mercoledì 28 febbraio 2018

Marcione (di Georges Ory)La sua vita



Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?


(Kent Murphy)


I fatti non penetrano nel mondo dove vivono le nostre fedi; non le hanno generate, non le distruggono; possono infligger loro continue smentite senza affievolirle, e una valanga di sventure o di malattie che si succedano in una famiglia ininterrottamente, non la farà dubitare della bontà del suo Dio o del talento del suo medico.
(Marcel Proust, Alla Ricerca del Tempo Perduto)


L'eretico Marcione, persuaso che avrebbe riportata una grande vittoria ove avesse potuto aggiungere quel santo vescovo alla sua setta, tentò di guadagnarlo. Gli si presentò un giorno innanzi, e gli disse arditamente: Cognoscis nos? Mi conosci tu? E sai chi sono? Sì rispose tostamente Policarpo, ti conosco assai bene, e so che tu sei Marcione primogenito di Satana.
(Storia Ecclesiastica ad uso della gioventù del sacerdote Giovanni Bosco, Torino, 1894, pag. 77)


Per molto tempo ho continuato soltanto a promettervi di esporre in un apposito blog il mio punto di vista su chi fabbricò per la prima volta il Gesù di carta, invenzione da tenere ben distinta dalla vera origine del Mito di Gesù. Finora non ne ho avuto semplicemente il tempo. Non da ultimo, perchè è impossibile sapere la verità, tra così tante ipotesi plausibili. Ma se Gesù mai visse sulla Terra nel passato recente — e questo è molto, molto probabile —, sicuramente qualcuno deve aver inventato prima o poi il suo allegorico avatar sulla Terra, nella consapevolezza di legare una leggenda ambientata sulla Terra ad una figura già del tutto mitologica, perfino se creduta reale dai primi cristiani, ivi compreso da quel qualcuno — soltanto, non su questa Terra, oppure non nel passato recente. Vi fu un antico L. Ron Hubbard o un antico Joseph Smith che si inventò il primo Gesù di carta? Se così, mi piacerebbe sapere chi ne era l'autore e cosa stava cercando di ricavare.
E so bene che a molti miei lettori a loro volta piacerebbe sapere la mia opinione in merito, e fortunatamente questo è un periodo appropriato dell mia vita per condividere con loro le mie conoscenze e le mie esperienze inerenti questo particolare punto di svolta nelle Origini cristiane. Bene, suppongo ora di essere pronto come non mai. Procediamo.

Chi fu Marcione

Secondo alcuni, egli non fu nè il primo nè sarà l'ultimo di coloro che sono in grado di ricevere quelle particolari vedute estatiche che la realtà svela soltanto a certi occhi. E per costoro non è possibile resistere a tale incanto, pur sapendo in realtà che è una malvagità segreta ad abbellire di meraviglie questo mondo, la stessa malvagità che alla fine porterà alla rovina tanto il mondo che le meraviglie in esso create.

Secondo altri, egli fu un falsario, e chi lo accusò di essere falsario non lo era a sua volta da meno. Anzi...

Probabilmente, entrambe queste opinioni sul conto di Marcione sono vere.

Ma alcuni miticisti, e perfino qualche accademico storicista —, ne aggiungono una terza.

Per capire — e apprezzare debitamente — questa terza interpretazione di Marcione, un'interpretazione che nè gli rende particolare omaggio (come farebbe qualunque passeggera moda gnosticheggiante di turno) nè lo maledice alla maniera di quel bastardo folle apologeta cattolico di Policarpo, è sufficiente un autentico fulmine a ciel sereno, capace di sconquassare le nostre concezioni preconcette precedenti e mostrarci quante fragili e infondate esse siano, al risveglio finale della coscienza, di nuovo e ancora di nuovo.  

Si tratta solo di confrontare tra loro due opinioni di due miticisti di due epoche diverse che probabilmente non si sono affatto conosciuti, e di cui solo io scorgo da qualche tempo, con occhi avidi e famelici (lo confesso!), la loro coincidenziale convergenza di vedute, e di sospetti. Perchè, come realizzerà il lettore, ci poniamo qui nel campo di un'autentica “ermeneutica del sospetto”, e non in quella malsanamente apologetica altrimenti nota come “ermeneutica della carità”. Detto altrimenti, la posizione di default è che gli autori di testi sacri mentono tutto il tempo. Sempre. Quando sono sinceri, anzi, soprattutto quando sono sinceri, per il peccato di hybris che immancabilmente reca seco la fede. Questo fatto impone il sospetto. E l'intima consapevolezza che ogni apologeta, per suo dovere professionale, deve sempre nascondere in tutto o in parte l'evidenza. Ma questo è ancora diverso dal fare un ulteriore, radicale passo, ovvero postulare addirittura la teoria della Nobile Menzogna alle origini dello stesso Mito di Cristo. Non che non sia possibile, ma per esporre quella teoria, ci sarà tempo e spazio in un altro post.

Nella mia completa stroncatura del degenerato gnosticismo letteralista di un folle apologeta cristiano, avevo già fatto cenno a quelle mirabili parole del prof. Robert M. Price:     
 Dove voleva arrivare? Il Segreto Messianico, ecco a cosa. Se, come amano insistere gli apologeti evangelici, Gesù era stato ad “affermare” la sua identità di Messia, come può essere che nessuno dei suoi fans pensa che quello è quel che egli è? Chiaramente, il Gesù di Marco è stato a lasciarla alla immaginazione della folla.  Loro sono liberi di trarre le loro proprie conclusioni. Che è la ragione per cui ad una fazione capita di pensare che Gesù sia il risorto Giovanni il Battista, un'altra crede di star seguendo il ritornato Elia, mentre una terza pensa di star udendo, per dire, Geremia [Io mi domando, se tu fossi stato capace di fare un sondaggio, avremmo ascoltato gridare “Io sono di Giovanni!” “Io sono di Elia!” “Io sono di Geremia!” Cosa, è Cristo diviso? ] oppure Isaia, magari Ezechiele. [Sto ipotizzando che nessuno pensò che egli fosse Abdia oppure Abacuc.]  Gesù non sembra neppure attendersi qualche stima particolare dai suoi fans. Quando nessuno dei discepoli concorda con la folla circa Gesù, e Pietro si avventura a dire, “Tu sei il Cristo”, Gesù gli dice di tenerlo sotto il suo turbante. Non è neppure chiaro se Gesù accetta la dichiarazione di Pietro, a differenza della versione di Matteo. Io direi che questo è quel che tu chiameresti il Segreto Messianico.  
Su una cosa Gesù è chiaro: egli sta per essere arrestato, tormentato, crocifisso, e risorto. Si presume che questo sia un chiarimento della messianicità di Gesù? Oppure una sua negazione? 6-6-6 di uno, mezza dozzina dell'altro. Fino a quante volte hai sentito dire piamente che Gesù pensò davvero di sé stesso come il Messia ma lo ridefinì completamente. Uh, intendi dire, in altre parole che egli non pensò veramente di essere il Messia? Perché ciò è come dire, “Sì, io sono un socialista, ma naturalmente io intendo ciò nel senso che io credo al libero mercato e alla proprietà privata dei mezzi di produzione. Non siete voi con me, compagni?” Perché se tu definisci il “Messia” come un salvatore che si arrende alla morte su una croce romana, risorge di nuovo, e viene intronizzato in maniera invisibile in cielo — tu non stai parlando più circa il Messia ebreo. A meno che tu non sia il Gatto del Cheshire.  
(Robert M. Price, Holy Fable — Volume II The Gospels and Acts Undistorted by Faith, pag. 61-62, mia libera traduzione, corsivo originale, grassetto mio)

Ad onor del vero qui il prof Price è indebitato, come lo riconosce lui stesso, al grande William Wrede. Questo lo induce a mitigare questa sua radicale interpretazione di cui sopra assicurando che Gesù stesso ruppe il Segreto Messianico in Marco 9:9, “quando fu solo allora che egli diventò il Messia” (pag. 19, mia traduzione, corsivo originale).

