lunedì 9 dicembre 2013

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (VII)

Segue dal post precedente.

Il Padre della Chiesa Eusebio

Il Padre della Chiesa Eusebio era convinto che il passaggio sulla morte di Giacomo e sulla catastrofe degli ebrei riferito da Origene fosse un passaggio diverso da quello circa la rimozione di Anano come conseguenza del suo processo illegale di Giacomo. Nei primi anni del quarto secolo, nella sua Storia Ecclesiastica, Eusebio si sta riferendo a due passaggi in Giuseppe. Nel 23° capitolo del secondo libro prima riporta cosa scrisse Egesippo in un'opera ora perduta intorno a Giacomo, e poi cosa disse Giuseppe della morte di Giacomo. Potrebbe essere opportuno riprodurre qui una lunga citazione da Eusebio dopo che egli aveva appena finito di raccontare come Giacomo stesse predicando dal pinnacolo del tempio:
''Gli scribi e i farisei perciò collocarono Giacomo sul pinnacolo del Tempio, -- - -- e dunque salirono [sul pinnacolo del Tempio] e gettarono giù il Giusto, dicendosi l'un l'altro: ''Lapidiamo Giacomo il Giusto'' e cominciarono a lapidarlo perchè la caduta non lo aveva ucciso. Ma egli si voltò e cadde in ginocchio, dicendo: ''Ti prego, Signore, Dio e Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno''. Lo stavano lapidando quando uno dei sacerdoti dei Figli di Recab, di cui parla il profeta Geremia, gridò: ''Fermatevi, poichè il Giusto sta pregando per voi''. Uno di loro, che faceva il lavandaio, prese però il bastone con cui era solito battere i panni, e colpì il Giusto sul capo. In questo modo Giacomo subì il martirio e fu sepolto subito nelle vicinanze del Tempio. Il suo monumento funebre è ancora lì, vicino al Tempio. Egli divenne un vero testimone, di fronte sia a ebrei sia a greci, che Gesù è il Cristo. E immediatamente Vespasiano assediò la città. Quei fatti sono riferiti estesamente da Egesippo, che concorda con Clemente. Giacomo era un uomo così ammirabile e celebrato da  tutti per la sua giustizia, che persino il più sensibile tra i giudei era dell’opinione che ciò fu la causa dell’assedio di Gerusalemme, che successe subito dopo il suo martirio, a causa del fatto che osarono procedere contro di lui. Giuseppe, come minimo, non ha esitato a testimoniare questo fatto nei suoi scritti, dove dice: ‘Queste cose accaddero ai Giudei a causa dell’assassinio di Giacomo il Giusto, che era un fratello di Gesù che è chiamato il Cristo. Infatti i Giudei lo uccisero, sebbene fosse un uomo giusto.’ E lo stesso scrittore registra la sua morte anche nel ventesimo libro delle Antichità Giudaiche, con le seguenti parole: Ma l'imperatore, quando apprese della morte di Festo, mandò Anano ad essere procuratore della Giudea. Ma il giovane Anano che, come come abbiamo detto, fu nominato sommo sacerdote , era avventato e molto insolente. Apparteneva alla setta dei sadducei, i più intransigenti tra tutti i giudei in fatto di giudizio, come già mostrato. Anano, perciò, essendo di questo carattere, ritenendo che l'occasione fosse favorevole in quanto Festo era morto e Albino ancora in viaggio, convocati i giudici fece comparire davanti a loro il fratello di Gesù, chimato Cristo, il cui nome era Giacomo e alcuni altri. Dopo averli accusati di aver infranto la legge, li coinsegnò loro perchè fossero lapidati.”
 (Eusebio, Storia Ecclesiastica 2:23:12, 16–22)
Dopo che Eusebio ha riportato l'opinione di Egesippo, ossia che il fato di Gerusalemme era segnato a causa del martirio di Giacomo, egli sottolinea che anche Giuseppe testimoniò la stessa cosa: ''Quelle cose accaddero agli ebrei per vendicare Giacomo il Giusto che fu un fratello di Gesù che è chiamato il Cristo''. Questo è in linea con la stessa informazione fornita da Origene. Subito dopo, Eusebio dice che Giuseppe ''registra la sua morte anche nel ventesimo libro delle Antichità Giudaiche'', dopodichè Eusebio riproduce la vicenda di Anano che ora è presente nel libro 20. Per questa ragione non c'è alcun dubbio che Eusebio considerò i riferimenti di Origene all'episodio che Giuseppe avrebbe scritto intorno a Giacomo, come un altro, distinto passaggio in Giuseppe, e non lo stesso passaggio di Giacomo ora esistente.

Quelle circostanze conducono a tre possibili scenari:

1) che Eusebio avesse avuto accesso a manoscritti di Giuseppe in cui occorrevano entrambi i due riferimenti a Giacomo;
2) che i suoi manoscritti contenevano solo un riferimento a Giacomo, e che Eusebio, riferendosi a Origene, ipotizzò che ci deve stato anche un altro riferimento da qualche altra parte;
3) che i suoi manoscritti non contenessero niente su Gesù, e che Eusebio attinse l'informazione da Origene e realizzò egli stesso la seconda storia di Giacomo.

Poichè nè Giacomo nè Eusebio spiegano dove Giuseppe avesse scritto che Gerusalemme fu distrutta a causa dell'assassinio di Giacomo da parte degli ebrei, è ragionevole assumere che Eusebio, sulla base delle cose che scrisse Origene, prese per garantito che qualcosa di simile era presente in Giuseppe e che egli, perciò, citò questo episodio come se provenisse da Giuseppe senza conoscere esattamente da dove.

