giovedì 4 novembre 2021

IL DIO GESÙLa conoscenza mistica

 (segue da qui)


LA CONOSCENZA MISTICA

L'uomo primitivo, più ancora del civilizzato, vive in mezzo alla natura; è circondato dai suoi simili, circondato dagli animali, circondato dall'immenso turbine della vita vegetale; vede il sole levarsi e tramontare; assiste agli episodi innumerevoli degli elementi che si svolgono sotto i suoi occhi, alle sue orecchie, sotto le sue mani; da ogni parte, l'esperienza gli porta migliaia di fatti e di immagini. Da dove gli vengono, in mezzo alle realtà che brulicano intorno a lui, queste credenze in manifestazioni che nessuno dei suoi sensi ha mai percepito?

Le leggi naturali (almeno sotto le loro forme più ordinarie) brillano di evidenza; gli animali, nel corso del loro destino, sembrano rendersi conto dell'effetto utile delle loro azioni; nello sbranare, nel divorare un altro animale, l'animale si nutre o si difende; come l'uomo, nell'immolare un animale o un altro uomo, pensa di ottenere dei risultati che sono fisicamente senza rapporto con la sua azione?

L'uomo conosce i suoi simili, assiste alle loro avventure. Come, dopo aver immaginato degli esseri che non ha mai visto, immagina il manto di leggende con cui li riveste?

Ma ciò non è niente ancora. Ammettiamo la mentalità religiosa, e che l'uomo pratichi dei riti e creda agli dèi; ammettiamo che voglia sacrificare i suoi dèi; come concepire la stravagante sostituzione del simulacro al dio? Giacché questo dio egli non lo sacrifica nemmeno, poiché immola un simulacro. Non è inaudito che si immagina di immolare un dio quando sa benissimo che immola uno dei suoi simili o distrugge un manichino che lui stesso ha fabbricato?

Diremo, con il signor Homais, che fino alla nostra epoca benedetta l'uomo ha vissuto in una sorta di aberrazione, e che noi siamo i primi saggi, — benché dall'anno 1914 ciò non paia minimamente?

La spiegazione procede dal fatto semplicissimo ed evidentissimo che l'uomo è, per definizione, capace, oltre che di conoscenza razionale, di conoscenza mistica.

La conoscenza comporta due domini: il dominio positivo, dove solo la Ragione può e deve esercitare la sua giurisdizione, se si comprende la Ragione come il tesoro accumulato e senza posa rivisto dell'esperienza umana; e il dominio mistico, dove solo la Fede si pronuncia al di fuori di ogni controllo dell'esperienza razionale. Ed è inutile fare un passo di più nello studio che abbiamo intrapreso, se non ci si è intesi sul valore dell'uno e dell'altro.

Le opinioni di fede, come le si professa spesso, sono delle venerabili reliquie, se non delle assurdità superate? Si oppongono irrimediabilmente alle ricerche razionali? Non sono, al contrario, un certo aspetto delle realtà?

A queste domande, altre domande rispondono.

L'uomo, nei tempi primitivi, era capace di conoscenza sperimentale? Non era unicamente capace di conoscenza mistica? Le società avrebbero potuto soltanto nascere se l'uomo fosse stato capace di conoscenza indipendentemente da ogni esperienza e da ogni controllo razionale? 

Abbiamo appena definito la ragione il tesoro dell'esperienza umana, e non chissà quale facoltà incaricata di elevarsi all'assoluto. Allo stesso modo riconosciamo la lenta formazione della ragione e i suoi limiti, diciamo l'incapacità assoluta delle prime civiltà e l'incapacità relativa delle civiltà evolute a comprendere razionalmente le loro proprie necessità, non appena si tratta di elevarsi al di sopra del bere e del mangiare quotidiano.

Il signor Lévy-Bruhl, in un libro celebre, ha esposto che la mentalità primitiva era una mentalità pre-logica; intendiamo pre-razionale, nel senso che la conoscenza mistica ha preceduto la conoscenza razionale, vale a dire la conoscenza sperimentale.

La conoscenza mistica irrazionale, come ha stabilito Durkheim, è stata, in effetti, lo strumento sovranamente necessario al primitivo in assenza di un'esperienza che non possedeva e di un controllo che non avrebbe potuto istituire. Infatti, l'uomo sarebbe ancora all'animalità se non fosse stato dotato della facoltà di concepire, al di fuori di ogni esperienza e di ogni controllo, non verità assolute, ma verità che crede assolute e che, le une dopo le altre e al ritmo dell'evoluzione, sono i fondamenti della vita sociale, e che si possono definire a priori o innate a condizione di non lasciare a queste espressioni la portata che dava loro la vecchia metafisica. 

