domenica 31 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELIL'eucarestia

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5° L'eucarestia

Secondo la definizione del Concilio di Trento, il dogma dell'eucarestia è quello secondo il quale il pane e il vino consacrati contengono «veramente, realmente e sostanzialmente il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di N. S. Gesù Cristo». Non ricorderò qui le polemiche con i Protestanti sulla questione della presenza reale, ma non si può negare che l'origine del dogma sia antica: esso è conosciuto dallo pseudo-Ignazio di Antiochia, da Ireneo, e figura nella versione delle epistole di Paolo, almeno così come è stata rimaneggiata nel II° secolo. [43]

In che modo si presenta l'eucarestia nei vangeli? 

Nei sinottici, leggiamo che nel corso dell'ultima cena condivisa con i suoi discepoli, Gesù l'avrebbe istituita con queste parole: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo... Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue». [44]

Ma è molto importante notare che il IV° Vangelo ignora questa istituzione e queste parole. Come un atto così importante avrebbe potuto essere omesso dallo scrittore giovanneo? Si può concluderne, sia che il racconto di Giovanni è anteriore a quello dei sinottici, sia che l'eucarestia costituisce in questi un'interpolazione successiva, sia infine che Giovanni conosce una tradizione diversa. In ogni caso, è un fatto che, se il IV° Vangelo presta a Gesù molte parole nel corso della «Cena», nessuna di queste si riferisce al pane e al vino: questo è molto grave per l'istituzione.

Per l'autore del IV° Vangelo, l'istituzione dell'eucarestia non si lega alla Cena, ma alla moltiplicazione dei pani, cui segue un lungo discorso sul pane della vita. [45]

Ancora si devono distinguervi due parti:

— nella prima, vi è menzione solo di un alimento simbolico, questo «pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» [46]

— Nella seconda (che inizia in 51-b), Gesù è ritenuto dare infine questa spiegazione: «Il pane che io darò è la mia carne...  se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita». [47]

Ma queste sono due fasi diverse dell'evoluzione del dogma, ed appare molto chiaramente che i versi da 51-b a 58 costituiscono una interpolazione ulteriore con ripetizione: l'espressione «i vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti», data una prima volta nel verso 49, viene ripetuta nel verso 58 per assicurare la congiunzione. Tutto ciò che figura nell'intervallo non è dunque originale, e prima del verso 49 non c'è menzione che del pane di vita simbolico, ma non ancora di mangiare carne e di bere sangue — cosa che avrebbe suscitato tra gli ascoltatori ebrei una indignazione ben più forte!

L'autore iniziale di Giovanni conosceva quindi solo il pane di vita simbolico: l'aggiunta sulla carne e sul sangue è senza dubbio un tentativo maldestro di armonizzazione con i sinottici, senza la quale il IV° Vangelo avrebbe ignorato totalmente l'istituzione dell'eucarestia.

Ma, viceversa, i sinottici ignorano il discorso sul pane della vita. Questa duplicità esclude ogni possibilità di attribuire l'istituzione dell'Eucarestia a Gesù: siamo in presenza di due tradizioni inconciliabili che si distruggono a vicenda. 

In apparenza, la versione dei sinottici ha più credibilità. Sembra essere anteriore, se è vero che figura in Marco, ed è il silenzio del quarto Vangelo che diventa allora sorprendente. Ma i sinottici hanno davvero parlato di questa istituzione? L'ipotesi di un'inserzione ulteriore dell'eucarestia in queste opere sembra singolarmente confermata:

— dalla contraddizione che esiste nelle Epistole di Paolo tra la descrizione dei semplici pasti comunitari [48] e l'aggiunta delle due istruzioni sull'Eucaristia; [49

— da un'interpolazione simile trovata nella prima Apologia di Giustino. [50]

Se ai sinottici è stata aggiunta l'istituzione eucaristica, è comprensibile che il Quarto Vangelo non la contenga nello stesso luogo. L'unica cosa sorprendente è che è la si è aggiunta in Giovanni in un posto diverso.

Di fronte a queste grandi difficoltà, diventa irrilevante sottolineare le differenze di dettaglio tra i sinottici stessi, o tra i vari manoscritti di Luca.

Ma resta importante sottolineare che la formula: «Fate questo in memoria di me» si trova solo in Luca, [51] e che gli altri ne sono inconsapevoli: potrebbe quindi far parte dell'interpolazione (probabilmente di origine romana) nelle epistole di Paolo, che la contengono due volte.

Anche se tardiva, l'armonizzazione dei vari testi è quindi molto imperfetta. Se non avessimo il silenzio di Giovanni, potremmo probabilmente mantenere la concordanza dei sinottici sul simbolismo del pane e del vino. Dobbiamo dedurne che si dovrebbe istituire un rito? Ovviamente no, perché il racconto di quanto sarebbe accaduto una volta, durante l'ultimo pasto, qualunque sia il significato dato alle parole (e indipendentemente da qualsiasi dissertazione sul verbo «essere»), non implica in alcun modo l'ordine di commemorazione e l'istituzione di un rito permanente, dotato di grazie speciali.

Per quanto riguarda la formula nota solo a Luca, potrebbe suggerire l'idea di una sorta di «memoriale», ma una cerimonia commemorativa non è la reiterazione di un miracolo. Nell'interpretazione opposta, perché Marco e Matteo ignorano questa istruzione essenziale della commemorazione?

Non siamo quindi in presenza di una narrazione, di un fatto, ma di tentativi di attribuire a Gesù un rito esistente nelle comunità cristiane del II° secolo. Resta da interrogarsi sulla natura e sull'origine di un simile rito. 

Non troviamo alcun precedente nel mondo ebraico. Per di più, una tale nozione vi appare impensabile. Gli ebrei avevano un'idea troppo spirituale della divinità per accettare senza orrore l'incarnazione di Dio, e ancor più la sua trasmutazione in pane mangiato dagli uomini. Quanto all'assunzione del sangue, essa è rigorosamente proibita dalla legge di Mosè, e la simbologia del vino non basterebbe a farla accettare. L'unica espressione riportata in Giovanni: «Il mio sangue è vera bevanda» (6:55) sarebbe bastata a suscitare l'indignazione di tutti gli ascoltatori, se quella frase fosse stata pronunciata in pubblico.

Né troviamo alcun rito di questo genere tra gli Esseni, molto rispettosi delle prescrizioni della Legge. Sappiamo da Giuseppe che essi partecipavano a pasti in comune, che comportavano un solo piatto. «Prima di mangiare, il sacerdote pronuncia una preghiera e nessuno può toccare cibo prima della preghiera». [52] I manoscritti di Qumran ci hanno meglio informato su questi pasti, da cui erano esclusi i novizi e coloro che avevano commesso una grave colpa. «Allorché  disporranno la tavola per mangiare o il vino dolce per bere, il sacerdote stenderà per primo la sua mano per benedire in principio  il pane e il vino dolce». [53] Poi tutta la comunità partecipava, nell'ordine gerarchico, alla frazione del pane, e probabilmente anche alla distribuzione del vino. Ma da nessuna parte è detto di prestare a questi alimenti un valore simbolico.

È un pasto analogo che descrivono gli Atti degli Apostoli nella comunità di Gerusalemme, come lo immaginano: «Spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore». [54] Si tratta proprio di un pasto autentico e ordinario, dove il cibo non è simbolico.

È infine un pasto dello stesso genere che suggerisce la lettera di Plinio il giovane a Traiano, quando dice che i cristiani di Bitinia si riunivano per «prendere del cibo comune e innocente».

In tutto ciò, non c'è menzione di una trasformazione dei cibi, ancor meno di un rito sacramentale: è un semplice pasto fraterno.

Per contro, il rito è frequente nei culti misterici, in quelli di Osiride, di Attis o di Mitra, [55] e Giustino è stato colpito da queste analogie. Ben prima dell'apparizione del cristianesimo, riti di teofagia erano praticati: Cicerone ha giudicato questa idea irragionevole, [56] egli la conosceva.

Che un rito di questo genere sia praticato in altri culti, l'apostolo Paolo lo sa bene, poiché invita i cristiani a scegliere: «Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni. Non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni». [57]

L'eucarestia è quindi un rito esclusivamente pagano che si è infiltrato nel cristianesimo. In quale periodo? Possiamo precisarlo approssimativamente. Il vero Paolo non conosce ancora che i pasti comunitari, [58] e, secondo Tertulliano, sembra che sia il Cristo di Marcione che abbia fatto per la prima volta del pane l'immagine del suo corpo. [59] Il rito esisteva quindi nel cristianesimo gnostico prima della stesura dell'Evangelion, intorno al 130-140. Difficilmente prima, perché Plinio, intorno al 112, non ne ha sentito parlare. 

