto della scienza, dove la fede sostituisce la ragione. La credenza che vi si staglia qui è tanto semplice e popolare quanto quella dei libri sacri del giudaismo, a cui si appella. Si mantiene all'opposto della gnosi. Non si può dire che la combatta. Più esattamente, la ignora. Non sospetta né le aspirazioni, né i metodi, né le ampie prospettive, né i duri rigori.

Lo si constata, innanzitutto, nell'idea molto antropomorfa che si fa di Dio. Tutto ciò che è detto di lui tende a presentarlo come una sorta di monarca orientale, che si vanta di essere giusto e buono, ma che ha le sue preferenze e le sue antipatie, i suoi eletti e i suoi reprobi, che è veloce alla collera, così come al perdono, che ama la lode e le proteste di devozione. È il vecchio Jahvé della Bibbia ebraica, contro cui insorgeva Marcione.

Da lui è nato un figlio, che si presenta come la sua immagine vivente, il riflesso della sua sostanza... Questo è lo Spirito di Dio, o Spirito Santo, spesso menzionato nell'Antico Testamento. Egli esisteva prima di tutte le creature ed è da lui che tutte le cose sono state fatte. È lui che ha parlato per mezzo dei profeti. In un momento decisivo, all'appello di suo Padre, si è incarnato in un uomo, per mezzo di cui gli altri dovevano essere salvati e che, per questo fatto, è diventato Figlio di Dio. Quella teologia molto sobria, che doveva essere sconfessata in seguito, si teneva nella pura tradizione dei giudeo-cristiani. Si afferma già nella prima stesura dell'Epistola agli Ebrei. [1] Costituisce lo sfondo della scena del battesimo di Gesù, che apriva il Vangelo dei Dodici Apostoli e che si ritrova in Marco. È infatti lo Spirito Santo che discende sul battezzato, mentre il Padre saluta in lui il suo Figlio prediletto. Erma espone quella concezione sotto forma di parabola, con una candida sicurezza, nel Pastore. [2] Lo Pseudo-Luca e lo Pseudo-Matteo la abbelliscono a modo loro, spiegando che la carne stessa di colui che doveva essere il Figlio di Dio era stata concepita per opera dello Spirito Santo, miracolosamente sostituitosi allo sposo di Maria. [3] D'altra parte, gli Atti degli Apostoli ci mostrano lo stesso Spirito che scende sulla prima Assemblea cristiana come in passato su Gesù al Giordano, [4] e che si manifesta in seguito sui nuovi battezzati come aveva fatto al Cenacolo. È per mezzo di esso facendosi suoi degni ricettacoli, che i cristiani, come il Cristo stesso, diventano Figli di Dio. 

Al di sotto di questo Spirito supremo, che Erma sembra identificare con l'Arcangelo Michele, [5] se ne trovano una moltitudine di altri, che svolgono un ruolo considerevole.

Alcuni stanno davanti a Dio, intenti a cantare le sue lodi e ad eseguire i suoi comandi. È il caso di Gabriele, che reca in Luca un messaggio divino al padre di Giovanni Battista , poi alla madre di Gesù. Altri svolgono quaggiù le funzioni più svariate. Così Erma parla di un certo Tegri, preposto alla custodia delle bestie selvatiche. [6] In contrasto con questi Angeli buoni, che sono al servizio di Dio, una folla d'altri militano sotto gli ordini del Diavolo; quest'ultimo tentò fin dall'inizio di perdere il Cristo, tentandolo per tre volte nel deserto. [7] Egli fa lo stesso con ciascuno di noi e «si aggira come un leone ruggente, cercando chi divorerà». [8] Meglio ancora, secondo Erma, ognuno di noi ha presso di sé un cattivo Angelo che cerca solo di fargli del male. Ma ne ha un altro, buono per natura, che svolge il ruolo di un guardiano benevolo. Così ognuno si trova sempre posto tra due vie, di cui l'una porta alla salvezza, l'altra alla perdizione.

Cosa bisogna fare per essere salvati? Niente di ben nuovo e niente di molto difficile. La regola di vita che propugnano i nostri vari moralisti è in fondo solo quella che si imponeva all'insieme dei pii ebrei. Alcuni testi, è vero, fedeli alla concezione essena, raccomandano rinunce estranee allo spirito del giudaismo, l'abbandono dei beni, il celibato. Ma si tratta solo di Consigli per l'élite ansiosa di perfezione, non di precetti per la massa. [9] Erma ha dei beni che si rammarica di vedere diminuiti e che non pensa in alcun modo di vendere. [10] È sposato e sparla bene di sua moglie, la cui compagnia gli è meno gradita di quella delle giovani vergini incontrate sulla sua strada. Ma non intende rompere con lei. Clemente parla da buon padre di famiglia. Si rivolge ai suoi compagni ed espone loro i loro obblighi comuni: «Educhiamo», dice, «le nostre mogli al bene... i nostri figli partecipino all'educazione in Cristo». Volendo dare ai Corinzi dei modelli da seguire, li va a prenderli dall'Antico Testamento, non solo tra gli antichi patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe, che la tradizione non ha affatto reso asceti, ma anche tra le donne che non hanno affatto una reputazione verginale, Giuditta, Ester, nonché Raab la cortigiana, dall'ospitalità accogliente. [11] Che si leggano gli ultimi capitoli dell'Epistola agli Ebrei, quella di Giacomo, la prima di Pietro, è sempre la stessa morale che si ritrova, quella dei grandi precetti della Legge ebraica, liberati dalla loro ganga rituale, che la sinagoga imponeva in passato ai proseliti: servire Dio nel timore e nell'amore, perché è giusto e buono; vivere in pace con il prossimo, che è stato fatto a sua immagine; evitare di causargli torto, impegnarsi a fargli del bene; coltivare le virtù domestiche, inculcarle nei propri figli, in cui si sopravvivrà. Queste regole di vita non differiscono essenzialmente da quelle che erano diffuse nel mondo pagano. Esse formavano ciò che si può già chiamare l'uomo onesto.