Quanto alla conoscenza razionale, per il fatto stesso che è il prodotto di un lungo sforzo, non arriverà a qualche certezza se non mediante infiniti tentativi ed errori e mediante la collaborazione con la conoscenza irrazionale, vale a dire restando in contatto con i dati che quest'ultima è sola capace di fornirgli. Non importa soltanto rendersi conto che molto spesso i due ordini di conoscenza, pur opponendosi, si compenetrano e praticamente si confondono; ci si può anche domandarsi se lo sviluppo della conoscenza razionale non sia stato condizionato dalla conoscenza mistica. Gli animali sembrano attorno a noi prendere una conoscenza sperimentale delle cose, il che rientra nel dominio che ho definito quello della ragione; perché non si sono elevati, in questo dominio, a uno stadio superiore allo stadio embrionale in cui si sono arrestati? Diverse cause possono essere asserite; ma la principale potrebbe essere che, in loro, la conoscenza mistica non ha portato alla conoscenza sperimentale la sua collaborazione. Il confronto che è sempre necessario stabilire tra l'uomo e l'animale deve in ogni caso passare per l'intermediazione dell'uomo non-civilizzato e e del semi-civilizzato, detto altrimenti, del primitivo. 

Quel che ne sia dei problemi che rientrano in altre specializzazioni, e per attenerci all'oggetto di questi studi, gli elementi fondamentali delle religioni, — credenza in poteri misteriosi che nessuna esperienza aveva manifestato, nell'efficacia di riti che nessun effetto aveva verificato, alla realtà di miti che nessuna osservazione aveva controllato, — si pongono come le «verità» necessarie e primitive che fornisce la conoscenza mistica e grazie alle quali l'uomo, elevandosi al di sopra dell'animalità, è divenuto un essere sociale e ha potuto continuare in seguito a vivere in società. Così si stabilisce questo fatto sul quale tutti gli studiosi sono oggi d'accordo, quali che siano d'altronde i loro disaccordi, e che ha preso il valore di un assioma: la religione è stata la forma primitiva della civiltà.

Chi ha potuto imporre all'uomo questi dati a priori ? I teologi risponderebbero: Dio. Durkheim risponde: la Società stessa, il che è la stessa cosa espressa diversamente.

Per fede, ha pronunciato il Concilio del Vaticano in una definizione celebre, «noi riteniamo vero ciò che Dio ci ha rivelato, non per averne percepito alla luce della ragione la verità intrinseca, ma per l'autorità di Dio stesso che ce lo rivela».

È sufficiente tradurre. 

Per fede riteniamo vero ciò che la Società ci insegna, non per averne percepito alla luce della ragione la sua verità intrinseca, ma per l'autorità della Società stessa che ce lo impone.

In un ritorno così ammirevole che si può, in effetti, proclamare che è divino, la religione nata dalla società ha creato la società. Prima della religione, l'uomo non è che un animale; per mezzo di essa, egli diviene un animale sociale. Uno dei titoli di gloria di Durkheim è precisamente di aver stabilito scientificamente il fatto; la formula «il Sacro è il Sociale» non avrà, nella storia del pensiero umano, una minor importanza di quella che ebbe, due secoli e mezzo prima, il «Cogito ergo sum».

Ciò che precede apporterà una piena conferma a ciò che abbiamo asserito più sopra, che era impossibile concepire la nascita di una religione se non nelle epoche primitive della civiltà, nelle età preistoriche, se si lascia alla parola «nascere» il suo pieno significato. Perché? Perché, appunto, la religione è nella sua essenza la forma primaria della società. Nessuna religione può dunque nascere in una società evoluta, se ancora una volta si lascia alla parola «nascere» il suo senso originale. Credenza in una parentela mistica che crea il gruppo sociale e da cui deriva la credenza in potenze misteriose; riti primitivi dapprima puramente magici e dove si determinano gli dèi; miti che emergono dai riti; drammi sacri nel corso dei quali il dio è immolato, tutto ciò potrà rinnovarsi in una società evoluta, ma solo nelle epoche e negli ambienti dove rivivrà la mentalità mistica; riapparizioni potranno allora verificarsi, rinnovamenti, riforme, «rinascite», ma che prenderanno il loro supporto su un fondamento di credenze, di riti e di miti il quale risalirà esso stesso a origini preistoriche. E ancora ogni rinascita religiosa implica, lo vedremo in ogni pagina della storia del cristianesimo, un ritorno di mentalità primitiva.

Ma, prima di andare più oltre, sembra indispensabile arrestarsi un momento ed esaminare come le diverse nozioni che abbiamo appena studiato si rapportano a quella di spiritualità.

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