lunedì 31 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZASvetonio.



Svetonio.

Lo storico romano Svetonio, nato una ventina d'anni dopo Tacito, riporta accidentalmente, nella sua Vita dell'imperatore Claudio, che «cacciò da Roma i Giudei che, su istigazione di Cresto, provocavano disordini continui». [9] Guignebert valuta come segue la frase di Svetonio: [10] «Sembra che oggi si sia d'accordo generalmente nel pensare che questo Chrestos fosse il Cristo stesso, i cui fedeli dicevano... volentieri che egli risiedeva e agiva in mezzo a loro. Era sufficiente per ingannare un uomo male informato che intendeva in senso letterale ciò che dicevano in senso spirituale. Il testo di Svetonio può contribuire a provare che vi erano dei cristiani a Roma intorno all'anno 50, [11] all'incirca una ventina d'anni dopo la data tradizionale della morte di Gesù, e che vi facevano della propaganda nella comunità ebraica; ma non potrebbe garantire né la morte e neppure l'esistenza del Cristo». 

NOTE

[9] Vita di Claudio, capitolo 25, paragrafo 4.

[10] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 16-17.

[11] Se si accetta l'asserzione dello storico cristiano Paolo Orosio, secondo la quale la misura presa da Claudio contro gli ebrei risalirebbe al nono anno del suo regno, all'incirca nel 69; ma quest'informazione non è assolutamente sicura (si veda GOGUEL, Jésus, pag. 75, nota 1).

domenica 30 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZATacito.



Tacito.

Lo storico Tacito, nei suoi Annali, riporta il seguente episodio del regno dell'imperatore Nerone. «Per far cessare la diceria» (che l'accusava dell'incendio di Roma nell'estate del 64), «si inventò dei colpevoli e inflisse tormenti raffinatissimi a coloro che le loro abominazioni facevano detestare e che il popolo chiamava Crestiani. Questo nome veniva loro da Cristo, che sotto il principato di Tiberio, il procuratore Ponzio Pilato aveva consegnato al supplizio...». [3]

La maggior parte dei critici ammettono che il passo è stato scritto proprio da Tacito; [4] ma da dove costui ricavò l'affermazione che il Cristo era stato condannato a morte da Ponzio Pilato? Supponendo che l'evento abbia davvero avuto luogo, che un rapporto sia stato inoltrato dal procuratore romano su quello che doveva considerare «un banale atto di polizia preventiva», [5] e che tale rapporto sia stato conservato negli archivi imperiali, questi archivi non erano aperti ai semplici privati. [6] Tacito ha attinto dalle Storie di Plinio il Vecchio, attualmente perdute? Ignoriamo se esse menzionavano la morte di Gesù.

Però, se si considera che la composizione degli Annali di Tacito si colloca intorno al 115, e che la credenza in una vita terrena di Gesù al tempo di Tiberio era da allora abbastanza diffusa negli ambienti cristiani così che sarebbe stata conosciuta dalle autorità romane, in occasione di inchieste giudiziarie svolte contro di loro, si può vedervi la fonte dell'asserzione di Tacito. Senza dubbio alcuni hanno fatto notare che Tacito afferma la morte di Gesù come un fatto, senza accompagnarlo con una riserva, come per esempio: «si dice». [7] Ma, se si suppone che gli interrogatori dei cristiani avevano costituito l'informazione di Tacito, costui non aveva alcun motivo di mettere in dubbio una spiegazione che doveva essergli sembrata molto naturale. In ogni caso, è sufficiente che ciò sia possibile perché il testo di Tacito non possa costituire la prova che noi stiamo cercando. [8

NOTE

[3] Annali, Libro 15, capitolo 44, paragrafi 2-3 (traduzione di H. GOELZER). Seguono delle frasi piene di disprezzo per il cristianesimo e il giudaismo, poiché Tacito non distingue l'uno dall'altro. 

[4] Si vedano nondimeno i motivi per dubitarne date da Gérard WALTER, Néron, Parigi, 1955, pag. 203-204.

[5] Espressione di Goguel, riprodotta in precedenza (pag. 21).

[6] Noi lo sappiamo da Tacito stesso: si veda Ph. FABIA, Les sources de Tacite, 1893, pag. 324-326.

[7] GOGUEL, Jésus (1950), pag. 73-74.

[8] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 16. — In senso opposto, si veda GOGUEL, Jésus, pag. 73-75. — Il pensiero di Loisy sembra abbastanza incerto a questo proposito: egli ritiene che l'opinione di Tacito «è quella che il personale amministrativo dell'impero si è fatta interrogando i cristiani», e conclude: «si deve ammettere che quell'opinione si è formata... dal tempo di Nerone» (La naissance du christianisme, pag. 73). Loisy sembra basarsi sulla certezza con la quale si esprime Tacito; ma nulla stabilisce che quella certezza dello stesso Tacito sia stata basata su altre testimonianze rispetto agli interrogatori dei cristiani del suo tempo.

sabato 29 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALe testimonianze romane: Plinio il Vecchio.



CAPITOLO II

Gli scrittori non cristiani dell'inizio dell'era cristiana


Esamineremo innanzitutto gli scrittori non cristiani del I° secolo dell'era cristiana o della prima metà del II°, le cui opere, così come sopravvivono, risalgono alle origini del cristianesimo. Si ripartiscono in due gruppi: i Romani e gli Ebrei.

Le testimonianze romane: Plinio il Vecchio.

Troviamo in primo luogo Plinio il Vecchio, la cui curiosità era universale. Ha preso una parte attiva alla guerra che le armate romane hanno condotto dal 66 al 70 per reprimere una rivolta degli Ebrei e che portò alla presa di Gerusalemme e alla distruzione del Tempio da parte di Tito, figlio dell'imperatore Vespasiano. Un passo della Storia Naturale di Plinio [1] ci mostra gli Esseni, che vivono in mezzo alle palme ad ovest del Mar Morto, dove ha dovuto incontrarli all'inizio della guerra contro gli ebrei. Ma a questo proposito non ci dice nulla riguardo a Gesù.

