domenica 28 febbraio 2016

Sulla follia apologetica di Bart Errorman (III)

UNIVERSITÀ: Stabilimenti utilissimi al clero e saggiamente affidati alle cure dei suoi membri che lavorano con efficacia per formare cittadini devotissimi, pieni di zelo, poverissimi di spirito, molto inutili alla società profana, ma molto utili al clero.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Dopo aver posto i vangeli sulla punta di un titanico, mostruoso iceberg di *ipotetiche* tradizioni anteriori scritte e/o orali che ha il solo torto di essere evidente solo nella sua piuttosto fertile immaginazione, Bart Ehrman procede nel suo libro Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica (Mondadori 2013) a dare l'impressione di aver capito tutto e di credere (senza in realtà mai pensarlo sul serio) di aver confutato una volta per tutte il miticismo con le sue “argomentazioni” (sempre che si possano chiamarle tali, visto il tono dogmatico che le informa). Questa volta passa a esaminare le fonti posteriori ai vangeli. A partire da quell'idiota di Papia di Ierapoli.
Sembra tuttavia che alcune opinioni espresse da Papia siano parse offensive o quanto meno ingenue. Eusebio, il grande storico della Chiesa vissuto nel IV secolo, lo liquidò affermando che “era infatti di intelligenza limitata”.
Intelligente o no, Papia è una fonte importante per determinare l'esistenza storica di Gesù.  ... Era personalmente in contatto con persone che avevano conosciuto gli apostoli o i loro compagni.

(pag. 99)
In altre parole, noi dovremmo essere così tanto gonzi e creduloni, stando ad Errorman, da affidarci alla testimonianza di un idiota boccalone come Papia (!), un tale che si squalifica da solo per scrivere autentiche stronzate di questo genere:
“È quanto narra più chiaramente Papia, il discepolo di Giovanni, dicendo così nel  quarto libro della spiegazione dei detti del Signore: «Grande esempio d’empietà fu in  questo mondo Giuda,  le cui carni gonfiarono talmente, che, per dove sarebbe facilmente passato un carro, non avrebbe potuto passare lui,  anzi neppure la sola stessa mole del suo capo. Si dice infatti che anche le palpebre dei suoi occhi si erano tanto gonfiate, che egli non vedeva più assolutamente la  luce, e che non si potevano vedere i suoi occhi neppure con l'aiuto di una sonda da medico;tanto si erano infossati lontano dalla superficie esterna  visibile. I  suoi genital apparivano  ingrossati  e più  ripugnanti d’ogni deformità e da essi uscivano umori putridi e vermi che da tutto il corpo affluivano, per ludibrio, insieme agli escrementi. E una volta che fu morto, dopo molti tormenti e supplizi, su di un terreno che – dicono – gli apparteneva, appunto questo terreno è rimasto sinora deserto e disabitato a causa del puzzo ed anche oggi nessuno può nemmeno passare da quel luogo senza turarsi il naso con le mani. Tanto fu grande lo scolo che dalle sue carni penetrò nella terra”
(Papia di Hierapolis, Esposizione degli oracoli del signore)
Errorman per primo sente di provare imbarazzo nel farsi scudo tramite questo imbecille di Papia di Ierapoli, tant'è che reitera la sua presunta utilità:
Può darsi che Papia trasmetta informazioni leggendarie su Gesù, ma è piuttosto preciso quando afferma - e non abbiamo motivi per pensare che menta in modo tanto sfacciato - di aver conosciuto persone che conoscevano gli apostoli (o i loro compagni).
(pag. 101, mia enfasi)

Ma come? Nonostante l'enorme oggettivo potere che lo scemo in questione (chiamalo scemo!) avrebbe ricavato dalla pretesa di aver stretto la mano a chi strinse la mano agli apostoli, noi non avremmo, stando ad Errorman, abbastanza “motivi per pensare che menta in modo tanto sfacciato” ? E per quale ragione allora a questo idiota di Papia di Ierapoli è concesso il privilegio di rappresentare chi strinse la mano a chi strinse la mano agli apostoli, mentre a Marcione o a Valentino, eretici del II secolo ben più intelligenti di Papia, non sarebbe concesso di rappresentare il Paolo storico, al cui originale messaggio entrambi si richiamarono? Ora sappiamo chi ha inventato l'ignobile pratica della “raccomandazione”, ovvero di una semplice stretta di mano come garanzia di legittima influenza (quando in realtà è solo fraudolente menzogna in odor di plagio e corruzione): i primi cristiani proto-ortodossi come Papia. E sulla ridicola “raccomandazione” di uno come Papia, Errorman pretende di farci bere l'esistenza di un Gesù storico, del suo Gesù storico? Puah!!!
Questa è dunque una testimonianza indipendente dai vangeli stessi. E si aggiunge alle altre esaminate finora. Inoltre, in questo caso si tratta di una testimonianza che si richiama in modo esplicito, credibile e diretto ai discepoli di Gesù.
(pag. 101, mia enfasi)

Addirittura, “credibile”!!?!! Papia di Ierapoli?!!?

Si legga cos'ha da dire invece il prof Markus Vinzent su Papia:
Il fatto che Papia non menziona Paolo, che è per Marcione l'autorità e il solo Apostolo, la sua insistenza su una distanza tra il Signore e ogni autore di resoconti scritti, e il suo evitare di usare le parole chiave appena create da Marcione (Vangelo, Antico e Nuovo Testamento), tutto contribuisce ad un profilo anti-marcionita.
L'omissione delle autorità di Marcione, il rafforzamento di quei riferimenti che Marcione rigettava (l'Antico Testamento, i discepoli del Signore altri da Paolo, Matteo, Marco), e la sua prossimità a Giovanni sono difficilmente coincidenziali. Papia mostra ulteriori aspetti anti-marcioniti. Ireneo riporta che Papia allude a un detto del Signore che interpreta Gen. 27-28f. con riferimento a Gen. 49:12 e di qui interpreta gli Oracoli del Signore sulla base della Torah ebraica.

(Marcion and the Dating of the Synoptic Gospels, pag. 13, mia libera traduzione)
Secondo Errorman, dovremmo credere alla testimonianza di qualcuno che aveva un chiaro interesse a mentire pur di contrastare la dilagante minaccia marcionita. Qualcuno che non esita ad affibbiare a Gesù detti ispirati alla Torah (tanto per cambiare) ovviamente per rivalutare la Torah contro i suoi detrattori, i cristiani docetici come Marcione.

Ma chi erano questi cristiani docetici?

Ce lo spiega Errorman quando introduce il secondo “testimone”-idiota, tale Ignazio:
Quegli avversari di Ignazio non erano gli antichi equivalenti degli odierni miticisti. Non credevano che Gesù fosse stato inventato sulla falsariga degli dei di morte e rinascita presumibilmene adorati dai pagani. Per costoro, Gesù era storicamente esistito. Era vissuto in questo mondo e aveva impartito insegnamenti illuminanti. Ma era Dio sulla terra e non un uomo in carne e ossa.
(pag. 102)
Nessuno dubita che per Marcione e i docetici Gesù era “storicamente esistito”, previa ridefinizione dell'aggettivo “storico”. Anche per Paolo, sotto il paradigma miticista, il Gesù arcangelo celeste mai sceso sulla Terra era ad ogni modo “storico”, come spiega Richard Carrier (citando Mogens Müller):
...'storico' non dovrebbe essere impiegato semplicemente in connessione a tentativi di ricostruire dettagli della vita e insegnamenti di Gesù, trattandolo solamente come una figura del passato. Il predicato 'storico' dovrebbe essere permesso di comprendere anche il suo impatto come ci è stato veicolato attraverso i significati attaccati alla sua vita...' [Mogens Müller, 'Paul: The Oldest Witness to the Historical Jesus', in 'Is This Not The Carpenter?', (ed. Thompson e Verenna), pag. 117-30 (120-121).]
Ma in quel senso di 'storico', il Cristo mitico, il Cristo che Paolo avrebbe detto che realmente è esistito, che vive e muore e risorge nello spazio esterno - sarebbe anche un Gesù 'storico'. Il termine allora diventa privo di significato - a meno che Muller voglia pensare che Paolo avesse ragione, c'è realmente un Gesù Cristo vivente nello spazio esterno. Ma quella è una questione per la teologia, non per la Storia. Ad ogni modo, gli effetti di queste rivelazioni 'del Signore', e di come fu capito dalla lettura delle scritture, sarebbero allora la causa di tutti gli 'effetti' su Paolo e sulle sue idee che Müller poi cataloga. Quelli effetti perciò non possono distinguere tra storicità minimale e miticismo minimale. Lo studio di Müller è perciò impotente. In realtà, il fatto che Müller deve ricorrere a questa tattica, che egli sia costretto a concedere che Paolo mai parla di uno storico Gesù nell''altro' senso, dovrebbe essere riconosciuto strano, ed è per sé conferma che la tesi miticista rende questa evidenza più probabile.
(OHJ, pag. 522, mia libera traduzione e mio grassetto)
Quello che sfugge a Errorman è evidentemente la distinzione tra il credo docetico che un “Dio sulla terra” fosse “storicamente esistito” e l'effettiva esistenza terrena di un uomo “in carne e ossa” creduto essere quel Dio. Ma evidentemente pretendere da Errorman il riconoscimento di quella distinzione (non è difficile) è perfino troppo per un folle apologeta cripto-cristiano par suo.

Errorman continua a proposito di Ignazio:
Ignazio ritiene tale opinione ripugnante e in assoluto contrasto con la vera essenza di Gesù, come afferma in maniera categorica nei brani seguenti che, anche in questo caso, vale la pena citare per esteso. Il primo è tratto da un'epistola indirizzata ai cristiani della città di Smirne.
[Ho compreso infatti che voi siete] ben convinti riguardo al nostro Signore che è della stirpe di Davide secondo la carne, figlio di Dio per volere e potenza di Dio, generato veramente da una vergine, battezzato da Giovanni, affinché da lui fosse compiuta ogni giustizia. Sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode è stato veramente inchiodato per noi nella carne - e noi esistiamo grazie al frutto della sua passione divinamente beata - per sollevare il suo stendardo nei secoli in forza della sua risurrezione, per i suoi santi e i suoi fedeli, sia tra i giudei, sia tra i gentili, nell'unico corpo della sua chiesa.
Tutto questo egli ha patito per noi, per la nostra salvezza e ha patito veramente, così come veramente ha risuscitato se stesso, non come dicono alcuni infedeli che egli ha patito in apparenza; e la loro sorte sarà in conformità dei loro pensieri, essi che sono privi di corpo e demoniaci.
Io so e credo che anche dopo la risurrezione egli era nella carne. (Lettera agli Smirnesi I-III)
Da queste citazioni appare evidente che cosa pensava Ignazio della vera natura di Gesù. Fu un essere umano a pieno titolo, nacque veramente, fu davvero battezzato, fu realmente crocifisso. Benchè si accenni ad alcune tradizioni che finirono con l'essere inserite nei vangeli, nulla suggerisce che Ignazio abbia tratto le proprie idee dai libri che sarebbero entrati a far parte del Nuovo Testamento. Possiamo dire la stessa cosa per l'appello rivolto da Ignazio ai cristiani della città di Tralle:
Siate sordi quando qualcuno vi parla prescindendo da Gesù Cristo, della stirpe di Davide, nato da Maria, che fu veramente generato, mangiò e bevve, veramente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato, veramente fu crocifisso e morì, al cospetto delle creature celesti terrestri e infernali. (Lettera ai Tralliani IX)
Ignazio, perciò, costituisce un'ennesima testimonianza indipendente della vita di Gesù. Anche nel suo caso non si può obiettare che i suoi scritti siano troppo tardivi per essere di qualche utilità nella nostra ricerca. non si può dimostrare che abbia fatto affidamento sui vangeli. Ed era vescovo di Antiochia, la città dove Pietro e Paolo avevano trascorso molto tempo, come ci comunica lo stesso Paolo nella Seconda lettera ai Galati. Possiamo far risalire direttamente all'epoca degli apostoli anche la sua visione dei fatti.
(pag. 102-104, mia enfasi)