Ed ecco di seguito cosa aveva scritto in particolare, quasi un secolo scorso, il miticista francese Georges Ory:

L'Evangelion è il solo contro i tre sinottici ad insegnarci che tutti chiamavano Gesù “Cristo”, ma il suo goffo correttore ha lasciato la frase “alcuni dicono .. Giovanni altri poi Elia, e altri uno dei profeti” che è impossibile se tutti chiamavano “Cristo” Gesù.
(tratto da una monografia di Georges Ory, Marcion)


Entrambe queste citazioni (di Price e di Ory) vogliono essere un commentario dell'enigmatico quanto suggestivo passo di Marco:
 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.  (Marco 8:27-30)


Ma laddove il prof Price tenta ancora di armonizzare sotto la penna di un medesimo scrittore anche il parere piuttosto discordante della “gente” sull'identità di Gesù, Georges Ory propone una lettura ancor più radicale, dato che ipotizza a chiare lettere che questa fu più o meno la versione originaria di quel passo in un ipotetico proto-Marco ricostruito:
  ...e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.  
Il popolo, gli outsiders, non hanno mai ragione in proto-Marco e perfino in Marco. Qualsiasi cosa credano i non-iniziati, l'esatto contrario è vero: 'vox populi' è tutto fuorché 'vox dei' nel vangelo di Marco. Ma se è vero che la risposta della gente al quesito “chi è Gesù?” corrisponde alla risposta di Pietro (ovvero: “tu sei il Messia”), allora l'unico risultato logico dev'essere altrettanto vero: la gente, al pari dello scemo Pietro, ha semplicemente torto marcio nel credere che Gesù sia il Cristo. E il repentino invito di Gesù al silenzio su quella materia corrisponde forse, come ben nota il prof Price, ad una malcelata “eretica” negazione di quella pretesa messianica. Il bastardo falsario proto-cattolico, a detta di Georges Ory, avrebbe fiutato il punto, e avrebbe attribuito alla folla un'opinione che, per quanto falsa, sicuramente non coincide con quella di Pietro, rendendo ipso facto vera quest'ultima, per la sola ragione che egli non la pensa come la gran massa dei non-iniziati. Ricorda quanto ho detto sopra: 'vox populi' non è mai 'vox dei' in Marco, un fatto riconosciuto banalmente pure dai folli apologeti cattolici che leggono Marco coi paraocchi della fede. Il piccolo inconveniente per l'interpolatore è che la folla, proprio quella che voleva Gesù crocifisso, a detta dello stesso Pilato della storiella (di certo raffigurato come un osservatore oggettivo della faccenda), chiamava “Cristo” Gesù:   

Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!».
(Marco 15:12-13)


Unisci a questo il punto che ho segnalato al prof Markus Vinzent, ossia che il cieco di Betsaida vide “uomini come alberi che camminano” per la ragione che quelli stessi alberi ardevano dalla brama materiale di un monarca, un “re dei giudei”, per Giudici 9:7-21, e così un caso potrebbe essere fatto che in proto-Marco, Gesù non era veramente il Cristo degli ebrei, il Figlio di YHWH, a dispetto dell'opinione della folla. La quale folla avrebbe messo a morte Gesù mossa dalla rabbia scatenata da un  “Cristo” che non si comportava affatto come tale, ma agiva piuttosto come un autentico “anti-Cristo”, frustrando ad ogni occasione il recondito desiderio della folla di un vero Messia ebraico. E da qui al tono delle Antitesi di Marcione il passo è breve.  

Se solo uno dei due studiosi che ho citato avesse ragione anche solo per la metà di quel che dice, è comunque sufficiente, a mio avviso, per far collassare e scardinare l'intera “certezza” di base della tendenziosa e schifosa “Traditio” proto-cattolica, per come ci è stata propinata passivamente fino ad oggi: che l'autore del Più Antico Vangelo Scritto fosse un pio devoto al dio degli ebrei.

Certo: tutto è possibile, ma con un vangelo così enigmatico come proto-Marco io non vorrei scommettere neppure un cent, figuriamoci la mia casa, nell'insinuare di poter sapere quali fossero le sue reali e più recondite intenzioni. Che è la ragione perchè, se un qualunque vangelo fosse stato la nostra più antica testimonianza circa Gesù, e non piuttosto le lettere autentiche di Paolo e l'Epistola agli Ebrei, io mi sarei limitato ad un modesto agnosticismo sulla questione della storicità di Gesù (dato che solo i folli apologeti cristiani sono capaci di distinguere “fatti” dalla fiction da quelle ridicole storielle, grazie ai loro magici superpoteri spacciati per “profondo metodo scientifico”). Con ciò non voglio legare la verità del miticismo alla verità della mia interpretazione — solo una fra le tante, ça va sans dire — del Più Antico Vangelo. Ma per fortuna abbiamo le lettere autentiche di Paolo e l'Epistola agli Ebrei, per citare solo le due fonti principali anteriori al Più Antico Vangelo, le uniche capaci di gettare la vera luce sulle Origini.

Noi non sappiamo, e neppure Georges Ory lo sapeva veramente (a dispetto della sua convinta asserzione del contrario), se l'autore del Più Antico Vangelo odiasse oppure venerasse il dio degli ebrei. Se lo ritenesse il vero padre di Gesù oppure un goffo demiurgo. Se credesse Gesù il Messia ebraico predetto dai Profeti e dalle Scritture oppure lo adorasse come il Messia di un Dio Straniero. Se avesse inserito veramente il battesimo di Gesù nel Giordano oppure se quell'episodio fosse un'altra bastarda interpolazione proto-cattolica del vangelo originario, intesa a far nascere spiritualmente Gesù con tanto di una colomba (entità femminile, e nel Vangelo degli Ebrei lo Spirito Santo è chiamato “madre”) sul suo capo e tanto di sottomissione alla Legge rappresentata puntualmente dal suo Profeta di turno (Giovanni il Battista), lungo le linee inequivocabili di un midrash basato su “...nato da donna, nato sotto la Legge...” di Galati 4:4, ritenuto nientemeno che da Bart Errorman (!) una possibile interpolazione anti-marcionita.

Noi non sappiamo
, per quanto ci rovelliamo sulla questione, sentendo le pagine del Più Antico Vangelo vibrare debolmente del riverbero di una voce — quella del suo autore, non certo del suo Gesù di carta — che grida a noi da un altro universo.

Noi non sappiamo, e nonostante questa nostra ignoranza fattuale riguardo a tutto ciò che si possa implicare pro o contro la bastarda Traditio cattolica dai soli vangeli — e dal Più Antico di essi, sui quali è oramai sicuro che tutti gli altri si basarono —, il “miracolo” avviene che possiamo ad ogni caso sapere sulle reali Origini della marginale superstitio cristiana, ancora una volta solamente grazie a Paolo e all'Epistola agli Ebrei: il vero campo di battaglia tra miticisti e storicisti. 
 
Ma qualcosa possiamo ancora sapere, e concludere, perfino sui vangeli, grazie a quella formidabile interpretazione di Georges Ory, capace da sola di mettere a tacere perfino la più remota possibilità di sapere chi fosse l'autore del Più Antico Vangelo, se un amico o un nemico di YHWH.

Egli è semplicemente inconoscibile, inviolato dalle figure ubriache e chiassose che l'hanno succeduto nella corruzione e manipolazione (in senso sempre più volgarmente storicista) del suo più antico Gesù di carta: intoccabile.

E intanto continuamo a sognare il giorno in cui sapremo la verità sul suo conto, pur sapendo che non arriverà mai, che è perduta per sempre, se mai sia stata contemplata una verità per il suo ruolo nella Storia, e non più semplicemente una maschera per l'ennesima menzogna, quando anche i folli apologeti desisteranno per l'ultima volta nel tentativo dissolvendosi a loro volta nel desolato biancore di un dubbio senza fine.

E subito mi ritraggo me medesimo dalla grottesca pretesa di conoscerlo, quest'anonimo autore del Più Antico Vangelo, perchè mi rendo conto di quello che sta succedendo e non ho voluto fino in fondo che sia vero, anche se la semplice possibilità che egli sia lui è sufficiente ad abbassare a loro volta ogni diversa certezza in merito, al livello di altrettante possibilità: tutte vere e tutte false contemporaneamente.

Perciò mi limiterò ad usare il condizionale.

Marcione, o un suo precursore nemico del dio degli ebrei, avrebbe potuto scrivere il Più Antico Vangelo.

Un nemico del dio degli ebrei avrebbe potuto essere l'autore di proto-Marco.

Uno gnostico avrebbe potuto evemerizzare sulla terra il Gesù mitologico dei primi cristiani.

È questa concreta possibilità che da ora riempie le mie speculazioni intorno alla natura del Più Antico Vangelo. Ho visto la tua ombra, o Marcione (o chiunque altro ti abbia partorito come suo seguace più o meno fedele o infedele), attraverso l'enigma, il mistero e il segreto che ingombrano di nuovo e di nuovo ogni passo del Più Antico Vangelo. E non saprò mai se la tua ombra fu quella del suo autore, o del suo nemico, o se tu sia solo un parto mostruoso della mia immaginazione.

Così, “Mi conosci tu? E sai chi sono?” Sì, almeno Policarpo sapeva chi egli era, e Policarpo sapeva che egli era cattivo per la nascente chiesa proto-cattolica. Almeno quello so.

Di seguito la mia traduzione della monografia di Georges Ory, intitolata guardacaso “Marcione”.

