lunedì 23 ottobre 2017

Del cristianesimo primitivo così simile all'ISIS nella distruzione del mondo classico pagano...

STORIA ECCLESIASTICA: Studio basilare per le persone di Chiesa, ma molto nocivo ai laici che potrebbero addirittura non avere mai una fede abbastanza solida da riuscire a non scandalizzarsi della pia dissolutezza dei ministri del Signore.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Prima ho cominciato trattando in prima persona i folli apologeti cristiani alla Jerim Pischedda, abbastanza per provare un forte disgusto, nonchè assieme un senso di profondo rammarico, per via della loro malcelata disonestà mentale, parte e parcella della loro fede.

Poi ho iniziato ad avere seri dubbi,
sine ira et studio, sulla storicità di Gesù (che fu chiamato Cristo).

Quindi ho saputo che il cristianesimo non fece niente per arrestare le tenebre del medioevo, ma al contrario le assecondò, quelle tenebre, ogni volta che ne ebbe la facoltà o l'opportunità.

Dopo ho realizzato, pagina dopo pagina dopo pagina, quanto è profondamente cattivo e malsano il Gesù di carta...

...ed ora scopro, al risveglio finale della coscienza, che il cristianesimo antico,  da prima di Costantino, non fu affatto dissimile dalla barbarie moderna dell'odierno ISIS, quando si trattò di scavare la fossa alla luminosa Civiltà classica.

Dipinto medievale di Sant'Apollonia, raffigurante la distruzione di un idolo pagano.

Recensione: The Darkening Age: The Christian Destruction of the Classical World di Catherine Nixey

Questa vivida storia mette a nudo l'anelito alla distruzione della Chiesa antica, dice Gerard DeGroot 

Nel 250 circa, l'imperatore romano Decio decretò che i cristiani che si rifiutavano di sacrificare agli dèi sarebbero stati uccisi. Ostinati nelle loro convinzioni, sette cristiani di Efeso si nascosero in una grotta, dove pregarono ferventemente al loro unico vero Dio. Decio, in collera per la  loro sfida, fece sigillare la grotta.

Circa 360 anni dopo, i muratori estraendo la roccia aprirono la grotta. Roma nel frattempo era diventata un'impero cristiano. I sette ribelli si destarono dal sonno, credendo di aver dormito solo per una notte. Sentendosi comprensibilmente affamati, uno di loro andò in cerca di cibo. Egli trovò Efeso miracolosamente trasformata in una città cristiana. Dio aveva esaudito le loro preghiere.

Nel 312 Era Comune l'imperatore Costantino si dichiarò un seguace di Cristo. Gli storici, da allora, hanno visto questa conversione come un progresso. Roma abbandonò il brutale paganesimo e adottò il civilizzato cristianesimo. La gente si rallegrò. Non così, sostiene Catherine Nixey.

La narrativa accettata, secondo Nixey, è molto simile a quella mitica storiella di Efeso — una miracolosa trasformazione nel giro di una notte. In realtà, un sacco di cose brutte accaddero mentre quegli uomini stavano dormendo. La transizione verso il cristianesimo fu tutt'altro che liscia. Non fu neppure un progresso.

“E voi rovinerete i loro altari, spezzerete i loro pilastri, e. . . scaglierete le immagini scolpite dei loro dèi.” Così recitano le parole del Deuteronomio, istruzioni che i cristiani presero sul serio. Essi tirarono giù i pilastri, distrussero gli altari e scalfirono statue ovunque. I giusti cantavano, ridevano e ballavano mentre calpestarono un'antica cultura. La desolazione era “una maniera del tutto divertente per trascorrere un pomeriggio”, scrive Nixey, giornalista di arte presso The Times. Se ti sei chiesto perché così tante statue classiche mancano di teste, braccia, nasi e genitali, ora lo sai.

Gli storici l'hanno fatta passare liscia a quei dissacratori. Di solito essi sono descritti come pii o zelanti, non come teppisti o ladri. Vedi, i vincitori scrivono la storia. Quando una religione monoteista sostituisce quella che sacrifica capri ai suoi dèi, ciò viene descritto come progresso. Tuttavia, il trionfo, in questo caso, significò non solo la vittoria, ma l'annientamento. Questo libro scopre cosa fu perso quando il cristianesimo vinse. Esso “piange senza vergogna la più grande distruzione di arte che la storia umana abbia mai visto”.

Nel IV secolo l'edificio più magnifico del mondo non era il Partenone o il Colosseo. Era il Tempio di Serapide ad Alessandria, con le sue pareti interne di oro e argento. Il tempio ospitava la prima biblioteca pubblica del mondo, con forse 700.000 libri. Aveva resistito ai terremoti, ma non poteva resistere ai fanatici cristiani, che attaccarono nel 392 Era Comune. Essi abbatterono le colonne, decapitarono l'enorme statua di Serapide, tolsero  metalli preziosi e bruciarono tutto il resto. “Si può ottenere una grande quantità dalle armi contundenti di ignoranza e  stupidità”, scrive Nixey. Questi dissacratori, si chiede, si fermarono per un istante ad ammirare la bellezza che distrussero?

I cristiani attaccarono non solo edifici e sculture. Anche le idee furono distrutte. Prima della conversione di Costantino, la figura dell'intellettuale era alla moda a Roma. Una mente superstar era il dissettore Galeno, che eseguiva eviscerazioni pubbliche di suini e scimmie. Era uno spettacolo, sì, ma anche un genio. I suoi interventi grotteschi furono radicati nella scoperta empirica. “La comprensione di Galeno di neuroanatomia”, scrive Nixey, “non si sarebbe superata fino al 17-esimo secolo; la sua comprensione di alcune funzioni del cervello non sarebbe migliorata fino al 19-esimo”. Il segno di apprendimento empirico di Galeno non poteva resistere alla forza della fede cristiana. I cristiani si rallegravano nell'ignoranza, celebravano la stupidità. “Non fare domande”, esortavano. “La tua fede ti salverà”.

Ipazia di Alessandria fu una matematica, un'astronoma, un'inventrice e una filosofa. La conoscenza, però, divenne all'improvviso pericolosa. Ai cristiani, il suo uso di simboli matematici sembrava diabolico, il suo astrolabio uno strumento di magia. Nel 415 Era Comune circa, una folla la trascinò per le strade di Alessandria, le cavò gli occhi, lacerò a pezzi il suo corpo, poi la bruciò su una pira. “Siamo uomini ridotti a cenere”, scrisse un poeta greco al trionfo del cristianesimo. “Poichè oggi tutto è capovolto”.

Gli eroi di questa nuova era non erano pensatori come Ipazia o Galeno, ma asceti come sant'Antonio. Nel 311 Era Comune egli si precipitò a Alessandria per aver udito di una persecuzione dei cristiani in pieno svolgimento. Ecco una chance per morire per la sua fede. Incapace di attirare una condanna ufficiale, però,  zoppicò di ritorno a casa “triste del fatto che nonostante il suo desiderio di soffrire per il nome di Dio, il martirio non gli fu concesso”.