Sembra tuttavia che non ci sia nulla da concludere da questo silenzio. Il cristianesimo, a quel tempo, non ha potuto manifestarsi granché se non come una varietà dell'essenismo, e la sua natura originale è potuta sfuggire a uno straniero. E se Plinio non l'ha distinta, non ha potuto avere l'idea di risalire alle sue origini e di interrogarsi su Gesù. [2]

NOTE

[1] Libro 5, capitolo 17, paragrafo 4.

[2] Plinio il Vecchio aveva scritto anche delle Storie, ma l'opera è interamente perduta.

venerdì 28 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAL'opposizione tra le due tesi sussiste.



L'opposizione tra le due tesi sussiste.

Così Loisy «confessava umilmente di non aver ancora scoperto che Gesù non è esistito». [49] Se quasi tutto è leggendario, lo ammette, in ciò che riportano di Gesù i Vangeli — di cui il più antico per la stesura risale ad almeno 45 anni dopo gli eventi, sulla base di una tradizione orale incerta — rimane un residuo di realtà storica; e Loisy invita i miticisti a provare che Gesù non è esistito.

Sembra nondimeno risultare dallo studio dei Vangeli e dei Manoscritti del Mar Morto che la principale critica opposta da Loisy e da Guignebert al mito precedente del Messia sofferente sia scomparsa. È così permesso, a questo punto, pensare che le due tesi opposte sulla formazione della fede cristiana: uomo riconosciuto Dio oppure Dio divenuto uomo, siano egualmente ammissibili. Troveremo negli scritti, anteriori o contemporanei, in rapporto ai Vangeli, un modo per verificare l'esattezza dell'una o dell'altra? 

NOTE

[49] Stessa opera, pag. 5.

giovedì 27 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALa testimonianza dei Manoscritti del Mar Morto.



La testimonianza dei Manoscritti del Mar Morto.

Quella obiezione si trova al presente rimossa con la lettura dei Manoscritti ebraici del Mar Morto, scoperti nelle grotte sette anni dopo la morte di Guignebert e di Loisy. [42] Gli studiosi sono oggi generalmente d'accordo sul fatto che provengono da una setta religiosa ebraica essena; questa praticava l'insegnamento del Maestro di Giustizia, forse messo a morte nel 63 prima dell'era cristiana, per ordine del sommo sacerdote Ircano II. [43] «È ormai certo», ha scritto Dupont-Sommer nel 1950, —  ed è una delle più gravi rivelazioni dei ritrovamenti del Mar Morto, — che l'ebraismo, nel I° secolo A.E.C., ha visto fiorire, attorno alla persona del Maestro di Giustizia, un'intera teologia del Messia sofferente, del Messia redentore del mondo». [44]

Tre anni dopo, Dupont-Sommer precisava e sfumava il suo pensiero. Confermava il suo accordo con Renan, che aveva riconosciuto nell'essenismo una «pregustazione del cristianesimo», o, viceversa, nel cristianesimo, «un essenismo che ha avuto ampiamente successo»; [45] e ancora: «Nulla si è sviluppato nel cristianesimo che non abbia avuto le sue radici nel giudaismo del I° e del II° secolo A.E.C.». [46]

Eppure Dupont-Sommer mantiene non solo l'originalità del cristianesimo stesso nei riguardi dell'essenismo, ma anche l'esistenza storica di Gesù, di cui ha tracciato un ritratto che fa risaltare le differenze con la figura del Maestro di Giustizia. [47] Come si può spiegare una tale opinione?

Senza dubbio adotta sulla vita di Gesù e sul racconto evangelico della Passione il giudizio di Loisy. Se quest'ultimo non vi vede che una creazione della tradizione, è perché, dice, «la realtà fu più umile, più straziante, più crudele di questo dramma. Gesù fu sommariamente processato, sommariamente condannato; morì nei tormenti e le sue sofferenze non avrebbero minimamente avuto altri testimoni se non i suoi carnefici». [48] Di conseguenza, poiché non si sapeva nulla sui suoi ultimi momenti, nel culto che gli era reso bisognava immaginare tutto e si doveva naturalmente ricorrere ai passi delle Scritture che si applicavano a lui più facilmente.

NOTE

[42] Guignebert è morto il 27 agosto 1939, Loisy il 1 giugno 1940. I primi manoscritti del Mar Morto sono stati scoperti nella primavera del 1947 e pubblicati successivamente a partire dal settembre 1948.

[43] È sull'identificazione del «sacerdote empio» nel Commentario di Abacuc che si è infine soffermato Dupont-Sommer (si veda una conferenza fatta da lui nel dicembre 1957 al Cercle Ernest Renan, di cui un riassunto è stato dato nel Bulletin du Cercle, n° 51, febbraio 1958). L'identificazione con Aristobulo II, fratello e predecessore di Ircano II, che aveva dapprima proposto Dupont-Sommer, è mantenuta da Millar BURROWS, Les Manuscrits de la Mer Morte, 1955, traduzione francese 1957, pag. 209, Lumières nouvelles sur les Manuscrits de la Mer Morte, 1957, traduzione francese 1959, pag. 272. In quest'ultima opera (pag. 403-404), Burrows mette in dubbio la messa a morte del Maestro di Giustizia. — Sull'identificazione del Maestro di Giustizia, si veda più oltre, pag. 83, nota 99.

[44] Aperçus préliminaires, pag. 116.

[45] Aperçus préliminaires, pag. 121; Nouveaux aperçus, pag. 195: ERNEST RENAN, Histoire du peuple d'Israël, volume 5, pag. 70.

[46] Nouveaux aperçus, pag. 213: RENAN, Histoire du peuple d'Israël, volume 5, pag. 380.

[47] Nouveaux aperçus, pag. 207-208.

[48] LOISY, La naissance du christianisme, pag. 111.

mercoledì 26 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZARiserve di Guignebert a riguardo della tesi mitica.



Riserve di Guignebert a riguardo della tesi mitica.

