venerdì 15 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELIIl processo

 (segue da qui)

2° Il processo

Ho già spiegato come la maggior parte degli elementi riguardanti la condanna e la crocifissione di Gesù siano stati attinti dai testi dell'Antico Testamento, che si trattava di realizzare: non vi ritornerò qui, e mi limiterò ora a parlare del processo e degli episodi secondari.

Le contraddizioni fondamentali abbondano, tra i quattro vangeli, sulle circostanze della condanna di Gesù. Se ne giudicherà dal riassunto seguente, in cui elimino l'episodio intercalato del rinnegamento di Pietro:

1) Arrestato di notte, Gesù è condotto; 

— davanti a Caifa, secondo Marco e Matteo;

— davanti al sommo sacerdote (non nominato) in Luca;

— davanti ad Anna, secondo Giovanni: è Anna, e non Caifa, che procede all'interrogatorio.

2) Marco e Matteo fanno allora riunire una prima volta il Sinedrio; Luca ignora quella riunione notturna; Giovanni ignora il Sinedrio. 

3) Nel tribunale, una prima scena di oltraggi viene imputata alle guardie da Marco e Matteo, ma sembra essere un doppione di quella che seguirà la condanna. Luca non conosce che quella, Giovanni non ne parla.

4) Secondo Giovanni, Anna rinvia Gesù a Caifa, ci si domanda perché, poiché non accade nulla: è probabilmente un'interpolazione per riparare l'errore precedente, o assicurare l'armonia con i sinottici.

5) Riunione mattutina del Sinedrio, la seconda secondo Marco e Matteo, la prima secondo Luca. Per Giovanni, non c'è ancora nessun Sinedrio.

6) Rinvio al pretorio di Pilato, che procede ad un primo interrogatorio: accordo dei quattro. 

7) Secondo solo Luca, Pilato rimanda Gesù davanti ad Erode (Antipa), ma questi lo rimanda a Pilato. Gli altri tre non menzionano questo incidente.

8) Episodio di Barabba, comune ai quattro testi.

9) Pilato fa flagellare Gesù, secondo Marco, Matteo e Giovanni: Luca non ne sa nulla.

10) Condanna sommaria, o più esattamente «consegna» da parte di Pilato, senza giudizio.

11) Scena di derisione da parte dei soldati romani, soppressa da Luca.

Si vede che lo scenario è lontano da essere lo stesso, e occorre arrestarsi alle principali divergenze.

IL SOMMO SACERDOTE — Luca dice che Gesù fu condotto davanti al sommo sacerdote; Marco e Matteo (il secondo seguendo il primo) sanno che è Caifa, ma Giovanni crede che è Anna. Al momento dell'armonizzazione dei testi, si correggerà maldestramente l'espressione di Giovanni, [20] senza cancellare la contraddizione, poiché è sempre Anna che interroga. Non si sapeva quindi più molto bene, scrivendo i vangeli, quale fosse il sommo sacerdote in carica.

IL SINEDRIO — Marco e Matteo (il secondo seguendo sempre il primo) immaginano una riunione notturna del Sinedrio, poi una seconda al mattino: Luca conosce solo la seconda, ma è molto più grave che Giovanni non parla del Sinedrio. Si è spesso segnalata l'improbabilità di queste riunioni, e di tutto il processo: siamo nella notte che precede la Pasqua, e il costume proibisce agli ebrei di uscire quella notte, a maggior ragione di riunirsi per giudicare; il costume ebraico non ammette peraltro un giudizio notturno, impone un intervallo tra l'interrogatorio e il giudizio, ecc. Per giunta, la comparsa davanti al Sinedrio non porta a nulla, poiché occorrerà rinviare Gesù davanti a Pilato. Tutte queste difficoltà, e il silenzio di Giovanni, permettono di concludere che il processo davanti al Sinedrio non è «che un artificio, maldestramente introdotto, per riportare la principale responsabilità della messa a morte di Gesù sugli ebrei». [21] È quindi un'invenzione del II° secolo, dopo la rottura con gli ebrei. 

La seduta di sputi e di oltraggi nel cortile del Sinedrio rassomiglia troppo a quella che seguirà la condanna per non essere un doppione: la prova è che Luca ignora la seconda. È tuttavia la seconda che deve essere la più antica, poiché è attribuita ai soldati romani; la prima è attribuita agli ebrei, che si tratta sempre di incolpare. Marco e Matteo riproducono due volte la loro fonte, Luca ne approfitta per scagionare i soldati romani; ma l'insieme della scena, lo vedremo, è certamente artificiale.

ERODE — Non comprendiamo perché, solo in Luca, Pilato rimanda Gesù ad Erode, ma il vangelo di Pietro fa luce su questo punto: si tratta di una traccia di una versione che tendeva a scagionare Pilato facendo condannare Gesù... da Erode.