MARCIONE


di Georges Ory



La sua vita:

Non abbiamo nessuna testimonianza diretta oppure disinteressata su Marcione; ne sappiamo solo in maniera davvero imperfetta dagli attacchi dei suoi avversari cattolici che distrussero i suoi libri. È noto a quale tempo risalga la sua attività ma le date che segnano le fasi sono a volte imprecise. 
Marcione fu senza dubbio di origine pagana; si potrebbe supporre che egli nacque intorno all'anno 100 nell'Ellesponto — a Sinope, un porto del Mar Nero — da un padre che fu o doveva diventare un vescovo “cristiano”, poichè Marcione era già adulto quando suo padre si convertì ad un certo cristianesimo.
Tertulliano sottolinea, in realtà, che Marcione fosse uno Stoico e parla della “sua scoperta di Dio”, che suggerisce la conversione di un adulto. Nulla ci impedisce dal fissare l'attività di Marcione a partire dal 120. Tertulliano (Contra Marcionem 1:19) dichiara che i marcioniti collocarono un intervallo di 115 anni e mezzo tra Cristo e Marcione, ma l'indicazione è approssimativa. 
Marcione fu un ricco proprietario di navi e doveva fare numerosi viaggi prima di recarsi a Roma intorno all'anno 138. Forse fu preceduto (come dice san Girolamo) da Marcellina, una delle sue discepole. Egli fu considerato un cristiano dal momento che egli venne ammesso nella comunità cristiana di Roma; egli incontrò Cerdone che vi si era recato qualche anno prima di lui (nel 135 circa).
La sua rottura con questa comunità avvenne intorno al 144, ma egli non lasciò Roma. Egli vi si trattenne ancora in qualità di maestro, impartendo le sue dottrine, durante l'episcopato di Aniceto (154-166); Girolamo lo descrisse come “ardens ingenii et doctissimus”. Forse fu a Roma che morì, poichè non possediamo nessuna prova che avesse lasciato la città.

Harnack immagina che Marcione, dopo aver lasciato il Ponto, insegnò in Asia Minore; questa ipotesi, che non è per nulla improbabile se si tratta di un periodo limitato, è confermata indirettamente da Policarpo di Smirne all'incirca nel 155 (Epistola ai Filippesi), quando egli tratta Marcione come il “primogenito di Satana” e lo accusa di respingere la testimonianza della croce, la resurrezione, il giudizio.
 Si suppone comunemente che Marcione fu espulso dalla Chiesa di Roma, e fondò una Chiesa dissidente, che equivale a dire, egli fu uno dei primi eretici. La verità senza dubbio meriterebbe di essere più sfumata. Che ci fosse una rottura, è probabile, ma questa rottura potrebbe essere accaduta sotto condizioni diverse da quelle che vi vengono dette. L'ortodossia cattolica ancora non esisteva, ed è impossibile affermare che l'ortodossia marcionita fosse eretica. Gruppi rivali esistevano a Roma e altrove;  essi dovevano tollerarsi più o meno mentre i grandi polemisti davano voce di tempo in tempo. Questa situazione confusa perdurò per almeno tre secoli. 
Non è escluso, d'altra parte, che Marcione, quando egli giunse a Roma, fosse già il capo di un certo numero di comunità cristiane, specialmente chiese fondate o stabilite da Paolo in Asia Minore o in Grecia. Altre comunità potevano essere state create da suo padre o dagli apostoli paolini che lo convertirono. Marcione — egli stesso un grande viaggiatore — era stato in grado di edificarle in certi ambienti durante i suoi viaggi. Egli portò presumibilmente il titolo di vescovo e costituì vescovi, presbiteri e diaconi; dopo la sua morte ci fu una successione di vescovi marcioniti. 
Egli morì forse tra il 161 e il 168; non ascoltiamo più di lui nel regno di Marco Aurelio.

giovedì 22 febbraio 2018

Sul curioso caso di “Mike Plato”, gnostico e letteralista


La domanda, “Che cosa metti al suo posto?” è spesso rivolta al critico devastante di una credenza, non con qualche comprensione filosofica del fatto che una rimozione completa è effettuata solo ponendo un giudizio verificato o logico al posto di un giudizio indimostrato o illogico, ma con un senso di offesa, come se una falsa credenza fosse una proprietà personale, per la cui rimozione vi debba esserci una “compensazione”.
(J. M. Robertson, Il Problema Gesù, pag. 3)


Chi per giorni e giorni è vittima di una malattia, specialmente di un virus apologetico o di una concezione errata (il che, come realizzerà tra non molto chi legge questo mio post, è lo stesso), sviluppa la propria consapevolezza di certe realtà e diviene più sensibile alla minaccia di tali realtà, che altrimenti non sarebbero oggetto di prolungate attenzioni o meditazioni. Con la guarigione dal suddetto virus apologetico — o semplicemente con un maggior onesto apprendimento fatto mediante le giuste letture — la consapevolezza di queste realtà e minacce svanisce, e la vittima del fottuto malore apologetico riprende le proprie attività quotidiane senza che l'acuta coscienza dell'esistenza di persone che minano col loro scetticismo la sua stupida e irrazionale fede — la fede in un fantomatico, chimerico e fittizio “Gesù storico” — la trascini verso la pazzia e il suicidio.

Attraverso l'illuminazione di quest'analogia arrivo a capire che l'apologeta cristiano gnostico “Mike Plato” opera più o meno allo stesso modo di chi soffre del medesimo bacillo contagioso del suo morbo apologetico: stessi sintomi, stessa modalità, stesse stizzite reazioni, stessa mostra del classico dogmatismo storicista di fondo aggredito dalla realtà, e soprattutto, stessa arroganza montata ad arte pur di nascondere il vorticoso buco nero della propria colpevole nonché interessata ignoranza.  

Questo sedicente personaggio dalla combinazione piuttosto improbabile di cognome e nome (come si fa, di grazia, a unire un nome americano fin troppo usurato con l'immancabile riferimento al «figlio più bello dell'antichità»?) mi attacca, in un commento denigratorio a firma di “Unknown” che non voglio riportare — come se non si possa risalire facilmente alla sua inconfondibile identità — di diffondere menzogne in Internet. Cosa che fa puntualmente anche nella sua ridicola pagina facebook, circondato dal plauso di imbelli fans.


Evidentemente lui non conosce chi è Richard Carrier. Ma io sì. E tu, “Mike Plato”, non sei lui.

Per cominciare, come semplice disincantato lettore dei libri principali dei miticisti Robert M. Price e Richard Carrier da almeno cinque anni, io sono sempre stato impressionato dalla loro erudita conoscenza di una miriade di argomenti relativi ai testi del Nuovo Testamento. Inizialmente è bastata, a dire il vero, la  lettura di un libro particolare a farmi abbracciare il miticismo, e nel giro di un pò di anni, grazie all'acquisizione di una conoscenza via via maggiore, a realizzare ancor più profondamente la sua verità. Non perchè volevo essere convinto, ideologicamente convinto, di tale verità. Ma perchè precisamente a quella conclusione i fatti e gli argomenti presentati mi hanno ineluttabilmente portato.

Come spiegarsi, allora, la reazione aggressiva degna di un Dracula da parte di questo sedicente “Mike Plato”?  

“Gesù è davvero esistito, dannazione!”


Semplicemente, la verità è che lui, così come i teologi sotto mentite spoglie di storici e accademici ed esegeti critici, non possono dire nulla sul miticismo, semplicemente non possono rivolgersi al miticismo, senza apparire evidentemente ignoranti — e in tremendo fallo! —nel tentativo.

E si sia chiari, qui: per “miticismo” intendo la negazione dell'esistenza di Gesù come figura storica, come dimostrata dagli studiosi miticisti che cito puntualmente in questo blog (e cioè Earl Doherty, Richard Carrier, Robert M. Price, Arthur Drews, Paul Louis Couchoud, George Brandes, Louis Gordon Rylands, ecc.). Non mi riferisco di certo alle opinioni predicate dall'astroteologo “Pier Tulip” di turno. 

Ma torniamo al curioso caso di “Mike Plato”.

Sulla stessa scia di Bart Errorman, costui mi dà del “negazionista”, termine che si dovrebbe utilizzare solo a proposito dei negatori della Shoa. Mi rammarica dover sottolineare che è proprio ciò che vogliono intendere Errorman e “Mike Plato”: equiparare il miticismo alla negazione dell'Olocausto.  Avverto il morso crudele di una tragica ironia qui, visto che a essere diretto testimone della Shoa (precisamente a Buchenwald, dove morì) è stato l'ebreo Maurice Halbwachs, autore del libro On Collective Memory, nel quale la storicità di Gesù non è affatto presa per garantita. E come dimenticare Max Rieser, avvocato ebreo che sfuggì alla Germania di Hitler e ad Auschwitz immigrando negli Stati Uniti nel 1939? Secondo la “logica” indelicata di Errorman e adottata da “Mike Plato”, egli fu probabilmente un negazionista dell'Olocausto, visto che negava la storicità dell'uomo Gesù.

Sarebbe tanto audace “Mike Plato” da qualificare pure Rieser come “negazionista” (con tanto di macabre allusioni, colpevolmente deliberate nella mente di “Mike Plato”, quando definisce me tale) a causa del suo miticismo?  Spererei di no.

Ma vorrei rivolgere queste parole al duro udito di Mike Plato”: se egli pensa che il miticismo (e non piuttosto il suo amato quanto fittizio “Yeshoua”, perfino se questo nome non compare mai nel Nuovo Testamento riferito a Gesù, tantomeno nel Talmud) sia nient'altro che una fake news tutta moderna, provi soltanto a immaginare quanta tremenda ilarità possa suscitare chi considera del tutto mitologiche le guarigioni di Asclepio e le resurrezioni di Osiride ed Attis, ma, unicamente nel caso di Gesù, pensa che tutto ciò accadde veramente.

Dopo aver constatato in cosa crede — in particolare a proposito del mio cognome — lo gnostico “Mike Plato” — penso dopotutto che sia di gran lunga più credibile la storiella dell'Immacolata Concezione. 

