sabato 6 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoLa filosofia romana

 (segue da qui)

La filosofia romana.

A queste tendenze pratiche, che si sarebbero diffuse dai pagani ai cristiani, occorreva una filosofia dello stesso tipo, orientata all'azione. I Romani la trovarono nello stoicismo, non in quello di Zenone o di Crisippo, che amava  dissertare sulla natura delle cose o sulle regole della dialettica, ma in quello dei loro ultimi discepoli, che si concentrarono sempre più sullo studio dei problemi morali. Cicerone ne aveva reso popolari i precetti. Seneca se ne fece l'interprete eloquente, sotto Claudio e sotto Nerone, in vari trattati dove trattava i problemi più vitali e in numerose lettere in cui si istituiva direttore di coscienza. Le sue lezioni erano esortazioni continue alle virtù che fanno le anime forti. Raccomandava il distacco dalle ricchezze, l'abnegazione, lo spirito di sacrificio, l'amore per i suoi simili, un esame di coscienza spesso rinnovato.

Quella morale ascetica aveva così tante affinità con quella della Chiesa che si è immaginato più tardi che provenisse da essa. Nel IV° secolo ha cominciato a circolare una corrispondenza apocrifa tra Seneca e Paolo, dal cui risultava che il filosofo era stato convertito dall'apostolo e ricevette da lui il meglio della sua dottrina. In realtà, nulla permette di supporre che lo abbia soltanto conosciuto. Se lo avesse incontrato di passaggio, gli sarebbe pochissimo importato, perché egli ripudiava tutte le religioni positive come «superstizioni» contrarie alla ragione, e aveva un'antipatia particolare per gli ebrei. [2]

Seneca non è affatto un caso isolato. Altri, verso lo stesso tempo, professavano dottrine simili nelle scuole private che frequentavano le più nobili famiglie. Alcuni le predicavano in sale pubbliche o anche ai crocicchi della città. Molti romani ricchi avevano il loro filosofo che serviva loro da consigliere spirituale e che che vegliava sull'educazione dei loro figli. Tutti questi maestri di sapienza combinavano all'amore per la morale stoica un'identica avversione per le religioni popolari.

Non è affatto tra loro che il cristianesimo, nei suoi inizi, aveva possibilità di diffondersi. È piuttosto contro di loro che si rivolsero i suoi sforzi. Gli apostoli della nuova fede, che aspiravano ad appropriarsi della direzione delle anime, li denunciarono come maestri senza autorità, le cui dottrine incoerenti non riposavano su niente. Posarono da paladini di una sapienza più alta e più solida, venuta dal cielo. Alcuni di loro, che avevano acquisito nelle scuole alcuni elementi di filosofia, li rivoltarono contro i loro concorrenti. Si presentarono come filosofi convertiti che si erano convinti da sé della vanità delle dottrine correnti. Questo è ciò che fece in particolare l'apologeta Giustino, che scriveva a Roma verso la metà del II° secolo e il cui esempio suscitò molti imitatori. 

NOTE DEL CAPITOLO 9

[2] Testo del suo trattato perduto Contro le Superstizioni citato da sant'Agostino, Città di Dio 6:11.

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