Avendo deciso di vivere il resto della sua vita nella massima miseria, rinunciò alle sue ricchezze, indossò un cilicio e non si lavò più. L'auto-abnegazione di Antonio presto diventò alta moda. I monaci passavano la loro vita appollaiati sulle colonne o a marcire nelle grotte, consolandosi che la sofferenza nel presente portava alla salvezza nell'aldilà. Nixey li chiama giustamente “atleti di austerità. . . [i quali] mortificavano la loro carne in un centinaio di modi per mille giorni”.

I pagani, al contrario, non si vergognavano di celebrare il piacere. Apprezzavano il cibo, il vino e il sesso e leggevano manuali sul raggiungimento dei migliori orgasmi. Né la devianza né la colpa li turbavano. “Sii allegro”, avvisò il poeta Ovidio. “Goditi la tua vita”. Carpe diem, scrisse il suo collega Orazio. Cogliere l'attimo era però ripugnante ad un gruppo così concentrato sull'aldilà.

I demoni, insistevano i cristiani, erano in agguato sotto i cuscini e i piatti di ostriche. “Fate che non vi sia fornicazione”, avevano consigliato i loro libri di auto-aiuto. Mentre sei a questo punto, evita risate, teatro, bevande, dadi, corsa di cavalli e belle donne. Un nuovo spirito del tempo riteneva che fosse “molto meglio piangere adesso e gioire dopo la morte, che divertirsi adesso e trascorrere l'eternità nelle fiamme”. Un chierico prominente consigliò agli amanti del piacere di passare del tempo ai funerali. “È meglio”, si domanda, “andare dove c'è pianto, lamento, e gemito, e angoscia, e così tanta tristezza, che dove c'è la danza, i cembali, e la risata, e la lussuria, e mangiare e bere a sazietà?” Per i cristiani, quella domanda era una bazzecola.

Darkening Age è un libro delizioso sulla distruzione e la disperazione. Nixey combina l'autorità di un accademico serio con lo stile espressivo di una buona giornalista. Non ha paura di buttarla sul ridere tra  cupi racconti di dissacrazione. Con grande coraggio, lei sfida la sapienza della storia e riesce a prevalere. Assunzioni confortevoli circa il progresso cristiano vengono a crollare.

Parlando di progresso, un sacco di quel fanatismo sembra terribilmente familiare. L'abate Scenute, che si propose di “cancellare la tirannia della gioia”, mi rammentò di Pol Pot. La distruzione dei templi pagani da parte dei cristiani non è dissimile da quanto combina oggi l' Islamic State. E quanto alla demonizzazione della scienza, bè, lo sai. . .The Darkening Age: The Christian Destruction of the Classical World di Catherine Nixey, Macmillan, 305 pagine; £20

(mia libera traduzione da qui)

martedì 17 ottobre 2017

Un'Analisi delle Origini Cristiane (LXIII) — Note Supplementari

(Questo è l'epilogo della traduzione italiana di un libro del miticista Georges Ory, «Analyse des origines chrétiennes». Per leggere il testo precedente, segui questo link)






Indice










I primi cristiani non sapevano deiDodici Apostoli”.







































Note Supplementari


Note Supplementari

Pagina 24 ― Origene scrisse sul soggetto della Parabola del Buon Samaritano: “Secondo il commento di un antico, che voleva interpretare la parabola, l’uomo che discendeva rappresenta Adamo, Gerusalemme il paradiso, Gerico il mondo, i briganti le potenze nemiche, il sacerdote la Legge, il levita i profeti, il Samaritano il Cristo” (Omelia su Luca 34), e “Se un Israele esiste nel mondo spirituale e in una città di Gerusalemme in cielo, ne segue che le città d'Israele avrebbero la Gerusalemme celeste come loro capitale, ed è in questo senso che comprendiamo tutto ciò circa la Giudea che crediamo fu pronunciato dai profeti nelle loro storie misteriose”.L'esatta citazione di Eracleone che ripetiamo è questa: “Cafarnao, significa le parti più infime del mondo, il regno materiale in cui egli discese. E poiché il luogo gli era alieno, non è stato riferito né che egli vi avesse fatto qualcosa e neppure che vi avesse detto qualcosa”. (Origene, che recita questo passo, aggiunge,  In questo luogo, vedi se non è necessario ascoltare, attraverso i fratelli di Gesù, i poteri che discesero con lui e che non furono invitati alla festa nuziale…”).
La geografia celeste di Origene utilizza 1 Enoc come una della sue fonti. Egli scrive (
Omelia su Numeri):  “le cose descritte nella Legge come realtà terrene sono ombre dei beni celesti ... l'eredità di quella terra in Giudea, che è chiamata Terra Santa e terra buona, è immagine dei beni celesti... ” Si veda nello stesso senso l'epistola agli Ebrei 8:5.  Come in Giudea tutti i luoghi hanno nomi, forse ci saranno grandi differenze tra luoghi nelle regioni celesti ... forse non solo i punti cardinali, ma le stelle e tutti i corpi celesti hanno nomi. Su questi nomi, il testo chiamato Libro di Enoc contiene numerosi dettagli segreti e misteriosi (Origene 28).
Naasseni credevano che la Gerusalemme che sta in basso fosse non la città situata “in Fenicia, bensì il perituro mondo inferiore a cui si opponeva la Gerusalemme in alto” (Ippolito, Confutazione di tutte le eresie 5). Anche Babilonia ed Egitto furono luoghi simbolici. Le dodici tribù erano le dodici nature delle anime.
Pagina 44 ― Loisy ci rammenta (Hist. et Mythe, pag. 25) che il nome Isaia “è esattamente lo stesso, nel significato e composizione, di quello di Gesù o Giosuè, dato che i due nomi differiscono solo per la distribuzione delle loro componenti. Giosuè = Yahweh salva; Isaia = salva Yahweh”. E Giustino mostra (Dial. 113) che Gesù è la stessa persona che apparve e parlò a Mosè, ad Abramo, e agli altri patriarchi.
Gesù è un nome ebraico ― Iesous nella sua forma greca, e più tardi latinizzato ― che non fu mai utilizzato nella sua forma ebraica per designare il “fondatore” del cristianesimo. È quasi una traduzione in greco di una parola ebraica che significa “Salvatore”. È lo stesso nome come Giasone ed Osea. Attorno al 250 A.E.C., la Septuaginta chiamò Giosuè “Gesù”; egli fu il Principe della Presenza, l'Angelo, il Metatrone che rassomigliava al Logos (si veda Cahier Renan Numero 19).
Pagina 46 ― Ben prima di Clemente di Alessandria, San Tommaso, uno scettico, pensò la stessa cosa; ma un copista decise di convertirlo e inserì questa conversione immaginaria nel capitolo 20 del quarto vangelo, il solo che menziona l'episodio.Pagina 48. ― In modo simile, durante l'età classica, Creta aveva storie circa l'infanzia di Zeus e la sua giovinezza amorosa, e la sua tomba poteva essere vista sul Monte Iuktas.Pagina 52 ― Epifanio (Pan. 2914) ci dice che Giovanni il Battista e Giacomo, fratello del Signore, furono nazareni, e Ippolito (Haer. 29.6) dichiara: I primi cristiani non si chiamavano Nazareni, perché l'eresia nazarena esisteva prima di Cristo e non lo conosceva. Noi potremo apprezzare come quest'“eresia” precedeva ogni dogma. Inoltre, la maggior parte dei filologi hanno concluso che la forma impiegata da Matteo (2:23) non poteva significare “di Nazaret”.
Il fatto che la storia evangelica di Gesù è ridotta ad una nascita e ad una morte potrebbe suggerire che le due storie non siano circa la stessa persona. Il contrasto è grande in effetti tra il giovane dio con una vita piena di promessa e l'adulto crocifisso ignominiosamente. Sia il dio-bambino che il dio crocifisso sono noti dalla storia delle religioni, e sono divinità diverse; si veda Bulletin Renan Numero 37.
Pagina 54 ― Si potrebbe osservare, quando si leggono le storie della Passione presentate nei vangeli, che né Pilato, né Erode, e neppure il Sinedrio condannano realmente Gesù. I motivi della sua presunta condanna sono contradditori e inconcepibili (si veda Cahier Renan Numero 100). Inoltre, la critica moderna ha identificato parecchi strati e interpolazioni nei testi della Passione.
Pagina 62 ― Si possono anche ritrovare allusioni a quei due Gesù:
― nelle epistole di Paolo, che confermano la fabbricazione di due vangeli davvero diversi.
― in Giustino, il quale sa che alcuni ebrei credono in un Cristo celeste, non-umano.
― in Ireneo, il quale sa che per alcuni, il Cristo e Gesù sono due individui diversi.
― in Tertulliano, il quale ci rammenta che Marcione asserì che ci fossero due Cristi ― uno celeste, l'altro terreno.
Pagina 73. ― Il dio Tammuz fu l'oggetto di lamentazioni annuali. La sua statua sarebbe stata pulita, profumata, e lavata prima della sua morte. Si celebrava la sua resurrezione. Maschi e femmine piangenti rappresentavano i morti, che si credeva salissero al cielo con lui. Allo stesso modo, il rinnovamento della Passione di Osiride è imitata con le sue statue; egli veniva rappresentato a volte nella forma di un crocifisso.