Stento a credere. Ma come?? Un tale folle apologeta proto-ortodosso che si sgola, colla bava alla bocca, per insistere e reiterare, alla medesima stregua di un isterico cane idrofobo, che “Gesù Cristo, della stirpe di Davide, nato da Maria, ... fu veramente generato, mangiò e bevve, veramente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato, veramente fu crocifisso e morì” - e quel che è peggio:  SENZA PORTARE UN BRICIOLO DI PROVA ESTERNA AI VANGELI !!! - ebbene, un simile irrazionale e dogmatico individuo, la peggiore quintessenza di tutti i dementi folli apologeti cristiani!!!, è ritenuto degno da Errorman di “far risalire direttamente all'epoca degli apostoli anche la sua visione dei fatti” !!!!!!!

Pensate che l'accademia, nell'anno di grazia del 2016, sia esente da autentici folli dementi come Ignazio? Pensate che non ci siano più mentecatti del genere a infestare le aule universitarie?

Se la risposta del lettore è sì, mi duole contraddirlo:
Tali studiosi stanno ancora studiando Gesù attraverso le lenti confessionali di Nicea o Calcedonia invece che attraverso un approccio storico che noi useremmo con altri esseri umani. Di fatto, Luke Timothy Johnson, un ben noto studioso del NT presso la Emory University, sottolinea:
Noi possiamo procedere oltre e dichiarare che le basilari affermazioni “storiche” del Credo Niceno sono ben supportate: “Egli nacque dalla vergine Maria, soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto” ... in essenza, quel che la maggior parte dei credi cristiani universalmente usati asserisce circa la persona umana Gesù è storicamente verificabile.
(Hector Avalos, The Bad Jesus - The Etichs of New Testament Ethics, pag. 7-8, mia libera traduzione [1])
Errorman non ha fatto evidentemente i compiti a casa quando scrive di Ignazio:
 Non fa cenno, tuttavia, ai vangeli del Nuovo Testamento e, benchè riporti alcuni detti di Gesù, non sostiene di averli tratti da alcun testo scritto. A dire il vero, le sue citazioni non collimano con alcuna formulazione dei detti di Gesù che troviamo nei vangeli giunti fino a noi.
Questo è platealmente falso, dal momento che la Lettera agli abitanti di Filadelfia 8,1 :
Se alcuni hanno voluto ingannarmi secondo la carne, lo spirito, invece, che viene da Dio non è stato ingannato. Egli sa donde viene e dove va e rivela i segreti. Quando ero in mezzo a voi gridai e a voce alta, con la voce di Dio: state uniti al vescovo, ai presbiteri e ai diaconi.
...è basata chiaramente su Giovanni 3:8 :
Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».
...senza contare l'eventuale dipendenza di Lettera ai cristiani di Magnesia 7.1 :
Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, nè da solo nè con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri. Nè cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa: una sola preghiera, una sola supplica, una sola mente, una sola speranza nella carità, nella gioia purissima che è Gesù Cristo, del quale nulla è meglio.
su Giovanni 8:28-29 :
Quindi Gesú disse loro: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono e che non faccio nulla da me stesso, ma dico queste cose come il Padre mi ha insegnato.
 E colui che mi ha mandato è con me il Padre non mi ha lasciato solo, perché faccio continuamente le cose che gli piacciono».
Ovviamente non soddisfatto di affidarsi su idioti come Papia e Ignazio (quanto lo capisco!), Errorman passa a Clemente e alla sua prima lettera ai Corinzi:
Ciò che colpisce è che l'autore della Prima lettera ai Corinti, al pari di Ignazio e, in seguito, di Papia, dia per scontata non solo l'esistenza di Gesù, ma il fatto che molte delle vicende da lui vissute fossero ben note. Tra le sue tante affermazioni sul Gesù storico, troviamo le seguenti:
- Le parole pronunciate da Cristo vanno meditate (II, 1).
- Le sue sofferenze erano “davanti ai vostri occhi” (II, 1).
Il sangue di Cristo è prezioso al Padre suo ed è stato effuso per la nostra salvezza (VII, 4).
- Per mezzo del sangue del Signore ci sarebbe stato il riscatto (XII, 7).
Gesù insegnò la mitezza e la pazienza; qui l'autore cita una serie di frasi pronunciate da Gesù simili a quelle riportate nei vangeli di Matteo e Luca (XIII, 1-2).
Il Signore Gesù Cristo venne nell'umiltà di cuore, non nel fragore della spavalderia e dell'orgoglio (XVI, 2).
Gesù discende da Giacobbe, “secondo la carne” (XXXII, 2).
Il Signore si era ornato di opere buone (XXXIII, 7).
Un'altra citazione delle “parole di Gesù e nostro Signore” (XLVI, 8 paragonabili a Mt 26, 24 e Lc 17, 2).
Chi ha la carità in Cristo pratichi i suoi comandamenti (XLIX, 1).
Per la carità avuta per noi, Gesù Cristo nostro Signore “ha dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la sua anima per la nostra anima” (XLIX, 6).
Abbiamo quindi un'ennesima testimonianza indipendente non solo della vita di Gesù come figura storica, ma anche di alcune delle sue azioni e dei suoi insegnamenti. 
(pag. 104-105)

Quindi io potrei usare la stessa logica di Errorman per vedere nei messaggi quotidiani inviati dalla “Vergine Maria” ai cosiddetti veggenti di Medjugorje nient'altro che “un'ennesima testimonianza indipendente non solo della vita” della Vergine Maria “come figura storica, ma anche di alcune delle sue azioni e dei suoi insegnamenti”.  Si noti infatti l'incredibile, identica rarefatta atmosfera mistica (e terribilmente spoglia di un qualsivoglia riferimento storico) nei seguenti messaggi postali (la lettera di Clemente fu inviata altrettanto per posta, vero?) della Madonna a Medjuorje (dove ho sottolineato i temi in comune con i passi riportati da Errorman da Clemente):
Una delle 'veggenti' durante l'allucinazione.
"Cari figli! In questo tempo in modo particolare vi invito: pregate col cuore. Figlioli, voi parlate tanto ma pregate poco. Leggete, meditate la Sacra Scrittura e le parole scritte in essa siano per voi vita. Io vi esorto e vi amo perchè in Dio troviate la vostra pace e la gioia di vivere. Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "
(Messaggio di Medjugorje, 25 febbraio 2012 )

"Cari figli, vi invito a diffondere la fede in mio Figlio, la vostra fede. Voi, miei figli, illuminati dallo Spirito Santo, miei apostoli, trasmettetela agli altri, a coloro che non credono, non sanno e non vogliono sapere. Perciò voi dovete pregare molto per il dono dell’amore, perché l’amore è un tratto distintivo della vera fede e voi sarete apostoli del mio amore. L’amore ravviva sempre nuovamente il dolore e la gioia dell’Eucaristia, ravviva il dolore della Passione di mio Figlio, che vi ha mostrato cosa vuol dire amare senza misura; ravviva la gioia del fatto che vi ha lasciato il suo Corpo ed il suo Sangue per nutrirvi di sé ed essere così una cosa sola con voi. Guardandovi con tenerezza provo un amore senza misura, che mi rafforza nel mio desiderio di condurvi ad una fede salda. Una fede salda vi darà gioia e allegrezza sulla terra e, alla fine, l’incontro con mio Figlio. Questo è il suo desiderio. Perciò vivete lui, vivete l’amore, vivete la luce che sempre vi illumina nell’Eucaristia. Vi prego di pregare molto per i vostri pastori, di pregare per avere quanto più amore possibile per loro, perché mio Figlio ve li ha dati affinché vi nutrano col suo Corpo e vi insegnino l’amore. Perciò amateli anche voi! Ma, figli miei, ricordate: l’amore significa sopportare e dare e mai, mai giudicare. Vi ringrazio. "
(Messaggio di Medjugorje, 2 luglio 2015 )

"Cari figli, in questo tempo inquieto io vi invito di nuovo ad incamminarvi dietro a mio Figlio, a seguirlo. Conosco i dolori, le sofferenze e le difficoltà, ma in mio Figlio vi riposerete, in Lui troverete la pace e la salvezza. Figli miei, non dimenticate che mio Figlio vi ha redenti con la sua croce e vi ha messi in grado di essere nuovamente figli di Dio e di chiamare di nuovo "Padre" il Padre Celeste. Per essere degni del Padre amate e perdonate, perché vostro Padre è amore e perdono. Pregate e digiunate, perché questa è la via verso la vostra purificazione, questa è la via per conoscere e comprendere il Padre Celeste. Quando conoscerete il Padre, capirete che soltanto Lui vi è necessario (la Madonna ha detto questo in modo deciso e accentuato). Io, come Madre, desidero i miei figli nella comunione di un unico popolo in cui si ascolta e pratica la Parola di Dio. Perciò, figli miei, incamminatevi dietro a mio Figlio, siate una cosa sola con Lui, siate figli di Dio. Amate i vostri pastori come li ha amati mio Figlio quando li ha chiamati a servirvi. Vi ringrazio! "

(Messaggio di Medjugorje, 2 giugno 2013 )

"Cari figli, con amore materno io vi prego: datemi le vostre mani, permettete che io vi guidi. Io, come Madre, desidero salvarvi dall’inquietudine, dalla disperazione e dall’esilio eterno. Mio Figlio, con la sua morte in croce, ha mostrato quanto vi ama, ha sacrificato se stesso per voi e per i vostri peccati. Non rifiutate il suo sacrificio e non rinnovate le sue sofferenze con i vostri peccati. Non chiudete a voi stessi la porta del Paradiso. Figli miei, non perdete tempo. Niente è più importante dell’unità in mio Figlio. Io vi aiuterò, perché il Padre Celeste mi manda affinché insieme possiamo mostrare la via della grazia e della salvezza a tutti coloro che non Lo conoscono. Non siate duri di cuore. Confidate in me ed adorate mio Figlio. Figli miei, non potete andare avanti senza pastori. Che ogni giorno siano nelle vostre preghiere. Vi ringrazio."
(Messaggio di Medjugorje, 2 maggio 2012)

"Cari figli, come Madre sono felice di essere in mezzo a voi, perché desidero parlarvi nuovamente delle parole di mio Figlio e del suo amore. Spero che mi accoglierete col cuore, perché le parole di mio Figlio ed il suo amore sono l’unica luce e speranza nella tenebra del momento attuale. Questa è l’unica verità e voi, che la accoglierete e la vivrete, avrete cuori puri e umili. Mio Figlio ama i puri e gli umili. I cuori puri ed umili ridanno vita alle parole di mio Figlio: le vivono, le diffondono e fanno in modo che tutti le odano. Le parole di mio Figlio ridanno la vita a coloro che le ascoltano, le parole di mio Figlio riportano l’amore e la speranza. Perciò, miei cari apostoli, figli miei, vivete le parole di mio Figlio. Amatevi come lui vi ha amato. Amatevi nel suo nome e in memoria di lui. La Chiesa progredisce e cresce grazie a coloro che ascoltano le parole di mio Figlio, grazie a coloro che amano, grazie a coloro che patiscono e soffrono in silenzio e nella speranza della redenzione definitiva. Perciò, miei cari figli, le parole di mio Figlio ed il suo amore siano il primo e l’ultimo pensiero della vostra giornata. Vi ringrazio! "
(Messaggio di Medjugorje, 2 gennaio 2016 )

Gasp! Se Errorman si imbatte in questa espressione “parole di Gesù e nostro Signore” in una qualche lettera del II secolo (oppure in un messaggio della Madonna di Medjugorje), quella per lui sarebbe ipso facto evidenza di una “fonte scritta e/o orale indipendente risalente direttamente alle parole del Gesù storico”. Stento a crederci!