Va sottolineato, tuttavia, che l'autore della «Didachè» (intorno al 140?) non conosce ancora, a sua volta, che i pasti fraterni, che egli definisce «eucarestia»: nel capitolo 9 dà la formula del ringraziamento da recitare sul calice e sul pane spezzato; questo pasto è il simbolo dell'unione della Chiesa, è per questo che si escludono i non-battezzati. [60] Nel capitolo 14, egli dice: «Il giorno del Signore, riunitevi; spezzate il pane e rendete grazie: però dopo aver confessato i vostri peccati». Ci vuole molto candore per riconoscervi una descrizione della «messa» primitiva, in ogni caso, non si fa alcuna allusione alla transustanziazione. 

Il rito teofagico è quindi un'infiltrazione pagana nel cristianesimo, risalente alla prima metà del II° secolo. Proveniente dai misteri orientali, esso ha dovuto penetrare attraverso la Gnosi e il paolinismo. Se fosse stato conosciuto a Roma al tempo della stesura dei vangeli, il suo significato non sarebbe stato compreso, perché i nostri scrittori non avrebbero mancato di precisarlo. Quanto al racconto della «cena», è probabilmente ispirato a racconti analoghi riguardanti l'ultimo pasto di Mitra, ma questi testi non ci sono pervenuti. 

NOTE

[43] 1 Corinzi 11:23-29.

[44] Marco 14:22-24, Matteo 26:26-28, Luca 22:19-20.

[45] Giovanni 6:22-59.

[46] Giovanni 6:33.

[47] Giovanni 6:51-53.

[48] 1 Corinzi 11:21.

[49] 1 Corinzi 10:16-17 e 11:23-25.

[50] Apologia 66:3. Su quella interpolazione, si veda sopra, capitolo 4 § 3.

[51] Luca 22:19.

[52] Guerra Giudaica, 2:8:5.

[53] Regola della comunità 6:4-5. Si veda anche la Regola annessa, 2:17-22: «Nessuno stenderà la sua mano sulle primizie del pane e del vino prima del Sacerdote», che li benedirà per primo. Questo rito era richiesto non appena c'erano almeno 10 ospiti.

[54] Atti 2:46.

[55] Si veda il mio Fable de Jésus-Christ, 3° edizione, pag. 170 ss.

[56] Della natura degli dèi, 3:16.

[57] 1 Corinzi 10:20-21.

[58] 1 Corinzi 11:21.

[59] «Adversus Marcionem» 3:40.

[60] Didachè 9:5.

IL PUZZLE DEI VANGELIL'ordine

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4° L'ordine

Non si potrebbe parlare, nei vangeli, dell'istituzione di una «chiesa». Ciò che si presta a Gesù è l'annuncio imminente della fine dei tempi, perché avrebbe creato un'istituzione duratura? L'idea di una cerimonia di investitura delle funzioni sacerdotali esisteva ben prima del cristianesimo, ma è solamente quando il bisogno di un clero si fece sentire nelle comunità cristiane che si è potuto fissare il rito di quella investitura: la prima epistola a Timoteo (che non è di Paolo) si sforza di regolarizzare quelle pratiche. In origine, le comunità cristiane erano soltanto sotto la direzione degli «Anziani».

Nei vangeli, le cose accadono molto semplicemente. Gesù scorge i pescatori sul lago, e dice loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». [36] Dice a Levi: «Seguimi». [37] Non vediamo da nessuna parte che si parla di imporre loro le mani per conferire loro il sacerdozio. Anche più tardi, quando si suppone che Gesù abbia istituito i «dodici», non si parla di alcun cerimoniale. Ricavarvi l'istituzione di un sacramento equivale a mostrare molta immaginazione. È sufficiente soltanto ricordare che esisteva, nella legge ebraica, una «unzione» sacerdotale, di cui parlerò più avanti. 

C'è bisogno di aggiungere che nessun comando di castità viene dato ai discepoli ? Vediamo che Pietro è sposato, poiché Gesù guarisce la sua suocera, [38] e che la tradizione gli attribuisce una figlia. Conosciamo una tradizione secondo la quale l'apostolo Giovanni sarebbe rimasto vergine, Gesù avendolo trattenuto dal matrimonio, [39] ma il caso di Giovanni sembra speciale. Per gli altri dieci, Basilio crede che fossero sposati e Tertulliano crede che non lo fossero, ma anche quest'ultimo ammette che avrebbero potuto sposarsi. [40] Per di più, il celibato dei sacerdoti, ben rimesso in discussione oggi nel seno stesso della Chiesa, non è mai stato considerato d'istituzione divina, si tratta di una regola ecclesiastica istituita (non senza difficoltà) dai papi dell'XI secolo, e che non sempre è stata rispettata: lo stesso Bousset non era sposato clandestinamente? [41] Prima dell'istituzione della regola, la Chiesa ammette che il papa Adriano II, eletto nell'867, fosse sposato: ciò gli procurò qualche inconveniente, perché sua moglie si fece rapire, e questo precedente poteva servire a dimostrare il vantaggio del celibato... per i papi. 

La legge ebraica non conosceva nulla del genere, i sommi sacerdoti erano sposati, e sappiamo che Anna era il suocero di Caifa. È probabilmente nell'Essenismo che si dovrebbe, ancora una volta, cercare l'origine di questa predilezione per la castità. Vediamo anche, in un passo dell'Apocalisse, che i 144.000 eletti «non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini». [42] Qualunque sia la sua complessa origine, è certo che la regola della castità non figura da nessuna parte nei vangeli. 

NOTE

[36] Marco 1:17, Matteo 4:19.

[37] Marco 2:14, Matteo 9:9, Luca 5:27.

[38] Marco 1:29-31, Matteo 8:14, Luca 4:38-39. Si è ben tentato di asserire che si trattava della moglie di suo padre, il termine greco mêtruia potendo avere entrambi i sensi. Ma allora, la figlia, canonizzata dalla Chiesa? 

[39] TOMMASO D'AQUINO, Summa 2:2:186:4.

[40] «Licebat apostolis nubere» (De exhortatione castitatis, capitolo 8).

[41] Su quella regola, la sua origine e la sua evoluzione, si consulterà G. LAS VERGNAS, Le célibat polygamique dans le clergé (1967).

[42] Apocalisse 14:4.

venerdì 29 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELIIl matrimonio

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3° Il matrimonio

La dottrina cristiana sul matrimonio è fondata principalmente su un capitolo dell'epistola di Paolo agli Efesini, [31] dove l'apostolo precisa che si tratta di un «grande sacramento». L'idea di santificare l'unione coniugale non è peraltro specifica al cristianesimo.

Non vi è menzione che una sola volta nei vangeli: Gesù insegna chiaramente che egli intende su questo punto riformare la legge di Mosè, che permetteva al marito di ripudiare sua moglie con una semplice «lettera di divorzio»; [32] d'ora in poi ogni uomo che ripudierà sua moglie commetterà un adulterio. [33] Si noterà che Matteo fa un'eccezione, sconosciuta agli altri, nel caso della prostituzione. [34]

Su queste basi, la Chiesa ha fondato la sua proibizione del divorzio, ma si è riservata la valutazione dei casi di annullamento del matrimonio: inutile dire che non vi è menzione di ciò nei vangeli!

La proclamazione dell'indissolubilità del matrimonio contrasta con la generalizzazione del divorzio nell'alta società romana, [35] contro la quale l'imperatore Augusto aveva invano tentato di reagire. Si tratta di una concezione morale, variabile a seconda dei paesi e dei tempi; e ciascuno riferisce a Dio la sua concezione del matrimonio, perfino se si tratta della poligamia.

NOTE

[31] Efesini 5:22-23.

[32] Deuteronomio 24:1.

[33] Marco 10:11, Luca 16:18.

[34] Matteo 19:9.