Interpolazioni e falsificazioni. ― Nel linguaggio di oggi, un'interpolazione è l'inserzione in un testo di passi che gli sono estranei. Questo processo è stato usato fin da Omero, e produsse strani effetti. Quella è la ragione per cui i famosi  “libri dei morti” dell'Egitto sono il risultato di vaste interpolazioni con lo scopo (che fu raggiunto) di permettere perfino al mortale più umile di beneficiare dei rituali fino ad allora riservati a membri deceduti della famiglia reale. Le interpolazioni del Nuovo Testamento stabilirono il cristianesimo mediante la fusione del mito di un dio con la leggenda di un messia umano in precedenza sconosciuto.
Parlando di frodi letterarie, dovremmo menzionare la Carta Dominica (Lettre du Christ tombée du ciel) di cui Cristo è il preteso autore; il Carteggio di Paolo e Seneca; la Donazione di Costantino, fabbricata secoli dopo la morte di quell'imperatore; il Liber de Duplici martyrio, pubblicato nel quarto volume di Patrologie de Migne sotto il nome di San Cipriano e il cui autore fu Erasmo; la Lettera da Papa Anastasio a Clodoveo, scritta nel 17-esimo secolo dall'oratore Jérôme Vignier; La donazione del patrimonio reale di Issy all'abbazia di  Saint-Vincent-et-Sainte-Croix, firmata da Childeberto I e datata al 558 ma in realtà l'opera dei monaci di questa abbazia, che era poi divenuta l'abbazia di Saint-Germain-des-Prés; e il falso Diploma di Dagoberto creato da un monaco per concedere un'immunità all'Abbazia di Saint-Denis. Quelle frodi sono riconosciute da studiosi cattolici critici.
 

lunedì 16 ottobre 2017

Un'Analisi delle Origini Cristiane (LXII) — Gli Inizi della Chiesa

(segue da qui)


III. Gli Inizi della Chiesa
La religione è una dottrina. La Chiesa è solo un'istituzione.
Vacherot 
     

Il papato non è altro che il fantasma del defunto impero romano, che siede incoronato sulla sua tomba.