Sfido chiunque a portare quei messaggi come prova dell'esistenza storica nel recente passato del suo metafisico mittente. Idem per i passi di Clemente elencati da Errorman.

E così Errorman approda a quella tendenziosa propaganda proto-cattolica nota come Atti degli Apostoli:
...il primo punto da chiarire, ai fini della nostra ricerca sulla storicità di Gesù, è se l'autore degli Atti abbia avuto accesso a tradizioni diverse da quelle a cui attinse per la stesura del suo vangelo, consegnandoci in tal modo un'altra testimonianza indipendente.
(pag. 107)
Sentiamo di cosa si tratta:
È impossibile conciliare i due racconti della morte di Giuda. ... Queste differenze dimostrano che, per la morte di Giuda, Luca attinse a una tradizione indipendente, antica almeno quanto quella su cui si basò il racconto di Matteo. Abbiamo buoni motivi per credere che al centro delle due narrazioni vi sia una tradizione storica; entrambe confermano in modo indipendente che a Gerusalemme vi era un appezzamento di terra collegato sia al denaro corrisposto a Giuda per aver tradito Gesù sia alla sua morte.
(pag. 108)
Questo è puro volgare letteralismo. Non è una vera esegesi scientifica. L'intero episodio evangelico di Giuda, dettagli annessi e connessi, è squalificabile ad occhi chiusi come pura fiction, non Storia ricordata.
 


Così Richard Carrier su Giuda:
Quando torniamo al supposto “imbarazzo” di inventare la storia che un membro dei dodici tradì Gesù, troviamo quell'argomento altrettanto debole. Come già sottolineato, l'evidenza rende improbabile che qualsiasi membro dei dodici, tanto meno di nome Giuda, fu coinvolto in tale tradimento come raffigura Marco. Nessuno sembra aver sentito parlare di questo prima di Marco. La storia del tradimento non ha alcun senso storico. Le autorità non hanno bisogno di Giuda (e tanto meno di pagarlo) per trovare o identificare Gesù (Marco 14:10-11, 14:43-50). Dato quello che Marco fa dire a Gesù in 14:49 (e quello che Gesù aveva fatto in Gerusalemme solo pochi giorni prima), le autorità sapevano a chi assomigliava, e avrebbero potuto sequestrarlo ogni volta che fosse apparso in pubblico. Non dovevano rispettare alcuna scadenza. L'idea che Gesù doveva essere processato e crocifisso illegalmente in un frettoloso processo durante la notte esattamente a Pasqua è un concetto teologico cristiano che non può aver avuto alcun ruolo nelle decisioni del Sinedrio (soprattutto dal momento che avevano prigioni per custodirlo per tutto il tempo necessario). Così, la storia nel suo complesso si presenta come fiction. L'inclusione della profezia di Gesù del tradimento di Giuda (Marco 14: 17-21), direttamente in parallelo alla sua predizione del tradimento di Pietro (14: 29-31), entrambi intesi a inquadrare l'Eucaristia e la predizione della resurrezione e dell'abbandono apostolico, mette in evidenza solo il carattere mitico dell'intero elemento della trama. Pertanto, che esso sembra (o più tardi diventò) imbarazzante non è necessariamente perché la storia è vera. In effetti, ciò deve essere improbabile, in quanto la tendenza successiva era quello di rendere il carattere e il tradimento di Giuda ancora più spregevole (e quindi più miticamente grandioso), piuttosto che mitigarlo apologeticamente  o rimuovendolo o giustificarlo (o perfino, di fatto, di renderlo più storicamente comprensibile, il che conferma che i più tardi redattori non avevano fonti originali). Ciò suggerisce che l'invenzione di Marco del tradimento di Giuda non sarebbe stato in realtà imbarazzante, perché era qualcosa che i più tardi autori trovarono utile sul piano retorico, e addirittura amplificarono. E se loro, così pure Marco.
Il fatto che il nome del traditore di Gesù significa essenzialmente “Ebreo” dovrebbe già renderci sospettosi.
Marco può averlo inteso come simbolo di particolare recente pregnanza. Sia nel nome che nell'azione, Giuda può essere un simbolo intenzionale proprio del tradimento intestino che stava distruggendo la società ebraica e inducendola a fallire di capire il regno di Dio, anche solo di recente avendo causato la distruzione di Giudea, Gerusalemme e lo stesso tempio di Dio (se Marco scrisse negli anni 70 EC, come pensa la maggior parte degli studiosi). Giuda era anche un nome notoriamente associato alla via della ribellione violenta (Giuda Maccabeo e Giuda il Galileo), che è tanto più evidente come allusione se “Iscariota” è (come molti studiosi ritengono) un aramaismo per il latino "Sicarius", i famigerati “Killers” che Flavio Giuseppe incolpa  per aver indotto Roma a recare la distruzione degli ebrei (il quale nome avrebbe ulteriormente significato che il nome completo di Giuda voleva dire in aramaico “L'Ebreo che uccide [Lui]”, il che si può pensare che sarebbe  fin troppo una coincidenza per essere storico). Il nome Giuda può anche essere destinato ad evocare i regni divisi di Giuda e Israele, un simbolo di ebrei disuniti e in guerra tra di loro, a maggior ragioone così se riconoscete che un certo numero di indizi suggeriscono che Gesù ha il ruolo nei vangeli come simbolo di Israele (come Thompson sostiene in convincente dettaglio nel The Messiah Myth), il che da solo potrebbe avere ispirato la creazione di un Giuda in opposizione a lui. Il testo di Zaccaria, da cui Matteo prende in prestito molti dettagli della sua ampliata storia di Giuda contiene anche questa stessa contrapposizione, compreso lo stesso nome di Giuda. In Zaccaria, colui che ha pagato coi trenta sicli è prossimo a “diventare pastore del gregge destinato al macello” (una descrizione adatta di Giuda nei confronti di Gesù) e quindi, abbandonando l'attività (e il gregge alla sua morte) e gettando i soldi da parte, a “rompere la fratellanza tra Giuda e Israele” (il punto stesso della storia di Giuda: è possibile prendere i soldi e morire, oppure seguire Gesù e vivere, quindi ricongiundendosi o al Nuoco Israele oppure alla tomba). Matteo quindi vide questo stesso valore simbolico della storia di Giuda, che lo ispirò a esagerarla con ancora più dettagli derivati dalle scritture. Marco può aver avuto la stessa idea a sua volta. Quindi, se questa possibilità è del tutto probabile dev'essere esaminata prima di poterla escludere (io la esaminerò nuovamente nel mio prossimo volume).
Quindi, anche qui un argomento del Criterio di Imbarazzo ottiene poca trazione. Invece, le probabilità a posteriori cadono a favore della fabbricazione della storia di Giuda, e anche un pò  a favore della fabbricazione del detto sui dodici troni, dal momento che l'ipotesi di “fabbricazione” rende tutta l'evidenza più probabile. Se le probabilità a priori favoriscono a loro volta, le probabilità a posteriori prevalgono, e dovremmo concludere che la storia di Giuda è un mito, e il detto sui dodici troni solo eventualmente autentico al meglio.

(Proving History, pag. 94-95, mia libera traduzione)
Errorman continua:
...il vangelo di Matteo e il libro degli Atti forniscono resoconti diversi, pertanto gli Atti rappresentano una tradizione indipendente. In secondo luogo, la versione degli Atti attesta chiaramente la sua lontana origine palestinese ... Si tratta di una tradizione che risale alla primitiva comunità cristiana della Palestina.
(pag. 109)
Questa è l'ennesima fallacia logica di Errorman: solo perchè qualcuno tradisce origini palestinesi allora quel qualcuno conosce Gesù. Ma non ci hanno detto i folli apologeti che Gesù era un ebreo marginale? E allora perchè *chiunque* ostenti conoscenza di aramaico deve averlo per forza conosciuto?

Ma non è finita la farsesca logica di Errorman. Solo perchè l'autore di Atti mette in bocca a Paolo una frase messa a sua volta in bocca a Gesù allora quella frase sarebbe autentica nonostante lo stesso Errorman dubita che il Paolo storico ne fosse stato a conoscenza!
È legittimo dubitare che Paolo conoscesse quella frase di Gesù, ma evidentemente Luca lo ritiene e, quel che più importa per le nostre valutazioni, è una tradizione che riporta una frase di Gesù che non ha equivalenti in nessuno dei vangeli. Il libro degli Atti offre pertanto un'altra dimostrazione, autonoma dai vangeli, che i cristiani delle origini erano persuasi che Gesù fosse stato un ebreo e un maestro di morale, ucciso a Gerusalemme dopo essere stato tradito da Giuda, uno dei suoi seguaci.
(pag. 109)
Solo perchè un folle apologeta proto-cattolico, nonchè un volgare propagandista anti-marcionita come l'autore di Atti “evidentemente lo ritiene” vero, allora, in virtù di quel motivo soltanto, quella frase diventa autenticamente gesuana, secondo la strana logica di Errorman. Che vergogna veder ridotto un presunto studioso liberale come Bart D. Ehrman alla stregua del più ignobile bugiardo per Cristo della più oscurantista e reazionaria genia di folli apologeti che il cristianesimo avesse mai partorito!!!

