lunedì 14 dicembre 2020

IL PUZZLE DEI VANGELII fattori spirituali

 (segue da qui)

4° I fattori spirituali

Tuttavia, poiché vediamo a quel tempo culti vicini come quelli di Attis, di Mitra, di Iside o del Cristo Gesù accogliere tanti fedeli e prosperare al punto di diffondersi fino ai limiti dell'impero, bisogna che il loro sviluppo abbia risposto ad un bisogno e beneficiato di condizioni favorevoli. Ma gli elementi del loro successo mi sembrano risiedere molto più in fattori spirituali che in un'infrastruttura economica, che non appare poi molto diversa da quella dei secoli precedenti. 

Senza dubbio la conquista romana, stabilizzando la società schiavista, accentuando forse lo sfruttamento delle province a vantaggio di una capitale parassita, ha definitivamente distrutto, se esisteva precedentemente, la speranza di miglioramento della sorte della povera gente. Ad eccezione di alcuni privilegiati delle classi dominanti che potevano sperare di fare una carriera fruttuosa a Roma, molto aperta alle élite provinciali, la costituzione dell'organizzazione militare e fiscale di Roma ha aggravato una stabilizzazione delle strutture sociali, che non andò che accentuandosi fino all'immobilismo burocratico del Basso Impero. La spettacolare ascesa di alcuni liberti non contraddice questa immagine di una società paralizzata: si tratta di casi eccezionali, e il loro successo si basa su un abile utilizzo del sistema, come lo ha dimostrato benissimo l'autore del Satiricon.

Private di speranza terrena, le popolazioni lavoratrici non potevano che essere molto sensibili alle prospettive di evasione che offrivano loro i culti misterici. Infatti tutti questi culti, e in particolare il cristianesimo, hanno diffuso e generalizzato un'idea che, precedentemente, non aveva attratto che i filosofi platonici: quella dell'immortalità dell'anima.

Questa è la grande novità che risulta, non dai culti misterici stessi, dove era antichissima, ma dalla diffusione popolare di questi culti. Ciò che viene promesso all'iniziato è un'immortalità sempre più largamente estesa alle classi inferiori della società. Immerso nell'acqua del battesimo, l'iniziato moriva nella sua vita precedente e rinasceva per l'eternità. [80] Il trionfo del dio salvatore sulla morte era la garanzia dell'immortalità dei suoi fedeli. In una formula che ci è stata conservata, [81] il sacerdote di Mitra diceva al nuovo iniziato, praticando su di lui l'unzione sacra: «Abbi fiducia, il tuo dio è risorto, le sue sofferenze assicurano la tua salvezza». Questo è esattamente ciò che dirà l'apostolo Paolo (o l'interpolatore dell'Epistola): «Siamo stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato resuscitato dai morti, così anche noi camminassimo in novità di vita». [82]

Ma quella novità di vita, benché cominci al battesimo, non è quella del mondo terreno, ma quella di una vita spirituale, aperta dopo la morte in un altro mondo. Il Vangelo di Giovanni dirà la stessa cosa: «Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». [83]

Le concezioni di quella immortalità potevano essere confuse, — non lo sono ancora oggi? L'essenziale era definire le condizioni di accesso a «la vita eterna». [84]

L'attrazione del dogma dell'immortalità era tanto più forte quanto più ampiamente aperta era la promessa, senza distinzione di situazione sociale. Tutti i culti misterici poggiano allora su quella nozione di uguaglianza di tutti gli uomini, dell'accesso dei più umili alla vita eterna. È molto caratteristico che, nel culto di Mitra, i sette gradi della gerarchia sacerdotale, ivi compreso il più alto (quello del Padre o «papa»), siano stati aperti senza riguardo alla condizione sociale, sicché un povero manovale poteva ritrovarsi ad essere il superiore di un patrizio. La stessa nozione è espressa nell'epistola di Giacomo. [85] Anche il cristianesimo, infatti, afferma quella uguaglianza di tutti gli uomini, non sulla terra, ma davanti a Dio: il più umile sulla terra potrà ritrovarsi ad essere il primo nel regno dei cieli, [86] e Gesù morente dirà al buon ladrone: «Oggi sarai con me nel paradiso». [87]