Hobbes
Anche la storia tradizionale della Chiesa romana merita di essere esaminata da vicino. Le circostanze della sua fondazione, la costituzione della sua gerarchia, e gli elementi che le dettero potere e dettarono la sua politica si devono districare dagli abbellimenti da cui li ha sovrascritti la fantasia di scrittori ecclesiastici.
“Una volta”, ci viene detto, “Cristo donò a San Pietro l'autorità per governare l'intera Chiesa. San Pietro passò quest'autorità ai suoi successori a Roma. Così, il Pontefice è il vicario di Cristo secondo la volontà di Dio”. È tempo per noi di lasciare “Alice nel Paese delle Meraviglie” e imbarcarci in un viaggio attraverso la Storia.
Abbiamo già illustrato [77] che: (a) le famose parole di Gesù rivolte a San Pietro (Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa) non hanno alcun valore storico e derivano da una interpolazione; (b) nessun testimone contemporaneo conferma il viaggio di Pietro a Roma; e (c) il Papato non fu istituito né da Cristo e neppure da Pietro.
Ma si supponga per un istante che un Messia di nome Gesù avesse incaricato Pietro di creare una Chiesa ed essere suo leader. Come sarebbero proseguiti gli eventi? Pietro avrebbe senza dubbio obbedito, ma avendo ricevuto le sue istruzioni da Gesù a Gerusalemme, è a Gerusalemme (sede della prima comunità secondo la leggenda) dove egli avrebbe organizzato la chiesa cristiana. Gesù non gli disse di spostare la sede di questa Chiesa a Roma. Perché Pietro avrebbe fatto così? Perché avrebbe scelto Roma rispetto ad Antiochia o Alessandria? Roma, un ambiente pagano in cui la setta cristiana avrebbe vissuto sotto l'esame diretto della polizia imperiale proprio come gli altri gruppi ebrei.
In particolare, abbiamo visto [78] che ci sarebbe stato un vescovo di Gerusalemme. Egli si chiamò Giacomo il Minore, fratello del Signore. Epifanio e Giovanni Crisostomo sostennero che egli era stato fatto vescovo da Gesù in persona, mentre Girolamo asserì che egli aveva ricevuto la sua carica dagli Apostoli. Nel primo caso, Cristo avrebbe allora nominato due “pontefici”: uno a Gerusalemme, l'altro a Roma. Nel secondo caso, gli Apostoli non avrebbero accettato la nomina di Pietro a Roma e lo avrebbero sostituito con Giacomo a Gerusalemme.
A questa difficoltà potremo aggiungere un'altra. Giacomo sarebbe stato sostituito alla sua morte da Simone, cugino del Signore,  allo stesso tempo in cui “tutta la Chiesa” stava per essere guidata da due nipoti di Giuda, il fratello del Signore.
Di conseguenza, ci sarebbero stati sia un doppio Papato a Gerusalemme che una rivalità per la supremazia tra Gerusalemme e Roma. Ad ogni misura, non c'è nessun bisogno di dispiacersi; nessuna di quelle ipotesi è vera.
La Storia ci dice che la Chiesa cristiana posta sotto l'autorità del Pontefice romano è la continuazione della Chiesa che esistette in Palestina e inviò gli apostoli Paolo e Pietro alla capitale dell'Impero, come pure numerosi missionari. Comunque, non esiste alcuna base per un'asserzione del genere.
  Abbiamo osservato che il cristianesimo non era nato in Giudea, e che la prima chiesa cristiana, la Chiesa Madre, non fu situata a Gerusalemme. Come disse Guignebert (che fu ancora un credente nella storicità di Gesù): Cristo né fondò e neppure desiderò una Chiesa; questo è forse il fatto più certo che è evidente a ciascuno che studi i testi evangelici senza pregiudizio; e, parlando francamente, l'ipotesi opposta crea un'assurdità storica; tutta l'ingenuità dei teologi non può farci nulla.
La Chiesa — o piuttosto, l'istituzione cristiana — emerge come la vita stessa in molti luoghi simultaneamente e in molte forme. I cristiani appaiono sulla fase storica un pò come i Celti o i Liguri. La loro presenza è notata, ma da dove vengano esattamente non si sa. Comunità grandi e piccole appaiono all'inizio del secondo secolo, a volte saldamente unificate ma altre volte divise da dispute dottrinali intorno al Mediterraneo orientale: Egitto, Siria, Asia Minore, e Grecia. Quelle comunità erano indipendenti tra loro, e rivendicavano diversi fondatori. Esse non sempre leggevano gli stessi testi sacri o lo stesso vangelo, ma le loro letture e la loro liturgia erano in greco.
Roma fu solo una delle chiese apostoliche; se aveva un “vescovo”, Alessandria ed Antiochia avevano un patriarca. Legalmente, niente dava al capo della comunità romana il diritto di asserire il suo primato su tutte le chiese cristiane. Tuttavia, quello è proprio ciò che tentò e riuscì a fare.
Il punto di partenza per questa politica romana di raggiungimento di una supremazia fu dopo l'apparizione di Marcione e del suo cristianesimo anti-ebraico, ossia attorno al 150. Marcione aveva pubblicato numerose epistole di San Paolo e l'unico Vangelo dei cristiani di cui Paolo aveva parlato. Così, due cristianesimi erano in competizione tra loro a Roma e per tutto il mondo: uno di origine gnostica (Marcione) e uno di origine messianica (la comunità romana).
Comunque, si dovrebbe ricordare che la nostra semplificazione dei fatti si applica solo in generale, infatti c'erano tante sette cristiane come pure un ebraismo gnostico.
Allora fu quando apparve il nome “cristiano” e furono scritti i vangeli chiamati Marco, Matteo, Luca, e poi pseudo-Giovanni in opposizione al Vangelo di Marcione — non come i testi oggi in nostro possesso, ma in una forma molto più semplice. Fu nel  177 che i quattro vangeli furono menzionati per la prima volta da Ireneo.
A fronte di opinioni diverse su certi rituali (la celebrazione della Pasqua, per esempio) come pure l'apparizione del montanismo e il suo progresso, diventarono necessari compromesso e unità d'azione. L'episcopato monarchico fu creato a Roma nel 140 circa. Attorno al 165, si stabilì la dottrina della Trinità grazie allo Spirito Santo di Montano, che fu aggiunto al Padre e al Figlio.
L'episcopato non entrò rapidamente in esistenza; si sviluppò a poco a poco. In origine, ci furono sacerdoti che presiedevano ai banchetti delle comunità cristiane; ce ne furono molti a Roma. Per il mantenimento di relazioni con le comunità in altre città e regioni, o anche con le autorità politiche, i capi sacerdoti avrebbero scelto un rappresentante che sarebbe diventato il loro delegato. La sua posizione, occasionale all'inizio, diventò permanente. Poi il mandato dato al delegato sbiadì di fronte alla sua autorità, ed egli arrivò ad essere riconosciuto il leader.
Quella è la ragione per cui Clemente fu il segretario della comunità romana attorno al 140, mentre nel 160 circa, Policarpo e più tardi Egesippo si incontrarono con il pontefice Aniceto a Roma. Comunque, Dioniso di Corinto nel 170 e Policrate nel 190 scrissero non a Papa Vittore ma alla Chiesa di Roma. Non molto tempo dopo quest'ultima data, Vittore, seguito da Zefirino e Callisto I enfatizzarono la loro autorità e furono i veri capi della comunità.
Le liste di presunti “pontefici” non sono “certe”; esse provengono da Egesippo che, nel 160 circa, riunì i pezzi e da Ireneo che, nel 192 circa, raccolse altre liste. Eusebio non menzionò la lista di Egesippo, che egli conosceva, preferendo la lista diversa di Ireneo. Ad ogni caso, tutto ciò che predata l'anno 140 è priva di valore. La lista dei primi “vescovi” di Roma è composta da nomi che coprono personaggi dubbi i quali vennero fabbricati per essere i successori di San Pietro. La lista di Ireneo parla di “sacerdoti” che furono a capo della Chiesa. Il titolo di “vescovo” non esisteva, e quello di “pontefice” avrebbe richiesto altri cinque secoli per affermarsi.
Tra quei fantomatici “pontefici”, si distingue un certo Clemente [79] che avrebbe tenuto la posizione durante gli anni 90 e avrebbe scritto l'Epistola ai Corinzi. Ora, secondo il Pastore scritto a Roma attorno al 140 da Ermas, un Clemente è presentato come colui che è incaricato dalla comunità romana ad una corrispondenza con le altre chiese. Cioè per dire, l'Epistola ai Corinzi che gli è attribuita non poteva essere stata scritta fino al 140 circa. Così potremo ammettere che dato lo stato reale dei nostri documenti, questo Clemente fu segretario della Chiesa romana il cui capo era il fratello di Ermas e fu il primo Pio. Questo non accadde nel 90, ma nel 140; questo è lo stesso Clemente menzionato sopra.