I cristiani comuni si differenziavano dai pagani di buona condotta per la fede di cui facevano professione. Credevano che il Cristo Gesù fosse diventato Figlio di Dio ricevendo, al momento del suo battesimo, lo Spirito Santo, e che maltrattato, vilipeso, messo in croce per la salvezza degli uomini, fosse stato da esso resuscitato dai morti, poi elevato attraverso i cieli alla destra del Padre. Avevano la convinzione profonda che pure su di loro lo Spirito Santo fosse sceso nel giorno del loro battesimo, facendo di loro dei figli di Dio, fratelli del Cristo, e che, quando le prove presenti avrebbero avuto fine, ne avrebbero ricevuto la giusta ricompensa, sarebbero risorti nella loro stessa carne per godere di una beatitudine senza fine in paradiso. Il battesimo appariva loro così come una sorta di rinascita mistica, ed era importante non perderne il beneficio ricadendo nelle colpe passate, perché non poteva rinnovarsi. Era il sacramento per eccellenza, equivalente di ciò che era la circoncisione per gli ebrei. Passava ben prima l'agape eucaristica, che serviva solo a mantenere i legami fraterni e che i nostri testi menzionano appena, ma che occupava nondimeno un grandissimo posto nella vita della Chiesa, a giudicare da quanto ne riporta Giustino. Altri riti beneficiavano pure di una virtù magica. Tale è quello al quale fa allusione il passo dello Pseudo-Giacomo: «C'è qualcuno tra voi che è malato? Chiami gli anziani della Chiesa e preghino per lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. La preghiera di fede salverà il malato, il Signore lo resusciterà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri, affinché possiate essere guariti». [12] È sottinteso che la malattia è una sorta di possessione demoniaca. Risulta da qualche colpa, per la quale lo spirito maligno è riuscito a infiltrarsi in noi. Come scacciarlo? Confessando pubblicamente la propria colpa, sollecitando le preghiere comuni, soprattutto quelle degli Anziani, e facendosi ungere da loro con l'olio santo che, somministrato nel nome del Signore, scaccerà il demonio. Abbiamo lì un primo abbozzo della nostra estrema unzione. Essa deriva da un'antica pratica palestinese, attestata già nel Vangelo secondo Marco, [13] che segue senza dubbio qui quello dei dodici apostoli. In uno scritto di origine essena, che descrive la penitenza di Adamo, il primo uomo, sentendosi malato in tutto il suo corpo, dice a Eva: «Vai al paradiso con Seth. Mettete della terra sui vostri capi. Piangete e pregate Dio di avere pietà di me e di inviare il suo Angelo a darmi il frutto dell'albero della vita da cui sgorga l'olio. Me lo porterete perché io possa ungermi con esso e trovare il riposo». [14

In un'opera simile, il Testamento di Adamo, [15] di cui abbiamo un lungo frammento dedicato alle dodici ore della notte, è detto a proposito della Settima, quella che viene dopo mezzanotte: «Le acque dormono. Se si prende l'acqua, il sacerdote di Dio vi mescoli l'olio santo e unga con quell'olio coloro che soffrono e non dormono. Costoro sono guariti». Siamo qui in pieno folclore. Nel suo rituale come nella sua morale e nella sua dogmatica, la Chiesa romana si ispira nettamente alle tradizioni palestinesi. 


NOTE DEL CAPITOLO 10

[1] Ebrei 1:1-2.

[2] Il Pastore di Erma, 5° Similitudine 5-6; 9° Similitudine 1. 

[3] Luca 1:35. Matteo 1:18.

[4] Atti 2:1-18, 35, 38; 8:14-16; 9:17-18; 10:44-48, ecc.

[5] Il Pastore di Erma, 8° Similitudine, 1-2, 3-3.

[6] Id., Visione 4:2-4.

[7] Luca 4:1-13. Matteo 4:1-11.

[8] Prima epistola di Pietro 5:8. Si veda anche Giacomo 4:7.  

[9] Atti 4:32-35; 7:28-38; 5:4-1. Cfr. 1 Corinzi 28-36.

[10] Il Pastore di Erma, Visione 1:3; 7° Similitudine, ecc.

[11] CLEMENTE DI ROMA. Epistola ai Corinzi 21:6-8; 12:1-7. 

[12] Epistola di Giacomo 5:14-16.

[13] Marco 6:13.

[14] De vita Adae et Evae, testo latino pubblicato da W. Meyer, Monaco 1879. Si veda il supplemento al dizionario della Bibbia di Viouroux, articolo Adamo (apocrifi sotto il suo nome). (J.M.)

[15] Testamento di Adamo 1:7. Cfr. RENAN, Frammenti del libro gnostico intitolato «la Penitenza di Adamo» o «il Testamento di Adamo», nel Journal Asiatique, 1853, pag. 427, e MIGNE, Dict. des Apocryphes, volume 1, c. 290. 

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