[35] «Divorziano per maritarsi, si maritano per divorziare» (Seneca, De benef. 3:16). «Quella che si sposa tutte queste volte, non si sposa: è adultera per legge» (Marziale 6:7).

giovedì 28 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELILa penitenza

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2° La penitenza

Fare penitenza equivale a confessare le proprie colpe e a domandare perdono a Dio. Questa pratica è comune nell'Antico Testamento: è Davide che proclama «Ho peccato molto per quanto ho fatto», [22] è Salomone che prescrive la confessione pubblica dei peccati, [23] è Daniele che ne dà una formula. [24]

Gli Esseni conoscevano a loro volta un rito di confessione pubblica: «Coloro che entrano nell'Alleanza faranno la loro confessione dopo di loro, dicendo: noi siamo stati perversi, noi ci siamo rivoltati, noi abbiamo peccato, noi abbiamo agito con empietà...» [25] A volte, almeno nella setta di Damasco, vediamo che era necessario confessarsi da un sacerdote. [26]

Non è quindi difficile trovare un'origine per il rito della confessione cristiana: questa si praticava, alle origini, in pubblico.

Ma noi non vediamo da nessuna parte nei vangeli che questo rito ha il valore di un sacramento, tanto meno che un potere speciale sia dato ai sacerdoti per la remissione dei peccati. Gesù stesso lo dice: «I tuoi peccati ti sono perdonati», [27] e ciò indigna i Farisei, che protestano perché Dio solo può rimettere i peccati. Gesù risponde che il Figlio dell'uomo ha questo potere, il che vuol dire che egli è Dio: non intende quindi conferire questo potere ad un uomo.

Per giustificare il potere di assoluzione riconosciuto ai sacerdoti, la Chiesa si basa esclusivamente sulla missione data a Pietro, dove è detto: «Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli». Ma, come ho già spiegato, l'intera missione di Pietro, conosciuta solo da Matteo, [28] è un'interpolazione del III° secolo. E vale lo stesso per l'espressione inserita in Giovanni: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi», [29] espressione che Gesù dovrebbe aver pronunciato qui soltanto dopo la sua risurrezione.

La storia del sacramento della penitenza è quella di una invenzione successiva della Chiesa: questa istituzione era sconosciuta prima degli autori del III° secolo (Tertulliano, Cipriano, Origene). Scartate le interpolazioni, non rimane, nei vangeli, che un'espressione di Matteo sulla correzione fraterna. [30

NOTE

[22] 2 Samuele 24:10. In penitenza, Dio gli permette di scegliere tra 7 anni di carestia o la peste per il suo popolo, egli sceglie la peste!

[23] 1 Re 8:47.

[24] Daniele 9:5.

[25] Manuale di disciplina.

[26] Documento di Damasco 9:13.

[27] Marco 2:5, Matteo 9:2, Luca 5:20.

[28] Matteo 16:17-19.

[29] Giovanni 20:23.

[30] Matteo 18:15.

mercoledì 27 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELIIl battesimo

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1° Il battesimo 

Con qualche imbarazzo, che tradisce un'esitazione nella tradizione (o una correzione del testo), il IV° Vangelo ci dice che Gesù stesso non battezzava (4:2).

Quanto all'istruzione data in Matteo (28:19) di andare a battezzare le nazioni «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», ho detto che era un'aggiunta molto tardiva, ancora sconosciuta a Eusebio, e che supponeva stabilito il dogma della Trinità. Come mai d'altronde gli altri tre evangelisti ignoravano un'istruzione così necessaria alla salvezza? 

Così i teologi si basano non tanto su quelle dubbie parole, per spiegare l'origine del battesimo,  quanto sulla seguente tesi: al momento del battesimo di Gesù nel Giordano, l'acqua avrebbe assunto, per contatto col suo corpo, una virtù rigenerativa. [3] Istituzione piuttosto indiretta, e si può pensare che i teologi non mancano di immaginazione; ma fingono di credere che il sacramento del battesimo fosse un'istituzione di origine cristiana, mentre il battesimo esisteva ben prima della nascita del cristianesimo.

Quando si conosce la dottrina della Chiesa sulla impellente necessità del battesimo, si può essere sorpresi del fatto che Gesù stesso non abbia creduto utile conferire questo sacramento: come privare così tanti suoi contemporanei dell'accesso al paradiso? Ovviamente, il Gesù dei vangeli non prevedeva il dogma del Concilio di Trento, articolato contro Calvino che negava la necessità del battesimo. Che Gesù non abbia insegnato la necessità di questo sacramento è ciò che consegue con ogni evidenza da una lettura imparziale dei vangeli.

Ma i vangeli possono invitare, sulla questione del battesimo, ad alcune confusioni, poiché contengono essi stessi tali confusioni. L'analisi dei testi cristiani permette di distinguere tre tipi di battesimi (escluso il battesimo con il sangue dei martiri).

I — Il battesimo è prima di tutto un mezzo per cancellare il peccato. Sant'Agostino insegna che esso cancella ogni peccato, originale o attuale, e che produce questo stesso effetto anche in assenza di ogni contrizione o riparazione; colui che muore dopo il battesimo, anche se fosse un criminale, va dritto in paradiso. [4] Questa virtù purificatrice spiega l'utilizzo dell'acqua.

Ma, nei vangeli, non è il battesimo cristiano che produce questo effetto, è il battesimo di Giovanni. Il Battista amministra nel Giordano «un battesimo di conversione per il perdono dei peccati». [5] Non vediamo né Gesù né i suoi discepoli praticare nulla del genere. Proprio al contrario, si oppone al battesimo di acqua dato da Giovanni quello che il Messia darà «con lo Spirito Santo», [6] e quando il Battista dice allora: «Io vi battezzo con acqua», lascia ben intendere che non sarà lo stesso con Gesù. 

Questo battesimo di purificazione è illogico farlo ricevere da Gesù: il Figlio di Dio non ha bisogno di essere lavato dai suoi peccati. Solo Matteo, come ho detto, si è accorto di quella contraddizione, [7] ma sappiamo che, nel vangelo di Pietro, Gesù rifiutava di sottomettersi al battesimo di Giovanni, dicendo: «Che peccati ho fatto io per andarmi a fare battezzare da lui?»

Da dove viene questo battesimo di purificazione? È un rito comune a molti culti, ma probabilmente si tratta del battesimo esseno, che si praticava per immersione. [8] Questo «bagno degli iniziati», come lo chiama Giuseppe, si dava solo dopo una fase di istruzione ed un esame probativo, come nella primitiva Chiesa cristiana.

Questo battesimo esseno è necessario alla salvezza, prefigura il trionfo dello Spirito di Luce; al momento del «giudizio decisivo», «Con la sua Verità, Dio allora vaglierà tutte le azioni dell’uomo... e aspergerà su di essi lo Spirito di Verità come acqua lustrale». [9]

Quando Paolo, convertito a Damasco, sarà ricevuto nella «casa di Giuda» (che è la comunità essena), è in quella maniera che sarà battezzato dal vecchio Anania. [10]

II. — «Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo», dice il Battista, [11] stabilendo così una distinzione tra il battesimo di semplice purificazione, e il battesimo cristiano che è una comunicazione dello Spirito. Quest'ultimo non si opera più per mezzo dell'acqua, ma mediante l'imposizione delle mani, oppure ancora soffiando sul viso, poiché lo Spirito è il Soffio di Dio. Questo battesimo non purifica, al contrario non può essere conferito che a colui che è già puro. Esso non lava via le contaminazioni, ma conferisce la Conoscenza, così come scriveva Paolo: «Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito, e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito». [12] Non potrebbe esserci questione di conferire un tale battesimo ai bambini; esso presuppone la capacità di ricevere lo Spirito, dunque la ragione e l'intelligenza.

È questo battesimo di Spirito che è intravisto nei vangeli? Sarebbe difficile dirlo, se non avessimo la testimonianza complementare degli Atti degli Apostoli, dove si ricordano parole importanti di Gesù, che i vangeli hanno però omesso: «Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni». [13] Ciò che egli vi annuncia è la Pentecoste, che è il battesimo dello Spirito, opposto al battesimo di acqua di Giovanni. Nel IV° Vangelo, è Gesù stesso che procede a questo rito prima della sua ascensione: «Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo». [14]

Questo battesimo dello Spirito, sconosciuto al Giudaismo, è comune nella Gnosi, dove precisamente conferisce la conoscenza necessaria alla salvezza (o la capacità di ricevere quella conoscenza). È egualmente conosciuto anche nei culti pagani, e Guignebert cita questo testo ermetico: «Coloro che sono stati battezzati nello Spirito, costoro hanno preso parte alla conoscenza e sono diventati perfetti». [15]  Si potrebbero trovarne alcune infiltrazioni nei testi esseni. 