La letteratura cristiana sopraggiunse in mezzo alle dispute del secondo secolo. All'inizio, essa fu esclusivamente in greco; gli inizi della letteratura latina risalgono forse al tempo del vescovo Vittore e Tertulliano fino a circa l'anno 200. L'offensiva della comunità romana continuò da quella data.
Nel 198 circa, Vittore, un sacerdote di Roma che usurpò diritti da lui non posseduti, scomunicò i vescovi della provincia d'Asia che celebravano la Pasqua secondo la Pasqua ebraica, al giorno della luna piena di primavera, invece che alla Domenica che segue la luna piena. Policarpo, i vescovi asiatici, e Ireneo protestarono contro questa misura, che era contraria alla loro fede, e non riconobbero a Vittore il diritto di impartire loro ordini.
Attorno al 210 e per la prima volta, Caio, un sacerdote romano, affermò di essere stato capace di ostentare le reliquie degli apostoli Pietro e Paolo. [80] Tertulliano, il suo contemporaneo, che era ignaro di questo materiale, conferma la duplice condanna a morte di Pietro e Paolo a Roma. Quelle due finzioni furono collegate per formare una leggenda che ancora contamina i libri di Storia di tutti i paesi a maggioranza cattolica. 
Nel 200 circa, i cristiani si assicurarono di avere cimiteri e sepolcri separati per i loro “vescovi”; il primo così sepolto fu Callisto (222). Attorno al 220, essi furono beneficiari di una liturgia da Ippolito che diventò la Messa. L'imperatore Alessandro Severo accolse i cristiani nella sua corte.
A questo tempo, il vescovo di Roma esercitò un vantaggio considerevole. Secondo San Cipriano, l'imperatore Decio aveva detto che egli avrebbe preferito affrontare un competitore a Roma piuttosto che un vescovo; per allora la comunità nella capitale enumerava 20000 membri. Roma era il crocevia tra le varie province orientali; essa intratteneva, attraverso Cartagine, relazioni con l'Africa e — attraverso Alessandria ed Antiochia — contatti con l'Egitto e l'Oriente.
L'evoluzione gerarchica continuò in una maniera che beneficiò dappertutto i vescovi delle città maggiori. Essi offrirono servizi maggiori e minori ai capi delle piccole comunità, le cui risorse furono ridotte. Ricchi e sistemati comodamente, essi furono facilmente riconosciuti superiori agli altri.
Attorno all'anno 250, il cristianesimo gallico, che era stato greco ed orientale fino ad allora, cominciò a diventare latino e romano.
Nel 254-257 circa, Stefano, il capo della Chiesa romana, si dichiarò successore di Pietro e rivendicò una supremazia sui vescovi delle altre comunità, ma loro respinsero questa pretesa. Firmiliano, vescovo di Cappadocia, fu oltraggiato dalla “stupidità” di Stefano. Poi, nel 258, grazie alla leggenda le cui fondamenta erano state poste da Caio e Tertulliano quasi mezzo secolo più tardi, furono scoperte nelle Catacombe reliquie di Pietro e Paolo.
Dal 303 fino al 313, i cristiani, successivamente alla loro espulsione dall'esercito (dove il loro pacifismo avrebbe introdotto un esempio davvero povero), furono perseguitati indipendentemente dalla setta, e così divennero le prime vittime di martirio sotto Diocleziano (295) — soldati africani che rifiutarono di portare armi. Tra il 304 e il 307, la sede episcopale a Roma fu vacante.
Quando Costantino fece il suo ingresso a Roma (312) il vescovo Milziade era già in possesso del Palazzo Laterano, dove tenne un concilio l'anno successivo.
I famosi “editti” di Milano (311-313) furono probabilmente il risultato di negoziazioni tra Costantino e la Chiesa cristiana, poiché la risposta da quest'ultima non richiese molto tempo ad arrivare. Un concilio tenutosi ad Arles nel 314 dichiarò che quelli che abbandonavano il servizio militare in tempi di pace sarebbero stati scomunicati. Il giovane cristianesimo, non appena stava ricevendo la protezione di eserciti imperiali, rinunciò ai suoi ideali di pace e non-violenza pur di armare i suoi membri. Scomparve la difficoltà che aveva impedito fino ad allora un riconoscimento ufficiale del cristianesimo. Il cattolicesimo collocò le sue truppe e la sua gerarchia al servizio di Cesare allo scopo di diventare la sola religione riconosciuta. Grazie al suo fanatismo, esso ebbe successo dove altre religioni — come quelle di Mitra e di Iside, le quali furono troppo tolleranti — avevano fallito.
La Basilica di San Giovanni in Laterano fu inaugurata nel 324, dodici anni dopo quella che era stata dedicata a San Pietro il che potrebbe essere un fatto significativo. [81] Nel 336, le reliquie di San Paolo furono separate da quelle di San Pietro; le prime furono riportate alla Via Ostiense, mentre le seconde furono trasferite al Vaticano. Il trionfo dei partigiani giudeo-cristiani di San Pietro sui seguaci dello gnosticismo di San Paolo fu definitivo; esso permise la centralizzazione a Roma dell'organismo destinato a controllare la Chiesa Cattolica d'Occidente sull'onda del trasferimento della capitale imperiale a Bisanzio (330).
Costantino fu un uomo superstizioso, un seguace della religione solare. Egli credeva negli aruspici e ritenne sia legittimo che necessario assumere il pontificato supremo della religione pagana. È a causa del fatto che si considerò pure il capo naturale del cristianesimo che egli concesse il diritto di giurisdizione ai vescovi, presidiò ai concili, arbitrò nelle dispute, e cercò di eliminare le eresie.
Dal 350 fino al 360, l'Occidente cadde sotto il dominio di Costantino II, un Ariano che era già stato al comando dell'Oriente; la Chiesa corse il grande rischio di assistere al trionfo dell'eresia, ma era organizzata già abbastanza bene per opporre resistenza ed emergere vittoriosa. Nel 369, la sua influenza fu tale che Valentiniano rese Damaso, vescovo di Roma, il giudice degli altri vescovi. Così, la preminenza del capo della comunità fu riconosciuta legalmente e confermata dalle autorità politiche.
Nove anni più tardi, nel 378, questo riconoscimento ufficiale sarebbe stato enfatizzato efficacemente. Un rescritto da Graziano dette l'ordine ai prefetti di Italia e Gallia di effettuare le misure disciplinari decise dal vescovo di Roma. Naturalmente, l'anno seguente, l'Oriente ebbe il suo imperatore e non accettò mai un dominio romano; ma nell'Occidente, l'autorità suprema della Chiesa di Roma risale a questo anno, 378. Noi possiamo dire che fu a questo tempo che nacque l'istituzione che sarebbe stata chiamata il papato. Questo sarebbe accaduto, non a causa della sua vita spirituale, ma come risultato dei vincoli materiali coi quali avrebbe avuto a che fare.
La Chiesa è modellata sull'organizzazione dello stato. La diocesi rappresenta la civitas, la provincia arci-episcopale replica la provincia romana, e il vescovo di Roma, il vice-reggente di Dio, imita il Divo Cesare.
Non fu fino al 382 che gli imperatori avrebbero abbandonato le vesti di pontefice e proclamato la separazione del paganesimo e dello Stato, lasciando così il pontificato supremo nelle mani della gerarchia cattolica; quest'ultima non aveva niente a che fare con Gesù, Paolo o Pietro; essa fu creata pezzo per pezzo sotto la pressione di circostanze, e non avrebbe mai trionfato se ciò non fosse stato deciso e rafforzato dall'imperatore. [82]
Infine, l'ambizione dei pontefici sarebbe andata oltre questa supremazia spirituale. Essi avevano bisogno che il loro territorio diventasse indipendente dall'imperatore, sia a Roma che altrove. Sappiamo che nell'ottavo secolo, la Chiesa cercò di acquistare un reale Stato territoriale che le permise di esercitare un potere temporale del tipo che Gesù il Galileo non avrebbe mai concesso a Roma-Babilonia.
Il papato cercò di giustificare la sua esistenza, se attraverso lo status di Pietro come “la roccia”, oppure mediante la fabbricazione di falsi decreti nel nono secolo. Ma quelli argomenti, sebbene lo rafforzarono, non l'avevano creato.
In realtà, il papato è un'istituzione assolutamente opposta alle pratiche dell'antica chiesa cristiana e agli ideali del Cristo che pretende di servire.