Nel paragrafo che dedicava, nel suo Jésus, alla «critica delle tesi mitiche», Guignebert non era meno categorico. Couchoud aveva attribuito a due passi della Bibbia una grande influenza sulla formazione della credenza cristiana, come la si trova nelle Epistole di Paolo, prima di ritrovarla nei Vangeli: [35] si tratta del capitolo 53 del Libro di Isaia, che dipinge le sofferenze del servo obbediente dell'Eterno, così come del Salmo 22. Ora Guignebert scriveva: «L'influenza sovrana di Isaia 53 sulla costituzione della leggenda della Passione, non è attestata da nulla. Non è significativo che Marco, che si serve di numerose Scritture, non sembra in alcun momento attribuire un'importanza particolare al vecchio profeta e che non cita da nessuna parte il passo essenziale, ossia quello stesso famoso capitolo 53 ?» [36]

Marco non lo cita, ma non lo utilizza affatto? In un altro passo della sua grande opera su Gesù, [37] Guignebert nota il posto che «l'appello ai ricordi dell'Antico Testamento [38] occupa negli episodi più importanti» della carriera di Gesù, come la rievocano i Vangeli; «tra l'altro, vale la pena di sottolineare il capitolo 53 di Isaia, di cui si è potuto dire che Gesù sofferente lo ha davanti gli occhi, lo vive e lo realizza punto per punto». Opinione simile espressa a riguardo del Salmo 22, «che domina tutto il nostro racconto della Passione». «All'ora nona», è scritto in Marco, «Gesù emise un gran grido «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» verso iniziale del Salmo. [39]

E Guignebert conclude così le sue riflessioni a questo proposito: «Così evidente è l'influenza sui nostri Vangeli di alcune di queste Scritture... che ci si è potuto domandarsi seriamente... se l'insieme del racconto della Passione, come lo si trova oggi nei nostri Sinottici, non fosse composto semplicemente per mezzo di testi dell'Antico Testamento, al di fuori di ogni realtà. Da parte loro, i miticisti si soffermano con una predilezione tutta particolare su questo racconto incoerente della Passione, dove si compiacciono di vedere un testimone insigne contro la storicità dei Vangeli. Quelle opinioni estreme non hanno ricevuto i suffragi che di una piccola minoranza di critici, ma non sono da scartare con disprezzo». [40]

Perché dunque Guignebert scartava nondimeno, come Loisy, l'idea che i sentimenti e i pensieri che derivavano, all'epoca considerata, da passi biblici, come il capitolo 53 di Isaia o il Salmo 22, avrebbero potuto essere all'origine del cristianesimo? «Perché all'inizio dell'era cristiana», ha scritto, «Isaia 53 non passava per messianico e sono i cristiani che, più tardi, sono andati a domandargli come completare la povera tradizione di cui disponevano sulla Passione del Signore». [41]

NOTE

[35] Si veda COUCHOUD, Le mystère de Jésus (1924), capitolo L'apocalypse de Paul, pag. 134-137.

[36] Jésus, pag. 70.

[37] Jésus, 3° parte, La mort de Jésus et la foi de Pâques, capitolo primo, Jésus à Jérusalem, pag. 503.

[38] Sul significato di Testamento, si veda più oltre, pag. 64, nota 50.

[39] Marco 15:34. Il Vangelo cita quelle parole in aramaico (si veda più oltre, pag. 13, nota 1), prima di darle in greco. Per l'esame di questo verso, si veda più oltre, pag. 206-208. — Sulle improbabilità del racconto, si veda GUIGNEBERT, Jésus, pag. 595-596. — Sull'assenza di testimoni, si veda più oltre (pag. 26), una citazione di Loisy.

[40] Jésus, pag. 503-504.

[41] Jésus, pag. 71. In realtà, in questo passo, Guignebert negava persino l'utilizzo di Isaia 53 da parte dei Vangeli, ma si può, per il beneficio della sua tesi, dare alla sua argomentazione un valore più generale.

martedì 25 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAIl «Messia sofferente»: obiezioni di Loisy.



Il «Messia sofferente»: obiezioni di Loisy.

Tuttavia Loisy, l'abbiamo visto, ritiene che il supplizio di Gesù sia un evento senza il quale «il movimento cristiano diventa incomprensibile», e rifiuta l'idea che un mito precedente al cristianesimo gli sia servito da base. «Nessun dubbio», riconosce, «che il mito cristiano sia apparentato agli altri miti di salvezza; non è affatto per caso che la resurrezione del Cristo il terzo giorno dopo la sua morte si trova conforme al rituale delle feste di Adone», dio della Fenicia. [33] Ma il mito cristiano, una volta apparso, avrebbe soltanto improntato certi tratti agli altri miti di salvezza, ed è senza fondamento che i «miticisti», come Couchoud, avrebbero «postulato un mito pre-cristiano di Jahvé sofferente (!)». [34

NOTE

[33] LOISY, La passion de Marduk, Revue d'histoire et de littérature religieuses, 1922, pag. 297.

[34] LOISY, La naissance du christianisme, pag. 6. — Il punto esclamativo è di LOISY.

lunedì 24 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAMotivi della condanna di Gesù.



Motivi della condanna di Gesù.

Così, malgrado le riserve e le negazioni alle quali la sua critica conduce Loisy, un'affermazione sussiste: «Nulla, nei racconti evangelici, ha consistenza di fatto, se non la crocifissione di Gesù, per ordine di Ponzio Pilato, a causa di agitazione messianica». [23] Loisy aveva ritenuto da tempo che Gesù avesse avuto coscienza della sua missione messianica; le obiezioni di Guignebert sembrano aver scosso Loisy, fino a condurlo perlomeno al dubbio, come si è visto sopra. [24] Ma resta da determinare se questo motivo della condanna pronunciata da Ponzio Pilato, secondo i Vangeli, ha corrisposto ad una realtà. 

