giovedì 15 ottobre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALa 1° Epistola ai Corinzi.



La 1° Epistola ai Corinzi.

Si legge nella 1° Epistola ai Corinzi 15:3-11: «Io vi ho prima di tutto trasmesso, come l'ho ricevuto anch'io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è resuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa» (nome di Pietro in aramaico), [77] «poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto; perché io sono il minimo degli apostoli, e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Sia dunque io o siano loro, così noi predichiamo, e così voi avete creduto».

Tutto il capitolo 15, relativo alla resurrezione, è stato introdotto, a giudizio di Turmel e di Loisy, nell'Epistola dopo Paolo; la composizione è dovuta ad «un discepolo di Marcione», secondo il primo; essa «si situa», secondo il secondo, «tra Paolo e Marcione, più vicina a Marcione che a Paolo». Ma l'uno e l'altro son d'accordo nell'attribuire agli editori cattolici le aggiunte o correzioni, che comprendono in particolare i versi citati più sopra. [78

Ecco l'essenza dell'interpretazione che ne ha dato Loisy: [79]

«Il mistero della redenzione per mezzo della morte di Cristo è ridotto alla sua espressione più semplice e anche alla pretesa base delle Scritture (senza dubbio Isaia 53:4, 5). Questo non ci porta precisamente all'età degli Apostoli, ma al tempo in cui si elaborava sui testi dell'Antico Testamento quel che è abitudine ora chiamare la tradizione evangelica, vale a dire all'inizio del secondo secolo piuttosto che alla fine del primo».

Allo stesso modo, la menzione dell'intervallo di tre giorni tra la morte e la resurrezione appare a Loisy in relazione «al quadro adottato, nel corso del II° secolo, per l'osservanza della Pasqua ebraica». Dato che Gesù era considerato morto un venerdì e risorto una domenica, la Pasqua dei cristiani non si celebrava più, in molte comunità, nello stesso giorno di quella degli ebrei. «Così questo aspetto», dichiara Loisy, «non ci riporta nemmeno alla prima età cristiana».

In merito alle apparizioni, Loisy scrive in particolare: «Pietro è favorito dalla prima apparizione: vi è su questo punto una tradizione antica che il nostro autore si è ben guardato dall'abbandonare. I «dodici» provocano qualche imbarazzo per gli esegeti meticolosi, a causa di Giuda; alcuni manoscritti mettono qui «undici»; questa è sicuramente una correzione... Tutte le probabilità sono perché il nostro autore li consideri il collegio apostolico della prima ora...; al tempo di Paolo, i «dodici» non erano apostoli; lo sono diventati più tardi, contro di lui...»

Loisy viene alla visione di Paolo: «E, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto; perché io sono il minimo degli apostoli...». Guignebert aveva già rilevato che «come all'aborto» vuol dire «come ad un aborto di apostolo» (senza alcuna allusione ad una deformazione fisica di Paolo); [80] e Loisy sviluppa quella interpretazione: «Dunque Paolo non è che un apostolo come gli altri, con gli altri, e perfino un po' dopo gli altri, un apostolo di seconda classe..., perché è arrivato più tardi, dopo aver perseguitato la Chiesa già formata... È proprio là a cui occorreva arrivare...» Il Paolo qui presentato «appartiene al tempo in cui la grande Chiesa si sforzava a riconciliare Paolo, — la tradizione detta di Paolo, — con Pietro e i dodici, — la tradizione che si appellava a loro, — subordinandolo a loro; questo «Paolo si colloca al tempo di Clemente (di Roma) e della stesura degli Atti (degli Apostoli)».

Vedremo che questo atteggiamento prestato a Paolo dall'editore del II° secolo è in completa contraddizione con altre Epistole di Paolo. Ma se si rifiuta l'interpretazione di Loisy e se si ammette che l'intero passo citato sia autenticamente di Paolo, quale ne è il suo significato?

Vi è motivo di rimarcare, come ha fatto Loisy, che «il mistero della redenzione per mezzo della morte di Cristo» è ridotto alla sua espressione più semplice: «Il Cristo è morto per i nostri peccati, è stato sepolto ed è risorto il terzo giorno». Nessuna indicazione sulle circostanze di quella morte. D'altra parte, cosa vale l'indicazione data due volte: «secondo le Scritture», ossia l'Antico Testamento della Bibbia, l'unica raccolta allora esistente? Si sa, dalle citazioni che ha fatto lo scrittore cristiano Tertulliano che prima della sua esclusione dalla Chiesa, Marcione possedeva una copia della 1° Epistola ai Corinzi, dove le parole «secondo le Scritture» non figuravano; ma è difficile decidere se Marcione le avesse soppresse da un testo precedente oppure se la Chiesa cattolica le abbia aggiunte. [81] Per la redenzione dei peccati, si poteva invocare Isaia 53; «relativamente alla resurrezione, non esiste, per quanto ne sappiamo», ha scritto Guignebert, «una dottrina che possa applicarsi a Gesù»; [82] per contro, riguardo al tempo della resurrezione, vi erano due testi applicabili. Si leggeva in Giona 2:1: «E Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti», e in Osea 6:3: «In due giorni ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza». [83] «È possibile», d'altronde, ha scritto Guignebert, «che il ricordo della resurrezione di Osiride, il terzo giorno dopo la sua morte, e di quello di Attis, il quarto, abbiano» già «esercitato qualche influenza sulla stesura di Osea e di Giona... Forse si celebrava anche, in Fenicia, la resurrezione di Adone il terzo giorno... L'idea era nell'aria». [84] «Non è affatto per caso», ha scritto, dal canto suo, Loisy, «che la resurrezione del Cristo il terzo giorno dopo la sua morte si trovi conforme al rito delle feste di Adone». [85] Si vede quale complessità si nasconde dietro queste poche righe dell'Epistola paolina. 