Georges Ory

NOTE

[77Cahier E. Renan, Numeri 15–16, “Les apôtres et saint Pierre” (quarto trimestre, 1957).

[78] Si veda il primo capitolo.

[79] Nei “Riconoscimenti” Clementini, Clemente è il successore immediato di San Pietro. Secondo Ippolito, egli fu il terzo vescovo di Roma. Secondo Eusebio, Giulio Africano, Girolamo, Ireneo, ed Egesippo, egli fu il quarto pontefice dopo Pietro, Lino, ed Anacleto.

[80] Furono Clemente (140), Dioniso di Corinto (170), ed Ireneo (170) a proporre l'idea della fondazione della Chiesa romana da parte di Paolo e Pietro. Anche la comunità di Antiochia pretese di essere stata fondata da Pietro, ma la sua importanza evaporò di fronte al potere delle comunità di Roma ed Alessandria.
Ricordiamo che il primo vescovo non-ebreo della Gerusalemme (Aelia Capitolina) di Adriano fu un certo Marco — omonimo e contemporaneo al Marco di Alessandria, il che non pone fine alla confusione — che fu scelto attorno al 136 e morì da martire sotto Antonino nel 155 circa. Egli sarebbe stato un contemporaneo dei “vescovi” romani Pio ed Aniceto. La loro relazione non è mai menzionata; ma il vescovo di Gerusalemme avrebbe avuto una rivendicazione più forte alla supremazia rispetto ai suoi colleghi romani.

[81] Potrebbe essere altrettanto significativo il fatto che né la chiesa e neppure la basilica  recassero in origine il nome “Gesù”.

[82] Il titolo di Pontefice (di Roma) non ricevette il suo significato corrente fino a circa il settimo secolo. La parola “papa” (padre) fu applicata a tutti i vescovi per i primi cinque secoli.

domenica 15 ottobre 2017

Un'Analisi delle Origini Cristiane (XLI) — CONCLUSIONE

(segue da qui)