Sulle circostanze dell'arresto di Gesù, Loisy ha scritto: [25] «Non si ha praticamente che la scelta tra due ipotesi: un tumulto scatenato dai compagni di Gesù, se formavano una truppa abbastanza numerosa, al loro arrivo a Gerusalemme, che avrebbe provocato subito l'arresto del loro capo da parte dell'autorità romana; oppure un movimento popolare, eccitato dalla predicazione di Gesù nel tempio, e che avrebbe portato molto rapidamente ad un intervento dei sacerdoti, immediatamente seguito dal ricorso al procuratore. In entrambi i casi, l'incidente avrebbe preso o sembrato prendere la natura di una manifestazione politico-religiosa, che il procuratore avrà represso senza indugio e duramente, come è accaduto per il movimento di Teuda e per quello dell'Egiziano. [26] Ma, nella circostanza, il caso di Gesù non ha sembrato avere tanta importanza, perché Gesù non camminava con migliaia di partigiani e perché la sua presenza a Gerusalemme avrebbe provocato solamente un tumulto che fu subito schiacciato». [27

Ma Guignebert non crede alla realtà dell'«entrata messianica» su un asino, di Gesù a Gerusalemme, come la racconta il Vangelo; [28] il racconto gli appare composto artificialmente; la sostanza è stata fornita da un brano del Libro di Zaccaria, in modo da mostrare che la sua profezia era stata realizzata. [29] Ben più, «questa entrata magnifica non ha avuto alcun seguito; si direbbe che tutto l'entusiasmo si arresta alla porta del Tempio, da dove Gesù è creduto tornare..... pacificamente a Betania, [30] con i dodici» discepoli. E se l'agitazione fosse continuata per altri quattro giorni della settimana santa, prima dell'arresto di Gesù, «come supporre che la polizia (romana) abbia ritardato la sua azione, al rischio di vedere svilupparsi il disordine» ? [31] Senza dubbio, si può dare una soluzione ellittica del problema, scrivendo che «la condanna e l'esecuzione di Gesù non sono state per Pilato.... che un banale atto di polizia preventiva». [32] Questa è un'ipotesi plausibile, ma che non quadra con i racconti dei Vangeli.

NOTE

[23] LOISY, La passion de Marduk, Revue d'histoire et de littérature religieuses, 1922, pag. 297.

[24] Obiezioni senza dubbio conosciute da Loisy prima della pubblicazione del Jésus di GUIGNEBERT, che ha preceduto di poco quella de La naissance du christianisme. Guignebert constatava che secondo il Vangelo di Marco 1:14-15, Gesù annunciava semplicemente «che è vicino il Regno di Dio». Se avesse annunciato ai suoi discepoli di essere il Messia, non sarebbe stato facile a costoro, fintanto che ebrei, credere che Dio l'avesse lasciato crocifiggere; «ma era di gran lunga più facile accettare che il profeta-martire avesse ricevuto la ricompensa clamorosa delle sue sofferenze e che la sua messianicità, acquisita con quelle, venisse a rivelarsi ai suoi fedeli con la sua resurrezione...» (Jésus, pag. 337-338 e 356-357). - D'altra parte, sull'epoca stessa della Passione di Gesù, Guignebert era molto meno affermativo di Loisy (si veda più oltre, pag. 206, nota 98).

[25] Non esamineremo qui che l'arresto di Gesù, non il problema del doppio processo davanti al sinedrio ebraico, consiglio e tribunale religioso, e davanti al magistrato romano, problema che solleva ogni sorta di difficoltà.

[26] Si veda più oltre, pag. 41-42.

[27] LOISY, La naissance du christianisme, op. cit., pag. 101.

[28] Marco 11:1-11.

[29] La Bibbia, Antico Testamento, Libro di Zaccaria 9:9. — LOISY pare essersi riallineato, qualche anno dopo, con l'opinione di Guignebert (si veda Les origines du Nouveau Testament, 1936, pag. 100). 

[30] Nei dintorni di Gerusalemme. 

[31] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 272-273 e 577, nota 1.

[32] GOGUEL, Histoire générale des religions (sotto la direzione di Maxime GORCE e di Raoul MORTIER, Quillet editore), volume 3, capitolo Christianisme primitif, pag. 176.

sabato 22 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALa crocifissione e l'apparizione di Gesù.



La crocifissione e l'apparizione di Gesù.

Sul fatto essenziale, la morte di Gesù e la sua apparizione ai suoi discepoli, Loisy si esprime così: «Gesù il Nazareno è al tempo stesso un personaggio storico e un essere mitico; è stato portato dal mito e ha portato il mito, che, finalmente, lo ha fatto, per mezzo della fede, Cristo, Signore e Dio... Che Gesù sia stato uno dei numerosi agitatori ed entusiasti che apparvero in Giudea, tra l'anno 6 e l'anno 70 della nostra era», [19] che la sua missione «si situi verso la metà di questo periodo, o piuttosto verso l'inizio del suo secondo terzo e che abbia avuto, in una maniera o nell'altra, una natura messianica, [20] che Gesù sia stato crocifisso come preteso Messia, per sentenza del procuratore Ponzio Pilato: nulla è più probabile, anzi il movimento cristiano diventa incomprensibile con la rimozione di questo inizio, che nessun argomento coerente autorizza ad eliminare, che nulla può sostituire. Ma quale idea Gesù aveva precisamente della sua missione e ne aveva egli stesso un'idea precisa? Cosa sperava e cosa voleva? Cosa annunciava e per quale accusa speciale è stato condannato a morte? Come mai i suoi seguaci si erano raggruppati intorno a lui, e come mai, dopo il suo trapasso, si sono convinti che fosse ancora vivo, immortale, potente e glorioso accanto a Dio? In che modo il Cristo Gesù si è mutato presto nel Dio salvatore Gesù? Questo è ciò che le testimonianze non ci permettono di dire con assoluta certezza nei dettagli...». [21]

Tuttavia, dice Loisy, «le ipotesi dei nostri recenti miticisti.... sono costruite in aria, non essendo portata alcuna prova positiva dell'esistenza dei miti speciali che sarebbero, secondo queste congetture, alla base del cristianesimo...». [22]

NOTE

[19] L'anno 6 fa allusione all'azione di Giuda il Galileo (si veda più oltre, pag. 41); l'anno 70 è la data della presa di Gerusalemme da parte di Tito, che segnò la fine della guerra di Giudea.