La cosa ridicola è che lui mi invita, “DA STUDIOSO DI COSE GNOSTICHE” come mi definisce (quasi che, a suo avviso, io debba sentirmi orgoglioso di sapere le stronzate degli gnostici, quasi che essi fossero da meglio dei cristiani proto-cattolici e/o giudaizzanti — e sia chiaro: io li disprezzo entrambi in egual misura in quanto tutti partecipi presto o tardi della medesima orgia storicista) a sapere qualcosa in più sul conto degli “arconti di questo eone”: io sarei uno di loro (!) a causa del mio odio anti-cristiano. 


Ciò che gli sfugge è che il termine “arconti” (specie quando riferito a entità spirituali della sfera sublunare) non è affatto di matrice gnostica, ma pertiene direttamente alla complessa angeologia ebraica, vista la sua ricorrenza nel più-ebraico-che-non-si-può Libro di Enoc.

  E Semjaza, che era il loro arconte, [ὃς ἦν ἄρχων αὐτῶν] gli disse: 'Non temete, difatti io approvo questo atto, ed io solo dovrò pagare la sanzione di un così grande peccato. (1 Enoc 6:3) 
 E questi sono i nomi dei loro arconti: [τῶν ἀρχόντων αὐτῶν Samlazaz, il loro capo, Araklba, Rameel, Kokablel, Tamlel, Ramlel, Danel, Ezeqeel, Baraqijal,  Asael, Armaros, Batarel, Ananel, Zaq1el, Samsapeel, Satarel, Turel, Jomjael, Sariel. Questi sono i loro capi a decine.
(1 Enoc 6:7)

Azazel [la citazione di Sincello aggiunge: ὁ δέκατος τῶν ἀρχόντων]  insegnò agli uomini a fare spade e coltelli, scudi e corazze, gli rese noti i metalli della terra e l'arte di lavorarli per farne bracciali e ornamenti; insegnò l'uso dell'antimonio, l'abbellimento delle palpebre, tutti i tipi di pietre preziose, e tutte le tinture coloranti.
(1 Enoch 8:1)


Quindi nessuna necessità da par mio di postulare gnostici alle origini del cristianesimo. E sebbene un caso possa essere fatto per una ricostruzione di quel tipo (si veda quanto ne ha da dire il miticista Georges Ory) io convivo tranquillamente con l'idea che le origini del mito di Cristo siano squisitamente ebraiche. Ma questo lo storicista “Mike Plato” non vorrà accettarlo: perchè credeva, con tronfia arroganza, che i miticisti fossero tutti come Pier Tulip
Ma non mi disturba affatto l'ira di “Mike Plato” contro il mio dichiarato miticismo. Se qualcosa, io trovo fin troppo divertente ed esaustiva la sua totale mancanza di comprensione del miglior caso miticista (almeno come esposto nell'opus magnum del dottor Carrier).


Ma una cosa è chiara da tutta questa astiosa retorica denigratoria storicista in malcelata e disgustosa salsa apologetico-cristiana: 

I folli apologeti cristiani, gnostici o cattolici o protestanti, sono pazzi.

Jerim Pischedda è pazzo.

Anche Adriano Virgili è pazzo.

La semplice idea di un Gesù mitologico li porta a ricorrere a qualsiasi genere di insulti, invettive, calunnie, deliri e attacchi vari. Perfino quando parlano apparentemente in termini “equilibrati” (si legga come un Virgili pensa di liquidare in un capitoletto il miticismo minimale di Richard Carrier), c'è una strana luce nei loro occhi: la luce della pazzia.

E la loro ira, la loro collera, la loro stizza, il loro sdegno profondo, può solo avere un'unica, riconoscibile origine: paura o disperazione.

Kierkegaard aveva visto giusto: timore e tremore incontra chi vuole dirsi cristiano (al di là della denominazione) nel mondo moderno. Ma non me ne voglia Kierkegaard se a differenza sua io so da dove provengano, quel timore e quel tremore. Nella semplice possibilità che Gesù (che fu chiamato Cristo) non è mai esistito.
    
Ma se non mi stupisce affatto che il Virgili o il Pischedda nutrano nascostamente la più recondita paura del miticismo (dopotutto, è il loro stesso Gesù di carta a istigarli ad averne: si legga Luca 18:8)...

“Oh Dio! Dov'è finito?”


 ...diverso è il caso di “Mike Plato”, dato che lui avanza le sue credenziali di “forte anticlericale, più di te” quasi che questo da solo bastasse a presentarlo ai miei occhi scevro da superstizioni di varia natura (e nel caso di “MIke Plato”, mi rincresce dirlo, di superstizioni da lui coltivate se ne contano a profusione!).

Voglio però spendere qualche fiducia nella sua presunta buonafede e stare al suo gioco: perchè un “forte anticlericale” par suo si troverebbe stranamente alleato coi peggiori folli apologeti cristiani (citati sopra) contro un miticista par mio? Addirittura, accusandomi di essere non un vero ateo, ma di essere segretamente gnostico alla Harold Bloom maniera?

La spiegazione non è poi così complicata.

Immagina di crederti in possesso di qualche conoscenza esoterica. Questo ritratto calzerebbe a pennello col curioso caso di “Mike Plato”, vista la sua orgogliosa ostentazione di siti web a suo nome in odore di esoterismo.
  
Allora, un bel giorno, la conoscenza esoterica, fino all'altro ieri prerogativa esclusiva di questi tizi, diventa accessibile a praticamente ognuno che sia capace di recepirla laddove si trova ben descritta nel Web, con tanto di prove e controprove ad autenticarla esattamente come tale (a scanso di equivoci e contraffazioni di wikipediana memoria).

Pensaci bene, caro lettore, a questo puro e semplice Fatto: una laurea in Storia non è così difficile come una Laurea in Fisica o in Matematica o in qualsiasi altra cosiddetta “Scienza Dura”. E perfino se tu hai, come me, solo una laurea in materie scientifiche, ti basta poco per sapere di quella “conoscenza esoterica” alla quale mi riferisco. A chi possiede una briciola di buon senso logico-critico, perfino se capitasse come Robinson Crusoe su un'isola deserta con solo una Bibbia in mano, è sufficiente che la legga senza distorcerla più — mai più — con la medesima fede di un Robinson Crusoe. Ti basta solo una connessione ad internet per diventare un esperto su ciò per cui i Bart Errorman e i Larry Hurtado del mondo hanno trascorso anni di  studio, spendendo per giunta un sacco di moneta.  

Un “esperto” così formato, potrebbe perfino arrivare a denunciare pubblicamente i tuoi gravissimi errori di metodo. Sì, proprio i tuoi: che fino ad un momento prima ti plagiavi nel possesso di quella tua “conoscenza esoterica”, ora diventata, con tuo grande rammarico e tuo profondo scorno, tremendamente pubblica.

Mike Plato” lo ammetta sinceramente (se è mai capace di sincerità): non c'è nulla nemmeno lontanamente di inverosimile nell'ipotizzare che un uomo che fu concepito miracolosamente da un dio e da una donna mortale al pari di Perseo; che aveva operato miracoli fantastici, guarendo gli storpi, i ciechi e i paralitici e resuscitando i morti al pari di Asclepio; che calmava i venti e i mari impetuosi al pari di Pitagora; e che ha vinto la morte in modo da meritare l'immortalità ai suoi devoti al pari di Osiride, potrebbe essere stato un mito. Specie quando quell'uomo sembra essere già stato concepito nelle riflessioni religiose e filosofiche di un ebreo ellenizzato come Filone di Alessandria. Soprattutto quando a non riferirsi mai a nessuna delle sue presunte imprese e parole sulla Terra (a parte la predizione della sua stessa morte in un rito teofagico sulla cui ebraicità non potevano fare a meno di dubitare gli stessi folli apologeti cristiani del secondo secolo, visto rabbiose osservazioni come questa di Giustino: “I malvagi demoni, per imitazione, dissero che tutto ciò avveniva anche nei misteri di Mitra”, Apologia prima ad Antoninum Pium, 66) fu guardacaso (!) proprio l'Apostolo che, a ridosso della sua presunta morte sul Golgota, avrebbe avuto più motivo di ogni altro di ricordare — fosse pure esclusivamente a proprio vantaggio — l'Uomo che cambiò la sua vita.

 A proposito: nel mezzo del suo attacco storicista e gnosticheggiante, “Mike Plato” mi rinfaccia l'uso improprio dell'espressione da me utilizzata di “Marco proto-cattolico”, quasi che volessi spacciare la falsità che il vangelo di proto-Marco (e sottolineo “proto”) fosse *a sua volta* proto-cattolico.

Perchè è evidente che proto-Marco, o come diavolo vorresti chiamare il Più Antico Vangelo, fu interpolato e corrotto, sia pure solo in minimissima parte, da nocchiute dita cattoliche (dopotutto, non sono gli stessi cattolici a riconoscere che il finale del “nostro” Marco non apparteneva affatto a proto-Marco?).

Ma forse “Mike Plato” è così ignorante del miglior caso miticista da non capire neppure lontanamente la differenza che corre tra proto-Marco e il nostro Marco.