CONCLUSIONE

Cominciamo coll'osservare che lo stato della nostra documentazione sulle origini del cristianesimo è lamentevole. È scomparsa una quantità importante di manoscritti. Solo le vestigia di un grande corpo di letteratura ci rimangono disponibili. A titolo di esempio, si sottolinea ciò che dice Tertulliano (Contro i valentiniani 5). Egli ci dice che la generazione precedente presentava quattro illustri scrittori: Giustino, Milziade, Ireneo, e Proclo. Di Giustino, sopravvive solo un singolo manoscritto. Abbiamo solo un pò di frammenti di Milziade. Ireneo sopravvive solo in una singola traduzione latina. L'opera di Proclo è interamente perduta.
I testi cristiani che studiamo oggi (il Nuovo Testamento e i Padri della Chiesa) furono preceduti e accompagnati nel secondo secolo da una sterminata letteratura apocrifa ed eretica che è stata distrutta; di certo i nostri testi attuali non sono i primi; essi sono stati ripetutamente modificati, espansi, interpolati, e corretti. Essi hanno subito quelle modifiche allo scopo di prestare supporto ad un dogma che ha ricercato una stabilità definitiva, come pure per conferire loro un'aria di dignità. Basti notare i pericoli posti dalla storia del cristianesimo appena ci è spiegata o appena alcuni tentano di ricostruirla.
I materiali che rimangono a nostra disposizione sono più utili per i dettagli che contengono che per l'edificio che sembrano costruire. Per evitare di costruire teorie sulle sabbie mobili di testimonianze auto-referenziali ed errate, dobbiamo evitare due trabocchetti:
a) La tendenza a sovrastimare il valore di ciò che è sopravvissuto, a porre fin troppa importanza a tale e tale formula o a qualche particolare scrittore. 
b) La tendenza a sottostimare l'importanza di opinioni che sono scomparse, che sopravvivono solo in frammenti, o che conosciamo solo attraverso i loro rivali.
Non sta a noi discutere i dogmi cristiani (soprattutto, quelli cattolici); essi sono essenzialmente nulla più che speculazioni metafisiche al servizio di un'ipotesi di esistenza. Che Dio esiste, e che ebbe un figlio nato da una donna mortale che rimase tuttavia vergine, e che questo figlio cancellò i peccati degli uomini attraverso il suo sacrificio — ciò rimane una materia privata tra il suo Dio e i suoi credenti.
Ma se asseriamo che un Gesù così concepito fu un uomo reale che visse sotto Erode e Pilato, e che fu crocifisso a Gerusalemme tra il 29 e il 35 della nostra epoca, la materia diventa storica, pubblica, e aperta al dibattito.
Ora, quest'esistenza umana del Cristo non è supportata da alcuna prova; è contraddetta dai più antichi documenti cristiani e da parte dei vangeli.
Dato lo stato reale della nostra documentazione e in accordo con le considerazioni sopra menzionate, possiamo solo abbozzare un'ipotesi di lavoro basata sui dati seguenti:
La religione cristiana non è basata su eventi, ignoti alla Storia, che avrebbero preso luogo tra il 29 e il 35. Essa ha copiato tradizioni e rituali da sette che esistevano prima di quel tempo.
Il cristianesimo non era nato a Gerusalemme. La Storia non ha nessuna conoscenza di Gesù Cristo.
La cristologia fu stabilita in anticipo rispetto a lui. I naasseni, gli ofiti, i setiani, e i perati furono pre-cristiani.
San Paolo — a differenza del classico individuo che sappiamo — giocò un ruolo maggiore nella fondazione del cristianesimo. Marcione, l'editore delle epistole paoline, è un testimone di quelli inizi.
La persona divina di Chrestos — da cui ricaviamo la nostra parola
“chrétien” — è un'altra traccia. La sua confusione con Christus preparò la strada alla sua assimilazione con l'Unto, ossia il Messia. Quest'evoluzione deve aver richiesto qualche tempo, dal momento che, al tempo di Lattanzio attorno al 280, i pagani stavano ancora chiamando Cristo “Chrestos”.
Ora leggiamo nei nostri testi che il dio di Paolo fu il Cristo; Paolo fu, nel 50-60 circa, l'apostolo dei primi cristiani, che furono dichiarati più tardi eretici dai nuovi giudeo-cristiani. I cristiani di Paolo furono gnostici; il loro dio salvatore non poteva essere stato un uomo; essi stabilirono comunità e chiese per tutto il Medio Oriente (in Asia Minore, Grecia, Alessandria, e Roma, ma non in Palestina).
Quando Gesù appare nella letteratura gnostica e cristiana — non prima del 115 — egli è un dio; egli probabilmente proviene da sette ebraiche non ortodosse, e il suo culto deve essere stato segreto in origine; la Samaria, la Siria, e l'Asia Minore potevano essere state le sue regioni prescelte. Un dio misterico, egli è confuso col Cristo celeste, un divino Eone ed emanazione da Dio il Padre.
Il sincretismo si afferma durante il tempo dei vangeli; [
70] miti degli dèi salvatori si contaminarono reciprocamente tra loro, e nomi sacri si confusero l'un l'altro. La leggenda del dio cristiano rassomiglia a quella di Attis, Adone, Osiride e Mitra. Molti cattolici oggi si rifiutano di ammetterlo, ma i Padri della Chiesa riconobbero questo fatto nonostante la loro disapprovazione. [71]
La leggenda culturale del dio Gesù lo fece parlare e agire come Jahvè, ma nessuno mai credette che Jahvè fosse un uomo. Egli, comunque, è entrato molte volte in relazione con gli esseri umani. Ad altri dèi che discesero tra gli uomini vennero date tombe; come fu con Attis ed Osiride, così fu con Gesù.
Il dio Gesù, sacrificato ritualmente, assunse numerose forme. Egli fu l'agnello sgozzato per la Pasqua, il capro espiatorio, la rossa giovenca, il pesce, il serpente, e l'uomo. Nessuno pensa che Gesù possa essere stato uno di quelli animali; li consideriamo solo come simboli. Perché l'uomo è escluso da questo simbolismo? Con quale prova possiamo isolare una di quelle rappresentazioni e garantire che essa sia la sola che corrisponde alla realtà?
Inoltre, accade lo stesso coi quattro evangelisti. Marco è simboleggiato da un leone, Luca da un bue, Giovanni da un'aquila, e Matteo da un uomo, ma le caratteristiche dell'uomo prevalsero tra i quattro, mentre le immagini di animali che assunsero, al pari  della 
camicia di Nesso, li associano ai quattro arconti cosmici (Ialdabaoth, Iao, Adonai, e Sabaoth) che assicurano la diffusione del vangelo terreno nei quattro punti cardinali. [72]
L'uomo Gesù fu introdotto timidamente nel Nuovo Testamento attorno al 145, e la sua biografia prese forma poco a poco tramite una copiatura da opere della più grande varietà.
Nei vangeli, la sua personalità rimane davvero indistinta, a volte contraddicendosi. Le menzioni occasionali che riguardano il periodo della sua esistenza sono soggette a cautela e non sono basate su alcuna testimonianza storica. Nulla stabilisce che egli visse e morì sotto Ponzio Pilato. I testi ebraici lo collocano tra il 106 e il 79 prima della nostra era e nell'anno 130 dopo. Numerosi personaggi figurano col nome Gesù, e i tratti di parecchi messia gli sono stati indubbiamente attribuiti. Non possediamo una singola “Biografia di Gesù”; abbiamo solo “storie circa Gesù”, zeppe di simboli e allegorie.
Nel 160 circa o più tardi, l'uomo e il dio furono riuniti in un singolo personaggio chiamato Gesù Cristo, una strana creazione che solo i mistici avrebbero potuto trovare e promuovere; strano ma comprensibile quando ricordiamo il dio bifronte Giano e, più vicino a casa, l'aquila a due teste. In effetti, questa concezione andò incontro ad opposizione — da una parte, dagli ebioniti che non credettero nella divinità di Gesù, e dall'altra dagli gnostici che negarono un corpo di carne e sangue.
Gesù Cristo era nato dall'immaginazione di persone pie i quali, cullati dai loro sogni, fecero uso di leggende, visioni, gossip, e perfino di testi storici che essi interpretarono e utilizzarono nella stessa maniera in cui avevano utilizzato le profezie dell'Antico Testamento.
I successivi creatori degli eroi evangelici fecero uso di:
a) opuscoli liturgici da misteri religiosi, collezioni di oracoli divini, detti, profezie, testi arcani, leggende greche, ecc.; 
b) tradizioni orali e pratiche rituali offerte sia da sette gnostiche che da ebrei paganizzati;
c) l'Evangelion e l'Apostolikon di Marcione, come pure testi gnostici; 
d) testi circa la vita e l'attività di Giovanni il Battista e la religione mandea; [73] 
e) opere di Flavio Giuseppe.  
Allo stesso tempo, strettamente parlando, né il cristianesimo e neppure i suoi scritti più antichi provennero dal mondo palestinese; le loro origini devono ricercarsi non solo tra i credi e le pratiche religiose di regioni circostanti (Siria, Asia Minore, e Arabia), ma anche in quelle di Iran e Mesopotamia; in aggiunta, le civiltà di Atene ed Alessandria esercitarono un'influenza considerevole sul cristianesimo nascente. È in gran parte vero che i primi cristiani fossero convertiti tra proseliti precedenti liberati dall'autorità del Tempio di Gerusalemme, [74] ma non dobbiamo dimenticare tutti i pagani delle regioni appena menzionate che praticavano puro sincretismo, erano seguaci delle religioni misteriche, oppure che lessero Filone e altri autori greci.
Non è fuor discussione (come potrebbe sembrare indicare l'epistola agli Ebrei) che la comunità cristiana avesse accolto i resti di sette ebraiche che avevano lasciato la Giudea alla fine del primo secolo oppure dopo il 135 senza alcuna speranza di ritorno, offrendo loro un nuovo sacerdozio e un tabernacolo
“al di fuori del campo”. La presa e distruzione di Gerusalemme fu considerata dagli ebrei la  catastrofe finale. Fu tra il 70 e il 135, e non prima, che accaddero gli eventi della Passione di Israele. Ne risultarono due racconti popolari sulla nascita del Messia al momento della caduta del Tempio. Gli ebrei stavano aspettando l'arrivo sulla terra di un Messia celeste alla fine del mondo. Quando alcuni scoprirono che i loro messia terreni fallirono nei loro obiettivi — in altre parole, che Jahvè non aveva approvato — e che la fine del mondo così spesso annunciata non era arrivata, pensarono che forse il loro Dio volle essere compreso e adorato in un'altra maniera. [75]
Una nuova religione, ancora nella sua fase formativa, si presentò. Al rischio di contaminarsi, spalancò le sue porte a tutti i malcontenti, i diseredati, gli scoraggiati. Diffuse speranza e promise salvezza.
È precisamente l'intrusione delle masse in una religione misterica che permise l'ingresso dell'uomo Gesù in un sistema culturale che originariamente non lo aveva incluso.
In effetti, originariamente il cristianesimo era stato riservato ad iniziati; le sue dottrine erano secrete. 
Si aveva bisogno di orecchi per udire (Matteo 11:15), e allusioni a misteri erano rese pubbliche solo in parabole cosicché vedendo non vedano e udendo non intendano (Luca 8:10). L'iniziato si identificava con la divinità (Galati 2:20; Romani 6:4; Colossesi 2:12); egli danzava attorno alla rappresentazione divina come pure gli eserciti di angeli nel cielo (Clemente di Alessandria, Protreptico ai Greci 12). I rituali di iniziazione cristiana ci sono noti in termini generali.
Origene fece l'osservazione seguente, che va piuttosto lontano:
Andando avanti, dacché egli definisce spesso clandestina la fede cristiana, pure in ciò si deve dire che sbaglia: infatti quasi tutto il mondo conosce il messaggio dei cristiani, ancor più delle dottrine dei filosofi. Chi mai invero non conosce la nascita di Gesù dalla vergine, la sua crocifissione e la sua resurrezione, per molti oggetto di fede, e la promessa del giudizio di Dio, che deve punire con pene commisurate quelli che hanno peccato, mentre assegna ai giusti il giusto premio? Ed è anche vero che il mistero della resurrezione, non essendo compreso, vien deriso con ciance dagli infedeli. Pertanto, dopo quello che ho detto, il voler chiamare clandestina la nostra fede è cosa davvero assurda! Del resto, che vi siano in essa delle idee, le quali trascendono la comune conoscenza, e che non sono al livello della comprensione di molti uomini, questa non è una dote peculiare della sola dottrina cristiana, ma è propria anche dei filosofi, presso i quali una parte della dottrina era essoterica, una parte esoterica… (Contra Celsum, 1:7).
A fronte della marea crescente di neofiti superstiziosi e ignoranti (bambini, donne, schiavi...), gli iniziati persero controllo. La loro religione, spogliata di un'esposizione esoterica, si materializzò tramite una volgarizzazione. Le loro perle di simbolismo furono
gettate davanti ai porci che le calpestarono (Matteo 7:6). La croce di luce e l'albero della vita divennero strumenti di tortura; il dio di vittoria e salvezza cedette ad un uomo percosso e crocifisso per il quale si ricercò e trovò una biografia.
È probabile che la discesa del Cristo divino sulla terra e la sua apparizione a Paolo diventarono, nei vangeli, l'apparizione di quello stesso personaggio alle sante donne e ai discepoli. Innanzitutto, fu scritta la storia degli
“Atti” del dio durante la sua breve permanenza sulla terra e il suo ritorno al cielo. Una volta che la gente credette che egli era stato un uomo che operò miracoli, essi lo ebbero battezzato da Giovanni il Battista, nato da Maria, e adornato di genealogie. La Passione del dio e la sua settimana santa furono trasformate in un processo politico e in una famigerata condanna a morte sul patibolo. Il ritorno al cielo del dio Gesù diventò l'Ascensione dell'uomo resuscitato — una maniera estremamente utile di trattare la scomparsa terrena di un uomo che era ritornato alla vita e che ognuno avrebbe voluto vedere, oppure di un corpo la cui tomba non poteva essere segnalata.
In ultima istanza, il cristianesimo si formò a fianco di un Gesù ondeggiante, molteplice che fu adattato alle più disparate delle sette. La sua esistenza umana è un'illusione, una creazione letteraria di teologi, una creazione che è essa stessa il risultato posteriore di innumerevoli compromessi di adattamento testuale. [
76]
La Chiesa fu costruita indipendentemente da lui. Essa adottò rituali e miti che trasformò pur di creare i suoi sacramenti e derivare il suo dogma.
Così, la nostra conclusione risiede al punto di confluenza e di accordo tra le tre tendenze razionaliste riportate. Quelli che credono nell'esistenza di un uomo di nome Gesù vedranno i tratti umani del dio cristiano che, sebbene essi sono certamente là da trovarsi, sono copiati e non corrispondono ad alcuna realtà storica. Quelli che considerano Gesù un ebreo “ribelle” ammettono che questa figura, abbozzata a malapena nei vangeli, è una contraddizione col Cristo divino ed è incompatibile col fondatore di una religione universalista. Infine, quelli che hanno sostenuto il mito ammettono che la leggenda di un dio è stata abbellita dal grande sforzo e dalla perseveranza degli scribi e dei teologi ossessionati dall'immagine di un Messia terreno.