Che questo sia il battesimo della chiesa primitiva, non ne possiamo dubitare. Al contrario del costume attuale, il battesimo era conferito solo agli adulti, e dopo una confessione. È così che vediamo, negli Atti, Pietro che fa scendere lo Spirito sui «gentili» che lo ascoltavano. [16]

Ma quella nozione di battesimo ha dovuto mescolarsi un po' con la precedente (sotto l'influenza degli Esseni?), poiché vediamo Pietro conferire loro in seguito il battesimo di acqua. I due riti sembrano essersi riuniti prima della stesura dei vangeli, poiché ci viene detto che Giovanni battezzava nel Giordano «coloro che confessavano i loro peccati», [17] egli esigeva dunque una confessione preliminare prima di purificarli; ma non conferiva ancora lo Spirito.

III — I culti misterici praticavano largamente il battesimo. «In certi misteri, come quelli di Iside e di Mitra, gli adepti diventano iniziati tramite il battesimo... con il battesimo... e i riti di Apollo e di Eleusi comportavano il battesimo», conviene Tertulliano. [18] Ma questo battesimo aveva una virtù ben più grande: per mezzo del battesimo, l'iniziato partecipava al sacrificio redentore del dio, moriva simbolicamente e rinasceva come lui, trasformato, divenuto un uomo nuovo. Questo è il battesimo di rinascita o di rigenerazione, ben noto a Paolo: «Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato resuscitato dai morti, così anche noi camminassimo in novità di vita». [19]

Non esiste nulla del genere nei sinottici, [20] ma un intero episodio del IV° Vangelo è dedicato a questo insegnamento. [21] Gesù disse al fariseo Nicodemo: «Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». Nicodemo non conosce la dottrina dei misteri, poiché non comprende, e Gesù deve precisare: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio». Ciò che Gesù insegna là, e che è ignorato dai sinottici, è la dottrina dei misteri pagani.

Si sarà notato che è soltanto in quella occasione che, conformemente alla dottrina dei misteri, Gesù — nel IV° Vangelo — afferma la necessità del battesimo per la salvezza — detto altrimenti, che i tre quarti dell'umanità saranno esclusi dal regno.  

NOTE

[3] TOMMASO D'AQUINO, Summa 3:66:2; Catechismo del Concilio di Trento.

[4] Discorso sul simbolo degli apostoli 10.

[5] Marco 1:4, Matteo 3:2, Luca 3:3.

[6] Marco 1:8, Matteo 3:11, Luca 3:16, Giovanni 1:26.

[7] Matteo 3:14-15.

[8] Documento di Damasco, A:10:10-13.

[9] Manuale di disciplina 4:20-21.

[10] Atti 9:18.

[11] Marco 1:8.

[12] 1 Corinzi 12:13.

[13] Atti 1:5.

[14] Giovanni 20:22.

[15] GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 344.

[16] Atti 10:44-45.

[17] Marco 1:5, Matteo 3:6.

[18] TERTULLIANO, De baptismo 5.

[19] Romani 6:3-5.

[20] Da segnalare due allusioni al battesimo di morte in Marco 10:39 e Luca 12:50. Si veda anche 1 Corinzi 15:26-29.

[21] Giovanni 3:1-21.

martedì 26 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELII sacramenti

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IX — I sacramenti

Secondo la definizione che ne ha dato il Concilio di Trento, un sacramento è «un segno visibile della grazia invisibile, stabilito da Dio per la nostra santificazione». Detto altrimenti, è un rito che produce un effetto di grazia santificante, ma non si può associare quella virtù al rito se non in ragione della sua istituzione divina: questo è ciò che resta da dimostrare.

La Chiesa romana conosce sette sacramenti, e insegna che sarebbero stati tutti istituiti da Gesù: la difesa di quella tesi, elevata all'altezza di un dogma dal Concilio di Trento, richiede un sacco di immaginazione o di condiscendenza. Esaminerò quindi i vangeli per vedere come stanno le cose, poiché i Protestanti sostengono di non averli trovati tutti e sette, ma potrebbe essere che abbiano cercato male.

Ricorderò prima di tutto che la nozione di sacramento non è specifica al cristianesimo: tutte le religioni hanno attribuito effetti benefici alla realizzazione di certi gesti o alla ripetizione di certe formule, e vi è probabilmente uno spirito di magia alla base di quelle istituzioni, ma sarebbe troppo lungo discuterne qui. Il mio scopo è soltanto di scoprire da dove provengono i sette sacramenti ammessi dalla Chiesa, e soprattutto se sono specifici al cristianesimo, o se esistevano prima di esso e possono costituire delle imitazioni.

Una prima osservazione mi sembra impressionante: sfido chiunque a trovare nei vangeli qualsiasi cosa che, da vicino o da lontano, rassomigli all'istituzione della cresima o dell'estrema unzione.

Per la cresima, i Protestanti non vi vedono che una «cerimonia oziosa», e il Concilio di Trento ha colpito con anatema quella proposizione. Ignoro se quella cerimonia sia oziosa, chiedo solo che mi si mostri dove e quando sarebbe stata istituita da Gesù, e quale sia la frase dei vangeli che vi si riferisce.

Lo stesso Concilio ha colpito con anatema la tesi secondo la quale l'estrema unzione non sarebbe un vero sacramento, ma una «istituzione umana». Ben altre cose mi sembrano essere invenzioni umane, per cui correrò volentieri qui il rischio dell'anatema, ripetendo che i vangeli sono assolutamente silenti su quella istituzione. La Chiesa stessa ne fa risalire l'origine ad un'iniziativa dell'apostolo Giacomo, fratello del Signore, poiché si legge, nell'epistola che gli è attribuita: «Chi tra voi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore» (5:14). Ecco che rassomiglia molto ad un'istituzione umana! Tuttavia è discutibile che Giacomo abbia potuto scrivere qualcosa di questo genere.  

Siccome Giacomo era probabilmente esseno, e gli Esseni praticavano un rito analogo, sarebbe abbastanza plausibile collegare la nostra unzione dei moribondi a quella dell'Essenismo. Sappiamo anche da Giuseppe [1] che, tra loro, l'olio era considerato «come una macchia» per i vivi, probabilmente perché era riservato ai moribondi.

È forse a un rito di questo genere che si dovrebbe collegare l'unzione di Gesù a Betania: Gesù stesso spiega che la peccatrice ha profumato in anticipo il suo corpo «per la sepoltura». [2] Ma non si poteva attribuire ad una prostituta l'istituzione di un sacramento.

Lascerò dunque da parte la cresima e l'estrema unzione, e cercherò le allusioni dei vangeli agli altri cinque sacramenti: si vedrà che la tesi della Chiesa avrebbe avuto di che sorprendere i loro scrittori.

NOTE

[1] Guerra Giudaica, 2 § 123. Esiste anche nello scritto di Damasco un'allusione alle impurità d'olio (12:16).

[2] Marco 14:8, Matteo 26:12. Si potrebbe anche pensare all'olio delle imbalsamazioni, ma è impiegato solo dopo la morte.  

IL PUZZLE DEI VANGELIGli avversari

 (segue da qui)

6° Gli avversari

La vita e l'azione di Gesù costituiscono nei vangeli un conflitto che, sul piano umano, volge in tragedia. Bisogna quindi chiederci contro chi è ingaggiata la lotta. La risposta a quella domanda è molto difficile: non soltanto i nostri testi non concordano, ma vi si rileva una evoluzione. Tra le epistole paoline, il primo e l'ultimo vangelo, l'avversario è cambiato almeno due volte.

I DEMONI — Se si considera il Cristo un personaggio celeste, disceso o incarnato per la salvezza del mondo, è normale che la sua lotta si ingaggi contro le potenze malvagie, contro i demoni. Anche se esistono uomini asserviti a queste potenze nefaste, non si potrebbe tenerli per responsabili; proprio al contrario, è a costoro principalmente che deve beneficiare il sacrificio del Salvatore. 

Restano alcune vestigia di quella concezione nei vangeli, ma è passata in secondo piano. Gesù è venuto proprio a cercare la pecora smarrita [140] e a chiamare i peccatori; [141] ma lo vediamo troppo spesso maledire o insultare i suoi avversari umani perché si possano considerare i demoni i suoi nemici diretti.