A titolo di piccolo assaggio a suo beneficio (ma dubito fin d'ora che lo saprà fruttuare nella sua testa nella sola direzione razionalmente consentita: quella miticista), gli riporto le seguenti umilissime e purtuttavia efficacemente persuasive parole del prof Robert M. Price (al cui avvistamento ci ero arrivato anch'io del tutto indipendentemente da lui, e lo stesso “Mike Plato” mi permetta in questo una leggera punta di orgoglio!) sulla natura esoterica (e sicuramente non proto-cattolica) di proto-Marco (e ri-sottolineo “proto”):

 Dove voleva arrivare? Il Segreto Messianico, ecco a cosa. Se, come amano insistere gli apologeti evangelici, Gesù era stato ad “affermare” la sua identità di Messia, come può essere che nessuno dei suoi fans pensa che quello è quel che egli è? Chiaramente, il Gesù di Marco è stato a lasciarla alla immaginazione della folla.  Loro sono liberi di trarre le loro proprie conclusioni. Che è la ragione per cui ad una fazione capita di pensare che Gesù sia il risorto Giovanni il Battista, un'altra crede di star seguendo il ritornato Elia, mentre una terza pensa di star udendo, per dire, Geremia [Io mi domando, se tu fossi stato capace di fare un sondaggio, avremmo ascoltato gridare “Io sono di Giovanni!” “Io sono di Elia!” “Io sono di Geremia!” Cosa, è Cristo diviso? ] oppure Isaia, magari Ezechiele. [Sto ipotizzando che nessuno pensò che egli fosse Abdia oppure Abacuc.]  Gesù non sembra neppure attendersi qualche stima particolare dai suoi fans. Quando nessuno dei discepoli concorda con la folla circa Gesù, e Pietro si avventura a dire, “Tu sei il Cristo”, Gesù gli dice di tenerlo sotto il suo turbante. Non è neppure chiaro se Gesù accetta la dichiarazione di Pietro, a differenza della versione di Matteo. Io direi che questo è quel che tu chiameresti il Segreto Messianico.
Su una cosa Gesù è chiaro: egli sta per essere arrestato, tormentato, crocifisso, e risorto. Si presume che questo sia un chiarimento della messianicità di Gesù? Oppure una sua negazione? 6-6-6 di uno, mezza dozzina dell'altro. Fino a quante volte hai sentito dire piamente che Gesù pensò davvero di sé stesso come il Messia ma lo ridefinì completamente. Uh, intendi dire, in altre parole che egli non pensò veramente di essere il Messia? Perché ciò è come dire, “Sì, io sono un socialista, ma naturalmente io intendo ciò nel senso che io credo al libero mercato e alla proprietà privata dei mezzi di produzione. Non siete voi con me, compagni?” Perché se tu definisci il “Messia” come un salvatore che si arrende alla morte su una croce romana, risorge di nuovo, e viene intronizzato in maniera invisibile in cielo — tu non stai parlando più circa il Messia ebreo. A meno che tu non sia il Gatto del Cheshire.

(Robert M. Price, Holy Fable — Volume II The Gospels and Acts Undistorted by Faith, pag. 61-62, mia libera traduzione, corsivo originale, grassetto mio)


E questo è tutto ciò a cui si riduce il povero “MIke Plato”, nella sua stizzita e arrogante pretesa che esistette per davvero un Gesù storico: un povero dogmatico (per giunta un “cristiano gnostico”) aggredito nelle sue certezze più intime.



Ma ti darei un consiglio, o contrariato gnostico letteralista “Mike Plato”, e te lo darei da ateo nichilista (non da ateo umanista dato che umanista non sono):

Quando sei così impegnato nella difesa ad oltranza di un particolare dogma o assioma al punto che non puoi difenderlo senza elargire un mare di inesattezze de facto o un sacco di argomenti fallaci de iure, quando un dilettante o uno studioso indipendente è in grado di batterti al tuo stesso gioco — e ti offre perfino una plastica dimostrazione di questo — è semplicemente un classico problema bayesiano: quant'è più probabile “A” rispetto a “not A” data la stessa evidenza “B”

Ben prima che arrivasse Bayes, sai già chi l'ha detto meglio...:

 ...come il proverbio ci dice che basta una sola goccia dal più grande recipiente a dirci la natura di tutto il contenuto, così noi dovremmo considerare l'argomento ora in discussione. Quando troviamo una o due false dichiarazioni in un libro e risultano essere deliberate, è evidente che non una parola scritta da tale autore è più a lungo certa e affidabile. (Polibio, Le Storie, XII:25a.1-2)

mercoledì 14 febbraio 2018

Il Problema Gesù: Una Riaffermazione della Teoria del Mito (Appendice B) — Il Mito di Simon Mago

(Questa è l'ultima appendice della traduzione italiana di un libro del miticista John M. Robertson, «The Jesus Problem: A Restatement of the Myth Theory». Per leggere il testo precedente, segui questo link)