Nel vangelo di Pietro, in effetti, è Erode (Antipa) che ordina alle guardie di impadronirsi di Gesù, dicendo loro: «Tutto ciò che vi ho ordinato, fatelo». Pilato si è limitato ad alzarsi senza dire nulla, il che gli permetterà, al momento della resurrezione, di affermare che lui è «innocente di questo sangue». Quindi abbiamo là una versione che imputava ad Erode la morte di Gesù. Marco non ha conservato nulla di questo vangelo di Pietro, che sembra ignorare; Matteo lo ha utilizzato altrove, ma qui egli elimina l'episodio di Erode e non riprende che il lavaggio delle mani e la dichiarazione di innocenza. Solo Luca si è sforzato di conservare la comparsa davanti ad Erode, ma, conoscendo senza dubbio un minimo di diritto romano, non ha potuto fargli pronunciare una condanna per la quale aveva tanto meno competenza, in quanto la scena si svolge al di fuori del suo territorio. 

BARABBA — Per assolvere la responsabilità di Pilato, si introdurrà un nuovo episodio inverosimile. Si immagina quel costume, totalmente sconosciuto tra l'altro, che permetteva al procuratore di liberare un condannato a morte, e l'offerta fatta da Pilato di liberare un certo Barabba. L'assurdità è solo apparente, se si sa che si tratta là di un racconto simbolico, che ricorda probabilmente l'antitesi dell'agnello pasquale e del capro espiatorio. [22] Infatti, «Bar-Abbas» significa «figlio del padre», e i manoscritti portano ancora la menzione «Gesù Bar-Abbas», conosciuta da Origene: si tratta dunque di un doppione simbolico di Gesù. Nessuno condannato a morte con questo nome ha trovato là il suo giorno fortunato.

LA MALEDIZIONE — La seconda invenzione avrà conseguenze molto più tragiche. Si fa dunque pronunciare l'innocenza di Gesù da Pilato stesso, e gli ebrei avrebbero risposto: «Che il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». [23] Ma questo episodio è completamente artificiale: Pilato avrebbe conosciuto la Bibbia a memoria, e avrebbe cominciato con una citazione di un discorso di Davide; [24] poi il popolo, che conosce i suoi classici, completa la citazione. Da quella interpolazione, che tende ad assolvere la responsabilità del procuratore romano, deriverà tutta la dottrina cristiana nei confronti degli ebrei, incolpati nella loro discendenza. [25] La moralità cristiana resterà, su questo punto, molto inferiore a quella ebraica che proclamava, al contrario, per bocca di Ezechiele: «Il figlio non pagherà per l'iniquità del padre». [26]

SCENA DI DERISIONE — Essendo stato consegnato Gesù da Pilato per essere crocifisso, i soldati romani si abbandonano sulla sua persona (tranne che in Luca) ad una sorta di carnevale, ben inverosimile nella corte del pretorio. Benché l'origine di questo episodio resta incerta, si concorda nel riconoscervi non una scena improvvisata, ma un rito, probabilmente derivato dal culto di Marduc, che gli ebrei hanno conosciuto durante la cattività di Babilonia. Vi si ritrovano in effetti i tre emblemi della regalità di Marduc:

— una veste di luce o brillante (esthêta lampran), come dice esattamente Luca, [27] e non di porpora o scarlatto, come hanno tradotto gli altri, che non hanno compreso; [28]

— una corona di foglie di acanto (ek acanthôn), che un altro errore di traduzione trasformerà in corona di spine;

— uno scettro, rappresentato qui da una canna.

Non si tratta quindi per nulla di una scena di derisione improvvisata dalla soldatesca, ma di un rito religioso, la cui influenza si ritrova nella festa ebraica di Purim. Si è anche cercata un'altra spiegazione nella festa delle «Sacee» [29] di origine scita. Ciò che sembra ben stabilito è che non si tratta di un atto gratuito di crudeltà, ma di un rito simbolico, dove le insegne reali non sono una beffa: gli scrittori evangelici non hanno compreso il significato della loro fonte.

Se ricordiamo che Pilato ha consegnato Gesù senza pronunciare alcuna sentenza, possiamo concludere che tutto il racconto che precede l'uccisione è privo di valore storico. 

NOTE

[20] Giovanni 18:13-14.

[21] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 567.

[22] Si veda G. ORY, Jésus a-t-il été crucifié?, Cahier E. Renan, 1955, e il mio Fable de Jésus-Christ, 3° edizione, pag. 110.

[23] Matteo 27:24-25.

[24] 2 Samuele 3:28.

[25] Si veda il mio Dossier juif, 2° Parte.

[26] Ezechiele 18:20.

[27] Luca 23:11.

[28] Marco 15:17, Matteo 27:28, Giovanni 19:2.

[29] Si veda DANIEL-ROPS, Jésus en son temps, pag. 250.

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