Concretizzare il male in un potere malvagio, che sia un dio, un arcangelo decaduto o un'armata di piccoli diavoli, equivale sempre ad ammettere un dualismo puerile, un manicheismo larvato. I platonici ritengono, al contrario, che l'uomo faccia il male in seguito ad un errore di giudizio, cosa che fonda la sua responsabilità; ma quale responsabilità si può attribuire ad un uomo posseduto da diversi demoni? La contraddizione non è mai rimossa. Il dualismo iracheno, ben prima di Mani, aveva penetrato il pensiero ebraico, e il libro di Enoc contiene un'intera dottrina sui demoni. Ciò che se ne è trattenuto nei vangeli è nel contempo elementare e accessorio. 

L'apostolo Paolo insegnava che il Cristo era stato messo a morte dagli «arconti», che non sono capi temporali, ma, come ho spiegato, divinità malvagie. Presentare gli arconti come gli avversari del Salvatore equivale ad enunciare al contempo una dottrina logica e assorbire tutto il contenuto della Gnosi e dei misteri pagani.

Con Marcione facciamo un passo in più, poiché gli «arconti» utilizzano i potenti di questo mondo per condannare Gesù; ma i veri avversari, seppur nascosti, restano le potenze malvagie alle quali la virtù del dio salvatore strapperà le anime.

Nei vangeli non ci sono più arconti, sono i capi religiosi ebrei che decidono la morte di Gesù. Non si dice che sarebbero allora posseduti dal demonio, [142] si fa loro portare al contrario tutto il peso della loro decisione.

Ci sono ancora demoni, nei vangeli, ma sono dei buoni piccoli diavoli. Si inseriscono nel corpo di alcuni disgraziati, ma basta una formula per scacciarli. Succede che un uomo sia posseduto da sette demoni allo stesso tempo, [143] o anche da una «legione» di demoni, [144] ma basta dire: «Spirito impuro, esci da quest'uomo» e il demone obbedisce: questo è ciò che si definisce un esorcismo. Allo stesso modo, Gesù guarisce un epilettico comandando al demonio di uscire da lui. [145]

Beninteso, per riuscire così facilmente quella operazione, bisogna avere autorità sui demoni. Ma questo potere è trasmissibile; inviando i suoi discepoli a predicare altrove, Gesù conferisce loro «autorità e potere su tutti i demoni», [146] il che include il potere di «guarire ogni male». [147] Questo tipo di vittoria è quindi troppo facile.

GLI AVVERSARI UMANI — Se la dottrina cristiana fosse, come si è detto troppo spesso, una dottrina di rivoluzione sociale, si troverebbero gli avversari tra i ricchi e i potenti, presi in tale veste. Ma se Gesù se la prende spesso coi ricchi, non è coi soli ricchi, come tali, che si oppone; e i potenti, come il Sinedrio, non saranno condannati perché detengono il potere. Il conflitto che oppone Gesù ai suoi avversari è un conflitto religioso, sull'interpretazione della legge divina. Così vediamo che gli avversari designati sono, più spesso, gli scribi, i Farisei, i Sadducei e i sommi sacerdoti. Sono molte persone, e benché si abbia l'aria di confondere tutti loro in una stessa riprovazione, bisogna comunque stabilire delle distinzioni. 

GLI SCRIBI — Sono spesso introdotti come avversari di Gesù, quasi sempre con i Farisei, al punto che l'espressione «scribi e Farisei» sembra un luogo comune nei vangeli. Questo è esatto solo in parte: se il reclutamento degli scribi si faceva soprattutto tra i Farisei, vi erano scribi non farisei, e ancor più dei Farisei insufficientemente istruiti per essere scribi.

Infatti gli scribi non sono semplici copisti, sono personaggi eruditi, che si chiamano anche «dottori della legge». Alcuni tra loro, fin dalla regina Alessandra, sono membri del Sinedrio. Li si venera, poiché interpretare la Legge divina è una funzione sacra, — i sacerdoti essendo piuttosto consacrati al servizio del culto. Gli scribi tengono scuola, e diversi sono pervenuti ad un'elevata notorietà, come Hillel, morto nell'anno 10 della nostra era, e suo nipote Gamaliele: i loro commentari della Legge formano una parte importante del Talmud. 

Si è sorpresi di vedere come gli scribi vengono derisi nei vangeli. Gli si rimprovera di indossare lunghi abiti, di ricevere saluti in luogo pubblico, di avere i primi seggi nelle sinagoghe e persino nei banchetti: [148] gelosia meschina a riguardo di personaggi venerati per la loro scienza, e che si ritorcerebbe facilmente contro il clero cattolico. Ma anche la loro scienza è derisa: perché i dotti, per attirare l'attenzione su questo punto, avevano detto in modo figurato che lo studio della Torà era più importante della costruzione del Tempio o persino del dovere verso i genitori, Gesù li rimprovera di annullare il comandamento di Dio verso il padre e la madre; [149] questa è una chiara incomprensione, dove la buona fede non è dalla parte di Gesù.

Come ci è nota, la dottrina degli scribi non è, in fondo, molto lontana da quella che si presterà a Gesù, e questi si comporta spesso come un dottore della legge. Per esempio, si aveva creduto di imbarazzare Hillel domandandogli di esporre l'essenziale della Legge finché un uomo potesse reggersi su un solo piede, e Hillel aveva vinto questo primo «cronometro umano» rispondendo: «Non fare ad altri quel che tu non vuoi che si faccia a te, questa è tutta la legge». Similmente uno scriba o un legista credette di imbarazzare Gesù chiedendogli quali sono i principali comandamenti; Gesù risponde che il primo è l'amore di Dio, e il secondo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso», [150] il che non è che una citazione dal Deuteronomio. [151] Non soltanto il metodo è lo stesso, ma l'insegnamento è così analogo che si è potuto trovare nelle espressioni del Talmud un insegnamento pre-cristiano.

Allora perché quella ostilità verso gli scribi? Si potrebbe rispondere che si tratta di polemiche, e che i dotti non sono sempre d'accordo tra di loro: non esistevano forse 300 punti di divergenza tra l'insegnamento di Hillel e quello del suo rivale Shammai? Ma il disprezzo degli evangelisti nei riguardi degli scribi sembra essere basato su una sorta di egualitarismo, ben conosciuto nelle prime comunità cristiane: «Ma voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli». Ciò non ha impedito alla Chiesa di istituire un'intera gerarchia e di chiamare il suo capo «papa», a dispetto del seguito del divieto: «Non chiamate nessuno padre sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo». [152]

I FARISEI — Ho rilevato 18 occasioni diverse in cui Gesù si oppone ai Farisei o li maltratta, e inoltre 11 passi in cui se la prende insieme con gli scribi e i Farisei. Bisogna ancora aggiungervi le 4 espressioni che prendono di mira gli «ipocriti», questo termine essendo riservato di preferenza ai Farisei. Ecco dunque, sembra, l'avversario principale.

Come per gli scribi, ci si potrebbe stupire. I Farisei ci sono ben noti, grazie a Giuseppe e secondo le opere degli autori ebrei: tutti gli storici devono convenire oggi che i Farisei sono ingiustamente calunniati nei vangeli, e che sono ben lontani dal meritare il rimprovero d'ipocrisia. «Le severità con cui gli eruditi hanno così a lungo e così pesantemente oberato il fariseismo si spiegano con la troppa fiducia accordata alle asserzioni dei vangeli». [153] Anche gli scrittori cattolici ne convengono: «La fede religiosa dei farisei era certamente profonda, solida ed esigente. Non scendeva a compromessi. Ed è un errore madornale fare, come avviene spesso, [154] della parola fariseo un sinonimo di ipocrita». [155]

Quali sono le principali rimostranze nei riguardi dei Farisei? Essi sono «amanti del denaro», [156] sono orgogliosi, [157] sono ipocriti, [158] e infine raccomandano un formalismo senza carità, fanno prevalere la lettera sullo spirito della Legge. [159] Che vi siano stati, nella setta dei Farisei, uomini di questo genere, è probabilissimo: i Farisei sono borghesi, spesso ricchi, hanno avuto accesso recentemente a incarichi onorifici, se ne vantano e il loro orgoglio può opprimere il popolo. Sono conservatori, il che non vuol dire ipocriti, ma ansiosi di conservare i loro vantaggi. È per contro totalmente inesatto rimproverarli per il loro formalismo, quando il farisaismo si separa [160] dal giudaismo tradizionale proprio perché ammette un'evoluzione della legge religiosa; molte frasi dei rabbini farisei, in particolare quelle di Hillel, sono molto vicine al cristianesimo, che le ha forse attinte da lui. Non vi è dunque alcuna ragione di trattarli da «razza di vipere» [161] o da «sepolcri imbiancati», [162] o di maledirli così violentemente come fa Gesù. [163

Siccome ci sono contraddizioni dappertutto nei vangeli, è necessario segnalare che ci vengono presentati una volta i Farisei come se avessero voluto salvare Gesù. [164] Si deve anche fare un'eccezione per Nicodemo, favorevole a Gesù. [165] Ma nel complesso sono i sentimenti di odio che dominano nei confronti dei Farisei.