INDICE




CAPITOLO I.—L'APPROCCIO


CAPITOLO II.—IL MITO CENTRALE


CAPITOLO III.—RADICI DEL MITO


CAPITOLO IV.—L'EVOLUZIONE DEL CULTO






CAPITOLO VII.—FABBRICAZIONE DEI VANGELI


CAPITOLO VIII.—MITO SUPPLEMENTARE


CAPITOLO IX.—CONCLUSIONE




APPENDICE B.—IL MITO DI SIMON MAGO


APPENDICE B

IL MITO DI SIMON MAGO

I

Due questioni sono sollevate sotto questo titolo — la questione se, come fu sostenuto da F. C. Baur, il “Simon Mago” sia il nome di una maschera per una polemica diretta principalmente all'Apostolo Paolo; e la questione più fondamentale se il Simon Mago degli Atti sia o meno un personaggio storico.
Le ragioni per ritenere Simone un personaggio mitico (indipendentemente dalle ragioni per ritenere che il Simone delle Omelie Clementine sia inteso per Paolo, e la storia degli Atti un adattamento che fraintende il racconto delle Omelie Clementine) sono schiaccianti. Per cominciare, Giustino Martire, un samaritano di origine, dice espressamente [1] che quasi tutti i samaritani adorarono Simone. [2] Questo solo potrebbe liquidare la nozione che i “simoniani” risalissero semplicemente al tempo di Paolo e Pietro. È assurdo supporre che quasi tutti i samaritani, un popolo con culti antichi, si potessero convertire nel giro di un secolo ad una nuova divinità originatasi in un unico uomo. Il culto deve risalire ulteriormente più addietro di quello. E che Giustino, sebbene di nascita samaritana, potesse fraintendere ampiamente i culti attorno a lui, è abbastanza chiaro dalla sua famosa millanteria di trovare il suo Simon Mago come Simo Sanctus nel Semo Sancus di Roma, l'antica controparte sabina della Semo orientale. [3]
Infatti c'è una prova abbondante, per cominciare, del fatto che un nome di cui Sem è la base sia uno dei più antichi nomi di Dio semitici. Abbiamo le forme Shem, Sime-on, Sams-on, S(h)amas (il nome babilonese del Sole; in ebraico Shemesh), San-d-on, o Samdan [4] Semēn e Sem, tutti chiaramente connessi con un mito solare. Shamas o Samas fu un Dio-Sole assiro, il duplicato di Melkarth ed Ercole, Samson o Simson o Shimshai (= l'uomo-Sole), l'eroe solare ebraico, è indubitabilmente una mera variante di quel mito. Sand-on, a sua volta un Dio-Solare, è di nuovo lo stesso mito. Baal-Samēn, “il Signore del Cielo”, [5] è la stessa concezione di Baal-Melkarth; dato che Baal, “il Signore”, un Dio-Sole egli stesso come pure un Dio Supremo, è collegato proprio col Dio-Sole. Il nome Sem, di nuovo, è trovato a significare Ercole, in congiunzione con quelli di Arpocrate e dell'egiziano Ermes, ed è probabilmente coinvolto nel nome della mitica regina Semiramide (Sammuramat), dal momento che lei in uno dei miti ottiene il suo nome da Simmas, “custode dei greggi del re”, che la alleva [6] — un'altra forma del Dio-Sole, probabilmente. Simeone, nel mito delle dodici tribù, è uno dei fratelli gemelli, che in ogni mitologia sono al principio divinità solari. Il suffisso “on” significa “grande”, come in Sansone, Dagon, Solomone, ecc.; [7] e i Dioscuri del mito greco e romano furono “i Grandi Fratelli Gemelli”. Esso fu aggiunto al nome del Dio samaritano Êl Êlyon, “Grande Êl”, [8] che è proprio l'Êl (singolare di Elohim) degli ebrei. Ma il nome Shem stesso significa “l'Elevato”; [9] e il nome dell'antenato mitico dei figli di Shem è alla base un nome di Dio, proprio come sono quelli di Noè, Abramo Giacobbe, e Isra-ēl. Potrebbe anche aver avuto, sembra, il significato di “brillante di rosso”. [10] E ultimo ma non per ultimo, lo stesso vocabolo ha anche il significato di “nome”, cosicché i semiti o figli di S(h)em furono anche “gli uomini con nomi”; [11] e l'ebraico “She hemmaphorash” o Tetragramma fu il nome di quattro lettere (IEUE = Jahvè) oppure “il nome peculiare”. [12] Lenormant dichiara [13] che quest'ultimo dogma proveniva dalla Caldea, dove “essi consideravano il nome divino, lo Shem, rivestito di proprietà così speciali e individuali che ebbero successo nel renderlo un personaggio distinto.” Ma quest'idea della sacralità del nome di Dio fu una delle antiche nozioni religiose più prevalenti. Fu ancora tenuta devotamente dal cristiano Origene, che sostenne [14] che i nomi divini ebraici devono essere mantenuti perché essi solo erano potenti da invocare. Appare nell'ebraico Insegnamento dei Dodici Apostoli in questa forma cristianizzata (capitolo 10), nel passo del principio dell'offerta, “Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori.” Nell'ebraico Sefer Toledoth Jeschu, a Gesù si fa fare le sue opere magiche in virtù del “Shem hemmaporash”, il Tetragramma, di cui egli stesso si è impossessato di nascosto. Così un antico nome di Dio poteva trattenere il suo prestigio misterioso perfino dopo che i venditori di misteri (capovolgendo il processo immaginato da Lenormant) vi avessero estratto la qualità del nome, e lasciato solo la parola per “nome”. In altri modi esso rimase attaccato al culto ebraico. È altamente probabile che la preghiera ebraica principale, lo “Shema” (oppure lo “Shemoneh Esreh”), il cui nome è spiegato in modo insignificante, sia una preghiera estremamente antica al Dio-Sole. [15] Anche questo si tentò di collegarlo con un “Simone” storico. [16] E nel frattempo il Dio originale Sem sopravvive nella mitologia ebraica come “Shamma-el”, il Principe dei Demoni e l'angelo della morte, che ha potere su tutti i popoli tranne gli ebrei; [17] e allo stesso tempo nella leggenda di Samu-el, il non tosato, il figlio della madre prima di allora sterile (vessata dalla sua rivale come Rachele da Lea), il potente che fa e disfà sovrani, e che è evocato come un “Dio” [18] dalla terra mediante un incantesimo.
Ma tutto questo si collega decisamente con la Samaria. Non è improbabile che il nome stesso Samaria fu derivato dal nome del Dio-Sole, dato che è davvero molto più probabile che la montagna sia chiamata dal Dio che su di essa vi era adorato piuttosto che da un uomo Shemer. [19] L'ultimo è ovviamente una glossa senza valore. Una ragionevole visione alternativa è che come il nome del Dio Assur è identificato col nome del popolo e della regione assira, al di là se avesse fornito oppure imitato il nome della loro razza, così il nome del Dio semitico Shem è legto al nome Samaria come quello di Atena con Atene. È chiaro ad ogni caso che, come è affermato da Volkmar, [20] Sem o Simon fu il Dio principale dei samaritani. Essi dichiararono ad Antioco, secondo Flavio Giuseppe, [21] che il loro tempio sul monte Gerizim non aveva nessun nome se non quello del “Dio più grande”; e questo quadra con l'altra evidenza, se sia vero o meno secondo cui essi offrirono di dedicare il tempio, come dichiara Flavio Giuseppe, allo Zeus dei greci. Infatti, dato che S(h)em è “l'alto”, Sem-on sarebbe l'Alto Dio Grande oppure il Dio Più Grande, proprio come Êl Êlyon fu il grande Êl, il Grande Potere, Più Grande dei Poteri. E come Sem-on fu anche il Grande Nome, il Dio fu in quel senso privo di un nome, la cui circostanza è la spiegazione della frase altrimenti senza senso del Gesù giovanneo (Giovanni 4:22) alla donna samaritana, “Voi adorate quel che non conoscete”. E tutte le idee convergono nelle frasi negli Atti (8:9-10), che Simone pretese di essere “lui stesso qualcuno grande” (ἑαυτὸν μέγαν) e fu chiamato “la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande”. Infine, Simon Magus, il Mago, è proprio una versione di Simon Megas, Grande Simone.
Noi sappiamo dalla loro versione del Pentateuco che i samaritani successivi, essendo forti “monoteisti” in uno dei sensi di quel termine elastico e fuorviante, tentarono sempre di sostituire angeli al posto di Elohim negli antichi racconti di imprese divine (ad esempio Genesi 3:5; 5.1; 5:24; 17:22), “per timore che un'esistenza corporea dovesse venir attribuita alla Divinità”. [22] Ed è istruttivo notare come la loro deriva teologica si manifesta nel Cristismo antico. La dottrina del “Logos” non è semplicemente cristiana-alessandrina, è ebraica. Alcuni delle sintesi aramaiche dell'Antico Testamento scrissero a volte “la parola di Jahvé” invece dell'angelo di Jahvé, a volte la “She-kin-ah”, che significa “la dimora della Parola di Jahvé”. [23] D'altra parte, sappiamo dal Vangelo di Pietro che una delle antiche sette cristiane considerarono un Gesù che aveva ricevuto la sua dynamis, il suo potere, al battesimo, e la cedette alla crocifissione. Qui siamo vicini al samaritanesimo, in cui gli angeli furono considerati [24] “influenze increate che procedono da Dio (dynameis, poteri)”, proprio come è descritto Simone negli Atti. Così “Simone” per i samaritani sarebbe proprio “El”, che il samaritano Giustino, al pari dello scrittore di “Pietro”, riteneva significasse “Potere”. E allo stesso tempo, sia osservato, Simone fu “la Parola”.
Ma ancora la dimostrazione abbonda. Nel resoconto di Luciano della Dèa siriana ci viene detto [25] che nel tempio di Biblo ci fu una statua, apparentemente asessuata o ermafrodita, chiamata da alcuni Dioniso, da altri Deucalione, e da altri Semiramide, ma a cui i siriani non diedero alcun nome specifico, chiamandola solamente Semeion, una parola che in greco si traduce propriamente “segno”, ma potrebbe significare immagine. Ci può essere poco dubbio che Movers [26] aveva ragione nell'ipotizzare che questa statua fosse proprio il Sem o Sem-on primordiale, il Grande Sem della razza semitica. La natura ermafrodita è in perfetta coerenza coll'ideale dualità degli antichi Dèi della Natura Assiri; [27] e il dettaglio peculiare del nome che non fu un nome ci riporta di nuovo al Semo-on dei samaritani.
Tutto nella leggenda cristiana rientra in questa identificazione. I Padri [28] ci raccontano di una Elena, una prostituta di Tiro, da cui si recò Simone, e che egli presentò come una reincarnazione di Elena di Troia, ed anche il suo “Pensiero”. Elena è quasi indiscutibilmente, come ipotizzò Baur, [29] la Selene o Luna dell'antico culto del Sole. Nel paragrafo successivo al suo resoconto del Semeion, Luciano ci racconta che nella parte anteriore dello stesso tempio figurava il trono di Helios, ma senza una statua; dato che Helios e Selene, il sole e la luna, erano le sole divinità non scolpite nel tempio — sebbene egli procede a menzionare che dietro il trono c'è una statua di un Apollo vestito e barbuto, del tutto diverso dalla forma greca. Qui, di nuovo, abbiamo una concezione mistica del Dio-Sole, una concezione che confonde necessariamente visitatori comuni, anche se si suppone che gli stessi sacerdoti avessero avuto qualche idea coerente a proposito; e il fatto [30] che il tempio conteneva inoltre tra altre statue una di Elena (a sua volta un'antica Divinità Lunare), dà ampia opportunità alle solite varianti mitologiche. Così accadde che mentre Giustino e Ireneo collegano Simon Mago con Elena, Ireneo dice che i simoniani hanno “un'immagine di Simone nell'aspetto di Giove, e di Elena in quello di Minerva — una dichiarazione curiosa, che nello stesso tempo richiama quella di Luciano [31] che la Era del tempio di Biblo “aveva qualcosa di Atena ed Afodrite, di Selene e di Rea, di Artemite, di Nemesi, e delle Parche”. Questo quadra di nuovo col fatto che nel sistema caldeo-babilonese Samas fu associata alla dèa Gula, triforme in quanto personificante la luna, e sostituita a volte da un gruppo di tre spose di egual rango, Malkit, Gula, e Anunit”. [32] E nella traduzione latina di Rufino dei “Riconoscimenti” pseudo-clementini al posto di Elena abbiamo veramente Luna.
La catena è completa. Stiamo avendo a che fare non con una persona o persone storiche, ma con un culto antico, che l'ignoranza cristiana e il “monoteismo” ebraico tra di loro tentarono di ridurre in qualche modo ad un racconto storico, come vi erano stati ridotti i miti di Abramo e Sansone e Israele ed Elia e una dozzina d'altri, come lo era stato il rituale mitico nei vangeli, e come lo erano stati i rituali del paganesimo nelle correnti mitologie pagane. Non ci fu nessun samaritano Simone il Mago, che incontrò un cristiano Pietro; non fu un Simone predicatore che insegnava di sé stesso, ma il popolo samaritano che credeva tradizionalmente al loro Dio Sem o Simone, che “è apparso come Figlio, in Samaria è disceso come Padre ed è venuto alle altre genti come Spirito Santo. [33] Il parallelo vale fino all'ultima sillaba. Il Semeion del tempio di Biblo aveva una colomba sul suo capo, [34] e ci sono abbondanti accuse ebraiche quanto all'adorazione di una colomba da parte dei samaritani presso il monte Gerizim; [35] così che Simone fu il Logos che riceve lo Spirito Santo, la dynamis, proprio come Gesù lo ricevette nei vangeli; e la dottrina dei Crististi che lo Spirito Santo dovrebbe essere dato alle nazioni è semplicemente un adattamento del sincretismo samaritano, che essi cercarono di soppiantare mediante un loro sincretismo nel loro vangelo più tardo, dove emerge che il loro Gesù galileo fu chiamato un samaritano dagli ebrei, [36] un'accusa a cui abbastanza curiosamente lui non replica, negando solamente di possedere “un demone”. Questo è esattamente il mito di Simone convertito in una storia di un Messia incarnato, che afferma la sua realtà. [37] Ben potevano i Padri chiamare il Padre di tutte le eresie il loro immaginario “Simone”. Egli fu il “Padre” in un certo senso del loro credo, come pure di tutti gli gnosticismi in cui si divise.