Errorman qui è ad un passo dall'esaltare la classica edulcorata “eccezione cristiana” che si distingue dal circostante mondo pagano. Nonostante riconosca le consuetudini letterarie dell'epoca:
Sappiamo da storici antichi quali Tucidide che era consuetudine di chi scriveva la storia inventare i discorsi dei personaggi principali. Nell'antichità non c'era altro modo per introdurre un discorso in una biografia o in un'opera storica: non accadeva quasi mai che gli autori fossero presenti e udissero quanto era enunciato in una determinata circostanza, e non capitava quasi mai, se pure è capitato, che qualcuno prendesse appunti. Gli storici, come ci informa Tucidide, elaboravano i discorsi che sembravano adeguati alla circostanza.
(pag. 109)
...ecco immediatamente riflessa la “tipica” eccezione cristiana, degna di venire menzionata in ogni manuale di apologetica tascabile che si rispetti, e il libro di Errorman non fa eccezione:
I discorsi trascritti negli Atti, tuttavia, sono particolarmente degni di nota perchè, in molti casi, non sono frutto della fertile immaginazione di Luca, ma si basano sulle tradizioni orali. Siamo giunti a tale conclusione perchè alcuni brani di quei discorsi rappresentano posizioni teologiche poco compatibili con le opinioni di Luca, come possiamo constatare da un'attenta lettura della sua opera in due volumi.
(pag. 110)
Queste tradizioni primitive tratte dai discorsi degli Atti offrono un'immagine inequivocabile di Gesù. Sono antiche almeno quanto i racconti evangelici superstiti che lo riguardano e, cosa altrettanto importante, ne sono assolutamente indipendenti.
(pag. 113)
E se anche fosse (che tali discorsi “rappresentano posizioni teologiche poco compatibili con le opinioni di Luca”), cos'hanno da dire di STORICO delle banali, innocue “posizioni teologiche” ? Per definizione, la teologia non è Storia. Quindi che l'autore di Atti vada a preservare delle mere posizioni teologiche più o meno eretiche rispetto alle sue, che cosa ha da funzionare come EVIDENZA del Gesù storico?  Un nulla di fatto.

Altrettanto imperdonabile è la fallacia logica di Errorman in questo caso:

1) l'autore di Atti attribuisce dei discorsi ai suoi personaggi.
2) quei discorsi rivelano posizioni teologiche non compatibili con quelle dell'autore di Luca.
3) “perciò” quelle posizioni teologiche sono state attinte da fonti precedenti.

Provo ad applicare la stessa logica contorta ad un romanzo fantasy di George R. Martin, ad esempio La Danza dei Draghi. Ogni capitolo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è la narrazione in prima persona del punto di vista di un personaggio della saga distinto dagli altri. 


Il risultato è sorprendente:

1)  George R. Martin attribuisce dei discorsi ai suoi personaggi.
2) quei discorsi rivelano posizioni non compatibili con quelle di altri personaggi, ancor meno con quelli simpatici al suo autore.
3) “perciò” quei discorsi George R. Martin li avrebbe attinti da fonti precedenti!!!

A ragione, Il consensus moderno sugli Atti degli Apostoli considera quell'opera una mera fiction, dal valore storico quasi nullo (che non sia la sua mera funzione di propaganda proto-ortodossa anti-marcionita).

Ma ormai Errorman ha davvero stufato. Continua imperterrito con le sue allucinazioni di fonti e narrazioni orali pre-evangeliche dappertutto.
Non è una storia inventata da Marco: era in circolazione dai tempi delle prime narrazioni orali.
Che le tradizioni sulla vita e sulla morte di Gesù si diffondessero nei primi anni della comunità cristiana, indipendentemente dal vangelo di Marco, lo dimostrano, in modo quasi paradossale, anche alcune fonti successive.
(pag. 267, mia enfasi)
Addirittura, Errorman arriva qui ad allucinare, dietro fonti evangeliche posteriori a Marco, delle fonti pre-evangeliche anteriori a Marco!!! E perfino lui riconosce il paradosso al quale è costretto nondimeno a credere, pena altrimenti - Dio non voglia! - l'evaporazione della sua beneamata *ipotetica* evidenza di un Gesù storico (come se non fosse già evaporata, a questo punto del suo libro).

Quindi Errorman passa alle epistole falsificate a nome di Paolo. Errorman ostenta sommo gaudio di vedere indizi storicisti in quelle epistole falsificate, dimenticando che una epistola falsificata ha il valore di una patacca:

Fra i testi che circolarono a nome di Paolo ve n'è un certo numero che l'apostolo non scrisse. Tra questi vi è la Prima lettera a Timoteo...
...neppure Pietro probabilmente scrisse i libri neotestamentari che recano il suo nome.

(pag. 114)
Una volta, un folle apologeta cattolico del Net disse che quelle epistole fabbricate sotto falso nome avevano comunque valore di evidenza, dato che, scrivendo sotto il nome di Paolo, quantomeno ne condividevano intimamente il pensiero se non altro per una logica di continuità. Ma allora questo dovrebbe valere anche per la proto-gnostica Epistola agli Efesini, la quale contiene passi che non lasciano dubbi sulla reale consistenza ontologica delle entità che crocifissero Gesù (mi riferisco ai misteriosi arconti di questo eone), secondo il suo “Paolo”:
La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
(Efesini 6:12)
Infine, Errorman si rivolge alla Lettera agli Ebrei.
Come ultimo esempio mi rivolgerò alla Lettera agli Ebrei, un testo scritto da un autore anonimo che fu accettato nel canone del Nuovo Testamento dai padri della Chiesa, erroneamente convinti che fosse stato prodotto da Paolo. Il testo non trae nulla dalle epistole paoline e non dà segno di avere alcuna dimestichezza con i vangeli. Eppure, contiene numerosi riferimenti alla vita del Gesù storico. I passi seguenti sono solo alcuni che vale la pena esaminare:

Gesù è apparso “in questi giorni (1, 2).
Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio (vale a dire, tramite le sue enunciazioni; 1, 2).
Ha “compiuto la purificazione dei peccati” (ovvero, ha sofferto una morte cruenta; 1, 3).
Dio gli ha detto “Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato” e ha dichiarato “Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio” (1, 5).
E' stato il primo a parlare di una salvezza tanto grande (2,3).
Dio ha convalidato la testimonianza con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo (2, 4).
Ha sperimentato la morte a vantaggio di tutti per la grazia di Dio (ovvero, senza avvalersi del conforto divino; 2, 9).
È stato reso perfetto mediante la sofferenza (2, 10).
È divenuto partecipe della carne e del sangue (2, 14).
Si è reso del tutto simile ai fratelli (gli ebrei? tutti gli esseri umani? 2, 17).
È stato messo alla prova (2, 18) escluso il peccato (4, 15).
È stato fedele a colui che l'ha costituito (3, 2).
Ha offerto preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte (presumibilmente prima della crocifissione 5,7).
Ha imparato l'obbedienza dalle cose che patì (5, 8).
È stato crocifisso (6,6; 12,2).
È germogliato da Giuda (7,14).
Parlando di Dio, ha impartito questo insegnamento: “Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici nè offerte, nè olocausti nè sacrifici per il peccato” (10,8).
Ha soggiunto: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà” (10,9).
Ha patito fuori della porta della città (13, 12).
Ha subito l'obbrobrio (13, 13).
(pag. 116-117)

Quei passi parlano perlopiù di sofferenze del Figlio, senza dir nulla su chi le aveva causate, quando e perchè.

Anche il libro dell'Apocalisse parla delle sofferenze metafisiche che attenderà Satana:

Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell’Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po’ di tempo.
...
E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.

(Apocalisse 20:2-3,10)
Ma quelle sofferenze non rendono Satana più reale (tantomeno la “bestia” e il “falso profeta”). Quindi, per quale motivo di grazia, le sofferenze metafisiche del Gesù cosmico nella Lettera agli Ebrei dovrebbero rendere Gesù più storico?

Ma Errorman è ossessionato dalle sue fonti inesistenti:

...persino una breve epistola come la Lettera di Giuda cita gli apostoli (versetto 17) il che presuppone, ovviamente, che Gesù fosse vissuto e avesse avuto dei seguaci.
(pag. 106)
Per Errorman, dire “apostolo” significa solo dire “emissario di un Gesù storico”, e non invece “visionario del Gesù mitico” come lascia intendere chiaramente Paolo:
Non sono forse libero, io? Non sono forse un apostolo? Non ho visto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore?
(1 Corinzi 9:1)
Ed ecco l'ennesimo passo falso di Errorman, che tradisce tutta la sua inconsistenza logica:
Da quanto possiamo dedurre, tutti gli autori neotestamentari erano a conoscenza del Gesù storico. L'unica eccezione potrebbe essere rappresentata dall'autore della Lettera di Giacomo che menziona Gesù solo due volte di sfuggita (Gc 1,1; 2,1), senza dire altro sulla sua vita terrena.
(pag. 106)

Che amara ironia della sorte, vero? Proprio Giacomo, l'amato e “utilissimo” fratellino di Gesù, sul quale tanto si sgoleranno gli storicisti alla Errorman, ebbene proprio lui non solo non si presenta come tale, ma non dice “altro sulla sua sua vita terrena”. Quella lettera di Giacomo non sembra dire nulla di cristiano propriamente detto. Forse non fu neppure scritta da un cristiano nella versione originale, se si escludono quelle due frasi:

Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse nel mondo, salute.
(Giacomo 1:1)

Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo.
(Giacomo 2:1)
Pardon?!? “Fratelli miei” ? Proprio Giacomo, il famigerato “fratello del Signore” di Galati 1:19, si mette a chiamare con disinvoltura altri cristiani coll'appellativo di “fratelli miei”? E se erano suoi fratelli per sua stessa ammissione tutti i destinatari battezzati della lettera, non dovrebbero essere allora quest'ultimi, per la banale virtù transitiva, a tutti i titoli “fratelli del Signore” pure loro?

Con quest'ultimo totale fiasco nel vagliare l'evidenza, Errorman termina l'ennesimo capitolo del suo ridicolo “Gesù è davvero esistito?” dando al lettore ulteriori più motivi per dubitare che per persuadere davvero delle sue opinioni.

Se c'è un particolare che ha colpito me, e me soltanto, del libro di Bart Errorman è l'enfasi ossessiva che il suo autore pone sul RICORDO come  incontrovertibile evidenza che quanto sia finito nei vangeli e/o nelle epistole costituisca, per quanto edulcorato o sfocato, l'impronta lasciata da un Gesù storico.
Per Errorman, tutti i cristiani, di tutte le comunità, ricordavano. I più vecchi ricordavano. Giovani e donne ricordavano. Ebrei e gentili ricordavano. Gente di ogni razza, luogo e cultura ricordavano. Perfino i bambini ricordavano. Tutti erano chiamati, ciascuno a suo modo proprio, a ricordare. A momenti, sembrano talmente automi deterministici allorchè ripresi nell'atto di ricordare, loro e solo loro (i primi cristiani), che quasi scommetterei sul ricordo come primitiva espressione di una sacra esperienza mistica. Ma a quel punto, se devo vedere declinato ogni forma possibile di ricordo dell'ipotetico Gesù storico solo come esperienza mistica (dal momento che, parola di Bart Errorman, SOLAMENTE i cristiani erano interessati a ricordarlo, al di là della loro differente provenienza), che cosa mi garantisce che il “ricordo” fosse veramente il movente dei primi cristiani e non piuttosto il mero mezzo per “vedere” ciò che chiunque fosse stato sprovvisto della fede non poteva, non sarebbe invero mai riuscito, a vedere VERAMENTE?