[20] L'Unto del Signore è in ebraico il Messia, in greco il Cristo.

[21] LOISY, La naissance du christianisme (1933), pag. 7-8.

[22] LOISY, Les origines du Nouveau Testament (1936), pag. 307.

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZALoisy, critico dei Vangeli.



Loisy, critico dei Vangeli.

Alfred Loisy, sacerdote e professore all'Institut Catholique di Parigi, aveva scritto nel 1902 a proposito del cristianesimo per difendere la concezione della Chiesa contro quella del «Gesù liberale» presentata dal grande storico protestante tedesco Harnack. Ma l'autore de l'Evangile et l'Eglise doveva essere condotto dai suoi primi studi dei testi ben più lontano di quanto non avesse lui stesso pensato, fuori dalla fede e fuori dalla Chiesa. Utilizzando i lavori di questi storici tedeschi che aveva combattuto, esaminò successivamente nel 1903 il quarto Vangelo, secondo Giovanni, [5] e nel 1907 i tre Vangeli nell'insieme concordanti, detti sinottici, [6] secondo Matteo, secondo Marco, secondo Luca.

Se l'autore del Vangelo di Giovanni gli appariva molto più teologo che storico, ma ancora più apologeta che teologo, non aveva in ben migliore stima, quanto al loro valore documentario, i tre vangeli sinottici: Matteo e Luca gli sembravano derivati da Marco; questo, che era quindi il più antico, non era esso stesso che un libro di seconda mano, una compilazione. Quanto al suo oggetto e alla sua natura, è un'opera di fede ben più che una testimonianza storica. [7]

A quale data conviene collocare la stesura primitiva del Vangelo di Marco, di cui non possediamo che dei manoscritti molto più recenti? Gli storici delle origini del cristianesimo accettano in generale, con più o meno riserve, di farne risalire la data nei dintorni del 75. Guignebert scriveva nel 1933: [8] «Fissando approssimativamente la morte di Gesù nell'anno 30, [9] la stesura si allontana di circa 45 anni, per Marco, dagli eventi che è ritenuto raccontare»; Loisy pensava lo stesso nel 1933: [10] «Il lavoro di redazione è posteriore alla rovina di Gerusalemme (nel 70)»; [11] «la sola parabola dei vignaioli omicidi è sufficiente a provarlo», spiegava Guignebert. [12] Ma nel 1936, Loisy dovette affinare il suo giudizio: «Non è opportuno risalire più oltre dei primi anni del secondo secolo». [13]

Tuttavia, per Loisy, come per Guignebert, questa redazione di Marco suppone l'esistenza di raccolte di parole di Gesù, scomparse da allora, e, in maniera generale, una tradizione orale, che risale ai discepoli del Maestro e utilizzata dagli evangelisti. Si trattava quindi, esaminando e confrontando tra loro i quattro Vangeli, di dedurne quel che avevano potuto essere la vita e l'insegnamento di Gesù.

Loisy era guidato, in questo studio critico, dalla sua conoscenza della liturgia cattolica. A volte rifiuta categoricamente, a volte accetta, con delle riserve prudenti, la natura storica delle relazioni dei Vangeli. È così che ha scritto a proposito della prima moltiplicazione miracolosa dei pani: [14] «Si è qui in pieno mito. Questo è il primo mito di istituzione della cena cristiana». [15] Al contrario, commentando le parole di Gesù: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua», [16] Loisy dichiarava: «Benché l'aneddoto possa simboleggiare l'incredulità ebraica e spiegarla in qualche maniera con un'espressione proverbiale, ciò che è detto della professione esercitata da Gesù, di sua madre, dei suoi fratelli e delle sue sorelle [17] dà qualche impressione di antichità e di realtà». [18]

NOTE

[5] Si ricorderà che Vangelo significa in greco la Buona Novella, di cui i quattro evangelisti sono ritenuti dare in questa lingua quattro recensioni diverse; secondo significa dunque: di (si veda GUIGNEBERT, Jésus, pag. 29; si veda LOISY, La naissance du christianisme, pag. 46).

[6] I primi tre vangeli si rassomigliano così tanto che si è potuto mettere il loro contenuto in colonne parallele, dando, degli stessi fatti, una sorta di veduta concordante (in greco, synopse); da cui il loro appellativo di sinottici. Il quarto Vangelo è diversissimo dagli altri tre per la presentazione. 

[7] Si veda ALFARIC, Le problème de Jésus, op. cit., pag. 5.

[8] Nella sua opera fondamentale, Jésus, pag. 31 (Collezione L'Evolution de l'HUmanité, volume 24, 1933).

[9] Maurice GOGUEL, in Jésus (2° edizione, 1950), pag. 166, fondandosi sulla cronologia dell'apostolo Paolo, fissa la morte di Gesù alla Pasqua dell'anno 28.

[10] LOISY, La naissance du christianisme, pag. 51.

[11] Espugnata da Tito, figlio dell'imperatore romano Vespasiano. 

[12] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 31: si veda Marco, capitolo 12, verso 1-12. - Si veda la predizione di Gesù sulla distruzione del tempio, Marco 13:1-2.

[13] LOISY, Les origines du Nouveau Testament, pag. 74 (si veda pag. 340). - GOGUEL, Jésus, pag. 103, colloca la stesura di Marco tra il 72 e il 75. — ALFARIC, Le problème de Jésus, pag. 17 e 23, pensa che i quattro Vangeli siano stati scritti nella prima metà del II° secolo, come Loisy stimava in primo luogo. Guignebert stesso aveva scritto già nel 1933 (Jésus, pag. 31): «Del resto, dovesse dimostrarsi un giorno che conviene discendere un po' più oltre (rispetto al 75 circa per la stesura di Marco), io non ne sarei affatto sorpreso».