Bultmann pensava che una tale ostilità sarebbe potuta nascere solo negli ambienti ellenistici. Ma quell'opinione deve essere rivista dal momento che si conosce l'influenza degli Esseni: questi si opponevano in effetti ai Farisei, ed è senza dubbio là che va ricercata l'origine di una ostilità, ben difficile da spiegare altrimenti. Le principali rimostranze dell'Essenismo contro i Farisei si ritrovano nei vangeli: amore per la ricchezza al quale si oppone la virtù della povertà, ricerca di onori e di incarichi ufficiali, da cui l'orgoglio al quale si oppone la virtù dell'umiltà, culto pubblico, anzi ostentato, al quale si oppone la preghiera intima venuta dal cuore. E naturalmente si tratta sempre da ipocrita colui che non mette esattamente la sua condotta in relazione con i suoi credi o il suo insegnamento: «Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno». [166] In questo senso, il cristianesimo conterà anche un sacco di farisei.  

I SADDUCEI — Ben più raramente presi di mira, sembra che il partito dei Sadducei avrebbe dovuto essere l'oggetto dei principali attacchi di Gesù. Infatti i Sadducei sono i nobili, i potenti; dai loro ranghi escono tutti i sommi sacerdoti; essi detengono dalla loro intesa con i Romani un potere considerevole e lo usano a loro profitto. Infine, nella versione attuale dei vangeli, essi sono i principali responsabili della morte di Gesù.

Ben di più, a differenza dei Farisei, essi non credono nell'immortalità dell'anima. È quindi molto logico trovarli come contraddittori nel dibattito sulla resurrezione: [167] gli evangelisti avevano letto Giuseppe. Salvo quella polemica senza conseguenza, si trovano i Sadducei solo associati ai Farisei, [168] e come co-protagonisti. Si può essere sorpresi di quella assimilazione, ma bisogna ben convenire che i vangeli si interessano pochissimo ai Sadducei come tali. Li ritroveremo nella persona dei sommi sacerdoti. 

I SOMMI SACERDOTI — Dissipiamo fin da subito un equivoco: non vi era che un solo sommo sacerdote in carica, ma, siccome cambiava spesso, più persone potevano conservare il titolo nello stesso tempo. È il caso di Anna, predecessore e suocero di Caifa. Sembra addirittura che l'appellativo «sommo sacerdote» sia stato utilizzato, in particolare da Giuseppe, per designare ogni persona che deteneva un'alta funzione sacerdotale, — e civile di conseguenza, poiché «il governo della nazione era affidato ai sommi sacerdoti». [169] Gli Esseni si opposero a questa concentrazione di poteri.

Sono quindi logicamente i sommi sacerdoti che decidono di far arrestare Gesù, [170] che pagano per questo il tradimento di Giuda; [171] sono i sommi sacerdoti, riuniti nel Sinedrio, che decidono: «Egli merita la morte». [172]

Ma le cose sono molto meno chiare, se ci domandiamo perché i sommi sacerdoti vogliono la morte di Gesù. Gli evangelisti non ne sanno nulla: perché ha bestemmiato, secondo Marco, che segue Matteo; [173] perché si sarebbe detto il Figlio di Dio, secondo Luca; [174] perché aveva resuscitato Lazzaro, dice Giovanni, [175] o ancora perché si teme che catturi i favori della folla. [176] Tutto ciò è incoerente.

Sappiamo da Giuseppe che numerosi esaltati si pretesero allora il Messia, e non sembra che si sia ogni volta disturbato il Sinedrio. La polizia romana interviene solo allorché essi attirano una truppa in armi — cosa che, a parte l'episodio delle spade prima dell'arresto, non sembra essere il caso di Gesù. Ben di più, i sommi sacerdoti dovevano condividere l'attesa messianica, e sapere che ogni resistenza alla volontà di Dio sarebbe allora empia e senza speranza: è difficile immaginare che i miracoli, segni attesi, incitassero proprio l'alto clero a sollevarsi contro l'inviato di Dio. 

D'altronde, bisogna mettere queste teorie in accordo con un elemento essenziale del problema: il sacrificio di Gesù è volontario; è lui che sceglie di morire per la salvezza del mondo, e lo annuncia in più riprese. Eppure Luca gli fa proclamare quella assurdità: bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato, «ma guai a quell'uomo per mezzo del quale egli è tradito». [177] Troviamo là due strati successivi nella leggenda di Gesù: egli è prima di tutto il dio salvatore, che le potenze del male faranno perire, ma che trionferanno su di loro per la salvezza del mondo, e in quella concezione, sono gli «arconti» o Satana che devono farlo morire. Ma in seguito si insinuò nel cristianesimo un sempre crescente anti-giudaismo, e si attribuì allora, ai sommi sacerdoti dapprima, a tutti gli ebrei in seguito, la morte di Gesù. Ho già segnalato le impossibilità giuridiche e morali del processo davanti al Sinedrio, sconosciuto dal IV° Vangelo. Tutte le accuse contro i sommi sacerdoti hanno probabilità di essere altrettanto artificiose e tardive.

 GLI EBREI — La sostituzione degli ebrei alle potenze demoniache è chiara nel IV° Vangelo: laddove i sinottici oppongono a Gesù gli scribi o i farisei, il Vangelo di Giovanni dice solamente «i Giudei». [78]  La volontà di accusare gli ebrei in blocco è pervenuta al termine della sua evoluzione.

Ciò che importa dimostrare è che gli ebrei avevano perso il favore divino, che non erano più il popolo eletto, e che Dio aveva contratto con i cristiani una «Nuova Alleanza».

Non è contraddittorio prestare a Gesù tanti miracoli, e assicurare che gli ebrei non avevano creduto in lui? È perché, ci spiega Giovanni, Dio ha volontariamente accecato gli ebrei, come aveva predetto Isaia, [179] che non ha voluto la conversione degli ebrei. [180] Ma allora gli ebrei non dovrebbero essere resi responsabili della loro incredulità! Tali obiezioni non possono fermare gli evangelisti; tutto è stato predetto, tutto è avvenuto secondo le profezie. Non siamo in presenza di racconti storici, ma dell'interpretazione mistica e aberrante di testi precedenti, che peraltro non avevano per nulla detto ciò che se ne è ricavato. 

Non è però escluso che il supplizio di Gesù sia ispirato a quello del Maestro di Giustizia, anch'egli vittima dell'alto clero: è il «sacerdote empio» che lo ha consegnato nelle mani dei suoi nemici, [181] e il ruolo di Caifa e dei sommi sacerdoti nella passione di Gesù è forse solo un ricordo del crimine attribuito a Ircano II. [182]

Non si dimenticherà infine che i vangeli conservano tracce di un atteggiamento ben diverso nei confronti degli ebrei. Marcione voleva separare il cristianesimo dall'ebraismo; il suo Cristo veniva ad abolire la legge ebraica, era dunque logico che suscitasse l'ostilità dei circoli religiosi ebraici. Ma quando si capovolse l'espressione di Marcione, per far dire a Gesù che egli venne a «compiere» (e non ad abolire) la legge di Mosè, si potrebbe pensare che questo capovolgimento fosse l'opera di giudaizzanti, di «giudeo-cristiani». Ma se questi hanno trionfato, appaiono ostili agli Ebrei tanto quanto Marcione! La sola differenza proviene dal fatto che essi continuano ad utilizzare l'Antico Testamento, ma alla loro maniera, aggiungendovi contro gli ebrei l'idea di una «Nuova Alleanza».

Sussistono quindi, nei nostri vangeli, almeno due strati successivi di testi contro gli ebrei: quelli di Marcione che si sono conservati, e quelli che vi si sono aggiunti in virtù della nuova dottrina. Non è sempre facile distinguerli. 

Se i primi, provenienti da Marcione, sono anteriori al 150, a quando datano i secondi? Per saperlo, sarebbe necessario poter precisare la data esatta della rottura tra la «grande chiesa» e l'ebraismo: è probabile che ciò non sia avvenuto in un solo giorno. La rottura non era ancora realizzata, quando l'Apocalisse fu annessa da un autore cristiano intorno al 95. Per contro, sappiamo che, al momento della rivolta di Bar Kokhba nel 132, la maggior parte dei cristiani si unì alla causa romana: è logicamente quindi da questi eventi che si deve datare la rottura, anche se esisteva già un movimento precedente in questo senso.