Il “ricordo” stesso su cui tanto enfatizza Errorman rischia allora di trasformarsi nel ricordo allucinato della propria malcelata illusione e auto-illusione: “ricordarsi” cosa “veramente” avvenne significa forzare sé stessi a cogliere in extremis le ultime vestigia del sacro che era ed ora non è più, al crepuscolo del medesimo, al tramonto dell'iniziale improvviso miraggio estatico delle prime visioni e rivelazioni. Se i cerchi concentrici di ciò che Errorman chiama ricordo (nelle sue varie inevitabili declinazioni) diventano sempre più piccoli senza mai riuscire a ridursi finalmente al centro della circonferenza - ovvero, senza mai risolversi nell'offerta di una prova oggettiva e universale della storicità di Gesù, vale a dire una prova EVIDENTE - alla luce del fatto che perfino Errorman è costretto a ipotizzare l'esistenza delle sue fonti indipendenti dietro vangeli ed epistole -, allora il dubbio è sollevato che al centro del ricordo non vi sia affatto un uomo ebreo realmente esistito, ma al contrario, perfino al di là di esso (perfino, cioè, fregandosene totalmente della sua reale o meno storicità), qualcosa che per definizione è invisibile agli occhi, e in quanto invisibile, SLEGATO del tutto dai normali vincoli alla cui osservanza lo stesso ricordo dovrebbe quantomeno prestarsi (poichè tutto ciò che quei vincoli chiedono è solo una banalissima prova oggettiva ed evidente dell'esistenza del presunto uomo ricordato).

Il ricordo di cui parla Errorman, che gli piaccia o meno, è ricordo allucinato, nostalgia melanconica dell'estasi originaria collettiva, l'atto triste e auto-consolatorio di chi non ricorda più l'improvvisa irruzione della luce (e dell'uomo di luce) nelle tenebre del passato (la tristezza essendo dovuta all'altrettanta impossibilità di irradiare il presente mediante quella medesima luce che una volta, e una volta sola, irradiò bruscamente il passato). Si fa strada la domanda se davvero fu necessario ai cristiani del I secolo un Gesù storico per sentirsi già nel regno di Dio “escatologicamente realizzato”. Serve davvero un Buddha ai buddisti per credere al Nirvana? Se tu riconosci la sincerità mistica di Paolo nell'esperire sulle vette del Terzo Cielo il suo Cristo mitico, pensi che gli occorra davvero un Gesù della Storia? Non si rivelerebbe invece un “Gesù storico” improvvisamente necessario, in tutta la drammatica evidenza tipica di una tale, improvvisa necessità, al drammatico risveglio della coscienza? Ossia al momento tragico e pur inevitabile in cui si comincia a realizzare gradualmente, sotto l'incalzante pressione dei più svariati e inevitabili eventi esterni, che l'incanto mirabile delle prime visioni del Cristo non solo non basta più, ma è perfino reso oggettivamente impossibile, quasi chimerico, a fronte di un fatto tanto banale quanto frustrante: il mondo, questo mondo, i cui “dominatori” si sono permessi di crocifiggere “il Signore della gloria”, continua ad esistere. La sua stessa esistenza è un affronto, un'umiliazione, un ridere in faccia alla “verità” pur sinceramente esperita col sacro misticismo originario.
La pienezza dell'Essere Meraviglioso che si è “visto” rischia sinistramente di tramutarsi nella nichilistica negazione di un mondo colpevole solo di continuare ad esistere nell'indifferenza di quell'originario mirabile incanto, e nulla può contro di esso perfino il “ricordo” di cui parla Errorman, un ricordo che a quel punto - spero il lettore l'abbia capito - è solo è soltanto un modo come un altro di elemosinare ancora per poco quell'entusiasmo estatico originario, per distillare con le lacrime agli occhi le ultime gocce del sacro o di quel che vi rimane, quella luce intesa a dileguarsi e a perdersi fatalmente. Le buone nuove del primo vangelo, chiunque esso sia, nascondono in realtà le cattive nuove: cosa fare di un mondo colpevole di non vedere ciò che noi cristiani, e solo noi, abbiamo visto e udito?

Le risposte a quella domanda (quella sì) saranno molteplici e indipendenti. C'è chi darà la colpa al mondo e al suo creatore. C'è chi risparmierà il creatore dalle critiche ma incolperà il suo mondo. E c'è infine chi si affaticherà a scusare e il mondo e il suo creatore. Ma in tutti i casi, il “ricordo” come lo intende Errorman non fu una delle cause di quel sinistro interrogativo, bensì la sua unica goffa e precaria, e soprattutto artefatta, “soluzione”.

NOTE:



 

[1] Il prof Avalos continua la citazione da me tradotta con le seguenti, rivelanti parole:
Sebbene Johnson realizza che molte delle pretese soprannaturali circa Gesù non possano essere confermate storicamente, lui aggiunge che “la sola reale conferma della pretesa che Cristo è che cosa il credo afferma lui essere, cioè, luce da luce, Dio vero da Dio vero, è da trovarsi nella qualità della vita dimostrata da coloro che fanno la sua confessione”. Johnson, naturalmente, assume che questa “qualità di vita” basata sull'imitazione di Gesù deve essere completamente buona.
(ibid., pag. 8, mia libera traduzione)

sabato 20 febbraio 2016

Sulla follia apologetica di Bart Errorman (II)

STUPIDI: Vedi Cristiani, Ignoranti, Credulità, Fede, ecc. Gli increduli, che sono stupidi, vedono con i loro occhi profani solo stupidaggini e stupidi nella nostra santa religione. Vi scorgono un dio stupido che si lascia stupidamente crocifiggere, stupidi apostoli, stupidi misteri, stupide opinioni, stupide diatribe, stupide pratiche che occupano stupide persone e fanno vivere preti che non sono affatto tanto stupidi.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768) 

Bart Ehrman ha fatto un enorme favore ai miticisti e ai Jesus Agnostics di tutto il mondo, con la pubblicazione di questo suo libro di facile lettura tradotto in tutte le lingue occidentali: Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica, Mondadori 2013.
Chiunque lo legge, infatti, realizzerà fin da subito che Bart Errorman è veramente la reincarnazione di Gesù il Cristo. Come lui, egli ha trasformato il “possibile” e l'“impossibile” in ipso facto “probabile”. Egli non ha moltiplicato pani e pesci, ma ha fatto di più: ha moltiplicato a dismisura il numero di *ipotetiche* fonti scritte precedenti attinte dagli evangelisti, ha dichiarato perentoriamente la loro esistenza e come se ciò non bastasse, ha addirittura postulato dietro di loro, con la medesima granitica certezza, l'esistenza di ancor più antiche *ipotetiche* tradizionali orali, mostrandosi per tutto il tempo pronto a mettere la mano sul fuoco sulla loro natura di evidenza *certa, veritiera, affidabile*, dell'esistenza di un uomo chiamato Gesù. Facendo di quest'ultimo praticamente il personaggio storico più amato e testimoniato in tutta la prima metà del I secolo dell'Era Comune, oltre che in tutta la storia del genere umano.
Sorge e insorge allora il dubbio se in tutto questo tempo Bart Errorman, l'autore di così tanti fortunati libri che si divertiva a scalfire di continuo l'affidabilità delle scritture cristiane, che quasi ironizzava sulla strana luce degli occhi - la luce della follia? - di un certo allucinato profeta apocalittico ebreo fallito, non abbia fatto altro invece che considerare Gesù all'identica maniera con cui lo hanno interpretato e continueranno a interpretare ad nauseam i più ottusi tra i folli apologeti cristiani: ossia come il Gigante che ha spaccato in due tronconi la storia del mondo, come un “più che uomo” rispetto ai suoi stessi contemporanei. E quel che trovo personalmente più imbarazzante, che abbia sottobanco ammirato l'uomo, o meglio il “più che uomo”, tradendo una certa nostalgia del suo passato tra fondamentalisti cristiani. E perciò riducendosi da ultimo alla loro medesima stregua.

L'argomento di Bart Errorman, per quanto concerne i vangeli, è il seguente e quasi mi vergogno di darne una così semplice sintesi (si tratta, dopotutto, dell'“argomento” di un accademico, con tutto quello che ciò voglia dire) ed il lettore capirà subito le ragioni del mio imbarazzo:

1) è possibile che i vangeli si basano su fonti scritte ora perdute che confermano la storicità di Gesù.
2) “perciò” (!), è probabile che i vangeli si basano su fonti scritte ora perdute che confermano la storicità di Gesù.
3) è possibile che le fonti scritte di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 si basano a loro volta su tradizioni orali ancor più anteriori (perfino di Paolo).
4) “perciò” (!), è probabile che le fonti scritte di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 si basano a loro volta su tradizioni orali ancor più anteriori (perfino di Paolo).
5) è possibile che le fonti scritte e orali di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 (!) e al punto 4 (!) veicolano tra le altre cose veritiere e affidabili informazioni sulla vita di Gesù.
6)  “perciò” (!), è probabile che le fonti scritte e orali di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 (!) e al punto 4 (!) veicolano, tra le altre cose, veritiere e affidabili informazioni sulla vita di Gesù.
7) “perciò” (!!!), Gesù è esistito.

Si noti la candida disinvoltura, quasi ingenua, con la quale Errorman passa dal possibile al probabile in un batter di ciglio all'interno dello stesso paragrafo (fallacia logica del possibiliter ergo probabiliter) e quel che ancor più disturbante, senza ostentare un briciolo di sana evidenza di quel che proferisce, anzi con una sorta di sadico piacere nel puntare il dito alle incongruenze e contraddizioni presenti non solo nei nostri vangeli (il che è pacifico) ma anche nelle sue *ipotetiche* fonti scritte e/orali precedenti, quasi che questo sia sufficiente a provarne la maggiore veridicità storica (che è in fondo la sua tesi, quello che lui vorrebbe dimostrare) e non piuttosto - come sarebbe decisamente più logico aspettarsi - a metterla ulteriormente a loro volta in discussione.
La cosa ridicola è che mentre Errorman si autoconcede, a  lui e solo lui, il lusso di sentenziare apoditticamente in simile maniera senza offrire la minima argomentazione analitica:


Erano persone in carne e ossa; avevano udito storie su Gesù, forse avevano letto alcuni racconti della sua vita e decisero di scrivere la propria versione dei fatti.
(pag. 82)

...egli non concede all'interlocutore miticista di turno neppure la mera possibilità di poterlo imitare nel suo medesimo e colpevole errore logico:

Uno dei punti deboli della tesi di Wells è la presunzione di sapere che cosa avrebbe fatto Paolo. Cercare di indovinare il pensiero di qualcuno è sempre un'iniziativa pericolosa dal punto di vista storico, in particolar modo se questo qualcuno è vissuto duemila anni fa, non ne abbiamo una conoscenza approfondita e abbiamo un accesso limitato alla sua persona. Dove sono le prove che suggeriscono cosa avrebbe fatto Paolo?
(pag. 136, mia enfasi)

E non si creda che Errorman è solo in questa manifestazione di assoluta demenza mista a squallida saccenza.
Sono in sua degna compagnia tutti coloro vittima dell'illusione che bastino almeno DUE soli fonti evangeliche *indipendenti* per farle risalire, previa impugnatura del Rasoio di Occam, ad un unico originatore storico delle stesse e provare così definitivamente la storicità di Gesù. Molto, troppo spesso, questi sedicenti storicisti (ovvero persone che credono che Gesù sia esistito senza giammai pensarlo davvero) ignorano che a quel fine devono non solo dimostrare l'esistenza di tali fonti ipotetiche (e perfino Kloppenborg, il più abile apologeta della fonte Q, si sente costretto a ribadirne la sua natura *ipotetica*) ma anche la loro affidabilità (non decisamente il forte dei vangeli, come lo stesso Errorman ha contribuito a provare nei suoi libri migliori, quindi non si capisce perchè il giudizio sulle loro fonti non dovrebbe essere quantomeno analogo).