[14] Marco 6:35-55. — Ve ne è una seconda in 8:1-9. I due racconti sono una duplicazione; quello del capitolo 6 sarebbe il più recente: è il più sviluppato e dà le cifre più elevate (secondo GOGUEL, Jésus, pag. 288-289). — Alfaric pensa, al contrario, che non vi sia della duplicazione (si veda più oltre, pag. 184-185).

[15] LOISY, La légende de Jésus, Revue d'histoire et de littérature religieuses, 1922, pag. 414.

[16] Marco 6:4.

[17] Marco 6:3: «Non è questi il falegname, il figlio di Maria, e il fratello di Giacomo e di Iose, di Giuda e di Simone? Le sue sorelle non stanno qui da noi?...». — Albert RAVELLI, pensa che il verso non figurava forse nella stesura primitiva di Marco (si veda un articolo intitolato: Jésus aurait-il des Frères? e pubblicato nel Bulletin du Cercle Ernest Renan, gennaio 1956); si veda più oltre, pag. 179, nota 21, e Appendice 2, pag. 269, nota 47.

[18] LOISY, articolo citato, pag. 412.

venerdì 21 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZARiassunto della vita terrena di Gesù.



CAPITOLO PRIMO

Gesù secondo Loisy o Guignebert

Riassunto della vita terrena di Gesù.

«Gesù il Nazareno [1] era nato in Galilea. [2] La tradizione evangelica lo mette in relazione con Giovanni il Battista; si riporta che ricevette da costui il battesimo. Raggruppò attorno a lui dei discepoli. A Gerusalemme, fu arrestato, giudicato, torturato sotto Ponzio Pilato. [3] Dopo la sua morte, i suoi discepoli si raggrupparono attorno a Pietro, e la loro fede diede nascita alla Chiesa cristiana».

Queste righe, improntate a Dupont-Sommer, [4] permettono di riassumere tutto ciò che si può sapere con certezza della vita terrena di Gesù, oggetto della religione cristiana, secondo l'opinione comune di Loisy e di Guignebert: i loro giudizi hanno potuto differire su certi dettagli dell'esistenza di Gesù, e in particolare per quanto riguarda la sua missione.

NOTE

[1] Nome che non designa Nazaret, villaggio da cui sarebbe venuto Gesù, ma che sarebbe un termine della lingua aramaica, lingua praticata dal popolo di Palestina al principio dell'era cristiana, l'ebraico essendo la lingua religiosa. Questo termine avrebbe significato probabilmente l'osservante (LOISY, La naissance du christianisme, pag. 85, nota 1) o il santo di Dio (GUIGNEBERT, Jésus, 1933, pag. 80-93). Altra forma: Nazoreo. — Si veda anche più oltre, pag. 126, nota 69, e pag. 191, nota 53.

[2] Parte nord della Palestina.

[3] Procuratore romano di Giudea sotto l'imperatore Tiberio.

[4] Nouveaux aperçus sur les manuscrits de la Mer Morte (1953), pag. 194.

giovedì 20 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAIntroduzione

La religione dà rispettabilità al soprannaturale, che altrimenti sarebbe una puttana, senza mezzi visibili di sostentamento.
(ANONIMO)  
PAPPAPROL, per esempio, indicava gli scribi scadenti e l'informazione fasulla che il Partito propinava alle masse.
(George Orwell, 1984)
Il Dio di Coincidenza   
Può qualcuno negare che  
Una cosa dopo l'altra  
In sequenza e logica  
Mai vista prima   
Non può essere che la  
Interferenza di un Dio  
Determinata a provare che   
Ognuno che pretende  
Di conoscere ora  
Una cospirazione è   
Demente? 
(Kent Murphy)

Gesù di Nazaret non è mai esistito. È un personaggio di pura finzione letteraria, scaturito dalla penna dell'evangelista «Marco»

Il punto è EVIDENZA. Non esiste nessuna prova storica al di fuori dei vangeli che Gesù esistette. 

E quel primissimo documento su di lui, le sette epistole autentiche di Paolo (le altre sono false) non menzionano per nulla un Gesù terreno nella loro densa e impenetrabile teologia. 

In realtà il ruolo di Paolo, con il suo Gesù celeste, è più nebuloso. Sembra che «Marco» fosse il grande autore dietro ciò che oggi è capito come cristianesimo. Gesù era il nome di un essere celeste, subordinato a dio, con cui Saulo/Paolo allucinò conversazioni. Il vangelo cominciò come un'allegoria mitica circa il Gesù celeste, situato sulla terra, come lo erano la maggior parte dei miti (ad esempio il mito di Osiride). 

Quanto ai vangeli, se questo fittizio processo di Gesù da essi descritto fosse realmente accaduto, non solo Ponzio Pilato avrebbe crocifisso Gesù, ma avrebbe crocifisso pure gli scribi e gli anziani e i capi dei sacerdoti. Quando si trattava di inchiodare qualcuno, Pilato aveva il grilletto molto facile. 

L'Incredulità di san Tommaso è un dipinto del Vasari, nella chiesa fiorentina di Santa Croce. Si tratta chiaramente di un'opera del Rinascimento.

Con gli strumenti di esegesi del nostro secolo non solo è possibile dubitare, come Tommaso, che Gesù resuscitò dai morti. È anche possibile dubitare che quell'ebreo esistette, come sanno bene i lettori di Richard Carrier. Perfino così, gli scettici sulla santa favola considerano sarcasticamente Tommaso il loro «santo patrono».


La Pietà del pittore Gerard David è la parte centrale di un trittico che è custodito nel Museo della Cattedrale di Cagliari. L'ebrea Maria, madre di Gesù, con la sua pietosa pietà, contempla le ferite che adornano le mani dell'ebreo martirizzato dai malvagi Romani.

Possiamo immaginare il senso di colpa che indusse i Pagani ad abbandonare i loro fieri dèi ed eroi «dai capelli d'oro», come li descriveva Omero, per adorare una divinità semitica piuttosto brutta e poco attraente.