NOTE

[70] Noi crediamo che nessun vangelo esistette nella sua forma scritta prima di Marcione. Marcione affermò (secondo Adamanzio) che i primi apostoli predicarono senza scrivere, e che i nomi degli evangelisti furono menzogne giudaizzanti.

[71] Giustino (Apol. 66), avendo citato le parole dell'Ultima Cena secondo Luca, aggiunge questa riflessione: I malvagi demoni per imitazione, dissero che tutto ciò avveniva anche nei misteri di Mitra… Questo è confermato da Tertulliano (Prescrizione Contro gli Eretici 11), che scrive che il diavolo imita nei misteri degli idoli, i riti della divina fede e offre da esempio i misteri di Mitra — l'offerta del pane in particolare. Anche Giustino sa (Apol. 54) che i demoni che conoscevano le profezie inventarono un Dioniso, figlio di Zeus, che introduce vino nei suoi misteri e pretende di essere asceso al cielo dopo essere fatto a pezzi e divorato. Nella sua Apologia (21), egli dichiara anche che quando i cristiani parlano della nascita verginale, resurrezione, e ascensione, loro  non stavano portando alcuna novità rispetto a quelli che, presso i pagani, sono chiamati figli di Zeus, e aggiunge che Gesù aveva in comune con Ermes il fatto di essere la Parola e il Messaggero di Dio; e con Asclepio, il fatto di aver guarito malattie. Infine, è logico dire che, se Gesù è la Parola, tutti quelli prima di lui che vissero secondo la Parola furono cristiani, perfino se passarono per atei. Socrate ed Abramo erano cristiani.

[72] Si veda Bulletin Renan, Numero 67, l'articolo su “les Anges”. Inoltre, secondo il Testamento dei Dodici Patriarchi (Neftali 8:4), demoni e bestie selvagge fuggono l'uomo giusto.

[73] V. Stahl, Les Mandéens, Rieder, Paris (19-esima edizione), e Cahier Renan, Numero 10: “Jean le Baptiseur”. La famosa data marcionita della discesa di Cristo sulla terra (anno 15 del regno di Tiberio) è diventata la data della manifestazione di Giovanni il Battista in Luca. Successivamente, il personaggio di Gesù relegò quello di Giovanni al rango di precursore e assunse parte della sua biografia.

[74] Quest'origine spiegherebbe perché una crocifissione ebraica (una condanna a morte seguita da un'ostentazione del cadavere) sarebbe stata ignota a coloro che sapevano solo di una crocifissione romana. In aggiunta, gli Atti (18:24-25 e 19:1-10) sembrano indicare che proseliti ad Efeso avessero abbandonato l'ebraismo e fossero passati al mandeismo di Giovanni il Battista e al montanismo. Paolo si recò alla ricerca di seguaci nelle religioni pagane; egli tenne prediche “nella casa di Tiranno”, dove “casa” significa “tempio” e Tiranno (secondo una suggestione di Léon Herrmann in Cahier Renan Numero 24 su san Paolo) poteva essere stato il dio Uomo. Paolo era anche stato turbato da cerimonie in onore di Artemide, e uno dei suoi compagni si chiamò Artemas. A Listra, egli fu accolto dal sacerdote di Zeus Propolis, che lo prese per Mercurio. Non possiamo comprendere Paolo senza ammettere che egli fu indebitato fino al collo nel sincretismo.

[75] Nel contesto ebraico, il personaggio di Giovanni sembra essere stato in contatto coi discendenti degli “Esseni” del Mar Morto —- un contatto indiretto che poteva esser sopraggiunto nel secondo secolo E.C. tra le rispettive scritture e tradizioni.

[76]  Cahier E. Renan, Numero 28, “Interpolations du Nouveau Testament”, I. Les Epîtres (quarto trimestre, 1960). II. Les Actes (primo trimestre, 1962).
Perché gli ebrei modificarono la loro Bibbia proprio come fecero con le opere pagane? La questione merita un esame. Ricordiamo semplicemente che essi credettero e dissero che Platone fu l'imitatore di Mosè, e che trasformarono la Sibilla romana in un araldo di credenze israelite. Il loro scopo fu conquistare i gentili oppure giustificare la loro religione a quest'ultimi. I redattori di quei testi furono probabilmente ebrei della Diaspora.