giovedì 2 febbraio 2023

Origini Sociali del CristianesimoLetteratura profetica

 (segue da qui)


CAPITOLO 4

I FATTORI DEL CRISTIANESIMO


SOMMARIO

I. — Fattori ebraici. Letteratura profetica. Profezia di Giacobbe. Isaia. Il secondo Isaia. Malachia. Libri sapienziali. I Salmi.

II. — Fattori esseni. Il vero problema. Verso la soluzione. Il Cristo salvatore degli Esseni. Il giusto perseguitato degli Esseni. L'epistola agli Ebrei. L'Apocalisse. La nascita del cristianesimo.

III. — Primi fattori cristiani. Il giusto sofferente della Bibbia ebraica. I «Logia». Il Vangelo dei Nazareni. Il libro di Elcasai. 


Come si è formata l'idea di un Cristo atemporale, nato da Dio e assiso presso di lui, che a un certo momento è venuto quaggiù a condividere la nostra vita? I dettagli di quella evoluzione ci sfuggono, per mancanza di documenti. Ma possiamo prevedere abbastanza bene i fattori principali che sono intervenuti in quella prima tappa del pensiero cristiano. Si dividono a loro volta in tre gruppi distinti che formano, attorno alla nuova fede, come tre cerchi concentrici, a causa della loro generalità decrescente. [I fattori pagani di quella evoluzione saranno studiati nei capitoli successivi. [1] Nel contesto della Palestina vanno distinti i fattori ebraici, poi i fattori esseni, infine i fattori cristiani (J. M.)] 


I. — FATTORI EBRAICI

Gli israeliti trovarono nella loro stessa tradizione la risposta al problema della salvezza che si poneva per loro.


Letteratura profetica.

La raccolta dei libri sacri conteneva numerose profezie che aprivano loro prospettive consolanti e che eccitavano vivamente l'immaginazione. Erano state scritte in momenti critici, quando Israele correva un grande pericolo. Gli annunciavano che Dio stava venendo in loro aiuto, che la salvezza era quasi vicina, che il Salvatore stava arrivando. I pii lettori dell'inizio della nostra era non avevano lo stato d'animo di uno storico. Non si riferivano all'epoca dell'autore, alle circostanze che lo avevano ispirato. I testi sacri non rappresentavano per loro un'opera umana, ma quella di Dio stesso. Li leggevano con lo stesso spirito dei credenti di tutte le età, che li considerano scritti per la loro stessa istruzione. Le applicavano dunque al loro tempo, tralasciando ciò che non conveniva loro, mettendo al contrario in rilievo ciò che piaceva loro, moltiplicando i controsensi. Gli oracoli in questione si prestavano facilmente a questi malintesi. La lingua ebraica non fa distinzione ben netta tra il passato, il presente e il futuro. Scambia facilmente un tempo per un altro. Le oscillazioni del testo originale sussistevano nella versione greca della Settanta, di cui gli ebrei e i cristiani delle prime generazioni hanno fatto un grande uso. Si osservano perfino nelle nostre traduzioni. Spesso, nel corso di una lettura, ci si domanda se l'autore stia parlando di eventi antichi o contemporanei, o di quelli che seguiranno. Il futuro si fonde con il presente, spesso addirittura scivola nel passato. Si vedono le predizioni già realizzate. Questo miraggio retrospettivo, che continua nel nostro secolo di riflessione critica, fu certamente ben più sensibile negli ambienti meno esigenti dove si elaborò il Vangelo. Grazie ad esso, doveva emergere a poco a poco dalle vecchie profezie concernenti Israele la fede nella venuta recente del Cristo Salvatore.

NOTE DEL CAPITOLO 4

[1] Sopprimo qui alcune pagine, relative agli Dèi in forma umana, agli Dèi salvifici, agli Dèi morenti, che riprodurrebbero quanto è detto più oltre. Si veda di seguito, Origine siriane, pag. 139 (J. M.). 

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