Se Eusebio avesse realmente conosciuto dove occorreva questo passaggio in Giuseppe, ce lo avrebbe detto, proprio come agì con il passaggio su Anano. Il fatto che le parole sono identiche in Eusebio e Origene supporta anche il fatto che Eusebio citò Origene.
Intorno all'anno 400, Girolamo affermò che il passaggio che Origene riferì occorreva nel diciottesimo libro delle Antichità Giudaiche:
''Nel diciottesimo libro delle sue Antichità egli più apertamente confessa che Cristo fu trucidato dai farisei a causa della grandeza dei suoi miracoli, che Giovanni il Battista fu davvero un profeta, e che Gerusalemme fu distrutta a causa dell'assassinio di Giacomo l'apostolo.'' (Girolamo, De Viris Illustribus 13)
Questo pezzo d'informazione è comunque incerto perchè potrebbe essere un errore nella scelta delle parole da parte di Girolamo, che lo fa sembrare quasi a voler dire che anche l'informazione ''che Gerusalemme fu distrutta a causa dell'assassinio di Giacomo l'apostolo'' apparisse nel libro diciotto. Girolamo potrebbe in realtà aver inteso che solo i primi due -- il Testimonium Flavianum e Giovanni il Battista -- si trovavano nel libro diciotto. Quest'ultimo approccio trova sostegno nel fatto che Girolamo è piuttosto del tutto inaccurato con la sua informazione, il che dovrebbe quindi insinuare un'ombra di dubbio anche sul suo ''egli fu creduto il Messia'' nel De Viris Illustribus. Quando nello stesso libro racconta la stessa vicenda intorno a Giacomo come quella citata sopra da Eusebio, egli afferma che Giuseppe, come pure Clemente di Alessandria, tra le altre cose avrebbe scritto che Anano ''cercò di forzare Giacomo a negare che Cristo è il figlio di Dio'', che Giacomo fu ''scaraventato dal pinnacolo del tempio'', si sarebbe spezzato le gambe, avrebbe invocato pietà ai suoi persecutori, e poi un bastone da lavandaio lo avrebbe percosso a morte.

Appare evidente che quelle sono leggende cristiane: se uno dovesse credere alle cose che dice Girolamo, dovrebbe altresì credere al ''fatto'' che egli avesse avuto accesso ad un manoscritto delle Antichità Giudaiche dove sarebbero ricordate ovvie leggende cristiane intorno a Giacomo. Se non si crede a questo, non si deve, di conseguenza, aver nessuna fiducia di Girolamo come informatore. Poichè Girolamo si basa su Eusebio nel De Viris Illustribus ed Eusebio attribuisce questa informazione ad Egesippo e a Clemente, Girolamo probabilmente la fece proprio apparire come se fosse di paternità flavianea. [1]
Poichè Origene non cita Giuseppe nè dà alcun dettaglio del punto nel suo libro in cui compariva l'informazione (confronta questo al passaggio su Giovanni il Battista, di cui Origene affermò la presenza nel diciottesimo libro), egli potrebbe aver attinto l'informazione dalla memoria e aver mischiato la testimonianza di Giuseppe con la descrizione di Egesippo, oppure con qualsiasi cosa avesse udito dire da qualcun altro.

[1] Nel De Viris Illustribus 2, dove Girolamo si basa fortemente su Eusebio, egli rende approssimativamente le stesse cose dette da Eusebio, sebbene con qualche significativa differenza. Prima descrive le cose che Egesippo è supposto di aver scritto intorno alla pietà di Giacomo (le stesse cose che dice Eusebio), dopodichè immediatamente scrive:
”Lui [Egesippo] dice anche numerose altre cose, troppo numerose da menzionare. Giuseppe, anche, nel 20-esimo libro delle sue Antichità, e Clemente nel 7° libro delle sue Descrizioni menzionano che alla morte di Festo che regnò sulla Giudea, Albino fu inviato da Nerone come suo successore. Prima che avesse raggiunto la sua provincia, Anania il sommo sacerdote, il giovane figlio di Anano della classe sacerdotale che traeva vantaggio dallo stato di anarchia,  riunì un concilio e pubblicamente cercò di costringere Giacomo a negare che Cristo fosse il Figlio di Dio. Al suo rifiuto, Anano ordinò che fosse lapidato. Dopo essere stato gettato dal pinnacolo del Tempio, con le gambe spezzate, ma ancora vivo, alzando le mani al cielo, disse: ''Signore, perdona loro perchè non sanno quello che fanno.'' Poi, colpito sul capo da un bastone simile a quello usato dai lavandai per strizzare i panni, morì. Questo stesso Giuseppe riporta la tradizione secondo cui Giacoo poteva vantare una tale santità e una così elevata reputazione tra il popolo che la caduta di Gerusalemme fu attribuita alla sua morte.” (Girolamo, De Viris Illustribus 2)
Il fatto che Girolamo alla fine scrive che ''questo stesso Giuseppe ricorda la tradizione...'' indica che Giuseppe avrebbe riportato anche ogni cosa appena narrata da Girolamo. Ma quelle informazioni sono trovate in Eusebio (su cui si basa Girolamo) e sono poi dette di provenire da Clemente ed Egesippo.