È soltanto in questo senso che il cristianesimo si unisce alle espressioni degli autori latini sulla schiavitù. Quando Seneca assicura che lo schiavo è dello stesso seme dell'uomo libero, prevede soltanto di trattarlo in questo mondo come un essere umano. Il cristianesimo, non più dei culti misterici, non intende migliorare la sorte materiale dello schiavo, ma gli apre la porta del cielo: «Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero», dice l'apostolo Paolo, [88] ma ciò non è vero che dopo la morte. Sulla terra, ciascuno deve al contrario accettare con rassegnazione la condizione in cui Dio lo ha posto. [89] Ai poveri, ai servi (schiavi o no), i vangeli insegneranno l'accettazione di una sorte provvisoria e voluta da Dio, [90] in attesa della ricompensa celeste. Le autorità pubbliche, a partire da Costantino, sapranno utilizzare una dottrina così conveniente per il mantenimento delle disuguaglianze sociali. Ma all'origine è comprensibile che gli umiliati fossero stati particolarmente sensibili alla promessa di una beata immortalità, che veniva loro offerta di preferenza.

I fattori che assicurano il successo dei nuovi culti sono dunque gli stessi per tutti. Così non ci sorprenderà che il cristianesimo abbia dovuto lottare contro i suoi concorrenti una lunga lotta, ispirare loro diversi riti, per assicurarsi una vittoria che fu a lungo indecisa, e non fu acquisita che col favore di una circostanza fortunata al tempo di Costantino. Le originalità del cristianesimo, nel II° secolo, appaiono così poco marcate che Giustino le segnala a malapena. La principale stava senza dubbio nel dogma della resurrezione dei corpi, che apparirà così ridicola ad un filosofo come Celso; può darsi che questo dogma abbia sedotto alcune spiriti ingenui, ma non sembra che se ne sia fatto un argomento principale nella propaganda.

Non c'è dubbio, per contro, che la natura popolare del cristianesimo abbia favorito il suo trionfo su concezioni più intellettuali come quelle della Gnosi. Per gli Gnostici, la salvezza era promessa mediante una «conoscenza», che risultava certamente da una rivelazione, ma che doveva essere meditata, approfondita, al prezzo di uno sforzo che eccedeva le possibilità della maggior parte dei fedeli. Non bisogna dimenticare che in quell'epoca non esisteva la scuole pubblica, e che l'istruzione era molto stesso legata alla fortuna: occorreva essere ricchi per pagare per i propri figli un precettore, anche schiavo. Salvo eccezioni, solo i ricchi erano istruiti: presentando i cristiani come dei poveri, «una accozzaglia di gente semplice... che costituiscono la clientela ordinaria dei ciarlatani e degli impostori», [91] Celso ne fa, conseguentemente, degli ignoranti.

Ora, tutto ciò che si domandava al neofita cristiano era di credere alla resurrezione di Gesù. [92] I riti delle prime comunità erano ridotti al minimo: un battesimo, dei pasti comunitari. La regola di vita era molto vicina a quella che seguivano già la maggioranza degli adepti. Aggiungiamo la dolcezza di una fraternità caritatevole. Non si domandava altro. 

Al contrario, restando troppo erudita, la Gnosi si proibiva un vasto pubblico, che il cristianesimo annetterà facilmente. E più quello diventerà popolare, più dovrà mettersi alla portata dei più ignoranti. Raccontando la vita semplice e frugale del figlio del carpentiere, l'ingiusto supplizio di quest'uomo innocente, poi la resurrezione del dio, si suscitava facilmente la pietà, poi l'entusiasmo. Il dio nascosto nell'uomo Gesù è il tema, frequente in molti racconti, del principe nascosto sotto un'apparenza miserabile; alla fine del racconto, il principe respinge le sue spoglie e appare nel suo splendore. Allora chi sarebbe ancora tentato di verificare la provenienza della leggenda o l'utilità del travestimento?

NOTE

[80] Renatus in aeternum, formula del culto di Attis.

[81] Firmico Materno, De errore prof. relig. 22:1.

[82] Romani 6:3-5.

[83] Giovanni 3:3.

[84] Luca 10:25, 18:18.

[85] Giacomo 2:2-4.

[86] Matteo 5:19, 11:25, 18:4, 21:31; Luca 10:21, 14:7-11.

[87] Luca 23:43.

[88] Galati 3:27-28.

[89] 1 Corinzi 7:20-24; Efesini 6:5.

[90] Luca 12:47-48, 17:7-10, 19:17.

[91] Discorso vero, § 6.

[92] Giovanni 3:18.

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