sabato 8 febbraio 2014

Del Gesù che evapora (VII)

Il mio cruccio personale è sempre stato, quando ero un convinto storicista, la drammatica impossibilità per un falso profeta, e per di più fallito miseramente, di essere elevato a così vertiginose altezze metafisiche subito dopo la sua morte. Trovavo troppo, molto imbarazzante (e vergognoso, e scandaloso) il pensiero che Gesù si fosse sbagliato sulla fine dei giorni e sull'arrivo del regno di Dio sulla terra firma. Non trovavo nulla, in lui, che lo rendesse diverso dagli altri miseri, falliti apocalitticisti descritti da Flavio Giuseppe, come quello spaventapasseri di Gesù ben Anania che invocava ad nauseam la distruzione del Tempio. E non trovandolo diverso, non riuscivo a considerarlo neppure unico e originale sotto altri aspetti, ma solo vago e indistinto, nella misura (e nella miseria) del suo fallimento.
Al punto da credere una beffa del destino che Paolo poco dopo elevasse quello stesso Gesù fin quasi al livello di Dio stesso (una beffa nel senso che non potevo credere alla sincerità di Paolo: ''c'è qualcosa di sbagliato, qui''). E credevo anche che il fallimento della sua propria fine fosse un Fatto più storico della sua stessa morte sulla croce.

Ma ora non più.

Mi limito a citare Carrier per intero su questo punto. Ed è crudele.
 [in] Marco 13:32 ... troviamo, come lo pone John Meier, ''l'affermazione da parte di Gesù, a dispetto della pretesa dei vangeli che egli fosse il Figlio in grado di predire gli eventi alla fine del tempo, compresa la sua propria venuta sulle nubi del cielo, di non conoscere l'esatto giorno o ora della fine''. Ma Meier non offre alcuna spiegazione del perchè siamo obbligati a credere che Marco si aspettava un Gesù che fosse onnisciente. Marco semplicemente dice che Gesù conosce alcuni dettagli e non altri; che Dio ha riservato quelli per sé stesso e non li comunicò a suo Figlio. Marco non mostra per nulla nessun imbarazzo. Questo sarebbe soltanto imbarazzante ai cristiani più tardi in procinto in misura crescente di eguagliare Gesù con Dio, al punto che divenne meno e meno comprensibile come Dio potesse simultaneamente sapere e non sapere qualcosa. Di qui, come mostra Meier, più tardi scribi cercarono di mitigare questo passo in Marco e Matteo, mentre Luca e Giovanni lo distrussero del tutto. Ma questa preoccupazione non esisteva al tempo di Marco, o prima (in quanto sicuramente esso sarebbe stato cancellato decenni prima che Marco venisse perfino a conoscenza della storia). Secondo Paolo ... Gesù era un emissario costituito da Dio, non identico a lui, e non c'è alcuna prova che Marco pensasse altrimenti (in realtà piuttosto il contrario: Marco 10:18, 14:36, ecc.).
Questo è un altro esempio della semplice ignoranza di Meier del fatto che l'imbarazzo fu solamente creato da uno sviluppo nella teologia cristiana che capitò molto tempo dopo che fosse stata fatta la dichiarazione imbarazzante. Dal momento che non fu imbarazzante quando creata, il criterio di imbarazzo non si applica, e perciò non c'è nessun argomento basato sul criterio di imbarazzo per la storicità dell'ignoranza di Gesù dell'esatto tempo dell'apocalisse. Al contrario, quando questa affermazione è esaminata con la corretta logica, noi dobbiamo considerare perchè Marco si sarebbe perfino disturbato di comprendere questa considerazione da Gesù. Perchè non semplicemente ometterla se fosse stata supposta essere imbarazzante? Ciò è cosa fecero Luca e Giovanni; così, perchè Marco non poteva fare altrettanto?  Il pensiero di un attimo dovrebbe condurci ad una spiegazione di gran lunga più ovvia. Marco sta inventando questa ignoranza come un'apologetica per spiegare che cosa fu imbarazzante a Marco e alla sua comunità: il fatto che la fine non fosse ancora arrivata, perfino se ciascuno fino ad allora aveva ritenuto che Gesù comunicò loro della sua imminenza. Facendo dichiarare a Gesù che l'ora non era ancora nota a lui, Marco stava liberando Gesù dalla più fatale accusa di essere un falso profeta (o almeno stava liberando la ricevuta tradizione circa Gesù da questa accusa, poichè non è semplicemente un dato di fatto che ''la fine è vicina'' sia cosa Gesù insegnò realmente, piuttosto che provenire dai profeti cristiani che, come l'autore dell'Apocalisse, pretesero di star comunicando con il suo risorto spirito). È ironico vedere cosa probabilmente si inventò Marco per contrastare un fatto imbarazzante venir ora usato come se esso fosse per se stesso così imbarazzante al punto che cosa si inventò Marco dovesse essere cosa realmente insegnò Gesù!
In questo caso, il criterio di imbarazzo non solo fallisce, ma la conclusione dovrebbe essere semmai il contrario.
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La prova nella sua interezza è più probabile se la dichiarazione è fabbricata invece che storica.