Non è quindi sorprendente che il IV° Vangelo, il più tardivo, sia il più ostile agli ebrei. Ma esso contiene ancora tracce di una tesi contraria, poiché vi è ancora detto che «la salvezza viene dai Giudei». [183] Ancora una volta, constatiamo che si sono cuciti insieme dei frammenti che non concordano.

NOTE

[140] Matteo 18:12-14, Luca 15:4-7.

[141] Marco 2:17, Matteo 9:13, Luca 5:32.

[142] Ciò che si dirà di Giuda (Giovanni 14:30).

[143] Matteo 12:45, Luca 11:26.

[144] Marco 5:1-14, Matteo 8:28-34, Luca 8:26-34.

[145] Marco 9:20-27, Matteo 17:14-21, Luca 9:38-42.

[146] Marco 6:7.

[147] Matteo 10:1, Luca 9:1.

[148] Marco 12:38-39, Matteo 23:5-8, Luca 20:46.

[149] Marco 7:8-13.

[150] Marco 12:28-34, Matteo 22:34-40, Luca 10:25-28.

[151] Deuteronomio 6:5.

[152] Matteo 23:8.

[153] GUIGNEBERT, Le monde juif vers le temps de Jésus (Albin Michel), pag. 214.

[154] A causa dell'insegnamento della Chiesa!

[155] DANIEL-ROPS, La vie quotidienne en Palestine au temps de Jésus (Hachette), pag. 472.

[156] Luca 16:14.

[157] Si veda Luca 18:9-14.

[158] Luca 12:15 e 16:15, Matteo 23:13, 15, 23, 27, 29, ecc.

[159] In particolare quanto al rispetto del sabato.

[160] Fariseo vuol dire «separato» (da pharad).

[161] Matteo 23:33, Luca 3:7.

[162] Matteo 23:27.

[163] In particolare Matteo 23:13-36.

[164] Luca 13:31.

[165] Giovanni 7:50.

[166] Matteo 23:3.

[167] Marco 12:18, Matteo 22:23, Luca 20:27.

[168] Matteo 16:1 e 16:6.

[169] GIUSEPPE, Antichità Giudaiche 20:10.

[170] Marco 14:1, Matteo 26:3-4, Luca 22:2, Giovanni 11:53.

[171] Marco 14:10, Matteo 26:14, Luca 22:3.

[172] Marco 14:64, Matteo 26:66.

[173] Marco 14:64, Matteo 26:65.

[174] Luca 22:71.

[175] Giovanni 11:47-53.

[176] Giovanni 12:18.

[177] Luca 22:22.

[178] Giovanni 2:20, 5:10, 8:52, 10:24, ecc.

[179] Citazioni congiunte di Isaia 53:1 e 6:9-20.

[180] Giovanni 12:37-41.

[181] Commentario di Abacuc. 

[182] Questa è l'identificazione più probabile del «sacerdote empio». Si veda A. RAGOT, Autour du Maître de Justice, Cahier E. Renan, N° 43.

[183] Giovanni 4:22.

domenica 24 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELIGiovanni il Battista

 (segue da qui)

5° Giovanni il Battista

A prima vista, il Battista non serve, nei vangeli, che ad annunciare ed autenticare Gesù il Messia. All'analisi, le cose sono molto più complesse, e si deve inoltre tentare di conciliare i nostri testi con il paragrafo di Giuseppe, per non parlare degli scritti mandei.

Diverse tesi sono state sostenute a riguardo del Battista; esse non sono del tutto inconciliabili, ma  comportano tutte una parte di ipotesi non verificabile.

1) Ad attenersi al testo di Giuseppe (anche se è stato rimaneggiato da una mano cristiana), il Battista era «un uomo di una grande pietà, che esortava i Giudei ad abbracciare la virtù», [97] e che praticava un battesimo. Non è detto che abbia appartenuto ad una setta: è un isolato, che annunciava forse la prossima venuta del Messia, ma che non era il Messia, nemmeno il suo testimone diretto.

2) A causa del genere di vita che gli prestano i vangeli, «era vestito di peli di cammello e si cibava di locuste e miele selvatico», [98] della sua vita nel deserto e della pratica del battesimo, si è tentato di farne un esseno. Ma i dettagli sul modo di vestirsi e di cibarsi sono probabilmente immaginari, visto che l'abito di pelle di cammello imitava quello di Elia [99] di cui Giovanni sarà dato come una reincarnazione. E soprattutto Giuseppe non lo associa ad una setta di cui egli parla peraltro molto bene. Non è impossibile, senza dubbio, che il Battista abbia subito una influenza essena, dato che non tutti gli Esseni erano isolati o sottoposti alla rigida disciplina di Qumran.

3) I sinottici ci presentano Giovanni il Battista come una reincarnazione di Elia: «Io vi dico che Elia è già venuto e non lo hanno conosciuto», insegna Gesù, e Matteo precisa: «Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista». [100] La stessa identificazione figura in Giustino. [101] Questa reincarnazione avrebbe di che sorprendere in una religione che non insegna quella dottrina, ma Elia è un caso particolare: egli non è morto, è stato elevato al cielo in un turbine, [102] e si credeva che sarebbe ritornato sulla terra con il Messia, o che sarebbe stato lui stesso il Messia. Questa identificazione ha influenzato il personaggio del Battista nei nostri vangeli: la voce di Dio si rivolge a lui nel deserto [103] esattamente come ad Elia; [104] il Battista rimprovera ad Antipa di aver sposato Erodiade nello stesso modo in cui Elia, avendo rimproverato il re Acab di aver sposato Gezebele, si attira l'ira della regina che vuole farlo morire. [105] Ma un profeta reincarnato è molto più di un uomo, così ci viene detto che il Battista è «più che un profeta», [106] e che nessuno dei nati da donna è stato più grande di lui. [107] Solo il IV° Vangelo respinge questa soluzione, facendo dire a Giovanni il Battista stesso che egli non è Elia. [108]

4) Per alcuni, Giovanni-Elia è il vero Messia. Si è avuta certamente una corrente in questa direzione, poiché i vangeli la menzionano mitigandola, [109] e perché Erode crede che Gesù sia Giovanni risorto. [110] Si potrebbe quindi essere tentati di fare del Battista un concorrente di Gesù, uno dei tanti «messia» che si levarono in quel momento. Ciò che rende plausibile questa tesi è che ci vengono presentati i primi discepoli di Gesù come se fossero stati sottratti al Battista, [111] il che non fu probabilmente così semplice come ci viene raccontato. Le omelie clementine dicono che, se Gesù aveva dodici discepoli corrispondenti al numero dei mesi solari, Giovanni ne aveva trenta, il numero dei giorni della luna, [112] e che uno di loro chiamato Simone (come Pietro) divenne il capo del gruppo dopo la morte di Giovanni. Tutto ciò è abbastanza inquietante.

5) Infine, alcuni non hanno esitato ad identificare del tutto il Battista e Gesù, [113] il secondo non essendo che un personaggio mitico sostituito al primo, in modo da formare «due figure della stessa persona». [114] Non c'è dubbio, in ogni caso, che li si abbia parzialmente fusi, riportando a Gesù elementi biografici o detti precedentemente attribuiti al Battista, per esempio:

— ho detto che il prologo di Luca sulla natività potrebbe essere un riutilizzo di un racconto della nascita di Giovanni;

— come Gesù, Giovanni annunciava la «buona novella»; [115]

— soprattutto vediamo le parole di Giovanni riattribuite a Gesù. Giovanni dice: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino», [116] e Gesù ridice esattamente la stessa frase; [117] Giovanni tratta i Farisei da «razza di vipere» [118] e Gesù ripete la stessa ingiuria; [119] Giovanni dice: «Ogni albero dunque che non fa buon frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco», [120] e Gesù impiega la stessa immagine; [121] Giovanni dice che «il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa», [122] e Gesù insegnerà la stessa cosa. [123] Le parole di Giovanni «Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo» [124] non sono riattribuite a Gesù nei vangeli, ma lo saranno negli Atti degli Apostoli. [125]