E per dare un'idea di come perfino la semplice postulazione dell'ipotesi Q (ovvero di un materiale comune a Luca e a Matteo, “ma non a Marco”) si risolva bruscamente nel più caotico riflesso delle più selvagge speculazioni (quasi a frustrare le nostre aspettative su un'ipotesi cosiddetta “semplice” e per giunta sollevata dai suoi apologeti brandendo fieramente Occam) è sufficiente dare una rapida scorciatina alle varie differenti istanze in cui l'ipotesi Q è declinata a seconda dello pseudo-storico di turno, crogiolandosi nella palude delle loro diverse sensibilità, rivelando da ultimo come perfino la sua “semplice” assunzione è ben lungi dal tradursi ipso facto in maggiore certezza di cosa precisamente sia da chiamarsi “Q” e tantomeno di cosa debba essere considerato, al varco della decisione finale, “autenticamente gesuano” in virtù della sua mera appartenenza a Q:

(tutte queste figure sono state attinte da questo libro).

Qui addirittura si ipotizzano fino a milioni di fonti precedenti, quasi a voler far rivoltare apposta il buon Occam nella tomba. Questa figura sembra davvero meglio approssimare l'opinione di Errorman sulle sue fonti immaginarie:

 
Vi sembra che tutto questo postulare dappertutto fonti precedenti sia un omaggio al Rasoio di Occam?
Non lo credo proprio. Nel momento in cui Errorman lega all'ipotesi Q il suo argomento in supporto della storicità di Gesù, condanna fatalmente tutti coloro che mettono in dubbio Q, perfino chi ne nega addirittura l'esistenza (dagli accademici sinceramente storicisti Mark Goodacre e Markus Vinzent, tanto per citare due nomi soltanto, fino all'ultimo lettore ignaro perfino di cosa cazzo sia “Q”) ad aver meno diritti di credere alla storicità dell'uomo, perchè incapaci, a differenza di Errorman, di “vederne” l'evidenza riflessa tramite Q.
Ma magari si fosse limitato a Q. Neppure Errorman è soddisfatto da quella fonte, considerata la fretta con cui introduce a bruciapelo l'esistenza di milioni di fonti scritte/orali anteriori ai vangeli in aggiunta alla sua salda proverbiale ostentazione di fiducia nella loro affidabilità & veridicità intrinseche.

Quest è il suo davvero caratteristico modo di “provare” (!) innanzitutto l'esistenza di quelle fonti:

Tutte le fonti scritte cui ho accennato sono precedenti ai vangeli in nostro possesso, convalidano molte informazioni essenziali su Gesù presenti nei vangeli e, cosa più importante, sono tutte indipendenti l'una dall'altra.
(pag. 75)

Talvolta i miticisti, desiderosi di sminuire il valore dei vangeli come fonte per stabilire l'esistenza storica di Gesù, sottovalutano che i resoconti superstiti, la cui stesura è iniziata una quarantina d'anni dopo la data tradizionale della sua morte, si basano su testi scritti che non ci sono pervenuti. È evidente che quei testi sono esistiti, anche se non sappiamo quando, ed è altrettanto evidente che sono anteriori ai vangeli in nostro possesso.
(pag. 78-79)

Matteo ha attinto a sua volta ad alcune fonti scritte. Come ho fatto notare, si è servito del testo di Marco, più ancora di quanto abbia fatto Luca, e della Fonte Q. Anche Matteo, tuttavia, include molte storie reperibili solo nel suo vangelo: la visita dei magi al neonato Gesù per adorarlo, per esempio, o la parabola delle pecore e dei capri all'epoca del giudizio finale. Quelle storie sono state tratte senz'altro dalla/e fonte/i a cui ha attinto il solo Matteo, che gli studiosi hanno di conseguenza designato come Fonte M. Al pari della Fonte L, la Fonte M può essere stata composta da un singolo documento scritto, da una quantità di documenti, oppure da una combinazione di tradizioni orali e fonti scritte.
(pag. 81)

...E questo è il suo simpaticissimo modo di “provare” (!) parimenti in secondo luogo l'affidabilità di quelle fonti:
Luca ereditò le tradizioni orali su Gesù e il suo legame con Nazaret, e trascrisse quanto aveva udito. Le vicende che Luca aveva sentito raccontare forse erano fedeli alla realtà o forse non lo erano...
(pag. 73-74, mia enfasi)
Non intendo sostenere, neppure in questo caso, che ogni studioso concordi su ogni dettaglio. Al contrario, gli esperti discutono animatamente su molti temi specifici.
(pag. 79, mia enfasi)

 Davvero non capisco: a che serve raddoppiare, triplicare, quadruplicare e così via all'infinito il numero di *ipotetiche* fonti scritte e/o orali dietro i nostri  4 vangeli per poi essere il primo a provare insana goduria nel debunkarle, reiterando ad nauseam il solito ritornello che quelle fonti sono intese a “dichiarare verità religiose, non fatti storici” ?

Per nulla esausto di vendere ipotesi sopra ipotesi come se fossero fatti certi, Errorman insiste nella sua ossessione:
Anche Luca si servì di altre fonti, come dichiara egli stesso. Non ci fa sapere quante fossero. Sono tante le storie reperibili solo nel suo vangelo, per esempio le parabole del figliol prodigo e del buon samaritano enunciate da Gesù. Luca deve averle ricavate altrove; gli studiosi forniscono da tempo elementi concreti per pensare che Luca non si sia inventato tutto.
(pag. 79)

Avendo detto quell'ennesima stronzata, ormai non ci sono più dubbi che il Gesù storico teorizzato da Errorman è solo a parole una figura piuttosto insignificante e poveramente attestata durante la sua esistenza: in realtà il Gesù storico, per Errorman, è ad un passo dall'essere in realtà la figura meglio attestata in tutta la Storia del genere umano! Vanno così a farsi benedire tutti gli (ipocriti) scrupoli dei folli apologeti cristiani sotto mentite spoglie di storici quando intendono rassicurare i loro lettori laici che il Gesù della Storia è figura assai più umile e modesta - un genuino ebreo marginale, che più marginale non si può - rispetto al pomposo e infallibile Cristo della fede. Se una tale figura è capace di far immaginare a Bart Errorman l'esistenza di milioni di fonti scritte pre-evangeliche su di lui praticamente ex nihilo, ovvero senza che egli possa mai dimostrarla davvero, allora Errorman è costretto a gettare la maschera e a rivelarsi per quel che egli è veramente: un banale folle apologeta criptocristiano che non è mai diventato agnostico in cuor suo, tantomeno ateo. Perchè solo uno che è intimamente CRISTIANO è capace di “sentire” con tale ossessivo auto-controllo che “Gesù esistette” nonostante nella condizione di non poterlo mai dimostrare portando della sana EVIDENZA.

Errorman ci risparmierà dalla prossima sciocchezza ? Lui ha appena dato prova di moltiplicare a volontà i “pani”, ovvero le *ipotetiche* fonti scritte pre-evangeliche: non sarà che ora si accinga parimenti a moltiplicare oltre misura i “pesci”, ovvero le *ipotetiche* tradizioni orali anteriori a quelle altrettanto *ipotetiche* fonti scritte?

Ebbene, sì, purtroppo:
Da quanto ne so, tra le nostre fila non vi sono più critici delle forme che concordano alla lettera con le formulazioni di Schmidt, Dibelius e Bultmann, i pionieri di tale interpretazione. Ma l'idea fondamentale da cui partirono, l'idea che, prima della stesura dei vangeli, prima della produzione delle fonti da cui i vangeli trassero il loro materiale, vi fossero in circolazione tradizioni orali su Gesù, che gli episodi della sua vita fossero narrati e ripetuti, che cambiassero forma e talvolta fossero frutto di invenzione, è tuttora ampiamente condivisa.
(pag. 85)

Con quelle parole, Bart Errorman ha definitivamente oltrepassato il limite. Ora si spiega, visto quant'è irrimediabilmente ottuso Errorman nel proferire quelle parole, perchè i suoi simili in Italia, e qui mi riferisco ad Adriana Destro e Mauro Pesce, siano altrettanto straordinariamente ottusi e contorti quando scrivono:
Crediamo che nei racconti dei Vangeli siano rimaste delle tracce non cancellate che ci consentono in certi casi di intravedere ciò che accadde. Le tracce sono segni certi di ciò che è avvenuto in passato. Come quando la marea si ritira e la sabbia terrosa della laguna è piena di impronte, di indizi più o meno nitidi di vite che non ci sono più.
Sappiamo però che c'erano.
(estratto da La morte di Gesù: Indagine su un mistero, Rizzoli 2014, mia enfasi)

Quella è follia pura. Totale bancarotta della mente e del pensiero. A detta dei vari Errorman, Destro, Pesce, Augias, ecc, il Gesù storico esisterebbe perchè dietro i nostri vangeli esisterebbero un sacco di *ipotetiche* fonti scritte più o meno affidabili e corroborantesi a vicenda, dietro le quali vi sarebbero all'origine le stesse parole del Gesù storico, a sua volta (!) assunto come esistente (!) nonostante il non trascurabile problemino che QUELLO è esattamente ciò che si deve provare!

La lama affilata del Rasoio di Occam reciderebbe all'istante un tale mostruoso uroboro partorito dalle peggiori fantasie di Errorman, ovvero il classico serpente che si morde la coda scaturito dal suo meraviglioso esempio di ragionamento circolare.

Mauro Pesce e Adriana Destro in particolare andrebbero accusati di follia apologetica cristiana come e peggio di Bart Errorman, dal momento che anche loro sono colpevoli a più riprese di ammiccare assurdamente ad *ipotetiche* fonti pre-evangeliche mancando del tutto di convincerci per quale motivo di grazia dovremmo credere
a) alla loro esistenza
b) alla loro presunta veridicità e affidabilità storica

...ancor più quando gli stessi vangeli (quelli sì esistenti!) ci spingono ancora e ancora verso le opposte conclusioni:

a) che sono autentiche opere d'arte letterarie, dove pressochè ogni verso serve a fare il punto simbolico-midrashico-ironico con il precedente e viceversa all'interno di una sapientissima ed elaboratissima costruzione,
b) che sono ben lontani dall'essere veritieri e affidabili su molte, troppe cose (e questo non c'è neppure bisogno di dirlo).