Chi avrebbe potuto inventare il cristianesimo, una perfetta pappaprol per i gentili?

«Tutte le prove che abbiamo», dice Richard Carrier, «supportano fortemente la conclusione che fossero in realtà dei letterali rabbini ad aver originato la setta».

Abbiamo già intuito che è altamente probabile che il primo vangelo in ordine di tempo, quello di Marco, è stato scritto dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Questo puzza di guerra psicologica o di sottile vendetta contro i Romani.

Che piaccia o meno, gli stessi antichi documenti cristiani ci dicono in termini pressoché certi che la tesi del Mito di Cristo — il miticismo — è vera. In particolare, ci dicono che la religione cristiana ha messo radici nella frode... che i testi sacri della fede cristiana — il Nuovo Testamento — vanno rigettati in quanto del tutto indegni di fiducia nella ricostruzione delle Origini cristiane... e ci dicono che la civiltà occidentale giace, da Costantino in poi, sotto l'incantesimo di una menzogna.

Certo, si tratta di gravi capi d'accusa. Se, comunque, il semplice buon senso dovesse mai trionfare sul dogma dell'infallibilità religiosa in tutte le sue forme, verrà di certo il tempo in cui il mondo civilizzato dovrà accettare questi drastici giudizi storici.

Se collochiamo le armonizzazioni cosiddette «accademiche» dei vangeli, così come sono state concepite dai folli apologeti della fede sotto mentite spoglie di storici, entro una prospettiva o un giudizio che meglio si adatta alla realtà, dobbiamo concludere che il vangelo è un'opera d'arte religiosa che non muta la sua natura del tutto fabbricata unicamente perché è stato venduto e spacciato come «vero» sotto quattro versioni diverse.

E proprio come tutte le preghiere del mondo non serviranno a spostare un solo granello di sabbia, così tutte le razionalizzazioni del mondo non riusciranno a tirar fuori le castagne del vangelo dal fuoco della follia. 


MARC STÉPHANE

LA PASSIONE DI GESÙ

FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZA

“Cercare la verità e dirla”
JAURÈS, Discorso alla Gioventù

“ Tutte le leggende sono vere.
"Non sono affatto dei fatti, sono dei pensieri”.
ALAIN, Suite à Mars,
II, Echec de la force, XXX, pag. 55

INTRODUZIONE

Dobbiamo ai lettori alcune spiegazioni sull'oggetto di quest'opera e sulle condizioni in cui è stato scritto. Il suo oggetto principale, e si può dire quasi esclusivo, è l'esame di questa questione: vi è stato un uomo di nome Gesù che era vissuto in Palestina al tempo degli imperatori romani Augusto e Tiberio e che era stato crocifisso per ordine del procuratore Ponzio Pilato, prima di diventare l'oggetto di un culto, al di là se quest'uomo, peraltro, debba essere considerato o meno come l'incarnazione di Dio, a seconda che si sia o non si sia credente cristiano? 

Data l'importanza del cristianesimo sotto tutti gli aspetti, si tratta senza dubbio di una questione molto seria. Non ero stato personalmente in alcuna maniera preparato a studiarla, ed è per questo che ho come l'obbligo di dire come vi sia stato condotto. Avevo letto circa quindici anni fa l'opera del non credente Charles Guignebert, Jésus, apparsa nel 1933, e la sua concezione mi sembrava accettabile: Gesù è stato un profeta ebreo e, dopo il suo supplizio, l'attaccamento dei suoi discepoli è stato il punto di partenza di un movimento di spiriti che ha portato ad una nuova religione, il cristianesimo; questo ha fatto di Gesù l'oggetto della sua fede e del suo culto. Alcune pagine del libro trattavano i «miticisti», coloro che negavano l'esistenza terrena di Gesù e non vedevano in lui che un mito. Io non mi posizionavo là.

Qualche tempo fa, l'occasione di una lettura mi fece conoscere i ricordi di un ex sacerdote, Prosper Alfaric, che, come altri storici più illustri, Renan, Loisy, lo studio dei testi sacri aveva condotto all'incredulità. Il libro, [1] scritto all'età di ottant'anni, faceva apparire l'autore come uno spirito onesto e riflessivo. Nelle ultime pagine, Alfaric, professore onorario di storia delle religioni alla Facoltà di Lettere di Strasburgo, rivelava che considerava da quarant'anni Gesù «come un puro mito».  Si era quindi formata questa concezione ben prima della pubblicazione, nel 1950, dei manoscritti scoperti con tre anni di anticipo in una grotta presso il Mar Morto e, come lo si è ricordato in un opuscolo pubblicato nel 1954, [2] le conclusioni che si cominciava a ricavare da questi documenti confermavano l'opinione che lui aveva enunciato dal 1946: «il cristianesimo è nato dall'essenismo». [3

A seguito della comunicazione del signor A. Dupont-Sommer, professore alla Sorbona, su Le Commentaire d'Habacuc, letto davanti all'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres nel maggio 1950, [4] il presidente dell'Accademia, il signor Charles Samaran, aveva qualificato come «inquietanti» i risultati di quello studio. Poco dopo, il signor Dupont-Sommer scriveva, alla fine dei suoi Aperçus préliminaires sur les manuscrits de la Mer Morte (pag. 122): «Molti degli enigmi che, nei testi cristiani primitivi, sconcertavano lo storico e potevano orientarlo verso delle negazioni, — in primo luogo la negazione stessa dell'esistenza reale di Gesù — troveranno infine una spiegazione, una spiegazione chiara e positiva...».

Quelle righe facevano sperare una conferma esplicita della tesi, non mitica, di Guignebert, che era a sua volta quella di Loisy. Ma nel 1953, nei Nouveaux aperçus sur les manuscrits de la Mer Morte, il dotto professore enuncia i suoi scrupoli: dopo aver riassunto in qualche riga (pag. 194) la carriera di «Gesù il Nazareno», seguendo la tradizione evangelica, [5] e prima di esporre, in una pagina ammirevole (pag. 208), le differenze tra Gesù e il «Maestro di giustizia», ispiratore della setta degli Esseni (morto intorno al 63 prima dell'era cristiana), il signor Dupont-Sommer scrive (pag. 207) che «deve lasciare ad altri, eminenti specialisti dei problemi del Nuovo Testamento, il compito di determinare nei dettagli tutto ciò che fa l'originalità di questo «nuovo Profeta e della Chiesa che è nata dalla fede in lui».