Qualunque sia la parte di verità di queste varie spiegazioni, non c'è dubbio che il Battista è un personaggio estraneo al cristianesimo, annesso e ridotto al rango di precursore dei vangeli. La dimostrazione ne è data da una lunga interpolazione che l'analisi rivela in Luca. Si ricorda che il vangelo di Marcione (che ignorava il Battista) cominciava con queste parole: «Nel quindicesimo anno del regno di Tiberio Cesare, al tempo del governatore Pilato, Gesù Cristo figlio di Dio discese dal cielo e apparve a Cafarnao, città di Galilea. Egli insegnava nella sinagoga... Tutti erano stupefatti dal suo insegnamento, poiché la sua parola aveva autorità». [126] Quando si ribaltò il vangelo di Marcione per comporre quello di Luca, tutto questo inizio, molto coerente, fu separato in due tronconi isolate:

— l'espressione «Nel quindicesimo anno del regno di Tiberio...», che apre il capitolo 3 di Luca, non conduce più alla discesa di Cristo, ma al deserto;

 — l'entrata a Cafarnao è rimandata al capitolo successivo, [127] e l'espressione di Marcione è restata nel posto: «Ed erano stupefatti dal suo insegnamento, poiché la sua parola aveva autorità»;

— Nell'intervallo è stato inserito il battesimo di Gesù da parte di Giovanni (e inoltre la genealogia di Gesù e la tentazione nel deserto). Si vede quindi che il personaggio di Giovanni è stato inserito in un racconto che non lo conosceva. 

LA MORTE DI GIOVANNI — Per mostrare come gli evangelisti distorcono i documenti, vediamo come riportano la morte del Battista.

Giuseppe non dice per nulla che Antipa ha fatto uccidere Giovanni alla richiesta di Erodiade, ma per timore che suscitasse una sedizione. Antipa lo invia alla fortezza di Macheronte, al confine arabo, e lo fa uccidere. Ma Dio gli suscita un vendicatore nella persona del re Areta di Petra, che infligge ad Antipa una grave sconfitta. Questa sconfitta ebbe luogo nel 36, mentre i vangeli fanno morire il Battista prima di Gesù, [128] che sarebbe morto nel 32-33.

Per spiegare quella morte, al posto del timore di una sedizione, si inventa la storia della danza di Salomè e della testa portata su un piatto. Ma Giovanni è morto a Macheronte, e Salomè, come ho detto, era la moglie di Filippo. Una principessa di sangue reale non si esibiva come attrice di uno spettacolo di varietà, e Antipa,  semplice tetrarca, non poteva offrire ad una donna «la metà del suo regno». [29]

Quando si vede prendere tali libertà con la storia, non si può che essere molto preoccupati per il modo in cui gli evangelisti hanno utilizzato le loro altre fonti. Non è quindi impossibile che essi abbiano falsificato tutta la storia del Battista, sia per cancellare un ricordo imbarazzante, sia per utilizzare in favore di Gesù testi o racconti che si riferivano in realtà a Giovanni.

IL BATTESIMO DI GIOVANNI — Siamo male informati sulla natura e la portata del battesimo che Giovanni praticava nel Giordano. Si trattava di un rito sacramentale oppure di un semplice rito di purificazione? La seconda ipotesi è la più probabile, perché gli Atti [130] sottolineano l'opposizione tra i due battesimi, e se il rito di purificazione è ben conosciuto in ambiente ebraico [131] e soprattutto esseno, nulla permette di pensare che il Battista abbia conosciuto qualcos'altro. Giuseppe non parla d'altronde che di un battesimo di purificazione.

Ma il problema non è tanto di svelare il mistero del battesimo di Giovanni quanto di spiegare perché Gesù lo avrebbe ricevuto: se Gesù è il Messia o il Figlio di Dio, egli non ha bisogno di essere purificato da Giovanni. Questa osservazione di buon senso ha colpito l'autore di Matteo, che mette l'obiezione in bocca a Giovanni; Gesù risponde evasivamente: «Lascia fare per ora». [132] Luca, per contro, sembra proprio aver commesso un'eresia, che sarà condannata al Concilio di Costantinopoli nel 553: egli sostituisce in effetti alla discesa di Gesù stesso, come in Marcione, quella di una colomba, e una voce dice: «Tu sei mio Figlio, e io ti ho generato OGGI». [133] È dunque il battesimo di Giovanni che trasforma l'uomo Gesù in Figlio di Dio, e gli conferisce il titolo di Messia. Questo «adozionismo» ebbe dei seguaci ed è ancora insegnato nell'epistola agli Ebrei. [134] Ma con questa formula Luca nega l'incarnazione, anche se insegnata nel prologo dello stesso Luca... Ecco come il Battista è stato integrato nei vangeli!

Questa annessione deve essere piuttosto tardiva, perché un certo Apollo, alessandrino di origine e contemporaneo di Paolo, non conosceva ancora che il battesimo di Giovanni: [135] ancora un discepolo di Giovanni artificialmente associato al cristianesimo!

Bisogna proprio convenire, inoltre, che quella grandiosa messa in scena — la colomba, la voce celeste, i cieli che si aprono o si lacerano — non ha fatto grande impressione su Giovanni stesso. Nel IV° Vangelo gli si farà dire: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui». [136] Questo segno non gli sembra senza dubbio sufficiente, perché, dalla sua prigione, si sarebbe preoccupato ancora di sapere chi fosse Gesù. [137] In una versione primitiva, il Battista sembra non aver visto nulla: nel vangelo di Pietro, per esempio, la voce celeste si rivolge a Gesù solo: «discenderà su di lui tutta la fonte dello Spirito Santo, e gli disse...», come se si trattasse di una rivelazione interiore che sfuggì ai presenti. Si comprende allora che il Battista abbia bisogno di far luce sulla persona di Gesù, quando i suoi dubbi e le sue esitazioni diventano assurdi nei nostri vangeli, se ha cominciato col proclamare: «E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio». [138] Vi cogliamo l'evoluzione della leggenda, la progressiva incorporazione del Battista come testimone e garante di Gesù. Si noterà che Paolo ignora tutto della scena del battesimo.

Aggiungiamo infine che il secondo episodio è molto spiacevole. Avendo annesso il Battista, i nostri autori provano il bisogno di sminuirlo, come se li avesse veramente imbarazzati: «Il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui». [139] La funzione di precursore non è davvero redditizia, se perfino il Battista è escluso dal regno cristiano. Ma i vangeli non confessano così che il Battista non era cristiano?

NOTE

[97] Antichità Giudaiche 18:7.

[98] Marco 1:6, Matteo 3:4.

[99] 2 Re 1:8.

[100] Marco 9:13, Matteo 17.12-13.

[101] Dialogo 49:3.

[102] 2 Re 2:1.

[103] Luca 3:2.

[104] 1 Re 18:1.

[105] 1 Re 19:2.

[106] Matteo 11:9.

[107] Matteo 11:11, Luca 7:28.

[108] Giovanni 1:21.

[109] Luca 3:15.

[110] Marco 6:14-16, Matteo 14:1-2, Luca 9:7-9.

[111] Giovanni 1:35 ss.

[112] Omelie clementine 2:23.

[113] Si veda G. ORY, Jean le baptiseur, Cahier E. Renan 1956. Questa era anche la tesi di Daniel Massé: Jean-Baptiste et Jean (1934).

[114] G. ORY, op. cit., pag. 15.

[115] Luca 3:18.

[116] Matteo 3:2.

[117] Matteo 4:17.

[118] Matteo 3:7.

[119] Matteo 23:33.

[120] Matteo 3:10.

[121] Matteo 7:19.

[122] Giovanni 3:35.

[123] Giovanni 5:20. Confronta anche Giovanni 1:18 e 5:37.

[124] Marco 1:8.

[125] Atti 1:5.

[126] Traduzione Couchoud. Si veda Cahier E. Renan aprile 1966, pag. 56.

[127] 4:31-32.

[128] Marco 6:17-29, Matteo 14:3-12.

[129] Marco 6:23.

[130] Atti 1:5.

[131] Ezechiele 36:25.

[132] Matteo 3:14.

[133] Luca 3:22.

[134] Ebrei 5:5.

[135] Atti 18.24.

[136] Giovanni 1:32.

[137] Matteo 11:2-3, Luca 7:18-19.

[138] Giovanni 1:34.

[139] Matteo 11:11, Luca 7:28. Espressione analoga nel vangelo di Tommaso, logion 46. Giovanni attenua l'espressione facendo dire al Battista per umiltà: «Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca» (Giovanni 3:25-30).