II

Ciò che ostacola gli studiosi comuni dall'accettazione della vista di Baur del Simone delle “Clementine” che abbiamo qui tentato di supportare, è l'esistenza dei frammenti di scritti attribuiti a Simone, assieme alle circostanze della storia negli Atti e i Padri. Ma quelle circostanze sono solo i segni di tutti gli antichi miti, ebraici, cristiani, e gentili; e l'attribuzione di scritti a Simon Mago prova la sua esistenza storica non più di quanto lo stesso processo prova l'esistenza storica di Orfeo e Mosè. [38] I frammenti e le sintesi preservate dai Padri sono solo parte della massa dell'Occultismo antico; e la loro connessione col nome di Simone il Mago è semplicemente una variazione del mito ebraico che attribuisce la paternità dello Zohar a Simone Ben Jochaï, un personaggio mitico o miticizzato se ci fu mai uno. Si favoleggia che egli sia vissuto in una grotta per dodici anni, studiando la Cabbala, durante il cui tempo fu visitato da Elia. Alla sua morte un fuoco fu visto nella grotta, e una voce dal cielo fu udita dire: “Venite al matrimonio di Simon Ben Jochaï: egli sta entrando in pace, e riposerà nella sua camera”. Alla sua sepoltura vi fu udita una voce gridare, “Questo è colui che  fece tremare la terra e scuotere i regni”. [39] E' detto che Simone sia appartenuto al primo secolo dell'era cristiana; mentre si ritiene che lo Zohar sia stato composto nel 13-esimo secolo. [40] In tutta probabilità il materiale dello Zohar è in gran parte antico; e la sua associazione (al pari della preghiera Shema o Shemoneh Esreh) col nome Simone punta chiaramente ad una diffusione tradizionale del nome nello gnosticismo semitico. Ma non c'è più ragione per credere che un reale Simone compose lo Zohar, oppure la “Grande Negazione” (forse = antinomia) attribuita a Simon Mago, di quanta ve ne sia per credere alle storie di cui sopra delle voci dal cielo e in quelle dei miracoli del Mago negli Atti. Le leggende talmudiche puntano chiaramente ad un mito solare, portando in connessione Simone con Elia, Eli-jah, un indiscutibile Dio-Sole, che combina i nomi El e Jah, sebbene ridotto dai monoteisti ebraici evemerizzanti al rango di un profeta giudice, come lo fu Samuele, e come Sansone fu reso un “giudice”. Fare questo risiede nell'essenza di una religiosità antica, e allo stesso tempo cercare di attribuire tutti i suoi documenti a nomi sacrosanti. Che un reale Simone samaritano del primo secolo dovesse scrivere un nuovo libro occultista e pubblicarlo per suo conto, è contrario all'intero spirito del tempo. Solo secoli dopo il periodo della sua composizione un libro del genere poteva venir attribuito ad un comune autore umano da quelli che lo accettarono. Se esso fu corrente nel primo secolo, deve essere stato o attribuito ad un Simone antico e mitico oppure considerato un libro dei misteri del Dio Simone. Le opinioni o dichiarazioni dei Padri cristiani a suo riguardo sono del tutto senza valore salvo come rappresentazioni della tradizione di un nome.
III

Vi rimane da considerare la teoria della scuola di Tubinga secondo cui la leggenda cristiana di Simon Mago si deve trovare nella sua forma più antica nelle “Clementine”, quel corpo di antica letteratura settaria fabbricata a cui si fa generare così molta luce sulla storia antica della Chiesa cristista. Qui, in un insieme di testi (“Riconoscimenti” e “Omelie”, dei cui libri uno costituisce una redazione dell'altro), che pretendono di essere scritti da Clemente di Roma, noi abbiamo una propaganda che sulla sua superficie è fortemente petrina, e che risulta essere ad un'analisi maggiore fortemente anti-paolina, sebbene l'essenza della materia è una serie di dispute tra Pietro e Simon Mago. È impossibile definire al presente cosa fu la prima forma di quei documenti, i quali come si presentano recano segni del terzo secolo, e sopravvivono solo nella traduzione latina di Rufino (410 circa); ma è evidente che essi preservano elementi dell'antica opposizione ebionita o giudeo-cristiana al Cristismo gentile di Paolo. La teoria di Tubinga è che, sotto il nome di Simon Mago, Paolo viene attaccato completamente. Questa, a prima vista, sembra una tesi fantastica; ma un esame della materia mostra che è fondata davvero fortemente. Un aspetto prevalente nella condotta di Simon Mago nelle Omelie Clementine, come negli Atti, è il suo tentativo di comprare l'apostolato con denaro. Ora, questo corrisponde davvero da vicino con l'atto di Paolo nel recare a Gerusalemme un sussidio dalle chiese occidentali, un atto che, da parte di un personaggio non riconosciuto come un apostolo, ed esibito nelle epistole come sempre in termini rivali [41] con gli apostoli di Gerusalemme, naturalmente figurerebbe come un tentativo di acquistare lo Spirito Santo con lucro. Di nuovo, Simon Mago nelle Clementine afferma di basare la sua autorità su visioni divine, che è esattamente la posizione di Paolo; [42] e Pietro nega che le visioni posseggano una simile autorità. Una volta riconosciuta la rivalità primaria tra cristiani giudaizzanti e gentilizzanti, di cui ci sono così tante tracce nel Nuovo Testamento e nella letteratura patristica, è facile osservare che quelle sono le stesse materie sulle quali gli anti-paolinisti si sarebbero opposti più aspramente a Paolo e al suo movimento. Nelle Clementine, Pietro non solo si oppone al Mago in Palestina, ma lo segue a Roma, così trasferendo l'antagonismo tra le due sette sull'intero campo in teoria. Il fatto che ad entrambi Simon Pietro e Simon Mago, Cefa e Paolo, si fa viaggiare dall'Oriente all'Occidente, e li si fa morire nell'Occidente, come l'ancestrale Dio-Sole, è suggestivo.
Che i giudaizzanti dovessero dare a Paolo un nome simbolico, di nuovo, era del tutto in linea con la dialettica solita del tempo, in cui Roma, per esempio, figurava come “Babilonia”, la tipica grande città ostile di reminiscenza ebraica. Proprio come Babilonia simboleggiava un'oppressione pagana, Samaria esemplificava l'eresia pagana, la divergenza dal culto ebraico in una direzione pagana. Una simile divergenza fu l'accusa giudaizzante contro Paolo, che si separò dalla legge; e come Simone, Semo, esemplificava l'eresia samaritana in generale, ciò fu particolarmente appropriato all'arci-eretico che tentò di travolgere il supremo privilegio di Gerusalemme. Simone fu il “falso Cristo” samaritano, e la predicazione di Paolo falsificò il Cristo ebraico. [43] E niente è più importante nella questione che il modo in cui la narrazione riconciliante chiaramente armonizzata degli Atti quadra con questa teoria. Il libro di Atti è spiegabile solo sotto l'ipotesi che esso fu fabbricato, nella sua forma finale, per riconciliare le sette da lungo tempo rivali tramite la riconciliazione di Pietro e Paolo in una narrazione quasi-storica. La narrazione si scontra chiaramente con le presunte epistole di Paolo. Per il resto, essa è condotta in gran parte al fine di duplicare le imprese dei due eroi, così che Paolo confuta Elima come Pietro confuta Simone, e duplica da vicino uno dei miracoli di Pietro. [44] Se allora il compositore degli Atti avesse avuto di fronte a lui una leggenda di Pietro che confuta Simon Mago, gli sarebbe convenuto trattenerla, dal comento che così avrebbe dissociato meglio il Mago da Paolo. Ma, come sottolinea Zeller, egli è intento, prima di tutto, a collocare la storia del Mago prima della conversione di Paolo; e allo stesso tempo egli mostra di sapere il significato originale dell'accusa contro Simon Mago riguardo l'offerta di denaro, ignorando il più importante dei sussidi di Paolo. [45]
L'applicazione di una grande quantità nelle Clementine della polemica contro Simon Mago è così ovvia che l'evasione del problema da parte di Harnack e Salom e altri su invocazioni futili di “false apparenze” e “senso comune” è semplicemente una confessione di sconfitta. Il caso di Baur, dopo essere stato rifiutato su pretesti di “senso comune” da quelli che non potevano accettarlo, è ridichiarato in maniera irresistibile da Schmiedel, su una piena rassegna del suo sviluppo da parte di Lipsius e altri. La sola soluzione è che le Omelie Pseudo-Clementine adattano a nuovi scopi una quantità dell'antico materiale anti-paolino. Al tempo in cui esse furono redatte, Paolo era stato stabilito come una figura “cattolica”; e non poteva esserci un tale odio contro di lui come spira attraverso le feroci accuse dell'insegnamento delle epistole paoline nei Riconoscimenti e nelle Omelie. Infatti è alle epistole che il fulcro degli attacchi sono diretti. Che cosa è stato fatto è brandire, per una nuova polemica contro gli eretici, una quantità di antica letteratura anti-paolina in cui il mascheramento di Paolo sotto il nome di Simon Mago probabilmente nascose ai redattori il suo scopo. Per loro Simone fu semplicemente l'arci-eretico, e fu contro la sua detestata memoria e persistente influenza che essi operarono.
La teoria è senza dubbio una teoria complicata; ma quando presa nella sua piena estensione, appena si riconosce l'aggiunta dell'eresia dello gnostico paolinista Marcione a quella di Paolo, essa è perfettamente coerente coi documenti; e non c'è veramente nessun'altra opinione degna di discussione, per quanto riguarda il legame di Simon Mago con Pietro. Il credo ortodosso che Simone fu un reale samaritano che persuase rapidamente il popolo di Samaria a considerarlo un'incarnazione divina, come raccontato negli Atti, non spiegherà la quantità di identità nelle Omelie Pseudo-Clementine tra l'insegnamento a lui attribuito e le reali epistole paoline. Nella spiegazione della scelta del nome Simone per Paolo da parte dei suoi antagonisti giudaizzanti, la teoria mitica è assai più d'aiuto dell'ipotesi della storicità di Simone. Un “falso Dio” Simone, il Dio dei samaritani tipicamente miscredente, sarebbe stato ridotto da parte di ebrei ad uno status umano come esito naturale, a meno che egli non fosse semplicemente declassato a “demone”. Un “Simone il Mago” fu per loro proprio l'esempio con cui vollero identificare Paolo, il nuovo Falso Maestro. Identificare, d'altra parte, un Paolo contemporaneo o deceduto di recente con un Simone contemporaneo o  deceduto di recente sarebbe stata una tattica inutile, che avrebbe mancato l'obiettivo in vista. Il nome di un Simone simile sarebbe valso poco o nulla per scopi di denigrazione. Il nome doveva essere un nome famigerato ampiamente e per molto tempo, e il mito lo offrì.