Tra questi eminenti specialisti, va contato certamente  il signor Marcel Simon, decano della Facoltà di Lettere di Strasburgo. Ha scritto un brillante volumetto su Les premiers chrétiens, [6] dove tiene conto (pag. 34) degli studi del signor Dupont-Sommer sui manoscritti del Mar Morto. Anche M. Simon respinge la «tesi miticista»; ma non può entrare, in questo breve libro, «in una discussione dettagliata». La tesi, scrive (pag. 27), «è stata molte volte confutata, in maniera decisiva, a mio avviso, da penne altamente autorizzate».

Tra queste «penne altamente autorizzate», vi sono quelle di Guignebert e di Loisy. Ai loro tempi, il più brillante dei «miticisti», l'unico noto al pubblico non specializzato, era P. L. Couchoud. Egli ha pubblicato nel 1924 Le mystère de Jésus e Guignebert ha dedicato alla sua confutazione nel 1926 un articolo di 32 pagine nella Revue de l'histoire des religions. [7] Tredici anni dopo (1937), Couchoud si ripresenta, pubblicando Jésus, le Dieu fait homme, ed è Loisy stesso che scrive contro di lui, nel 1938, un intero libro di 250 pagine: Histoire et mythe à propos de Jésus-Christ. [8]

Ci siamo riferiti a queste due confutazioni, così come ad altre opere di Loisy, pubblicate nello stesso periodo, ed è il risultato di questo studio che presentiamo ai lettori. Abbiamo preso particolarmente a cuore l'avvertimento, un po' altero, ma esatto, con cui Loisy conclude Histoire et mythe: «Non ci si deve improvvisare da storico delle origine cristiane». Relativamente all'evoluzione delle idee religiose, abbiamo improntato la quasi totalità degli elementi agli stessi Loisy e Guignebert. Se noi ci siamo, nel complesso, limitati a questi due autori, è perché sono non credenti e perché l'oggetto di quest'opera è, ricordiamolo, quasi esclusivamente il problema della vita e della morte di Gesù al tempo dell'imperatore romano Tiberio. [9]

Se, d'altra parte, ci siamo avventurati lo stesso a scrivere il presente libro, è per la seguente ragione: abbiamo abbastanza fiducia nel metodo storico che i nostri maestri ci hanno insegnato [10] per osare pronunciarci, anche in una materia molto particolare, sugli argomenti e sulle conclusioni che gli specialisti presentano. [11] «Il lettore giudicherà», ha scritto Loisy, confutando Couchoud. [12] Noi ci permetteremo di ripeterlo dopo di lui, confidando, come lui, senza dubbio, nella verità delle parole di Cartesio: «La capacità di ben giudicare e di distinguere il vero dal falso, che è propriamente ciò che chiamiamo il buon senso, o la ragione, è per natura uguale in tutti gli uomini». [13

NOTE

[1] Prosper ALFARIC, De la foi à la raison, Scènes vécues. Parigi, 1955.

[2] Prosper ALFARIC, Le problème de Jésus, Cahiers du Cercle Ernest Renan, n° 1 (Parigi, 3, rue Récamier, 7° arrt), 1954, pag. 22-23. Il testo è stato ristampato nel volume intitolato: A l'école de la raison. Etudes sur les origines chrétiennes (pag. 145-180), pubblicato nel 1956 a cura dell'Union rationaliste.

[3] Riprendendo un'opinione già espressa da Renan.

[4] Pubblicato in seguito sotto forma di un opuscolo.

[5] La si troverà riprodotta di seguito.

[6] Marcel SIMON, Les premiers chrétiens, Collection Que sais-je?, n° 551, Parigi, 1952.

[7] Revue de l'histoire des religions, luglio-dicembre 1926, 47° anno, tomo 94, pag. 215-247.

[8] COUCHOUD replica con un articolo, apparso nella Nouvelle Revue Française, il 1° settembre 1939, pag. 390-415 (da allora, estratto a parte), intitolato: Jésus, Dieu ou homme ? — LOISY aveva criticato altri «miticisti», come Dujardin o Guy-Grand, in un libriccino, apparso nel 1938, e intitolato: Autres mythes à propos de la religion. — Dopo la seconda guerra mondiale, Couchoud ha presentato di nuovo la sua tesi in Le dieu Jésus, apparso nel 1951, ma in cui i manoscritti del Mar Morto non sono segnalati.

[9] Noi abbiamo nondimeno consultato, inoltre, le opere erudite di Maurice GOGUEL, protestante liberale, Jésus (2° edizione, 1950), e un libro precedente: Jésus de Nazareth, Mythe ou Histoire (1925), in cui lui combatteva il libro di COUCHOUD, Le Mystère de Jésus. — Si troveranno in un lavoro pubblicato a Parigi alla fine del 1958, di Georges LAS VERGNAS, Jésus-Christ a-t-il existé? un gran numero di citazioni e di osservazioni utili.

[10] In particolare Charles SEIGNOBOS: egli ha pubblicato nel 1898 con Charles-Victor LANGLOIS l'Introduction aux études historiques, e scriveva nel giugno 1941, un anno prima della sua morte, al suo collega e amico Ferdinand LOT una lettera sul metodo storico, di cui si dà la pubblicazione nella Revue historique (luglio-settembre 1953) al signor Robert FAWTIER, professore alla Sorbona (lettera da allora estratta a parte). 

[11] Ringraziamo dei loro consigli coloro che abbiamo potuto consultare, così come gli amici che ci hanno portato i loro incoraggiamenti e il loro aiuto.

[12] LOISY, Histoire et mythe, pag. 74.

[13] CARTESIO, Discorso sul metodo 1:1.