Almeno Bart Errorman ha all'attivo libri come “Gesù non l'ha mai detto. Millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei Vangeli”, o Sotto falso nome. Verità e menzogna nella letteratura cristiana antica”, almeno Bart Errorman non crede alla storicità di Giuseppe d'Arimatea [1], almeno Bart Errorman ha contribuito a laicizzare di molto il dibattito sulle fonti evangeliche scrivendo libri come How Jesus Became God (dove arriva a dare ragione a Richard Carrier: Gesù fu considerato un angelo nella più antica testimonianza scritta).



Pesce non ha fatto nulla di tutto questo e a causa di ciò io trovo scandaloso e immeritato la sua fama di autore illuminista quando dei Lumi non ha nè la ragione né tantomeno il necessario giudizio critico per la messa in discussione non solo della storicità di questo o quell'episodio evangelico, ma della stessa storicità di Gesù.
Peggio di Errorman, peggio di Pesce, peggio di Destro, in Italia c'è solo Corrado Augias, il quale addirittura ha appreso alla lettera - docet Errorman - le facoltà magiche di far scaturire *ipotetiche* fonti scritte e/o orali dai nostri miseri vangeli che si mette a scrivere addirittura un romanzo “sulle ultime 18 ore di Gesù”, ammiccando tra una riga e l'altra al lettore il malcelato proposito di farlo passare addirittura come “storico” in ragione del fatto che il suo racconto suonerebbe più “realistico” degli altri. Ma almeno Corrado Augias è sincero, visto che fa alla luce del Sole ciò che fa Bart Errorman implicitamente nel suo libro: ovvero sognare ad occhi aperti le fonti *ipotetiche* la cui esistenza lui desidera e agogna.

A dimenticavo.... ...oltre al danno, Errorman aggiunge pure la beffa:
Questa non è pura speculazione.
(p. 86)

Infatti è peggio: è deliberata falsificazione della realtà, quando la realtà è troppo assurda da accettare.
L'altra cosa curiosa è che se si permette a Errorman il diritto di ipotizzare un numero pressochè infinito di fonti scritte e/o orali pre-evangeliche con la sola funzione di corroborare la sua opinione su Gesù, allora dovrei dare il medesimo diritto a tutti indistintamente, fondamentalisti, apologeti, miticisti, proponenti dei più vari controversi Gesù storici, ecc, ecc, di immaginare le fonti che più aggradano i loro più disparati capricci, dando ragione infine al Trifone giudeo menzionato (o a sua volta inventato) da Giustino:
''Ma Cristo – se Egli è nato veramente, ed esiste da qualche parte - è sconosciuto, e non lo sa neanche Lui stesso, e non ha alcun potere finché Elia non venga ad ungerLo, e renderLo noto a tutti. E voi, avendo accettato un racconto senza fondamento, inventate un Cristo per voi stessi, e per lui perite sconsideratamente.'' (mia enfasi, Giustino, Dialogo con l'ebreo Trifone 8.3.4)
A quel punto non ci sarebbe più alcuna distinzione tra il “Gesù storico” com'è concepito da dementi apologeti cristiani come William Lane Craig o Federico Adinolfi, il “Gesù storico” che si fa un viaggetto in India di qualche eccentrico scemo, il “Gesù storico” chiromante di quell'idiota di Pier Tulip e il “Gesù storico” di un Bart Errorman: tutti questi Gesù in fondo sono confermati da fonti *ipotetiche*, a giudizio dei loro proponenti. Con la fantasia si possono creare le fonti *ipotetiche* che si vuole, magari insinuando, come fa il folle apologeta ortodosso Valerio Polidori, che “probabilmente” Marco non termina in 16.8, e così esorcizzando il rischio che l'evangelista avesse voluto farsi beffa degli stessi originari visionari del Gesù Risorto per il solo torto che non erano abbastanza paolini come il Cristo di Paolo che precedeva quel fallito di Pietro nella Galilea guardacaso “dei gentili”:
Senza fare esplicita menzione di Paolo, il finale di Marco rivela che l'Apostolo dei Gentili - che chiamò sé stesso l'ultimo degli apostoli perchè Gesù apparve a lui per ultimo (1 Cor 15:8-9), e che doveva difendere la sua autorità vis-à-vis con quelli apostoli - era in realtà il primo e più grande e più autorevole. Era Paolo che primo “seguì Gesù in Galilea” stabilendo il genere di comunità inclusive che la Galilea simboleggia nel vangelo di Marco.
(Mark, Canonizer of Paul, Tom Dykstra, pag. 139, mia libera traduzione e mia enfasi)

Quando Errorman sintetizza quanto da lui appena detto, non dà forse un buon motivo per essere più che altro agnostici sull'effettiva esistenza o meno - e sull'effettiva affidabilità o meno - di tale *ipotetiche* fonti pre-evangeliche?

Luca ereditò le tradizioni orali su Gesù e il suo legame con Nazaret, e trascrisse quanto aveva udito. Le vicende che Luca aveva sentito raccontare forse erano fedeli alla realtà o forse non lo erano...
(pag. 73-74, mia enfasi)

...Soprattutto alla luce del fatto, riconosciuto dal medesimo Errorman, che gli stessi folli apologeti cristiani suoi simili non concordano affatto su quali e quanti siano tali *ipotetiche* fonti (alla faccia del Rasoio di Occam), e su quali e quanti tra loro, posto che esistettero, siano maggiormente affidabili da un punto di vista storico (alla faccia del Rasoio di Occam):

Non intendo sostenere, neppure in questo caso, che ogni studioso concordi su ogni dettaglio. Al contrario, gli esperti discutono animatamente su molti temi specifici.
(pag. 79)


Non solo questo. Lo stesso Errorman va pericolosamente vicino a concedere al lettore la stessa messa in dubbio della sua premessa (l'esistenza di tali *ipotetiche* fonti), praticamente riuscendo nella mirabile impresa di auto-confutarsi da solo con le sue stesse mani nel giro di un solo capitolo del suo ridicolo libro:
A mio avviso, è arduo stabilire se la Fonte Q contenesse il racconto della Passione. Non è escluso, per esempio, che Matteo abbia copiato alcune vicende della Passione dalla Fonte Q e che Luca non le abbia inserite. In tal caso, non avremmo modo di sapere se le storie che compaiono solo nel testo di Matteo - compresi alcuni brani che narrano la Passione - fossero presenti nella Fonte Q e Luca abbia semplicemente deciso, per ragioni a lui note, di non riprodurle.
(pag. 79, mia enfasi)

Come sarebbe a dire “non avremmo modo di sapere”? Proprio chi “SA” che esistono “probabilmente” le fonti “ipotetiche” dietro il vangelo di Matteo - quelle che Errorman ha appena battezzato “M” -, finge ora di non essere così altrettanto sicuro sulla loro reale esistenza ?  E se becco questo idiota di accademico mentre è colto dal dubbio sull'esistenza o meno di “M” (una fonte che per Errorman esiste “a priori” solo perchè lui la “trova” solamente in Matteo), cosa mi impedisce di mettere in dubbio l'esistenza di tutte le altre fonti *ipotetiche* da lui tirate in ballo?

L'insistenza ossessiva di Errorman sulle sue fonti *ipotetiche* si traduce in pura demenza apologetica quando, dopo aver egli reiterato al limite del fanatismo ideologico l'indipendenza del vangelo di Giovanni, riesce addirittura a PREVEDERE che un critico come me gli sventolerà sotto il naso il primo commento che gli capita a tiro da Vridar (da parte di un ricercatore come Ken Olson, si badi bene),
...è una buona idea, e non molto conosciuta, ma non del tutto senza precedenti nella ricerca: Gregory Dunstan, “The Clothing of the Passion: Symbolism in the Passion Narrative of St. John,” in Search: A Church of Ireland Journal 22 (1999) 26-33 ha pubblicato sulla connessione tra o squarcio del velo del tempio in Marco e la veste di Gesù in Giovanni. Ho proposto un articolo alla sezione di Giovanni, Gesù, e Storia del SBL lo scorso anno con il titolo “Parting The Veil: Uncovering John’s Use of Mark 15.38”, ma non è stato accettato. Stavo sostenendo che Giovanni era impegnato in un'interpretazione piuttosto creativa: se il corpo di Gesù era il tempio, come si dice in Giovanni 2,21, allora il velo del tempio era la veste di Gesù. Quello che mi ha ispirato è stato l'argomento di D. Moody Smith che se Giovanni aveva conosciuto Marco, è improbabile che avrebbe omesso la lacerazione del velo del tempio nel proprio computo della passione (John Among the Gospels 2e, 225). Se Dunstan ha ragione, tuttavia, allora Giovanni John non l'ha omesso affatto.
(mia libera traduzione)

...per poi riuscire a “fregarmi” (così pensa il folle Errorman) scrivendo addirittura (!) in una nota a margine del testo la sua pronta “razionale” obiezione:
Alcuni studiosi pensano che Giovanni fosse a conoscenza dei vangeli sinottici e li abbia utilizzati, ma lo ritengo improbabile. E se pure fosse vero, il suo testo contiene molti racconti che non hanno alcun rapporto con i sinottici, e in quei casi non può esserci stata alcuna dipendenza.
(capitolo 3, nota 3, mia enfasi)

Capita la lezione dell'accademico Errorman? Soltanto perchè Giovanni ha le traveggole io dovrei credere alla sua indipendenza dagli altri sinottici! Puah!

Ma a quel punto si sa già dove Errorman voleva arrivare a parare fin dal principio, a costo di spacciare per REALE EVIDENZA quella che è e rimane fino a prova contraria assoluta non-evidenza, ovvero nella conclusione che tutte quelle fonti anteriori *ipotetiche* da lui estratte magicamente dal cilindro,
...tutte le fonti scritte cui ho accennato sono precedenti ai vangeli in nostro possesso, convalidano molte informazioni essenziali su Gesù presenti nei vangeli e, cosa più importante, sono tutte indipendenti l'una dall'altra.  ... L'opinione che Gesù sia vissuto è rilevabile in molteplici fonti indipendenti che devono essere circolate in varie regioni dell'Impero romano nei decenni che precedettero la produzione dei vangeli superstiti.
(pag. 82)

È certamente vero che se chiami arbitrariamente “fonte indipendente” un sottoinsieme stretto di Luca, o di Matteo, o di entrambi, allora quella “fonte indipendente” deve per forza “corroborare” quanto dice il vangelo dal quale è stato estratto, se non altro perchè altrimenti non sarebbe mai figurato in quel vangelo. E perchè allora tale falso stupore da parte di Errorman di fronte alle fonti *ipotetiche* che lui stesso ha dichiarato tali (senza pensarlo davvero ma solo crederlo e asserirlo dogmaticamente), se non per incantare il lettore e persuaderlo dell'esistenza delle sue innumerevoli fonti *ipotetiche* a furia di ripetere ad nauseam che esistono e che non possono non esistere?
Ma quel che trovo più antipatico in questa goffa operazione di Errorman è che lui non permette minimamente la possibilità che le sue amate fonti *ipotetiche* avessero un contenuto compromettente per la storicità di Gesù, magari raccontando delle sue mirabolanti avventure mitologiche nei territori arcontici sub-lunari. No: per Bart Errorman, se un' *ipotetica* fonte anteriore ai vangeli deve esistere, allora esiste al solo scopo di confermare la storicità di Gesù e non di negarla.
Questo è puro dogmatismo ideologico, non è neppure speculazione scientifica. E quell'ottuso dogmatismo porta Errorman a condannare il miticista di turno colpevole solo di imitarlo, di imitare lui, Bart Errorman:
L'elemento forse più straordinario di tutti questi stupefacenti paralleli con le asserzioni cristiane su Gesù è il fatto altrettanto stupefacente che Graves non fornisca alcuna documentazione per nessuno di essi. Sono tutti rivendicati d'autorità dallo scrittore. ... Graves non nomina le fonti da cui ha tratto le sue informazioni.  ... Non ci sono prove. È un'invenzione.
(pag. 211-212)

Prova a sostituire il nome di “Kersey Graves” con quello di “Bart Ehrman” nella citazione di cui sopra e avrai ancora una descrizione assolutamente disincantata della realtà:
L'elemento forse più straordinaro di tutte queste stupefacenti fonti *ipotetiche* dietro ogni vangelo è il fatto altrettanto stupefacente che Bart Ehrman non fornisca alcuna documentazione per nessuno di esse. Sono tutte rivendicate d'autorità dallo scrittore. ... Bart Ehrman non nomina le prove da cui ha tratto le sue fonti *ipotetiche*.  ... Non ci sono prove. È un'invenzione.