Tuttavia il problema più importante è quello che pone l'enumerazione delle visioni, se si ammette che i versi citati siano proprio di Paolo. Li si è invocati, com'è naturale, come testimonianza della morte recente di Gesù e della sua apparizione, dopo la sua morte, a Pietro e ad altri discepoli. Ma si deve osservare che tutte le visioni successive sono presentate in possesso dello stesso valore: malgrado l'umiltà prestata a Paolo, che ha beneficiato dell'ultima, quest'ultima «non segna alcuna differenza tra sé e le visioni che hanno illuminato», si dice, «Pietro, i Dodici e un gruppo di discepoli». [86] Ma, secondo la cronologia finora ammessa, essa si sarebbe verificata almeno diciotto mesi dopo la data assegnata alla morte di Gesù. Nulla, d'altra parte, nel testo della 1° Epistola ai Corinzi 15:3 indica che la prima visione, quella di Pietro, abbia avuto luogo immediatamente o poco dopo un tale evento; la si interpreta così come una prova, perché si ammette quella successione come stabilita; ma il testo dell'Epistola non lo afferma. 

Allora quale sarebbe stata quella «visione iniziale di Pietro» ? «Si può dire», ha scritto Loisy, «che se, nel Nuovo Testamento, tutti ne parlano, nessuno la racconta». [87] Dal canto suo, Guignebert, che ritiene che la crocifissione di Gesù, per ordine di Pilato, sia stata un evento storico, ha presentato così come segue la visione di Pietro, che si sarebbe verificata, secondo la più antica tradizione, non a Gerusalemme, luogo del supplizio di Gesù, ma lontano da lì, in Galilea. [88] «Io non vedo alcuna ragione di credere», ha scritto Guignebert, «che Paolo abbia prestato all'esperienza di Pietro una natura diversa dalla sua: Pietro, come lui, ha visto il Maestro glorificato, vale a dire, in senso figurato, esaltato alla destra di Dio, e, in senso letterale, abbagliante di luce dall'alto». [89]

Ora, a sostegno di questa concezione di Guignebert, si può citare, nella «rivelazione» per eccellenza, l'Apocalisse di Giovanni, le parole pronunciate all'inizio dell'opera da Gesù Cristo, apparso al veggente di Patmos (1:18): «Ero morto, ma ecco, sono vivo per i secoli dei secoli». [90] Supponiamo che uno dei veggenti, alle origini del cristianesimo, abbia avuto una tale «rivelazione»; essa si può collocare all'inizio delle visioni del capitolo 15 della 1° Epistola ai Corinzi, determinando tutte le altre, senza che essa sia stata preceduta da un dramma storico recente.

Di conseguenza, anche se si ammette che i versi citati dalla 1° Epistola ai Corinzi siano proprio di Paolo, non ne consegue per nulla che essi facciano allusione alla crocifissione di un uomo a Gerusalemme al tempo dell'imperatore Tiberio. Ma se si rifiuta quest'ultimo dato e si accetta che il cristianesimo sia nato tra gli ebrei ellenizzati della Siria, la continuazione delle visioni tra i cristiani di Gerusalemme diventa molto dubbia: si può credere che sia un'invenzione dovuta agli autori della «grande Chiesa» del II° secolo. [91]

NOTE

[77] Questo nome pare primitivo; nei Vangeli (per esempio, Marco 3:16), Pietro diventa un soprannome dato a Simone. ALFARIC (Simon dit le Magicien, op. cit., pag. 15) pensa che vi sia «un tentativo di subordinare il Messia della Samaria a quello della Giudea». 

[78] Con la frase relativa alla persecuzione condotta da Paolo, prima della sua conversione, contro «la Chiesa di Dio», si veda più sopra, pag. 109-110.

[79] LOISY, Remarques..., pag. 75-79.

[80] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 617, nota 2; si veda Le Christ, pag. 211, nota 1.

[81] LOISY, Histoire et mythe, pag. 30, adotta la prima opinione.

[82] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 655.

[83] GUIGNEBERT, ibid. Egli osserva che le durate menzionate nei due testi non concordano perfettamente. 

[84] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 658.

[85] LOISY, La passion de Maduk, Revue d'histoire et de littérature religieuses, 1922, pag. 297. Si veda più sopra, pag. 21-22.

[86] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 644.

[87] LOISY, Les Origines du Nouveau Testament (1936), pag. 312.

[88] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 614-617.

[89] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 646.

[90] Si veda più avanti, Appendice 3, pag. 282 e 300.

[91] Espressione di LOISY, in Remarques, pag. 78-79, citata più sopra, pag. 132.

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