IV

In conclusione, sia notato che il portato del mito di Simon Mago al cristianesimo non è limitato alla spiegazione delle origini samaritane e al chiarimento dell'antagonismo tra Paolo e Pietro. Più si scruta nel materiale, più ragione si vede di ipotizzare che la Samaria giocò un ruolo molto grande negli inizi del sistema cristiano. La Samaria sembra essere stata al di là di tutte le altre parti di Palestina un crocevia in cui molteplici elementi religiosi tendevano a fondersi mediante idee sincretiche; e la misura a cui figura la Samaria nel quarto vangelo è un fenomeno non ancora spiegato adeguatamente. Il fatto che vi si dice che Gesù era stato chiamato un samaritano ci rammenta che tra i movimenti dei “falsi Cristi” così spesso allusi nei vangeli [46] un culto samaritano del Cristo mistico potrebbe aver contato molto. Il quarto vangelo stesso sarebbe venuto sotto il bando anti-paolino, nella misura in cui, mentre è detto che Simon Mago ha tentato di sostituire il monte Gerizim al posto di Gerusalemme, a Gesù qui [47] si fa mettere da parte sia il monte samaritano che Gerusalemme. Lo stesso fatto che la donna samaritana aspetta espressamente la venuta del Messia, è un indizio che la storia del pozzo e dell'acqua vivente potrebbe essere di origine messianica samaritana. Anzi di più, dal momento che noi sappiamo che i samaritani in particolare dettero più importanza al Messia Ben Giuseppe piuttosto che al Messia Ben Davide, considerandosi discendenza di Giuseppe, è probabile che la stessa leggenda di Gesù come il figlio putativo di un Giuseppe, che sappiamo essere assente dalla versione ebionita di Matteo, fu fabbricata per venire incontro alla visione samaritana. Quelle materie sono ancora lontane dall'essere state considerate in maniera esauriente. 

NOTE

[1] Apologia 1:26.

[2] Se potessimo solo credere all'asserzione di Origene nel secolo successivo (Contra Celsum, 6:11) che non vi rimasero più simoniani, la presunzione sarebbe che essi fossero stati assorbiti da un altro culto.

[3] Ovidio, Fasti, 6:213; Livio, 8:20.

[4] Ancient Fragments di Cory, edizione 1876, pag. 92; Chaldean Magic  di Lenormant, traduzione inglese., pag. 131.

[5] Sanchuniathon, in Cory, come citato, pag. 5.

[6] Diodoro Siculo, 2:4.


[7] Bible Folk Lore, 1884, pag. 45; confronta Steinthal su Sansone, traduzione inglese, con Goldziher, pag. 408.

[8] Movers, Die Phönizier, 1, 558.

[9] Goldhizer, Hebrew Mythology, traduzione inglese, pag. 132; confronta Buttmann, Mythologus, 1828, 1, 221, e Sanchuniathon, come sopra.

[10] Volkmar, Die Religion Jesu, 1857, pag. 281.

[11] Meyer, Geschichte des Alterthums, 1884, i, 214 n.


[12] Bib. Cycl. s. v. di McClintock e Strong.

[13] Chaldean Magic, traduzione inglese, pag. 44.

[14] Contra Celsum, 5:45.

[15] Lo si veda Cycl. s. v. di McClintock e Strong; confronta Schürer, Jewish Nation in Time of Christ, traduzione inglese, Div. 2, Vol. 2, pag. 83, dove la preghiera è data come lo Shemoneh Esreh.

[16] Schürer, pag. 88.

[17] Bib. Cycl. s. v. di McClintock e Strong.

[18] 1 Samuele 28:13.

[19] 1 Re 16:24.

[20] Die Religion Jesu, come citato.

[21] 12 Antichità, 5:5.

[22] G. L. Batier, Theol. of the Old Test., traduzione inglese, 1837, pag. 5; Etheridge, The Targums on the Pentateuch, 1 (1862), introduzione, pag. 5, 14, 17.

[23] Bauer ed Etheridge, come citato.

[24] Gieseler, Comp. of Ec. Hist., traduzione inglese, i, 48.

[25] De Dea Syria, capitolo 33.

[26] Die Phönizier, 1, 417, 634.

[27] Lenormant, come citato, pag. 129.

[28] Giustino, Apologia 1:26; Ireneo, 1:23, § 2; Tertulliano, De Anima, 34.

[29] Die christliche Gnosis, 1835, pag. 309.

[30] De Dea Syria, 40.

[31] Id. 32.

[32] Lenormant, come citato, pag. 117.

[33] Ireneo, come citato.

[34] Luciano, come citato.

[35] Reland, Dissertat. Miscellan., Parte 1, 1706, pag. 147; confronta Enc. Bib. articolo Samaritani, 4a. La colomba fu considerata ovunque sacra in Siria, in connessione col mito di Semiramide (Diodoro, 2:4), che reca così da vicino il nome Samaria.

[36] Giovanni 8:48.

[37] Ricorda l'anziano Simeone di Luca 2, che benedì il bambino Gesù, “Lo Spirito Santo fu su di lui” (verso 25). Con lui è associata Anna la Profetessa. Confronta Anna, madre di Samuele.

[38] Il Professor Smith, che accetta la storicità di Simone (Ecce Deus, pag. 11, 103) lo fa senza notare che essa è stata sfidata. Sarebbe interessante avere i suoi motivi per discriminare tra il Dio e l'uomo.

[39] Bib. Cyc. di McClintock and Strong.

[40] Kuenen, Religion of Israel, traduzione inglese, 3, 314.

[41] 1 Corinzi 15:10; 2 Corinzi 11:13, 23; Galati 1:7; 2:11.

[42] 1 Corinzi 15:9; 2 Corinzi 12:4; Galati 1:12.

[43] Perfino un copista o lettore posteriore di uno dei manoscritti delle Omelie Pseudo-Clementine, riconobbe confusamente un'ostilità a Paolo sottostante il suo testo. Si veda la Lib. Anti-Nicena, trad., Riconoscimenti 1:70.

[44] Atti 3:1-12, ecc. ; 14:8-15, ecc.

[45] Si vedano i dati interi discussi in Baur, Ch. Hist. of the First Three Cent., traduzione inglese, 1, 91-98, ecc.; Paul, traduzione inglese, 1, 88, 95, ecc.; Zeller, Contents and Origin of the Acts, traduzione inglese, 1, 250 seq. ; Volkmar, Die Religion Jesu; Schmiedel, art. Simon Mago in Encyc. Bib.

[46] Confronta 2 Corinzi 11:4.

[47] Giovanni 4:21.