Il colmo infatti Errorman lo rivela allorchè tradisce la sua volontà di applicare il suo potere magico (di far sbucare dal nulla per mirabile incanto tutte le fonti *ipotetiche* che preferisce) solo e soltanto sui vangeli, vietando ad altri di tentare magari la medesima mossa sulle epistole di Paolo, per timore (Dio non voglia!) che il risultato favorisca indirettamente la tesi miticista (secondo la quale dietro il Gesù cosmico di Paolo non ci sarebbe nessun Gesù storico).

A proposito dell'Inno ai Filippesi, Errorman ha la bontà di osservare:
C'è ampio consenso sulla sua natura poetica - forse è una sorta di inno (come di solito si pensava), o un credo (il che è più plausibile) - e sul fatto che probabilmente l'apostolo lo abbia citato, e non composto in prima persona.
(pag. 235)
 Ma anche questo punto è oggetto di controversia, e gli studiosi dibattono se sia stato scritto da qualcun altro prima che Paolo vergasse la sua lettera ai cristiani di Filippi, o se sia stato l'apostolo a scriverlo.
(pag. 23)

Osserva attentamente il trucco: se si fosse trattato di un episodio evangelico e non di un pezzo di Paolo, Errorman non avrebbe avuto alcun scrupolo nell'aprire le porte alla possibilità di tradizioni *ipotetiche* scritte e/o orali dietro quell'episodio evangelico, una possibilità che lui poi magicamente avrebbe convertito in una probabilità. Per quale motivo?
Perchè l'inno ai Filippesi, come in fondo tutto Paolo, descrive Gesù in un modo scandalosamente simile ad altri dèi che muoiono e risorgono. Sopra la luna o in un passato ancestrale.
Ecco un altro esempio della vigliaccheria di Errorman:
È quasi certo che non fu Paolo a scrivere la Lettera ai Colossesi. È uno dei falsi prodotti a suo nome, che venne scritto dopo la sua morte, come gli studiosi più attenti ammettono da tantissimo tempo. Sostenere che il passo derivi da una tradizione pre-paolina è problematico. La Lettera ai Colossesi è un'epistola post-paolina: allora su che basi possiamo affermare che il passo si riferisce a una tradizione precedente?
(pag. 246)

Prova a sostituire nell'ultima citazione di cui sopra ogni occorrenza di “Paolo” e della “lettera ai Colossesi” rispettivamente con le parole “vangelo” e “episodio y”, ed avrai confutato Errorman facendo uso dei suoi stessi argomenti:
 Sostenere che l'episodio derivi da una tradizione pre-evangelica è problematico. L'episodio  y è un episodio evangelico: allora su che basi possiamo affermare che l'episodio si riferisce a una tradizione precedente?
Ne consegue che anche qui Errorman fa l'esorcista, più che lo storico: lungi da noi (ancora una volta, senza dar ragione del perchè dovremmo credergli) l'idea eretica che le epistole preservino *ipotetiche* informazioni più antiche (scritte e orali) altrimenti andate perdute, perchè quell'informazione, imperniata com'è attorno ad un Cristo cosmico (come emerge evidentemente in tutte le epistole attribuite a Paolo, autentiche o meno) rischia di compromettere la stessa fiducia di Errorman nella storicità di Gesù, se soltanto dovesse venir immaginata (non sia mai!) più antica delle stesse *ipotetiche* fonti scritte e/o orali ipotizzate da Errorman dietro i vangeli.

Il pericolo che assilla Errorman (e che lo porta a fantasticare come un bambino sulle fonti *ipotetiche* dietro i vangeli ma a negare recisamente le stesse *ipotetiche* fonti dietro le epistole) è presto rivelato a malincuore dallo stesso Errorman:
Altre tradizioni riportate dai vangeli, al contrario, risalgono sicuramente agli originali in aramaico. [2] È un dato molto importante. Gli ebrei palestinesi di lingua aramaica raccontavano molte storie sulla vita di Gesù prima che Paolo scrivesse le sue lettere negli anni Cinquanta dell'èra volgare, presumibilmente a pochi anni di distanza dalla data tradizionale della morte di Gesù. È un dato importante anche per confutare l'argomentazione prevalente tra i miticisti, secondo cui, poiché le epistole neotestamentarie furono scritte prima dei vangeli e poiché le epistole, soprattutto quelle di Paolo, dicono poco o nulla (si sostiene) sul Gesù storico, ma parlano soltanto del Cristo mitico che, al pari delle divinità pagane (di nuovo, si sostiene), era morto e risuscitato, i primi documenti del cristianesimo non convalidano l'idea che Gesù sia realmente vissuto; era soltanto un concetto mitico.
(pag. 91)

Questa la prendo per una pubblica confessione,
da parte dello stesso Errorman, che lui ha estremamente bisogno, assoluto bisogno!, con o senza il consenso di Occam, il verificarsi di precise 4 condizioni essenziali al suo argomento:
1) l'esistenza di fonti *ipotetiche* dietro i vangeli, scritte e/o orali;
2) la loro affidabilità;
3) il fatto che confermino il Gesù storico e non il contrario e...
4) la loro maggiore antichità rispetto a qualunque fonte *ipotetica* immaginata dietro le epistole di Paolo.

Solo se i punti 1, 2, 3 e 4 fossero veri (e dimostrati essere tali) allora Bart Errorman avrebbe sbaragliato una volta per tutte il miticismo. Peccato per lui, e per Pesce, e per tutti i folli apologeti cristiani, cripto-cristiani ed ex-cristiani par loro, che nessuno ha dimostrato la verità di anche uno solo di quei quattro punti.

 

NOTE

[1]  Si noti come si esprime questo ricercatore a proposito di Giuseppe d'Arimatea:
Come sostiene MacDonald, il seppellimento da parte di Giuseppe è modellato su quello di Ettore nell'Iliade. E cosa fa Priamo pur di seppellire Ettore? Come ha sottolineato MacDonald, lui *osa* richiedere la sepoltura di suo figlio. E così noi abbiamo un parallelo tra il τολμήσας (“aver osato”) in Marco 15:43 e l' ἔτλης (“tu osi”) in Iliade 24.519, come pure il τλαίη (“egli osò”) in 24.565. La teoria di Allison che i romani permettevano sepolture onorevoli a criminali crocifissi non può spiegare perchè Giuseppe ''osò'' domandare a Pilato (che dovrebbe aver concesso il cadavere come procedura standard), ma la teoria di MacDonald che la scena è un'invenzione basata sull'imitazione da Omero spiega la peculiarità.

Si dovrebbe notare anche che MacDonald ha anche offerto teorie del perchè il personaggio è chiamato “Giuseppe di Arimatea”. Nell'Iliade, il padre di Ettore richiede la sua sepoltura. Qual è il nome del padre di Gesù? Giuseppe. Parimenti, il nome “Arimatea” può essere formato col prefisso greco ἀρι- (“migliore”) e μάθη, μάθησις, μάθημα, μαθητής (“insegnante/discepolo”) con l'aggiunta del suffisso -αία come indicatore usuale di luogo.Da qui, Giuseppe, che riscuote il cadavere di Gesù dopo la fuga degli altri discepoli, giunse da un luogo che letteralmente significa “Villaggio del Miglior Discepolo.” Questo lo si può spiegare mediante la circostanza che Giuseppe si preoccupò di seppellire Gesù, quando tutti i suoi discepoli erano fuggiti, quindi facendo di Giuseppe il “miglior discepolo.”

Dovrei notare che io non penso che l'argomento sopra è conclusivo. Come ho notato, ci sono un sacco di studiosi che sono in disaccordo con il criticismo mimetico di MacDonald. Parimenti, ci sono altre teorie di come Giuseppe di Arimatea potrebbe essere stato inventato. Come nota Roger Aus in The Death, Burial, and Resurrection of Jesus, and the Death, Burial, and Translation of Moses in Judaic Tradition (pp. 162-165), il nome potrebbe essere basato sul sito della sepoltura di Mosèl [1]. In Deuteronomio 34:5-6 Mosè morì nella terra di Moab, nella valle opposta di Beth Peor. Tradizionalmente, questo è lo stesso sito noto come Monte Nebo, “la cima di Pisgah.” Ci sono quattro istanze nella Bibbia ebraica dove si allude alle altezze di Pisgah (Deut. 3:17; Deut. 4:49; Giosuè 3:23; Giosuè 13:20). Come sostiene Aus:


“il nome aramaico רמא al singolare significa “altezza” … Alla luce della evidenza di cui sopra io suggerisco che i rpimi cristiani ebrei palestinesi di lingua aramaica che per prima formularono il racconto della sepoltura di Gesù copiarono il termine (Giuseppe di) “Arimatea” dalla tradizione giudaica per lui disponibile sul sito della morte e sepoltura del primo redentore di Israele, Mosè. Esso era sulla cima di “Pisgah,” in Aramaico al plurale l רמתא, “Ramatha,” “e altezze.” Era anche la stessa forma impiegata per la cima di “Pisgah” all'epilogo del Canto del Pozzo in Num. 21:20. Come notato sopra, la prima tradizione giudaica manteneva che il pozzo seguiva gli israeliti sul sito della morte e sepoltura di Mosè, cioè il Pisgah di Deut. 34:1 (col v 6). Lo stesso autore della sepoltura di Gesù probabilmente aggiunse un aleph iniziale, spesso fatto per nomi di luogo ... L'aramaico ארמתא fu poi essenzialmente tradotto correttamente nel greco come Αριμαθαια.
Perfino se MacDonald è in errore circa la fonte letteraria omerica per l'invenzione di Giuseppe di Arimatea, esistono anche fonti letterarie ebraiche che possono spiegare altrettanto bene l'invenzione.
[2] inutile ricordare all'accorto lettore che qui Errorman vuole indurlo a credere che solo Gesù e i seguaci di Gesù parlavano “aramaico”.